TAR Bologna, sez. II, sentenza 2020-12-16, n. 202000825
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Pubblicato il 16/12/2020
N. 00825/2020 REG.PROV.COLL.
N. 00505/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO I
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 505 del 2019, proposto da
E A, rappresentato e difeso dall'avvocato S S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Cesena, piazza del Popolo n. 44;
contro
Regione Emilia-Romagna, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati G P, C M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio G P in Bologna, viale Aldo Moro, n. 52;
Consorzio di Bonifica della Romagna, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati M D F, C M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per l'annullamento
1) della Determinazione n. 4513 del 13/03/2019 del Responsabile del servizio attività faunistico-venatorie e pesca della Regione Emilia Romagna notificata il 29/03/2019;
2) del Parere rilasciato dal Consorzio di Bonifica della Romagna in data 10 febbraio 2017 e confermato con nota in data 07 giugno 2017;
3) della Relazione tecnica redatta dal Consorzio di Bonifica della Romagna in data 07 gennaio 2019 a seguito della “Relazione di compatibilità idraulico-dinamica” prodotta dal richiedente in data 08 ottobre 2018.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Regione Emilia-Romagna e di Consorzio di Bonifica della Romagna;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 3 dicembre 2020 la dott.ssa Maria Ada Russo e trattenuta la causa in decisione ai sensi dell’art. 25 del DL n. 137/20;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con il presente ricorso sono impugnati i seguenti atti :
1) provvedimento comunicato con PEC del 30 giugno Determinazione n. 4513 del 13/03/2019 del Responsabile del servizio attività faunistico-venatorie e pesca della Regione Emilia Romagna notificata il 29/03/2019;
2) Parere rilasciato dal Consorzio di Bonifica della Romagna in data 10 febbraio 2017 e confermato con nota in data 07 giugno 2017;
3) Relazione tecnica redatta dal Consorzio di Bonifica della Romagna in data 07 gennaio 2019 a seguito della “Relazione di compatibilità idraulico-dinamica” prodotta dal richiedente in data 08 ottobre 2018.
Il ricorso è stato affidato ai seguenti 3 motivi di diritto :
1). Violazione di legge art. 2 e 3 e 10-bis della Legge 241/1990, art. 36 e 37 del codice della navigazione, art. 12 DPR 328/1952, incompetenza del Consorzio di Bonifica, difetto di istruttoria e di motivazione.
2). Violazione di legge art. 2 e 3 della Legge 241/1990 (sotto altro profilo), contraddittorietà, difetto di motivazione e di istruttoria, violazione del giusto procedimento, sviamento di potere.
3).Violazione del principio di proporzionalità e del legittimo affidamento;ingiustificata durata del procedimento.
Si costituiscono le controparti con deposito di documenti e memorie.
I). Giova richiamare brevemente i fatti.
Il ricorrente è subentrato al padre nella titolarità dominicale di un capanno da pesca ubicato sul demanio marittimo nel territorio del Comune di Cervia alla foce del canale Cupa.
Si tratta di un manufatto realizzato nel 1955 sulla scorta di una concessione avente ad oggetto il permesso di costruire un capanno da pesca sulla parte terminale dei moli dello sfocio a mare del canale di via Cupa assentito dal Consorzio di Bonifica Arla e Savio con una concessione rilasciata il 10 settembre 1955.
Nel 1996, veniva rilevato che il capanno insisteva sul demanio marittimo e che pertanto l’occupazione e l’uso dell’area risultava priva di autorizzazione da parte dell’amministrazione competente.
Il ricorrente, subentrato al padre nella titolarità del bene, presentava domanda alla Regione Emilia Romagna per il rilascio della concessione di beni del demanio marittimo per l’occupazione e l’uso del capanno da pesca e provvedeva al regolare pagamento dei canoni demaniali per l’occupazione del bene.
Con nota del 15 febbraio 2017, la Regione Emilia Romagna comunicava la sospensione del procedimento a seguito di parere non favorevole del Consorzio di Bonifica.
Successivamente, con nota del 19 luglio 2018, la Regione Emilia Romagna emetteva una comunicazione di avvio del procedimento finalizzato al diniego dell’istanza di concessione demaniale per il mantenimento di un capanno motivata con il fatto che il capanno da pesca insiste sul canale di scarico del Consorzio e non su area di pertinenza del Demanio.
Veniva immediatamente presentata una memoria dove si esponeva l’erroneità di quanto esposto nella comunicazione anzidetta.
A seguito delle motivazioni esposte dal ricorrente, la Regione Emilia Romagna emetteva una nuova comunicazione di avvio del procedimento motivata sulla scorta del parere negativo reso in precedenza del Consorzio di Bonifica in merito alla potenziale pericolosità del capanno per l’officiosità idraulica.
Veniva perciò depositata una nuova memoria da parte del ricorrente.
Veniva unitamente depositata la relazione di compatibilità idraulica dinamica redatta dall’Ing. Stefano Zanchini, ove si espone che il capanno da pesca sportiva oggetto di analisi non ha alcuna correlazione con il corretto funzionamento dello scolo consorziale Cupa e non può costituire rischio per l’officiosità idraulica del canale come affermato nel parere del Consorzio di Bonifica, precisando peraltro la condizione di sicurezza anche rispetto agli eventi meteomarini sulla base delle stime previsionali sviluppate nell’ambito del progetto MICORE in collaborazione tra enti territoriali ed università.
In data 10.2.2017, il Consorzio di Bonifica della Romagna inviava parere non favorevole al mantenimento del capanno da pesca sulla scorta di una ampia e articolata motivazione.
In proposito :<Il capanno in argomento è collocato sulla parte terminale dei moli guardiani del canale consorziale Via Cupa Nuovo. Tali moli sono stati costruiti nel 1930 come opera di bonifica di 1 categoria e sono stati consegnati al Consorzio con decreto MAF 1 febbraio 1935 n. 8193.
Spettano, dunque, al Consorzio di bonifica l’esercizio e la manutenzione dei medesimi (così come del canale consorziale), nonché l’esercizio delle funzioni di Polizia Idraulica di cui al R.D. 368/1904.
Con Autorizzazione n. 7061 del 01/06/2002, il Consorzio di bonifica, sulla base di quanto disposto dall'art. 134 lett. e) r.d. 368/1904, consentiva al sig. A F di poter utilizzare il capanno in argomento a condizione che lo stesso fosse adeguato, da un punto di vista strutturale, alla normativa tecnica e sismica all'epoca vigente e che venissero al contempo ristrutturati, a cura dello stesso A, i moli sottostanti il capanno, secondo le indicazioni tecniche fornite dal Consorzio.
Ai sensi dell'art. 1 del disciplinare allegato all'autorizzazione di cui sopra, la medesima aveva "durata di 1 anno rinnovabile salvo disdetta da comunicarsi secondo le norme vigente".
Successivamente, con atto prot. 9422/A 10 del 15/11/2002, il Consorzio di bonifica revocava con effetto immediato l'Autorizzazione n. 7061/2002 per violazione, da parte del sig. A, delle prescrizioni ivi contenute.
Nell’atto di revoca, il Consorzio contestualmente intimava al sig. A la tempestiva rimozione del capanno in ragione del riconosciuto pregiudizio che il medesimo arrecava "all'officiosità idraulica dello scarico a mare del citato scolo Via Cupa Nuovo".
Si evidenzia, tra l'altro, che le condizioni di rischio richiamate nell'atto di revoca prot. 9422/2002 hanno subito un aggravio per via dell'aumento di frequenza dei fenomeni di forte mareggiata (tra cui il disastroso evento costiero del febbraio 2015).
Il vigente Piano di Gestione Rischio Alluvioni, redatto ai sensi della Direttiva Europea 2007/60/CE e del D.Lgs. 49/2010, adottato in data 22/12/2015 ed approvato in data 03/03/2016 dal Comitato lstituzionale dell'Autorità di Bacino Distrettuale competente, inserisce l'area su cui insiste il capanno nella perimetrazione di pericolosità massima P3 - alluvioni frequenti: tempo di ritorno 10 anni – elevata probabilità (rif. tavola 9 del Piano - ambito territoriale Aree Costiere Marine).
In armonizzazione con il PGRA e alla luce dei risultati prodotti dalle recenti modellazioni idrauliche effettuate dalla Regione Emilia Romagna in ambito costiero, anche il Piano di Assetto Idrogeologico è stato recentemente aggiornato.
Come noto, il PGRA rappresenta un piano strategico per la riduzione del rischio idraulico attuato anche mediante il PAI, che rimane ad oggi lo strumento di pianificazione territoriale ai fini della sicurezza idraulica.
Il vigente PAI dell'Autorità di bacino territorialmente competente per la zona di Lido di Savio (Bacini Regionali Romagnoli) è stato oggetto di recentissima variante, in coordinamento con il PGRA, adottata dal comitato Istituzionale dell'Autorità dei Bacini Regionali Romagnoli il 07/11/2016 ed approvata dalla Regione Emilia Romagna con DGR 21/12/2016.
La Variante del PAI contiene la cartografia delle Aree a rischio idrogeologico: l'area su cui insiste il capanno in oggetto è rappresentata nella Tav. 240NE-240SE-241N0-241SO ed appartiene alla perimetrazione P3 - alluvioni frequenti, disciplinata dalle norme di piano di cui al titolo IV, artt. 15 e 16. L'art. 16, in particolare, cita che “nelle aree potenzialmente interessate da alluvioni frequenti P3 o poco frequenti P2, le amministrazioni comunali dovranno: (...) consentire, prevedere e/o promuovere, anche mediante meccanismi incentivanti, la realizzazione di interventi finalizzati alla riduzione della vulnerabilità alle inondazioni di edifici e infrastrutture>.
Sulla scorta della sopra esposta motivazione, il Consorzio così concludeva:
<<Tutto ciò premesso,
- poiché il Consorzio di Bonifica esercita le funzioni di polizia idraulica al fine di evitare che qualsivoglia compromissione esistente sui canali di bonifica possa gravemente pregiudicare la corretta ufficiosità idraulica dei medesimi;
- considerato che il capanno in argomento è suscettibile di alterare e compromettere la funzionalità del canale Via Cupa Nuovo e, pertanto, che la sua permanenza sulla parte terminale dei moli guardiani del suddetto canale è vietata in modo assoluto dall’art.133 R.D. n. 368/1904;
- ritenuto che, anche a causa dell’aggravio dello scenario di rischio idraulico ampiamente documentato dalla più recente normativa di settore, il mantenimento del capanno al di sopra dei moli del canale costituisce rischio per l’officiosità idraulica del canale (nonché per gli utilizzatori dello stesso e per la pubblica incolumità) non essendo affatto remota l’eventualità di crollo del fabbricato con conseguente ostruzione dello sbocco a mare del canale e conseguente impedimento dello scolo delle acque;
- richiamato l’art.16 del vigente PAI e ritenuto che l’unica azione possibile per la riduzione della vulnerabilità del capanno e dei moli sia la ricollocazione del capanno stesso al di fuori delle pertinenze del canale ed alle distanze regolamentari imposte dal R.D. 368/1904 e dal vigente Regolamento di Polizia idraulica.
Con la presente si esprime parere non favorevole al mantenimento del capanno oggetto di istanza>>.
II). Può ora passarsi all’esame del merito del ricorso.
1).Con il primo motivo il ricorrente sostiene che il provvedimento negativo è senza alcuna motivazione e che l’amministrazione prende atto del parere non favorevole del Consorzio di bonifica della Romagna.
In replica la regione sostiene che il capanno da pesca (con le relative pertinenze) è stato costruito avendo come fondamento un’opera idraulica gestita dal Consorzio di Bonifica (segnatamente i moli guardiani ubicati nel tratto terminale del canale). Pertanto, risultava necessario acquisire il parere – rectius, atto di assenso – del Consorzio, ai sensi dell’art. 136 del R.D n. 368 del 1904, in quanto autorità idraulica su tutte le opere classificabili come opere di bonifica.
Relativamente all’omessa considerazione del parere rilasciato dall’Agenzia, regionale (obbligatorio ai sensi della delibera della Giunta regionale n. 2510/2003) si evidenzia che l’ambito dello stesso riguarda la compatibilità del manufatto con le esigenze di difesa della costa (alla cui tutela la citata struttura è istituzionalmente preposta) e le eventuali prescrizioni tecniche alle quali si ritenga di sottoporre la concessione. Si tratta dunque di un parere che non è idoneo a superare la necessità dell’ulteriore atto di assenso del Consorzio di Bonifica, il cui ambito consiste nella compatibilità del manufatto con le esigenze idrauliche delle opere di bonifica.
Come noto, la motivazione di un provvedimento amministrativo consiste nella enunciazione delle ragioni di fatto e nella individuazione delle relative norme di diritto che ne hanno giustificato il contenuto, ed è finalizzata a consentire al destinatario del provvedimento la ricostruzione dell'iter logico-giuridico che ha determinato la volontà dell'Amministrazione consacrata nella determinazione a suo carico adottata. (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 6 ottobre 2003, n. 5868;idem, Sez. V, 18 dicembre 2003, n. 8341;idem, Sez. VI, 3 marzo 2004, n. 1047;idem, Sez. IV, 22 settembre 2005, 4982;cit. n. 1750 del 2006).
La motivazione degli atti amministrativi costituisce uno strumento di verifica del rispetto dei limiti della discrezionalità allo scopo di far conoscere agli interessati le ragioni che impongono la restrizione delle rispettive sfere giuridiche o che ne impediscono l'ampliamento, e di consentire il sindacato di legittimità sia da parte del giudice amministrativo che eventualmente degli organi di controllo (fra le tante Cons. Stato sez.V, 3 aprile 2002 n. 1904 ), atteso il disposto di cui all'art. 3 L. 241/1990, secondo cui ogni provvedimento amministrativo deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che determinano la decisione dell'amministrazione.
All'osservanza dell'obbligo della motivazione va attribuito un rilievo preliminare e procedimentale nel rispetto del generale principio di buona amministrazione, correttezza e trasparenza, positivizzato dall'art. 3, della Legge 7 agosto 1990, n. 241 rispetto al quale sorge, per il privato, una legittima aspettativa a conoscere il contenuto e il motivi del provvedimento riguardante la sua richiesta (cfr.ex multis , da ultimo, Tar Sicilia, Catania, Sez. III, 22 settembre 2005, n. 1431;Tar Lazio, Roma, Sez. II, 20 gennaio 2006, n. 460;Cons. Stato, Sez. V, 4 aprile 2006, n. 1750).
Nel caso di specie la motivazione è adeguata e supportata da tutti gli atti istruttori del procedimento in questione per come descritto nella parte narrativa.
Appare infondato anche il rilievo secondo il quale la Regione avrebbe ignorato le osservazioni formulate dal ricorrente in sede di contraddittorio.
Al riguardo :
a). con la comunicazione dei motivi ostativi al rilascio della concessione in data 23.10.2018 la Regione ha dato riscontro alle osservazioni del sig. A (seguite dall’audizione).
b). poi gli uffici regionali hanno inviato la relazione peritale successivamente pervenuta dal sig. A al Consorzio di Bonifica, il quale – come pure già detto – ha ribadito il proprio parere negativo corredandolo da una relazione idraulica.
In particolare, la relazione afferma che <<… il capanno … interferisce direttamente con il canale [di bonifica] e la sua presenza ostacola le operazioni di manutenzione straordinaria dei moli stessi …>>;<<…che l’interazione tra canale e capanno esiste … per il concreto rischio che il capanno, in caso di crollo, possa ostruire i deflussi [del canale di bonifica] a mare>>;che <<… l’ostruzione idraulica del canale comporterebbe infatti diffuse esondazioni, l’impossibilità di scarico del depuratore di Cervia (ed il rischio di allagamento dell’impianto stesso), il blocco degli idrovori Lunarda e Bassona, con gravi allagamenti a Milano Marittima e Savio>>.
La relazione conclude affermando inoltre che <<… non è certo ammissibile mantenere una struttura, solidale ai moli di un canale principale di bonifica, che possa, per quanto sopra esposto, crollare ed ostruirlo in caso di mareggiata, mettendo a rischio un esteso bacino, numerose infrastrutture e l’incolumità della popolazione>>.
Dunque, in base a tutti gli atti depositati, risulta che nel provvedimento di diniego si dà conto in modo completo ed articolato dell’intero percorso istruttorio (ivi compresa la fase del contraddittorio).
2). Con il secondo motivo il ricorrente insiste nel sostenere che la motivazione fatta propria dalla Regione risulta in primo luogo inconferente dal momento che le piante planimetriche estratte dal sistema Informativo Demanio testimoniano pacificamente che l’area su cui insiste il manufatto appartiene al demanio marittimo e quindi in assenza di un diverso accordo interministeriale le opere poste al di fuori della foce dei fiumi o dei corsi d’acqua appartengono al demanio marittimo.
Si sostiene altresì che il richiamato art. 133 del RD 368/1904 vieta in maniera assoluta le opere sugli argini o sui corsi d’acqua che ne possano pregiudicare la stabilità e quindi è necessaria una previa valutazione di rischio, non trattandosi perciò di un divieto assoluto quanto invece di un divieto motivato.
Si consideri inoltre che a fronte della relazione tecnica dell’Ing. B che attesta la regolarità edilizia ed il rispetto della normativa sismica non viene spesa una sola parola, né da parte del Consorzio, né da parte della Regione, per comprovare una situazione di pericolo, in realtà inesistente, che viene soltanto ipotizzata in carenza del benché minimo riscontro obiettivo.
In replica la regione sostiene che il parere del Consorzio di Bonifica non poteva in alcun caso essere superato da valutazioni dei periti di parte, trattandosi di un atto di assenso – in questo caso di un dissenso – espresso ai sensi di legge dall’Autorità istituzionalmente deputata a garantire l’officiosità idraulica dei canali di bonifica.
La censura non merita condivisione anche in base a quanto detto sub 1).
Si osserva in ogni caso che il parere del Consorzio è adeguatamente motivato ed è stato successivamente suffragato (in sede di contraddittorio con il ricorrente) da una dettagliata relazione tecnica che, tra l’altro, confuta puntualmente la relazione peritale che era stata prodotta dal sig. A.
Quanto al parere favorevole dell’Agenzia di Protezione civile, cui allude controparte, si è già detto che l’ambito dello stesso riguarda la compatibilità del manufatto con le esigenze di difesa della costa (alla cui tutela l’Agenzia regionale è istituzionalmente preposta). Si tratta dunque di un ambito eterogeneo rispetto a quello del parere, parimenti obbligatorio, rilasciato dal Consorzio di Bonifica.
3). Con il terzo motivo il ricorrente denuncia il vizio dell’eccesso di potere sotto il profilo della violazione del principio di proporzionalità oltre che alla omessa considerazione della risalenza del manufatto legittimamente e regolarmente costruito oltre sessant’anni fa sulla scorta di una valutazione positiva da parte dello stesso Consorzio che oggi ne pretende la rimozione.
In replica la regione ricorda che : in primo luogo, va rimarcato che allo stato attuale il manufatto insiste sull’area demaniale sine titulo dal 2002, cioè dal giorno in cui è scaduta la concessione, all’epoca assentita dal competente Consorzio e che appare alquanto peregrino invocare il principio dell’affidamento.
Il Collegio condivide la ricostruzione della regione potendosi applicare il principio giurisprudenziale relativo ai provvedimenti di repressione in materia edilizia.
In proposito, l'ordine di demolizione, come tutti i provvedimenti sanzionatori in materia edilizia, è atto vincolato che non richiede una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né una comparazione di quest'ultimo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, né una motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla demolizione, non potendo neppure ammettersi l'esistenza di alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva, che il tempo non può giammai legittimare (C.d.S., sez. IV, 1° ottobre 2007, n. 5049;10 dicembre 2007, n. 6344;31 agosto 2010, n. 3955;sez. V, 7 settembre 2009, n. 5229).
Appare privo di pregio il rilievo volto a valorizzare il fatto che nell’anno 1955 la concessione del manufatto fosse stata assentita dai Consorzi Arla e Savio (le cui competenze sono state successivamente assorbite dal Consorzio di Bonifica della Romagna).
Al riguardo, è utile fare rinvio ai contenuti del parere reso dal Consorzio e dalla relazione tecnica dallo stesso successivamente inviata in sede di contraddittorio.
Tanto nell’uno quanto nell’altra, infatti, si dà ampiamente conto dell’iniziale rilascio della concessione e dei motivi che hanno successivamente portato a revocare la stessa (nell’anno 2002) e a negare l’assenso di una nuova concessione avente ad oggetto il medesimo manufatto.
In conclusione il ricorso deve essere respinto e le spese seguono la soccombenza.