TAR Napoli, sez. III, sentenza 2019-07-08, n. 201903804

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. III, sentenza 2019-07-08, n. 201903804
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 201903804
Data del deposito : 8 luglio 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 08/07/2019

N. 03804/2019 REG.PROV.COLL.

N. 02840/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2840 del 2015, proposto da:
D G, rappresentata e difesa dall'avvocato C M, con domicilio eletto presso lo studio legale Ganguzza in Napoli alla via F. Giordani n. 42 e domicilio digitale: carmine.medici@pecavvocatinola.it;

contro

Regione Campania, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato A B, con domicilio eletto in Napoli alla via S. Lucia n. 81 (domicilio digitale: almerinabove@pec.regione.campania.it);

nei confronti

C L e D B R, non costituiti in giudizio;

per l'annullamento

1) della delibera n. 387 del 10/4/2015, con la quale l'Ufficio di Presidenza ha deliberato il conferimento degli incarichi dirigenziali relativi alle strutture di secondo livello semplice e di terzo livello complesso, tra cui quello affidato alla ricorrente di Dirigente dell'U.D. Sistema Informativi, lasciando scoperto l'incarico di dirigente dell'U.D. Bilancio, Ragioneria e Contabilità analitica, affidato ad interim alla dott.sa Lucia Corretto;

2) del decreto n. 48 del 16/4/2015, con il quale il Presidente del Consiglio regionale ha conferito alla ricorrente l'incarico di cui al punto 1;

3) della determina n. 338 del 29/4/2015, con la quale il Direttore della Direzione Generale Risorse Umane Strumentali e Finanziarie ha conferito ad un funzionario di categoria D la delega di funzioni dirigenziali, ai sensi dell'art. 17, co.

1-bis, del d.lgs. n. 165 del 2001, di responsabile della U.D. Bilanci Ragioneria e Contabilità;

4) della delibera dell'Ufficio di Presidenza n. 382 del 24/3/2015, con la quale sono stati conferiti gli incarichi dirigenziali di Direttore Generale Attività Legislativa e Direttore Generale Risorse Umane;

5) della delibera dell'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale della Regione Campania n. 369 del 27/2/2015, pubblicata sul B.U.R.C. del 5/3/2015, con la quale è stato approvato in via definitiva il testo del Regolamento concernente il nuovo ordinamento degli uffici del Consiglio regionale, anche quale atto presupposto delle delibera di cui ai punti 1, 2, 3 e 4;

6) della delibera dell'Ufficio di Presidenza n. 364 del 30/1/2015, di proposta del nuovo Regolamento, in sostituzione del Regolamento approvato con delibera n. 21 del 2013;

7) dell'art. 11, co. 2, lett. b), del Regolamento interno del Consiglio regionale, per quanto lesivo degli interessi della ricorrente;

8) di ogni altro atto e/o provvedimento preordinato, conseguente e connesso, ivi compresa la determina dell'Ufficio di presidenza del 27 marzo 2015, n. 371, per quanto lesiva degli interessi della ricorrente.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Campania;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore per l'udienza pubblica del giorno 4 giugno 2019 il dott. G E e uditi per le parti gli avvocati C M e R S, per delega dell'avvocato A B;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

La ricorrente, inquadrata nel ruolo del Consiglio regionale con qualifica di Dirigente, ha impugnato i suindicati atti di conferimento degli incarichi e il presupposto Regolamento approvato dell’Ufficio di Presidenza.

Con i primi due motivi contesta le scelte di affidamento degli incarichi del Consiglio regionale e, quanto al Regolamento, prospetta l’illegittimità costituzionale dell’art. 23, comma 12, della L.R. 28 gennaio 2012, n. 1 (sulla base del quale esso è stato approvato).

La Regione si è costituita in giudizio per resistere, depositando documentazione e memoria difensiva, con cui ha eccepito l’inammissibilità parziale del ricorso per difetto di giurisdizione e confutato le censure.

L’istanza cautelare è stata respinta con ordinanza del 26/6/2015 n. 1269.

All’udienza pubblica del 4 giugno 2019 il ricorso è stato assegnato in decisione.

DIRITTO

1. - Per la parte in cui è rivolto avverso il conferimento degli incarichi, il ricorso è parzialmente inammissibile per difetto di giurisdizione.

Come ripetutamente statuito in giurisprudenza (cfr. per tutte, Cons. Stato, sez. III, 29/4/2019 n. 2774), ai sensi dell’art. 63 del d.lgs. n. 165 del 2001 sono devolute al G.O. le controversie relative ai rapporti di lavoro, ivi comprese quelle relative al conferimento degli incarichi dirigenziali, con la sola eccezione delle procedure connotate da una selezione comparativa scaturente dall’indizione del bando, rette dalla valutazione delle prove da parte della Commissione di concorso e che si concludono con la formazione di una graduatoria finale di merito (ipotesi non ricorrente nel caso di specie).

2. - Si può quindi passare all’esame del ricorso, relativamente al presupposto Regolamento impugnato.

2.1. La ricorrente prospetta l’illegittimità costituzionale dell’art. 23, comma 12, della L.R. n. 1 del 2012, sostenendo sulla scorta di ciò l’illegittimità del Regolamento impugnato sulla base del quale si è proceduto al conferimento degli incarichi.

La norma regionale dispone che:

<< L’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale è autorizzato a disciplinare con regolamento l’ordinamento del Consiglio regionale. All’atto dell’approvazione dello stesso, e successivamente al parere obbligatorio della Commissione consiliare competente in materia Affari istituzionali, amministrazione civile, affari generali, risorse umane e della Commissione consiliare competente in materia di Bilancio e finanze, la legge regionale 25 agosto 1989, n. 15 (Nuovo ordinamento amministrativo del Consiglio regionale) è abrogata >>.

Nelle censure articolate si afferma, in sintesi, che:

- sono violati gli artt. 26, secondo comma, e 56, commi 1 e 4, dello Statuto della Regione Campania, in relazione agli artt. 121, quarto comma, e 123, primo comma, della Costituzione, poiché la norma non avrebbe potuto attribuire all’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale un potere regolamentare ad esso non riservato dallo Statuto;

- in ogni caso, non sono state prefissate le norme regolatrici della materia e, per tale aspetto, l’art. 23 cit. è illegittimo in relazione agli artt. 97, primo comma, e alle altre citate disposizioni della Costituzione, nonché dell’art. 56, quarto comma, dello Statuto della Regione.

2.2. La tesi della ricorrente prefigura l’atto impugnato in termini di regolamento di delegificazione (rientrante nel novero dei regolamenti autorizzati), per la cui adozione la competenza è della Giunta regionale.

È, infatti, in relazione a tale qualificazione del Regolamento che vengono prospettate le sollevate questioni di legittimità costituzionale e, sulla scorta di esse, denunciata l’adozione, da parte dell’Ufficio di presidenza, dello strumento di regolazione delle funzioni e dei compiti del Consiglio regionale.

Ciò in quanto, ove non spettante alla Giunta, occorrerebbe che la fonte statutaria avesse assegnato la potestà regolamentare all’Ufficio di Presidenza, costituente un organo interno del Consiglio, peraltro dubitandosi che lo stesso possa vantare competenze in tema di organizzazione degli uffici, in violazione del principio di riserva relativa di legge ex artt. 97 e 123 della Costituzione.

Sennonché, lo strumento in parola non è riconducibile all’art. 56, primo comma, dello Statuto regionale (disciplinante la potestà regolamentare della Giunta), quanto piuttosto alle disposizioni relative all’autonomia organizzativa, amministrativa e contabile riconosciuta al Consiglio regionale, contenute nell’art. 26, secondo comma, dello stesso Statuto.

Esso riconosce all’organo consiliare una specifica “autonomia organizzativa”, rientrandovi l’adozione dell’atto di auto-organizzazione ad opera dell’Ufficio di Presidenza, al quale l’art. 11, primo comma, lett. b), del Regolamento interno del Consiglio attribuisce il potere di deliberare “gli atti di indirizzo e di organizzazione delle strutture del Consiglio secondo quanto previsto dalle leggi vigenti”.

In tale ambito, non v’è ragione di ritenere che sfugga al potere dell’Ufficio di Presidenza la regolazione di tutti gli aspetti relativi all’organizzazione degli uffici e, tra essi, quelli concernenti gli incarichi dirigenziali.

Risulterebbe altrimenti monca la conclamata autonomia, ove privata della disciplina dell’aspetto preponderante della preposizione ai posti apicali, con la conformazione dell’assetto organizzativo generale.

Discende da ciò che l’art. 23, comma 12, della L.R. n. 1 del 2012 è norma ricognitiva ed attuativa di tale autonomia.

Essa non può essere sospettata di illegittimità costituzionale, escludendosi – come detto – che la potestà di regolare l’ordinamento degli uffici e dei servizi debba intendersi riservata alla Giunta, ovvero che non sia assegnata dallo Statuto all’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale.

A tal riguardo, la legge costituzionale n. 1 del 1999 ha inciso, modificandola, sull’allocazione della potestà regolamentare, discendendone una diversa modulazione dei poteri e della ripartizione delle competenze, rimessa allo Statuto.

Sul punto, si è espressa la Corte Costituzionale che, con sentenza n. 313 del 21/10/2003 (pur richiamata dalla ricorrente), ha osservato che, a voler ritenere che la funzione regolamentare sia costituzionalmente riservata alla Giunta (una volta eliminato dal testo dell’art. 121 Cost. il riferimento al Consiglio) si comprimerebbe « indebitamente la potestà statutaria di tutte le Regioni ad autonomia ordinaria, tramite non controllabili interferenze e deduzioni da concetti generali, assunti a priori » (p. 7.4).

In questo senso, la Corte costituzionale ha affermato che « la modifica del secondo comma dell’art. 121 della Costituzione, operata dalla legge costituzionale 22 novembre 1999, n. 1, sopprimendo dal testo costituzionale originario l’indicazione della potestà regolamentare quale competenza del Consiglio regionale, ha l’effetto di eliminare la relativa riserva di competenza, consentendo alla Regione una diversa scelta organizzativa » e che « tale scelta non può che essere contenuta in una disposizione dello statuto regionale, modificativa di quello attualmente vigente » (p. 7.2).

Si aggiunge che « le scelte organizzative in proposito possono essere molteplici, oltre le due radicali », concludendo che: « Se dunque l'alternativa su cui si fonda l'argomentazione della difesa della Regione - potere regolamentare del Consiglio o della Giunta - non sussiste nei termini rigidi anzidetti, è necessario escludere che la modifica che il nuovo secondo comma dell'art. 121 della Costituzione ha apportato al precedente, tacendo circa la spettanza attuale del potere regolamentare, possa essere interpretato altro che, per l'appunto, come vuoto di normazione che spetta alla Regione colmare nell'esercizio della propria autonomia statutaria » (p. 7.4).

In altri termini, nulla vieta all’autonomia statutaria attribuire poteri ad altri organi o uffici (risolvendo la tradizione dicotomia Consiglio - Giunta), nella specie valorizzando l’autonomia organizzativa espressamente assegnata all’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale.

3. - Per quanto suesposto, è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale e vanno disattese le censure esaminate.

Il ricorso va dunque per tale parte respinto.

Attesa la peculiarità della questione trattata, sussistono giustificati motivi per disporre la compensazione per l’intero tra le parti costituite delle spese processuali, non essendovi luogo a provvedere nei confronti dei controinteressati non costituitisi in giudizio e restando a carico della ricorrente il contributo unificato.

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