TAR Bari, sez. I, sentenza 2014-05-14, n. 201400607

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Bari, sez. I, sentenza 2014-05-14, n. 201400607
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Bari
Numero : 201400607
Data del deposito : 14 maggio 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00374/2012 REG.RIC.

N. 00607/2014 REG.PROV.COLL.

N. 00374/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 374 del 2012, proposto da:
G M, rappresentato e difeso dall'avv. A G, con domicilio eletto presso Paolo Mirizzi, in Bari, via Roberto da Bari, n.112;

contro

Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri, Ministero della Difesa, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bari, domiciliataria in Bari, via Melo, n. 97;

per la condanna

dell'Amministrazione al risarcimento del danno patito dal ricorrente, nella sua qualità di Maresciallo appartenente all'Arma dei Carabinieri, per il comportamento assunto dall'Amministrazione della Difesa a seguito della proposizione da parte del ricorrente di n. 2 procedimenti dinanzi al T.A.R. Puglia - Bari.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri e del Ministero della Difesa;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 aprile 2014 il dott. A G Ata;

Uditi per le parti i difensori avv.ti A G e Giuseppe Zuccaro;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con ricorso depositato in data 15 marzo 2012, Mafale Giuseppe chiedeva a questo Tribunale la condanna delle Amministrazioni resistenti al risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale subito, in tesi, “ a causa del mancato avanzamento al grado superiore e alla aliquota maggiore nei tempi maturati e stabiliti secondo il suo naturale percorso curriculare nonostante l’intervenuto annullamento dei provvedimenti legittimi impugnati. ”.

Esponeva in fatto di aver instaurato nei confronti del Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri e del Ministero della Difesa due procedimenti giurisdizionali, conclusisi vittoriosamente per il ricorrente con le sentenze n. 2028/2001, pubblicata in data 31.5.2001, e n. 3829/2002, pubblicata in data 3.9.2002, a mezzo delle quali erano stati annullati due provvedimenti di gestione del rapporto lavorativo che avevano illegittimamente ostacolato il suo fisiologico percorso curriculare all’interno dell’Amministrazione di appartenenza.

Ricapitolato il contenuto delle sentenze citate - cui si rinvia - e sulla premessa della sussistenza di un danno patrimoniale e non patrimoniale subito non risarcibile in forma specifica, il Mafale spiccava azione risarcitoria ex art. 30 c.p.a., instando in via istruttoria per l’acquisizione dall’Amministrazione di tutti gli atti relativi al suo stato di servizio e per l’assunzione delle prove orali ritenute eventualmente necessarie, con testi ad indicarsi.

L’Avvocatura erariale si costituiva in giudizio con atto di mero stile, pervenuto in Segreteria in data 16 marzo 2012, allegando relazione ministeriale sulla fattispecie oggetto di causa nella quale si instava per il rigetto del ricorso con argomenti di rito e di merito.

Il ricorso è infondato e, pertanto, non può essere accolto.

Deve anzitutto premettersi che, in base al principio della c.d. "ragione più liquida", la domanda può essere decisa nel merito sulla base della soluzione di una questione assorbente, senza che sia necessario esaminare previamente tutte le altre (cfr. inter alia Cass. civ., sez. III, sent. 25 gennaio 2010;
Cass. civ. 16 maggio 2006 n. 11356).

Al di là, dunque, delle spiegate eccezioni preliminari di rito, la domanda di risarcimento del danno così come formulata nel merito risulta essere generica, in quanto il ricorrente non ha fornito piena prova della sussistenza storica del danno asseritamente patito, né della sua compiuta quantificazione.

Come correttamente messo in luce dall’Amministrazione resistente, non è configurabile la colpa in re ipsa della P.A. sulla base del mero dato oggettivo della illegittimità del provvedimento amministrativo adottato.

Ove si sia verificato, in tesi, un danno risarcibile, su chi ne richiede il ristoro grava l’onere di fornire la prova rigorosa, ex artt. 2697 c.c. e 115 c.p.c., del danno effettivamente sofferto, sia dal punto di vista del “se” si sia effettivamente verificato, sia dal punto di vista della corretta individuazione del “quanto” di ciò che si richiede a titolo di ristoro.

In particolare, non può invocarsi, in proposito il c.d. principio dispositivo con metodo acquisitivo, dato che l’individuazione della sussistenza storica del danno e la sua quantificazione attengono a profili relativi anzitutto alla allegazione dei fatti e solo successivamente alla istruzione probatoria su di essi.

Come si chiarisce in giurisprudenza, mutuando noti e già citati principi civilistici in materia: “ In materia di responsabilità civile della P.A. non può riconoscersi il diritto al risarcimento del danno sulla base di sole generiche asserzioni, in quanto l'azione risarcitoria non è soggetta alla regola del principio dispositivo con metodo acquisitivo, bensì al principio dell' onere della prova (artt. 2697 c.c. e 115 c.p.c.) in quanto inerente a processo avente ad oggetto diritti (risarcitori). Invero, trattandosi di giudizio che verte principalmente sull'esistenza delle condizioni perché un danno possa ritenersi ingiusto, occorre innanzitutto la prova della sua esistenza e del suo ammontare, consistente nella verifica positiva degli specifici requisiti e, in particolare, nell'accertamento di una effettiva lesione alla propria posizione giuridica soggettiva tutelata ovvero la violazione della norma giuridica che attribuisce la protezione a tale interesse. Soltanto una volta comprovato il danno sarebbe possibile, nella determinazione quantitativa, definirlo e liquidarlo in via equitativa. Il giudizio di equità (art. 1226 c.c., richiamato dall'art. 2056) sopperisce alla impossibilità di provare l'ammontare preciso del danno ma presuppone la prova da parte del danneggiato dell'evento dannoso (cfr. Consiglio di Stato, sezione IV, 18 novembre 2013, n. 5453).

Nel caso di specie, il Mafale si è limitato a chiedere un risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale, in tesi subito, a mezzo di prova per testi non meglio indicati, senza alcuna articolazione di capitoli di prova, altresì aggiungendovi la richiesta di una somma genericamente determinata in euro 50.000,00, auspicandone la determinazione definitiva a mezzo di apposita C.T.U..

Su tali premesse, la domanda non può che essere considerata come affetta da evidente genericità già in punto di allegazione, non potendo, pertanto, essere accolta.

Tenuto conto della peculiarità del caso di specie e della vicenda personale ed umana ad esso sottesa, ritiene il Collegio che sussistano gravi ed eccezionali motivi per disporre l’integrale compensazione delle spese di lite fra le parti.

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