TAR Trieste, sez. I, sentenza 2009-02-13, n. 200900075
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N. 00075/2009 REG.SEN.
N. 00591/2007 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 591 del 2007, proposto da:
Azienda Agricola Santa Caterina di Ambrosio Carlo &C., rappresentata e difesa dall'avv. F L, con domicilio eletto presso la Segreteria Generale T.A.R. in Trieste, piazza Unita' D'Italia 7;
contro
Comune di Cordovado, rappresentato e difeso dall'avv. F R, con domicilio eletto presso lo stesso, in Trieste, via Donota 3;
nei confronti di
Consorzio Intecomunale Per Lo Sviluppo Economico e Sociale - C.I.S.E.S., Associazione Intercomunale "Del Sanvitese";
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia, dell'atto del Comune di Cordovado dd. 10.10.2007, con cui viene disposta la sospensione del procedimento di rilascio dell'autorizzazione per la realizzazione e l'esercizio dell'impianto di produzione di energia elettrica da fonti alternative.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Cordovado;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28/01/2009 il cons. Rita De Piero e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1. - La ricorrente Azienda Agricola, costituita per l’esercizio dell’attività di impresa e avente quale oggetto sociale - oltre allo svolgimento di attività agricola - anche la produzione e cessione di energia elettrica da fonti rinnovabili agrogforestali, espone di aver comunicato al resistente Comune di Cordovado, nell’aprile del 2006, l’intenzione di realizzare un impianto di produzione di energia pulita da biomasse, da collocarsi nelle pertinenze aziendali, sempre in censuario di Cordovado.
1.1. - Il procedimento iniziava. Il Comune chiedeva ulteriori informazioni che la ricorrente forniva prontamente. Nel frattempo, il progetto otteneva anche il necessario parere dei Vigili del Fuoco e della Azienda Sanitaria.
In data 12.2.07, veniva avanzata richiesta di provvedimento autorizzatorio unico ex art.1 della L.r. 3/01 e art. 12, comma 3, del D.Lg. 387/03, corredata dai necessari documenti.
In data 25.3.07, il Comune precisava che il progettato intervento - non essendo allo stato ammissibile, a tenore di PRG - era subordinato all’approvazione di una specifica Variante.
L’11.7.07 si teneva anche la prescritta Conferenza di Servizi.
Perdurando il silenzio dell’Amministrazione sulla domanda, la ricorrente sollecitava più volte il Comune ad esprimersi, finchè, con l’atto del 10.10.07 (qui opposto), lo stesso dichiarava che il procedimento doveva ritenersi sospeso in quanto, allo stato, l’impianto non risultava ammissibile in zona E.
1.2. - Questi i motivi di ricorso:
1) violazione dell’art. 12 del D.Lg. 387/03, dell’art. 12 della L.r. 24/04 e dell’art. 117 della Costituzione. Travisamento di fatto e carenza di motivazione.
Il problema è quello dell’ammissibilità degli impianti di produzione di energia elettrica da fonti alternative in aree agricole, e della durata del relativo procedimento.
L’art. 1 del D.Lg. 357/03 definisce tali impianti strutture “di pubblica utilità, indifferibili e urgenti”, e demanda alla Regione (o ad altro soggetto pubblico dalla stessa delegato) il rilascio della necessaria autorizzazione, che avviene con un unico provvedimento (denominato appunto “Autorizzazione Unica”), da assumere a seguito dello svolgimento di una apposita Conferenza di Servizi,
La Regione, con l’art. 21 della L.r. 24/06, ha delegato al Comune i necessari poteri.
Ad avviso della ricorrente l’impianto di cui trattasi può sicuramente essere collocato anche in zona agricola, stante l’inequivoco tenore dell’art. 12 del D.Lg. 387/03.
Erra, quindi, il Comune nel ritenere necessaria una Variante ad hoc per poter ivi allocare detti impianti, essendo la localizzazione in zona agricola espressamente ammessa dalla legge. Con la conseguenza che, dato che i suddetti impianti sono ex lege riconosciuti di pubblica utilità, ove vi sia contrasto con le norme urbanistiche, l’Autorizzazione Unica - che comporta approvazione del progetto - costituisce anche - a tenore egli artt. 10.e 19 del D.Lg. 327/01 - variante urbanistica..
Nel caso di specie, non vi è alcun contrasto con le norme di Piano;ma, se vi fosse, anche dette norme sarebbero illegittime per contrarietà con il D.Lg. 387/03, che, secondo la prospettazione della ricorrente, si applica anche nella Regione Autonoma Friuli - Venezia Giulia, quanto meno in via sussidiaria, mancando una specifica disposizione di legge regionale
Il Comune, inoltre, ha sospeso il procedimento sino alla definitiva approvazione del nuovo P.R.G..Il che contrasta con l’art. 12 del D.Lg. 387/03, che stabilisce il termine massimo per la conclusione del procedimento. Sospendendolo indefinitamente, il Comune “è venuto a determinare un termine superiore e diverso da quello stabilito dal legislatore statale per la conclusione di questo procedimento”, e ciò non è possibile, come ha stabilito anche la Corte Costituzionale con la sentenza n. 364/06.
2) Violazione dell’art. 2 della L. 120/02. Carenza di motivazione e irragionevolezza.
Le opere di cui trattasi sono dalla legge stessa dichiarate di pubblico interesse e di pubblica utilità. Vanno quindi incoraggiate e favorite.
Col suo agire, il comune di Cordovado si pone in contrasto con gli obiettivi della legge
2. - Il Comune, costituito, puntualmente controdeduce nel merito del ricorso concludendo per la sua reiezione.
In limine, ne eccepisce l’inammissibilità per non essere state espressamente impugnate le norme di P.R.G. che non consentono di collocare in zona E6b la struttura di cui si controverte.
3. - Il ricorso non è fondato, pur con le precisazioni che seguono, e ciò consente di prescindere dall’eccezione di inammissibilità sollevata dal Comune.
Il problema concerne l’Autorizzazione Unica di cui all’art. 12 del D.Lg. 387/03, per la costruzione di un allevamento di bovini da latte, annessi rustici, e collegato impianto di produzione di energia da biomasse, della potenzialità di 625/kw/h, in zona E, nel territorio del Comune di Cordovado, la cui competenza a deliberare deriva dal disposto di cui all’art. 21, comma 1, della L.r. 24/06.
3.1. - La ricorrente afferma, innanzi tutto, che l’autorizzazione doveva essere rilasciata in quanto lo prevede l’art. 12, comma 7, del D.Lg. 387/03, che, sul punto, stabilisce che “gli impianti di produzione di energia elettrica, di cui all'articolo 2, comma 1, lettere b) e c), possono essere ubicati anche in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici”.
Va, quindi, verificato se detta prescrizione (la quale, peraltro, si limita a dire che gli impianti non sono necessariamente incompatibili con la zona E, ma non che essi possano in ogni caso essere ivi collocati) trovi o meno puntuale applicazione nel territorio della Regione Friuli - Venezia Giulia.
La risposta non può che essere negativa, per un duplice ordine di ragioni: perché la Regione Autonoma ha competenza normativa primaria in materia di urbanistica e perché così dispone espressamente anche l’art. 19 dello stesso D.Lg. 387/03, il quale fa espressamente salve “le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano che provvedono alle finalità del presente decreto legislativo ai sensi dei rispettivi statuti speciali e delle relative norme di attuazione”.
Ne consegue che, ove manchi una espressa norma di legge (regionale) in ordine all’allocazione di tali strutture, si dovrà valutarne l’ammissibilità, in zona E, con riferimento alle norme urbanistiche vigenti, come confermato anche dall’art. 40 della (peraltro sopravvenuta) L.r. 5/07 che così recita: “gli interventi relativi ad impianti di produzione di energia elettrica, di cui all'articolo 2, comma 1, lettere b) e c), del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 …, da realizzare in area agricola sono individuati dal POC” (piano operativo comunale). Allo stato, quindi, ai fini dell’Autorizzazione Unica, non si può prescindere dalle disposizioni urbanistiche vigenti
3.2. - Nel corso del procedimento, il Comune ha più volte fatto presente (in specie con le note del 24.8.06, del 26.3.07 e del 18.4.07, nonchè nel corso della Conferenza di Servizi) che il progetto non poteva venire autorizzato in quanto la realizzazione dell’impianto per la produzione di energia elettrica risultava incompatibile col vigente P.R.G. (approvato nel 2006), che, in zona agricola E6b (ove la struttura avrebbe dovuto essere allocata), non prevede tale possibilità (si veda, in proposito, l’art. 18 delle N.T.A. che indica in dettaglio le tipologie di interventi ammessi in zona E6b).
Peraltro, il Comune espone anche che, nell’ambito della Relazione di Flessibilità che accompagna lo strumento urbanistico, è previsto in zona E6b, previa autorizzazione del’A.S.S. “l’inserimento di impianti di biogas per la trasformazione di sostanze solide quali materie prime ricrescenti, nonché il liquame/letame e altri materiali appartenenti al ciclo produttivo aziendale in energia termica, elettrica e concime naturale”. L’intervento, quindi, allo stato non assentibile, lo potrà essere in futuro, laddove venga approvata, con le procedure semplificate di cui all’art. 32 bis della L.r. 52/91, la necessaria Variante.
3.3. - In mancanza di un richiamo ad hoc (stante l’estraneità della materia), non può ritenersi applicabile al caso di specie l’art. 19, comma 2, del D.Lg. 327/01, sull’espropriazione, in base al quale l’approvazione di un progetto di opera pubblica difforme dalla normativa urbanistica può costituire variante, ai fini del successivo decreto di esproprio.
3.4. - Nella seconda parte del primo motivo, la ricorrente lamenta la violazione dei termine ultimo per la conclusione del procedimento e, in definitiva, l’illegittimità della sospensione a tempo indeterminato dello stesso (fino a quando verrà approvata la Variante).
Il motivo (che, in astratto, sarebbe fondato, dato che la P.A. ha l’obbligo di concludere ogni procedimento con un provvedimento espresso, entro il termine finale per lo stesso previsto - che, nella specie, è quello di 180 giorni di cui all’art. 12 del D.Lg. 387/03 - e non ha facoltà di sospenderlo indefinitamente), è però probabilmente frutto di un equivoco (che coinvolge entrambe le parti): infatti la comunicazione del 10.10.07 (definita “conclusione procedimento”, ancorchè nella seconda riga si affermi che “il procedimento relativo alla pratica in oggetto è tuttora sospeso”) è sostanzialmente un diniego di autorizzazione, per le ragioni di carattere urbanistico sopra esposte. La natura di diniego - ancorchè esternata in modo poco perspicuo - si desume dalle risultanze della Conferenza di Servizi dell’11.7.07, ove il Comune ha ribadito che, allo stato, l’impianto non è autorizzabile, ma lo sarà solo dopo l’approvazione di apposita Variante.
E, infatti, non è stato, correttamente, autorizzato.
3.5. - Anche l’ultimo motivo è infondato.
Non sussiste infatti alcuna violazione del’art. 2 della L. 120/02 (Ratifica ed esecuzione del Protocollo di Kyoto alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, fatto a Kyoto l'11 dicembre 1997), disposizione che si limita a dettare linee di intervento agli Stati per ridurre la produzione di gas nocivi e la loro emissione in atmosfera, senza dettare alcuna regola cogente.
In definitiva, alla stregua di quanto esposto, il ricorso va respinto.
4. - Sussistono tuttavia giuste ragioni, in specie per la non precisa formulazione del diniego di autorizzazione, per compensare interamente, tra le parti, le spese e competenze di causa.