TAR Milano, sez. III, sentenza 2012-12-06, n. 201202961

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Milano, sez. III, sentenza 2012-12-06, n. 201202961
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Milano
Numero : 201202961
Data del deposito : 6 dicembre 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00815/2007 REG.RIC.

N. 02961/2012 REG.PROV.COLL.

N. 00815/2007 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 815 del 2007, proposto da:
ODE RITA, ammessa al patrocinio a spese dello Stato, rappresentata e difesa dall'avv. E P, con domicilio eletto presso il suo studio in Milano, via R. Margherita 30;

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliata nei suoi uffici in Milano, via Freguglia, 1

per l'annullamento

del provvedimento n. 139/2006 del 23 marzo 2006 di revoca del permesso di soggiorno per motivi umanitari n. D558051, nonché di tutti gli atti connessi.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 ottobre 2012 il dott. Domenico Giordano e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1) Con provvedimento emesso dalla Questura di Milano in data 26 ottobre 2005 è stato rilasciato alla ricorrente, cittadina nigeriana, il permesso di soggiorno per motivi di protezione sociale, ai sensi dell’art. 18, primo comma, D.Lgs. n. 286/98. La stessa veniva quindi affidata ad una comunità protetta convenzionata con il Comune di Milano.

In data 1 marzo 2006 l’amministrazione comunale informava la Questura di Milano che la signora Ode aveva interrotto il programma di protezione, essendosi allontanata volontariamente dalla Comunità di accoglienza senza comunicare la propria destinazione e interrompendo ogni contatto con il Servizio comunale.

Con provvedimento in data 23 marzo 2006 il Questore di Milano, accertata l’interruzione del programma di protezione sociale e l’irreperibilità della cittadina straniera, disponeva la revoca del permesso di soggiorno. L’atto veniva notificato all’interessata, in data 25 gennaio 2007, in occasione di un casuale “rintraccio” dai Carabinieri di Nichelino (TO).

2) Con ricorso notificato in data 23 marzo 2007 e depositato in data 17 aprile 2007 l’interessata chiede l’annullamento del provvedimento, deducendone l’illegittimità per omessa comunicazione di avvio del procedimento e per manifesta ingiustizia, in quanto il permesso di soggiorno non era subordinato ad obblighi e prescrizioni per cui la ricorrente, non essendo stata informata delle conseguenze derivanti dall’abbandono della comunità, ha ritenuto di potersene allontanare per mettersi alla ricerca di un lavoro e poter convertire il premesso di soggiorno.

Il Ministero dell’Interno si è costituito in giudizio depositando documentazione.

Con ordinanza n. 863 del 7 giugno 2007 è stata respinta la domanda cautelare.

All’udienza il ricorso è stato trattenuto in decisione.

3) Il ricorso è infondato.

Il rilascio del permesso di soggiorno per motivi di protezione sociale è disciplinato dall’art. 18 del D.Lgs. n. 286/98 e trova la sua giustificazione nel fatto che, in relazione ad indagini penali per uno dei reati previsti dall’art. 380 c.p.p. o dall’art. 3 l.n. 75/58, un cittadino extracomunitario privo del permesso di soggiorno sia esposto a violenze o a grave sfruttamento cui tenti di sottrarsi, venendo a trovarsi, per effetto di ciò, in situazione di pericolo per la sua incolumità;
in presenza di tali condizioni, il permesso di soggiorno é finalizzato a consentire alla vittima di sottrarsi alla violenza e ai condizionamenti subiti e di partecipare a programmi di assistenza ed integrazione sociale.

L’art. 18 del D. L.vo 286/98 stabilisce che il permesso di soggiorno di che trattasi é rilasciato per un periodo minimo di sei mesi, o per il maggior periodo necessario a garantire l’incolumità dello straniero, che deve essere inserito in uno specifico programma di protezione e integrazione sociale.

Il quarto comma della norma in esame stabilisce che il permesso di soggiorno è revocato in caso di interruzione del programma, di condotta incompatibile con le finalità dello stesso o quando vengono meno le altre condizioni che ne hanno giustificato il rilascio.

La disposizione da ultimo richiamata stabilisce quindi che l’interruzione volontaria del programma costituisce circostanza automaticamente ostativa alla conservazione del titolo e comporta la revoca del permesso di soggiorno, senza ulteriori valutazioni discrezionali dell’amministrazione.

4) In tale cornice normativa, non sussiste la denunciata violazione dell’art. 7 della l. n. 241/90 per la mancata comunicazione di avvio del procedimento.

Ai sensi dell’art. 21 octies, comma 2, l. 7 agosto 1990 n. 241 è ininfluente il difetto di comunicazione di avvio del procedimento ove risulti accertato che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato, per cui la partecipazione dell’interessato non avrebbe potuto apportare alcuna utilità all’azione amministrativa. In tale situazione, le esigenze di garanzia e trasparenza non sussistono e riprendono piena espansione i criteri di economicità e speditezza dai quali è retta l’azione amministrativa.

Tale situazione ricorre nel caso in esame, posto che il contenuto dispositivo del provvedimento costituisce il risultato dell’esercizio di un potere vincolato.

Inoltre, come già affermato dalla Sezione, non costituisce motivo di illegittimità del provvedimento il mancato inoltro dell’avviso di cui all’art. 7 della legge 1990 n. 241 quando difettino, come nella specie, indicazioni da parte del destinatario in ordine al suo domicilio effettivo, giacché in tal caso il mancato ricevimento non è imputabile ad omissioni dell’amministrazione, ma alla irreperibilità dell’interessato.

Il decreto impugnato dà puntualmente atto nelle sue premesse dell’impossibilità di comunicare l’avvio del procedimento a causa dell’accertata irreperibilità della ricorrente che, come risulta dalla documentazione in atti, aveva interrotto ogni contatto anche con il Servizio comunale cui era affidata.

5) Il rilascio del permesso richiede, ai sensi dell’art. 27, secondo comma lett. c), del D.P.R. 394/99 l’adesione dello straniero al programma di protezione, previa avvertenza delle conseguenze previste dal testo unico in caso di interruzione del programma o di condotta incompatibile con le finalità dello stesso.

Le particolari finalità pubbliche connesse all’istituto di protezione cui è collegato il rilascio del permesso di soggiorno per motivi di protezione sociale ex art. 18 d.lgs. n. 286/98 non consentono allo straniero, il quale abbia accettato il relativo programma, di stabilirne e deciderne i tempi e le modalità di svolgimento e completamento, donde l’unilaterale abbandono del progetto di protezione non può che determinare la perdita dei benefici connessi all’ammissione al progetto stesso (cfr.

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