TAR Roma, sez. II, sentenza 2011-01-05, n. 201100028

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. II, sentenza 2011-01-05, n. 201100028
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201100028
Data del deposito : 5 gennaio 2011
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 15459/2000 REG.RIC.

N. 00028/2011 REG.SEN.

N. 15459/2000 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 15459 del 2000, proposto da:
V E, V M, C F e A S, rappresentati e difesi dall’avv. G V ed elettivamente domiciliati presso lo studio dell’avv. F L in Roma, Via del Viminale n. 43;

contro

il MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, nella cui sede in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, domicilia per legge;

in via principale, per l’accertamento

del diritto dei ricorrenti alla corresponsione del trattamento economico previsto per i dirigenti in conseguenza dello svolgimento dell’incarico di reggenza ex art. 17 della legge n. 146 del 1980 e dell’art. 1, comma 129, della legge n. 662 del 1996,

e per la conseguente condanna

del Ministero dell’economia e delle finanze al pagamento degli emolumenti sopra indicati, oltre interessi e rivalutazione monetaria, nonché alla ricostruzione della posizione previdenziale dei ricorrenti e dell’indennità di fine rapporto,

in via subordinata, per l’accertamento

del diritto dei ricorrenti al risarcimento del danno subito per effetto della durata dei concorsi per la copertura di 999 e 151 posti di dirigente indetti con D.M. Finanze 19 gennaio 1993 (pubblicati in G.U. 29 gennaio 1993),

e per la conseguente condanna

del Ministero dell’economia e delle finanze al pagamento del risarcimento dei danni sopra indicato, consistente nella mancata corresponsione del trattamento economico previsto per i dirigenti, oltre interessi e rivalutazione monetaria, nonché all’adeguamento della relativa posizione previdenziale e dell’indennità di fine rapporto.


Visto il ricorso con i relativi allegati;

Vista la costituzione in giudizio dell’Amministrazione intimata e i documenti prodotti;

Esaminate le ulteriori memorie depositate;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 aprile 2010 il dott. S T e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. – Con il ricorso in esame i ricorrenti, tutti dipendenti del(l’odierno) Ministero dell’economia e delle finanze (e prima del Ministero delle finanze) ed affidatari della responsabilità di direzione di alcuni uffici periferici dell’Amministrazione di appartenenza ai sensi dell’art. 17 della legge n. 146 del 1980 dapprima e, successivamente, dell’art. 1, comma 129 (in realtà trattasi dell’art. 3, comma 129, n.d.r.), della legge n. 662 del 1996, disciplinanti l’istituto organizzativo della “reggenza” (funzione da attribuirsi a funzionari inquadrati nella vecchia carriera direttiva), chiedono in via principale il riconoscimento ai fini economici dello svolgimento delle mansioni dirigenziali. Sostengono i ricorrenti che le funzioni svolte non potevano relegarsi a mera attività di sostituzione del titolare temporaneamente assente, ma assumevano una propria dignità organizzativa nell’ambito delle strutture del Ministero caratterizzata dal rivestire una qualifica effettivamente superiore rispetto a quella di appartenenza e ricalcante quella dirigenziale. Da qui la richiesta giudiziale di vedersi riconosciute le differenze retributive rispetto agli stipendi percepiti (piuttosto con riguardo alle funzioni dirigenziali effettivamente dispiegate) nella misura strettamente legata alla posizione di inquadramento, senza che l’assunzione della responsabilità di reggenza degli Uffici abbia mai avuto un concreto riconoscimento economico da parte dell’Amministrazione datoriale.

Riferiscono ancora i ricorrenti che nel frattempo hanno partecipato a concorsi per l’inquadramento dirigenziale, superandoli positivamente, ma nello stesso tempo lamentano che le lungaggini nello svolgimento di tali procedure selettive hanno determinato a loro danno un ulteriore pregiudizio economico, pur continuando a svolgere mansioni prettamente dirigenziali anche durante il periodo che è stato necessario per completare le operazioni selettive. Sotto tale profilo i ricorrenti chiedono che sia riconosciuto il loro diritto ad ottenere il risarcimento del danno provocato dalle suindicate lungaggini procedurali che ne hanno nel concreto ritardato l’inquadramento nella posizione di dirigenti.

2. – Si è costituita in giudizio l’intimata Amministrazione di appartenenza dei ricorrenti contestando analiticamente le avverse prospettazioni e chiedendo la reiezione del gravame siccome proposto.

In prossimità dell’udienza fissata per il merito la difesa erariale ha depositato documenti tardivamente e di essi il Collegio non terrà conto nel decidere la controversia.

3. – Il Collegio non può fare a meno di rilevare, collocando in modo corretto le proposizioni dei ricorrenti nel quadro delle richieste azionabili dinanzi al giudice amministrativo da impiegati pubblici che contestano il mancato pagamento di differenze retributive, che la questione relativa al dipendente del Ministero delle finanze che abbia assunto il ruolo di “reggente” di un Ufficio periferico dell’Amministrazione ai sensi dell’art. 17 della legge n. 146 del 1980 dapprima e, successivamente, dell’art. 3, comma 129, della legge n. 662 del 1996, in assenza di specifiche disposizioni contenute nelle surriferite fonti normative che stabiliscano ex lege l’attribuzione di indennità speciali per l’incarico di reggente, va ricondotta nell’alveo del ben noto contenzioso giudiziale relativo al riconoscimento della mansioni svolte da pubblici dipendenti prima del 30 giugno 1998 (non sussistendo, peraltro, la giurisdizione di questo giudice amministrativo per il periodo successivo a tale data).

Infatti:

A) l’art. 17 della legge 24 aprile 1980 n. 146, abrogato dall'art. 3, comma 130, della legge 23 dicembre 1996 n. 662, così recitava: “Durante l'assenza del titolare, dovuta a vacanza del posto o a qualsiasi altra causa, la direzione degli uffici delle amministrazioni periferiche del Ministero delle finanze, che per legge spetta ad un funzionario con qualifica di dirigente superiore, può essere affidata, a titolo di temporanea reggenza e con provvedimento del competente direttore generale, ad un funzionario della corrispondente carriera direttiva che rivesta la qualifica di primo dirigente e possegga in tale qualifica una anzianità di almeno tre anni. Nelle stesse ipotesi e con le stesse modalità di cui al precedente comma, la direzione degli uffici delle amministrazioni periferiche del Ministero delle finanze, che per legge spetta ad un funzionario con qualifica di primo dirigente, può essere affidata a titolo di reggenza temporanea ad un funzionario della corrispondente carriera direttiva che rivesta una qualifica non inferiore a direttore aggiunto di divisione o equiparata”;

B) l'art. 3, comma 129, della legge 23 dicembre 1996 n. 662 così recita: “Durante l'assenza del titolare, dovuta a vacanza del posto o a qualsiasi altra causa, la direzione degli uffici centrali e periferici del Ministero delle finanze e degli uffici della Amministrazione dei monopoli di Stato può essere affidata, a titolo di temporanea reggenza, con il procedimento previsto dall'articolo 19, comma 3, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29”.

Nessuna delle due disposizione invocate dai ricorrenti e sopra riprodotte contiene indicazioni in ordine alla ricaduta economica della nomina di un funzionario nella posizione di “reggente” ovvero che attribuisca il diritto ad un corrispettivo in favore del dipendente non dirigente che tali funzioni abbia assunto, né ciò è chiarito da altre disposizioni di legge. Nella specie, quindi, una normativa specifica che fondi il diritto azionato dagli istanti per il periodo anteriore alla data del 1° luglio 1998 (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 15 gennaio 2002 n. 188 ), non è dato invero di individuare.

4. - Precisato ciò, appare utile chiarire che sono ovviamente ben noti al Collegio i contrasti giurisprudenziali delineatisi sulla questione del riconoscimento delle mansioni superiori svolte da pubblici dipendenti;
peraltro, gli arresti cui è pervenuta l'Adunanza plenaria (nonché l'evoluzione giurisprudenziale dei giudici amministrativi di prime cure e di appello) orientano per la condivisione di quanto prospettato dalla difesa erariale nelle memorie depositate e per la conseguente reiezione del ricorso siccome proposto.

Va invero ricordato che, giusto il condivisibile assunto dell'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato (si veda, in particolare, la decisione 18 novembre 1999 n. 22):

a) la retribuibilità delle mansioni superiori svolte dal dipendente pubblico non trovava base normativa in alcuna norma o principio generale desumibile dall'ordinamento;

b) ciò, neppure nell'art. 2126 Cod.civ., che concerne solo l'ipotesi della retribuibilità del lavoro prestato sulla base di atto nullo o annullato e né nell'art. 36 Cost., la cui incondizionata applicazione al pubblico impiego resta impedita dalle contrastanti previsioni degli artt. 97 e 98 Cost.;

c) parimenti inapplicabile si palesa l'art. 2041 Cod.civ., in ragione della sussidiarietà dell'azione di arricchimento senza causa.

Solo a decorrere dall'entrata in vigore del decreto legislativo 29 ottobre 1998 n. 387 (peraltro entrato in vigore in epoca nella quale il giudice amministrativo non aveva più cognizione delle controversie relative al rapporto di impiego c.d. contrattualizzato, al quale sono riconducibili le posizioni degli odierni ricorrenti) - che con l'art. 15 ha reso anticipatamente operativa la disciplina dell'art. 56 del decreto legislativo 3 febbraio 1993 n. 29 e la cui portata non interpretativa bensì di valenza per il futuro è stata condivisibilmente ribadita dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato nella decisione 24 marzo 2006 n.

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