TAR Reggio Calabria, sez. I, sentenza 2011-08-23, n. 201100682
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.
Segnala un errore nella sintesiTesto completo
N. 00682/2011 REG.PROV.COLL.
N. 00724/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria
Sezione Staccata di Reggio Calabria
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 724 del 2010, proposto da:
Societa' Edil Impianti Srl in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avv. N P, con domicilio eletto presso N P Avv. in Reggio Calabria, via B. Buozzi 4;
contro
Ministero dell'Interno in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata per legge in Reggio Calabria, via del Plebiscito, 15;
Provincia di Reggio Calabria -Stazione Unica Appaltante Provinciale di Reggio Calabria-, rappresentata e difesa dall'avv. D B, con domicilio eletto presso D B Avv. c/o Amministrazione Provinciale di Reggio Calabria, via S.Anna II Trav. Spirito Santo;
per l'annullamento
previa sospensiva
della informativa interdittiva ex art. 10 D.P.R. 252/1998 portante n. 0056907 datata 13.09.2010 con la quale la Prefettura di Reggio Calabria – Ufficio territoriale del Governo - ha comunicato alla Stazione Unica Appaltante Provinciale di Reggio Calabria “che la complessiva valutazione di tutti gli elementi acquisiti mediante gli accertamenti disposti per il tramite delle Forze di Polizia, induce a ritenere sussistente il pericolo di tentativi di infiltrazioni mafiose nell’ambito della Società (Edil Impianti s.r.l.) in oggetto, ai sensi dell’art. 10 del D.P.R. n. 252/1998”;della successiva e conseguente nota prot. n. 249842 datata 20.09.2010 con cui la Provincia di Reggio Calabria – Stazione Unica Appaltante Provinciale ha comunicato alla società Edil Impianti s.r.l. il provvedimento di esclusione dalle gare della tornata del 15.09.2010 ai sensi dell’art. 79 comma 5 lett. b) del D.lgs. n. 163/2006;nonché del provvedimento del 6 ottobre 2010 consegnato brevi manu il 15.11.2010 con cui la Procura di Reggio Calabria settore 13 – APG – Infrastrutture ha disposto, stante l’informativa prefettizia, “la sospensione immediata dei lavori” relativi al completamento e rifacimento del manto stradale lungo la SP. 2 nel tratto SP. 2 – Careri – Natile di Careri (bretella di collegamento tra progress. 0+000 e 1+550, Provinciale Careri – Natile), prodromica alla risoluzione del contratto;nonché della nota prot. N. 305495/02/12 F. 30 della Provincia di Reggio Calabria – S.U.A.P. con cui l’Ente ha segnalato all’Autorità per la Vigilanza sui contratti pubblici i tentativi di infiltrazione mafiosa nella società Edil impianti s.r.l. concorrente alla procedura di gara per l’appalto dei lavori “Messa in sicurezza di scarpate rocciose e carreggiata della SP 125 Placanica-Survia-Pietra-Innesto SP 9 Il lotto” e ciò ai fini dell’inserimento nel casellario informatico ex art. 27 del d.p.r. 25 gennaio 2000, n. 34”, nonché di tutti gli altri provvedimenti presupposti, connessi e consequenziali.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno e della Provincia di Reggio Calabria;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 luglio 2011 il dott. G V e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con ricorso notificato in data 19.11.2010, il Sig. L F adiva il Tribunale al fine di ottenere l’annullamento, previa sospensiva, della informativa interdittiva emessa, ex art. 10 D.P.R. 252/1998, dalla Prefettura di Reggio Calabria – Ufficio territoriale del Governo – in data 13.09.2010, con la quale si notiziava la Stazione Unica Appaltante Provinciale di Reggio Calabria “ che la complessiva valutazione di tutti gli elementi acquisiti mediante gli accertamenti disposti per il tramite delle Forze di Polizia, induce a ritenere sussistente il pericolo di tentativi di infiltrazioni mafiose nell’ambito della Società (Edil Impianti s.r.l.) in oggetto, ai sensi dell’art. 10 del D.P.R. n. 252/1998. E’ emerso, infatti, che l’Amminsitratore Unico ed il socio unico sono legati da vincoli di parentela con persona, dipendente dell’impresa stessa, già sottoposta a misure di prevenzione, ritenuta appartenente a cosca mafiosa della zona, nella quale si svolgono le attività imprenditoriali della società in questione. Si evidenzia, altresì, che l’Amministratore ha avuto frequentazioni con persone con persone controindicate. Pertanto la presente informazione ha carattere interdittivo ”;impugnava altresì le successive e conseguenti note con cui l’amministrazione dava seguito all’effetto interdittivo.
A supporto del gravame il ricorrente deduce i seguenti motivi:
1) Eccesso di potere per travisamento dei fatti, per errore sul presupposto, per mancanza di idonei parametri di riferimento, per difetto di motivazione e di istruttoria. La rilevata frequentazione sporadica di un personaggio malavitoso non sarebbe idonea, per la sua occasionalità e per l’assenza di altre circostanze sintomatiche della comunanza di interessi con gli ambienti criminali, ad assurgere ad elemento indiziante del pericolo di permeabilità mafiosa. Inoltre, sul versante dei rapporti familiari, l’elaborazione giurisprudenziale più recente si sarebbe pronunciata nel senso di ritenere che un rapporto di parentela, coniugio o affinità o contiguità con personaggi mafiosi non sia sufficiente, da solo, a suffragare l’ipotesi di sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa. Neanche la circostanza che il Sig. V sia un lavoratore alle dipendenze del Sig. L F rileverebbe ai fini della emanazione di un provvedimento interdittivo, poiché il primo non avrebbe alcun ruolo apicale in seno alla società, limitandosi a svolgere le mansioni di autista;
2) Eccesso di potere per errore sui presupposti, per mancanza di idonei parametri di riferimento, per difetto di motivazione e di istruttoria – violazione dell’art. 41 cost.. Nel bilanciamento fra la libertà di impresa e la prevenzione dei fenomeni di infiltrazioni mafiose nei rapporti con le amministrazioni pubbliche, quest’ultima potrebbe prevalere – secondo la tesi del ricorrente avvalorata da pronunce giurisprudenziale - sino a sfociare in provvedimenti interdittivi solo ove sussistano indizi ed elementi oggettivi, che pur non raggiungendo il rango della prova del tentativo di infiltrazione, forniscano un quadro di verosimiglianza dello stesso, finendo diversamente per acquisire il rango di un sistema sanzionatorio basato sul mero legame familiare.
Si sono costituiti in giudizio la Provincia di Reggio Calabria e la Prefettura di Reggio Calabria – Ufficio Territoriale del Governo, deducendo l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso principale.
L’Avvocatura dello Stato nel controricorso redatto nell’interesse della Prefettura ha peraltro sollecitato il Tribunale “ a verificare se l’amministratore della società sia processualmente legittimato a proporre il ricorso, o se la proposizione del ricorso costituisca violazione della misura interdittiva di cui è destinatario”. Nel merito ha difeso la correttezza delle valutazioni espresse dal Prefetto nel provvedimento impugnato, sottolineando, a conferma della prognosi contenuta nello stesso, che con ordinanza del 9.11.2010 resa nel procedimento n. 1738/2006 della DDA presso la Procura di Reggio Calabria, il GIP ha disposto nei confronti dell’amministratore della società ricorrente, L F, accusato di far parte di un’associazione a delinquere finalizzata ad assumere il controllo degli appalti pubblici, la misura cautelare interdittiva del divieto di esercitare attività professionale e imprenditoriale nel settore dell’edilizia pubblica. Gli accertamenti eseguiti dai Carabinieri avrebbero avuto inoltre conferma in recentissime operazioni di polizia giudiziaria. In particolare nell’ambito dell’operazione di P.G. c.d. “Entourage”, il sig. V sarebbe stato destinatario di ordinanza di custodia cautelare in carcere per il delitto previsto dall’art. 416 bis c.p.
Replica il ricorrente, osservando, quanto all’eccezione preliminare, che l’ordinanza che ha disposto l’applicazione della misura interdittiva del divieto temporaneo di esercitare attività professionali e/o imprenditoriali nel settore dell’edilizia pubblica per soli due mesi è stata notificata successivamente alla notifica del ricorso. In ogni caso la stessa non si è tradotta in un divieto di rappresentanza, tant’è che non è stato nominato alcun amministratore giudiziario che medio tempore potesse agire giudizialmente nell’interesse della Edil Impianti s.r.l.. Quanto al merito, allega l’avvenuto licenziamento del dipendente V Antonino, dichiaratamente operato anche al fine di fugare ogni dubbio in ordine ai presunti “condizionamenti” subiti dalla società. Comunque insiste nel sostenere che quanto emerso nei confronti di V Antonino (cognato del Sig. L F) non poteva giustificare l’emissione di un’informativa interdittiva prefettizia.
La causa, all’udienza del 6 luglio 2011 è stata trattenuta in decisione.
Deve essere disattesa l’eccezione relativa al difetto di legittimazione processuale del ricorrente. Come correttamente osservato dalla difesa di quest’ultimo, la misura interdittiva non ha affatto inciso sui poteri di rappresentanza dell’amministratore, limitando il suo effetto inibitorio all’“esercizio di attività professionali e/o imprenditoriali nel settore dell’edilizia pubblica”, nel quale certo non può ricomprendersi il rilascio di una procura ad litem.
Nel merito il ricorso è infondato.
L’informativa fonda il suo tenore interdittivo su una pluralità di elementi tra i quali spicca il legame parentale con soggetto già sottoposto a misure di prevenzione, sospettato di appartenere a cosca mafiosa operante nella zona nella quale si svolgono le attività imprenditoriali della società in questione.
Costituisce ormai ius receptum che l'informativa prefettizia non possa basare sul mero rapporto di parentela o affinità di amministratori o soci di un'impresa con elementi malavitosi, essendo necessari anche altri elementi, sia pure indiziari, tali, nel loro complesso, da fornire obiettivo fondamento al giudizio di possibilità che l'attività di impresa possa, anche in maniera indiretta, agevolare le attività criminali o esserne in qualche modo condizionata.
Tuttavia, nel caso di specie, il soggetto sospettato di gravitare in ambito mafioso era, al momento dell’informativa, convivente con l’amministratore, nonchè dipendente della società. Siffatto elemento rende il legame familiare, di per se solo non sufficientemente significativo, potenziale veicolo di condizionamento, innescando situazioni di cointeresse e comunque frequenza di rapporti lavorativi, oltre che parentali, che rendono non manifestamente irragionevole la valutazione induttiva effettuata dall’amministrazione in ordine al rischio di infiltrazione.
Non sono idonee a scalfire le predette conclusioni, le considerazioni svolte dalla difesa del ricorrente in ordine al ruolo secondario e meramente esecutivo del V in seno all’azienda, poiché il pericolo di condizionamento non deve essere solo inteso quale possibilità di incidere attraverso il potere decisionale connesso alla posizione societaria o lavorativa rivestita, ma anche e soprattutto quale concreta influenza di carattere mafioso, esercitata o esercitabile in via di fatto, attraverso qualsivoglia relazione..
Nondimeno ininfluente è la circostanza dell’avvenuto licenziamento del V, sia perché fatto successivo all’informativa, sia perché azione stimolata dal tenore dell’informativa, che solo in un accezione formalistica può ritenersi sufficiente ad elidere l’elemento “contaminante”. Diversamente, la logica che governa le informative antimafia è o dovrebbe essere di sostanza, nutrendosi sì di indizi o elementi variamente conducenti, ma sempre al fine di dimostrare o di avvalorare un fatto o una condizione consistente, in particolare, nel rischio dell’infiltrazione mafiosa. Nel caso di specie, il rapporto familiare e lavorativo non è la causa dell’infiltrazione, ma l’indizio che essa esiste o che il rischio è in essere.
Anche le vicende penali - riferite dall’amministrazione nei propri atti difensivi - che hanno interessato i sigg.ri Lombardo e V sono successive all’informativa, tuttavia esse riguardano fatti e circostanze già verificatisi al momento dell’adozione della stessa, contribuendo a disvelare ex post la non irragionevolezza della valutazione compiuta dalla Prefettura.
Il ricorso deve dunque essere respinto.
Avuto riguardo alla natura ed alla peculiarità delle questioni trattate sussistono giusti motivi per compensare le spese.