TAR Roma, sez. 3S, sentenza 2023-06-14, n. 202310161

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 3S, sentenza 2023-06-14, n. 202310161
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202310161
Data del deposito : 14 giugno 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 14/06/2023

N. 10161/2023 REG.PROV.COLL.

N. 09669/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza Stralcio)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9669 del 2017, proposto da
G A, rappresentato e difeso dall'avvocato A C, con domicilio eletto presso lo studio Marco Gardin in Roma, via Laura Mantegazza, 24;

contro

Ministero dell'Istruzione dell'Universita' e della Ricerca, Ufficio Scolastico Regionale Veneto, Uff Scolastico Reg Veneto - Uff Xiii Ambito Terr per la Provincia di Vicenza, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
E L, non costituito in giudizio;

per l'annullamento

- del provvedimento di non ammissione del ricorrente alle prove orali del concorso per titoli ed esami finalizzato al reclutamento del personale docente per i posti comuni dell'organico dell'autonomia della scuola secondaria di primo e secondo grado, classe di insegnamento B015 –laboratori di scienze e tecnologie elettriche ed elettroniche- indetto con bandi approvati con DD.DD.GG. del 23.2.2016 nn. 105-106-107, pubblicati su G.U. n. 16 del 26.2.2016, con riferimento al quale sono state effettuate prove suppletive, a seguito di ordinanza del

TAR

Lazio n. 3112/16 pronunciata sul ricorso collettivo n. 4726/16, proposto anche dall'odierno ricorrente;

- della graduatoria di merito redatta a seguito dello svolgimento delle prove suppletive e approvata con decreto prot. n. 12846 del 3.8. 2017, nonché del decreto medesimo;

- di ogni altro atto o provvedimento presupposto, connesso e/o consequenziale ancorchè di estremi sconosciuti.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Istruzione dell'Universita' e della Ricerca e di Ufficio Scolastico Regionale Veneto e di Uff Scolastico Reg Veneto - Uff Xiii Ambito Terr per la Provincia di Vicenza;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 9 giugno 2023 il dott. Raffaele Tuccillo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con l’atto introduttivo del giudizio la parte ricorrente chiedeva l’annullamento del provvedimento di non ammissione del ricorrente alle prove orali del concorso per titoli ed esami finalizzato al reclutamento del personale docente per i posti comuni dell'organico dell'autonomia della scuola secondaria di primo e secondo grado, classe di insegnamento B015 –laboratori di scienze e tecnologie elettriche ed elettroniche indetto con bandi approvati con DD.DD.GG. del 23.2.2016 nn. 105-106-107, pubblicati su G.U. n. 16 del 26.2.2016, con riferimento al quale sono state effettuate prove suppletive, a seguito di ordinanza del

TAR

Lazio n. 3112/16 pronunciata sul ricorso collettivo n. 4726/16, proposto anche dall'odierno ricorrente;
della graduatoria di merito redatta a seguito dello svolgimento delle prove suppletive e approvata con decreto prot. n. 12846 del 3.8. 2017, nonché del decreto medesimo;
di ogni altro atto o provvedimento presupposto, connesso e/o consequenziale ancorchè di estremi sconosciuti.

Si costituiva l’amministrazione resistente chiedendo rigettarsi il ricorso.

2. Il ricorso proposto non può trovare accoglimento.

Con bandi approvati con DD.DD.GG. in epigrafe indicate e pubblicati sulla G.U. n. 26 del 26.2.2016 venivano indette le prove concorsuali per il reclutamento del personale docente per la scuola dell’infanzia e primaria, secondaria di primo e secondo grado: tra i posti messi a concorso, nella provincia di Vicenza, erano previsti n. 15 posti per la classe di insegnamento B015.

Il bando assegnava alla Commissione la disponibilità di 100 punti (art. 8) di cui 40 per la prova scritta, quaranta per la prova orale e 20 per i titoli. Il ricorrente: - con riferimento alle prove scritte e, in particolare, ai sei quesiti “a risposta aperta” (art. 5, co. 3, lett. a), ha ottenuto un punteggio pari a 18 punti;
- con riferimento alla prova di inglese e, in particolare, ai due quesiti “a risposta chiusa” (art. 5, co. 3, lett. b) ha ottenuto un punteggio pari a 6,30 punti. La sommatoria di detti punteggi risultava pari a 24,30, il quale punteggio, diviso, secondo il meccanismo previsto dal bando per ¾, si concretizzava in un punteggio complessivo pari a 18,225 punti;
Con riferimento alla prova pratica ha ottenuto un punteggio pari a 7 punti. In tal modo il ricorrente otteneva un punteggio totale (prova scritta e prova pratica) pari a 25,225, insufficiente per il raggiungimento del limite minimo (28 punti) per l’ammissione alla prova orale.

Con unico motivo di ricorso la parte contesta l’eccesso di potere per insufficiente e inadeguata valutazione nonché per contraddittorietà e illogicità della valutazione compiuta dall’amministrazione.

Occorre premettere che costituisce jus receptum che i criteri di valutazione delle prove di una selezione possono essere fissati direttamente dal bando oppure rimessi alla discrezionalità della Commissione esaminatrice, con l'unico vincolo tassativo costituito dal fatto che, in tale ultimo caso, essi siano fissati prima dell'avvio delle operazioni valutative, e ciò a garanzia dei principi di trasparenza e di imparzialità dell'azione amministrativa;
la predeterminazione dei relativi criteri in un momento antecedente alla valutazione delle prove è volta ad evitare che l'attribuzione del punteggio per i titoli stessi possa essere condizionata dalla previa conoscenza del risultato delle prove precedenti, calibrando i punteggi da attribuire ai singoli candidati (cfr. T.A.R. Marche, 25 novembre 2019, n. 729). Ora nel caso di specie, deve senz’altro ritenersi che i criteri siano stati approvati collegialmente prima dell’inizio delle prove e il punteggio risulta essere stato attribuito analiticamente per ogni quesito in relazione ai singoli indicatori e descrittori come riportati nella griglia depositata dalla stessa parte ricorrente.

Quanto alle valutazioni della commissione d’esame effettuate in forma numerica, deve essere richiamato il costante orientamento della giurisprudenza amministrativa secondo il quale il punteggio numerico è di per sé idoneo a sorreggere l’obbligo di motivazione richiesto dall’art. 3 della legge n. 241/1990 nel momento in cui siano stati previamente determinati adeguati criteri di valutazione, essendo in tal modo permesso ricostruire ab externo la motivazione del giudizio (Consiglio di Stato, sentenza n. 7495/2019;
n. 3384/2015;
T.A.R. Lazio, Roma, sentenza n. 7092/2019).

La motivazione numerica, infatti, risponde ad un chiaro principio di economicità della valutazione in quanto il voto numerico esprime e sintetizza il giudizio tecnico discrezionale della commissione in relazione ad ogni singolo elaborato ed alla stregua dei parametri generali predeterminati del giudizio, contenendo così in sé la motivazione senza che siano necessarie ulteriori spiegazioni, ed assicura la necessaria chiarezza e graduazione delle valutazioni compiute dalla commissione nell’ambito del punteggio disponibile e del potere amministrativo da essa esercitato (cfr. Cons. Stato A.P. 7/2017). Il collegio deve realisticamente prendere atto come la giurisprudenza ormai consolidata, e segnatamente quella d’appello, affermi che “Anche successivamente all’entrata in vigore della l. 7 agosto 1990 n. 241 il voto numerico, attribuito dalle competenti commissioni alle prove scritte od orali di un concorso pubblico o di un esame, esprime e sintetizza il giudizio tecnico discrezionale della commissione stessa, contenendo in sé la motivazione, senza bisogno di ulteriori spiegazioni o chiarimenti (da ultimo, Consiglio Stato, Sez. V, 11 dicembre 2015, n. 2719;
id., Sez. VI, 6 settembre 2005, n. 4529;
Sez. IV, 10 maggio 2005, n. 2269;
7 marzo 2005, n. 900;
Sez. V, 11 novembre 2004, n. 7332;
T.A.R. Umbria, 28 dicembre 2005, n. 654;
T.A.R. Calabria, Catanzaro, 22 novembre 2005 n. 2138;
T.A.R. Lazio, Sez. I, 3 maggio 2005, n. 3303;
T.A.R. Piemonte, Sez. I, 16 febbraio 2005, n. 305);
e ciò in quanto la motivazione espressa numericamente, oltre a rispondere ad un evidente principio di economicità amministrativa di valutazione, assicura la necessaria chiarezza e graduazione delle valutazioni compiute dalla commissione nell’ambito del punteggio disponibile e del potere amministrativo da essa esercitato” (così, ex multis, C.d.S., IV, 5 settembre 2013, n. 4457;
V, 11 gennaio 2013, n. 102;
VI, 11 febbraio 2011, n. 913;
IV, 4 maggio 2010, n. 2543;
IV, 19 maggio 2008, n. 2293;
IV, 10 aprile 2008, n. 1553;
VI, 6 settembre 2005, n. 4529;
IV, 10 maggio 2005, n. 2269;
V, 11 novembre 2004, n. 7332) senza che necessiti, ai fini della legittimità dei verbali di correzione e dei conseguenti giudizi, l’apposizione di glosse, segni grafici o indicazioni di qualsivoglia tipo sugli elaborati in relazione agli eventuali errori commessi (IV, 16 aprile 2012 n. 2166;
id. 12 aprile 2011, n. 1612). Tale principio è stato definito “diritto vivente” dalla stessa Corte Costituzionale (sentenze 30 gennaio 2009, n. 20, e sentenza 15 giugno 2011, n. 175).

Inoltre, deve rilevarsi che le valutazioni espresse dalle Commissioni di esame nei pubblici concorsi non sono sindacabili dal giudice amministrativo nel merito del contenuto del giudizio reso, ma unicamente sotto il profilo della legittimità, in caso di illogicità manifesta o travisamento di fatti, o di contraddittorietà ictu oculi rilevabile;
ne consegue che il giudicante non può ingerirsi negli ambiti riservati alla discrezionalità tecnica dell’organo valutatore (e quindi sostituire il proprio giudizio a quello della Commissione), se non nei casi in cui il giudizio si appalesi viziato sotto il profilo della logicità (T.A.R. Lazio, Roma, 21 dicembre 2019, n. 14712;
Consiglio di Stato, IV, 29 novembre 2016 n. 5016). La giurisprudenza ha ancora osservato (tra le altre Tar Emilia Romagna, Parma, n. 113/2015) che la commissione esaminatrice di un pubblico concorso è titolare di ampia discrezionalità nel catalogare i titoli valutabili in seno alle categorie generali predeterminate dal bando, nell'attribuire rilevanza ai titoli e nell'individuare i criteri per attribuire i punteggi ai titoli nell'ambito del punteggio massimo stabilito, senza che l'esercizio di tale discrezionalità possa essere oggetto di censura in sede di giudizio di legittimità, a meno che non venga dedotto l'eccesso di potere per manifesta irragionevolezza e arbitrarietà.

Nel caso di specie, i criteri appaiono adeguati in relazione alla procedura di riferimento, non arbitrari e descrittivi della situazione esistente. Inoltre la fissazione dei criteri numerici con cui valutare ognuno dei parametri fissati dalla commissione costituisce uno strumento idoneo per consentire di svolgere in modo corretto la discrezionalità tecnica di cui è titolare la commissione. La commissione risulta aver applicato in maniera non illogica né irragionevole i criteri posti dal legislatore e le deduzioni della parte e del consulente non sono idonee a rendere illogica o irragionevole la valutazione.

Ne discende il rigetto del ricorso.

3. In considerazione delle peculiarità della questione di lite devono ritenersi sussistenti eccezionali motivi per compensare le spese di lite tra le parti.

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