TAR Trieste, sez. I, sentenza 2021-04-13, n. 202100124

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Trieste, sez. I, sentenza 2021-04-13, n. 202100124
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Trieste
Numero : 202100124
Data del deposito : 13 aprile 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 13/04/2021

N. 00124/2021 REG.PROV.COLL.

N. 00318/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 318 del 2020, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati F L, S F e R R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Istituto Nazionale di Previdenza Sociale - I.N.P.S., in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati P B e A F dell’Ufficio legale dell’Istituto, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso l’Ufficio Legale INPS di Trieste, Via S. Anastasio n. 5;
Ministero dell'Interno - Dipartimento della Pubblica Sicurezza non costituito in giudizio;

per l'annullamento

- della missiva pec (prov. INPS.-OMISSIS-), notificata il 17 settembre 2020, con la quale l'I.N.P.S., Direzione provinciale di -OMISSIS- ha respinto la richiesta avanzata dal ricorrente il 14 luglio 2020 di ricalcolo del trattamento di fine servizio con inclusione dei 6 scatti stipendiali ex art. 6 bis del d.l. 387/1987 e dell'art. 21 della legge n. 232/1990;

- ove occorra e per quanto di ragione, dei prospetti di liquidazione del trattamento di fine servizio elaborati dall'I.N.P.S., direzione provinciale di -OMISSIS- (atto prot. -OMISSIS- e prot. -OMISSIS-), nella parte in cui non attribuiscono allo stesso i 6 scatti stipendiali ex art. 6 bis del d.l. 387/1987 e dell'art. 21 della legge n. 232/1990;

- di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale;

NONCHE' PER L'ACCERTAMENTO

- del diritto del ricorrente ad ottenere il ricalcolo del trattamento di fine servizio con inclusione dei 6 scatti stipendiali ex art. 6 bis del D.l. 387/1987 e dell'art. 21 della legge n. 232/1990, oltre interessi e rivalutazione sul dovuto sino all'effettivo soddisfo;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’INPS;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l’art. 25, comma 1, del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito in legge 18 dicembre 2020, n. 176, così come modificato dall’art. 1, comma 17, del d.l. 31 dicembre 2020, n. 183 e da ultimo dall’art. 6, comma 1, lett. e), d.l. 1 aprile 2021, n. 44, che dispone che “ le disposizioni dei periodi quarto e seguenti del comma 1 dell’articolo 4 del decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28, convertito in legge, con modificazioni, dall’articolo 1 della legge 25 giugno 2020, n. 70, si applicano altresì alle udienze pubbliche e alle camere di consiglio del Consiglio di Stato, del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana e dei tribunali amministrativi regionali che si svolgono dal 9 novembre 2020 al 31 luglio 2021…”;

Visto l’art. 25, comma 2, del d.l. n. 137/2020 cit. che stabilisce che durante il su indicato periodo “gli affari in trattazione passano in decisione, senza discussione orale, sulla base degli atti depositati”;

Visto il decreto del Presidente del TAR FVG n. 39 in data 2 aprile 2021, con cui è stata disposta la discussione della causa con modalità da remoto ex art. 4, comma 1, d.l. n. 28/2020, convertito in l. n. 70/2020;

Relatore nell'udienza pubblica telematica del giorno 8 aprile 2021 la dott.ssa M S e udito per l’INPS il difensore e lette per il ricorrente le note d’udienza dimesse ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 4, comma 1, d.l. 30 aprile 2020, n. 28, convertito in legge, con modificazioni, dall’articolo 1 della legge 25 giugno 2020, n. 70, come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Il ricorrente, in servizio nella Polizia di Stato con le mansioni di assistente capo sino al collocamento in quiescenza a domanda, avvenuto in data 31 gennaio 2016 per maturazione dei requisiti previsti (42 anni di servizio utile e 56 anni di età), ha chiesto l’annullamento del diniego oppostogli dall’I.N.P.S. – Direzione provinciale di -OMISSIS-in data 17 settembre 2020 al ricalcolo del trattamento di fine servizio con inclusione dei 6 scatti stipendiali ex art. 6- bis del d.l. 387/1987 e dell’art. 21 della legge n. 232/1990, nonché degli altri atti in epigrafe compiutamente indicati, denunciandone l’illegittimità per “Violazione e falsa applicazione dell'art. 6 bis del d.l. n. 387/1987 come convertito dalla legge 20 novembre 1987, n. 472 - violazione e falsa applicazione dall’articolo 21 della l. n.232/1990 - eccesso di potere per difetto di istruttoria travisamento ed errato apprezzamento dei presupposti - violazione dell'art. 36 della Costituzione”.

Lamenta, in particolare, il difetto di istruttoria e l’erroneità che affliggerebbe la decisione assunta, che si pone in contrasto con la previsione normativa che istituisce e disciplina l’istituto in parola, così come modificata dall’art. 21, l. 7 agosto 1990, n. 232, che, al secondo comma riconosce la spettanza dei c.d. sei scatti stipendiali anche “al personale che chieda di essere collocato in quiescenza a condizione che abbia compiuto i 55 anni di età e trentacinque anni di servizio utile”.

Assumendo di avere diritto al riconoscimento del beneficio reclamato, consistente nel computo di sei scatti stipendiali aggiuntivi, ciascuno pari al 2,50 per cento da calcolarsi sull’ultimo stipendio, ha chiesto, inoltre, a questo giudice anche di accertarlo e dichiararlo e, conseguentemente, condannare l’Amministrazione resistente al ricalcolo del T.F.S. che lo riguarda in ossequio a quanto previsto dall’articolo 6- bis del d.l. n. 387/1987 e alla conseguente corresponsione delle spettanti somme aggiuntive a titolo di indennità di buonuscita pari a € -OMISSIS-oltre interessi e rivalutazione sul dovuto sino all’effettivo soddisfo, o alla diversa somma che risulterà di giustizia.

L’Istituto intimato si è costituito in giudizio per resistere al ricorso e contestarne la fondatezza, precisando di avere provveduto ad erogare il trattamento di fine servizio al ricorrente sulla base dei dati giuridici ed economici trasmessi dall’Amministrazione alle cui dipendenze il medesimo prestava servizio al momento del pensionamento, dai quali non può discostarsi. Per la stessa ragione non ha provveduto all’invocato ricalcolo, in quanto, per l’appunto, il beneficio in questione non risultava indicato nel prospetto dei dati economici.

Ha, poi, comunque affermato che il ricorrente, al momento della cessazione dal servizio, non soddisfaceva i requisiti prescritti dall’art. 6- bis , comma 1, d.l. citato, in quanto non cessato dal servizio per età o perché divenuto permanentemente inabile al servizio o perché deceduto, e che comunque non può nemmeno invocare quanto stabilito dal dall’art. 6- bis, comma 2, in quanto, al momento della cessazione dal servizio (31 gennaio 2016), il requisito per il collocamento in quiescenza a domanda non era più di 55 anni di età e 35 anni di servizio utile, essendo stato nel frattempo innalzato da disposizioni normative successive.

Il ricorrente ha brevemente replicato e, poi, in prossimità dell’udienza pubblica dell’8 aprile 2021, fissata per la trattazione del ricorso, dimesso brevi note ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 4, comma 1, d.l. 30 aprile 2020, n. 28, convertito in legge, con modificazioni, dall’articolo 1 della legge 25 giugno 2020, n. 70, riportandosi agli scritti ritualmente depositati.

L’affare è stato, quindi, chiamato all’udienza su indicata, celebrata in via telematica, come assentito dall’art. 25, comma 1, del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito in legge 18 dicembre 2020, n. 176, così come modificato dall’art. 1, comma 17, del d.l. 31 dicembre 2020, n. 183 e da ultimo dall’art. 6, comma 1, lett. e), d.l. 1 aprile 2021, n. 44, mediante utilizzo della piattaforma Microsoft Teams , e discusso da remoto (dal solo difensore dell’Istituto intimato), come da sintesi a verbale, giusta decreto presidenziale n. 39 del 2 aprile 2021 emesso ai sensi dell’art. 4, comma 1, settimo periodo, del d.l. 30 aprile 2020, n. 28, convertito in legge con modificazioni dalla legge 25 giugno 2020, n. 70 (“Se il presidente ritiene necessaria, anche in assenza di istanza di parte, la discussione della causa con modalità da remoto, la dispone con decreto”) , applicabile alle udienze pubbliche e alle camere di consiglio che si svolgono dal 9 novembre 2020 al 31 luglio 2021, in forza di quanto stabilito dal citato art. 25, comma 1, del d.l. n. 137/2020.

E’ stato, quindi, introitato per essere deciso.

La domanda caducatoria è fondata.

Invero - in disparte ogni considerazione in ordine alle argomentazioni difensive spiegate dalla difesa dell’Istituto anche nel corso dell’odierna discussione orale, peraltro pacificamente inammissibili, in quanto aventi quale unica funzione quella di integrare ex post la motivazione addotta a sostegno del diniego opposto, il quale, stanti i margini di incertezza e opinabilità che assistono la ricostruzione interpretativa offerta dalla difesa stessa circa l’asserito innalzamento dell’età richiesta per fruire del beneficio in questione, non può in alcun modo essere ritenuto di carattere vincolato e/o ineludibile [“il divieto di integrazione giudiziale della motivazione non ha carattere assoluto, in quanto non sempre i chiarimenti resi nel corso del giudizio valgono quale inammissibile integrazione postuma della motivazione: è il caso degli atti di natura vincolata di cui all'art. 21-octies L. n. 241 del 1990, nei quali l'Amministrazione può dare anche successivamente l'effettiva dimostrazione in giudizio dell'impossibilità di un diverso contenuto dispositivo dell'atto, oppure quello concernente la possibilità di una successiva indicazione di una fonte normativa non prima menzionata nel provvedimento, quando questa, per la sua notorietà, ben avrebbe potuto e dovuto essere conosciuta da un operatore professionale (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 9 ottobre 2012, n. 5257). Infatti, sebbene il divieto di motivazione postuma, costantemente affermato dalla giurisprudenza amministrativa, meriti di essere confermato, rappresentando l'obbligo di motivazione il presidio essenziale del diritto di difesa, non può ritenersi che l'Amministrazione incorra nel vizio di difetto di motivazione quando le ragioni del provvedimento siano chiaramente intuibili sulla base della parte dispositiva del provvedimento impugnato o si verta in ipotesi di attività vincolata (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 27 agosto 2012, n. 4610 e sez. IV, 7 giugno 2012, n. 3376). Inoltre, ed in particolare, la facoltà dell'Amministrazione di dare l'effettiva dimostrazione dell'impossibilità di un diverso contenuto dispositivo dell'atto, nel caso di atti vincolati, esclude in sede processuale che l'argomentazione difensiva dell'Amministrazione, tesa ad assolvere all'onere della prova, possa essere qualificata come illegittima integrazione postuma della motivazione sostanziale, cioè come un'indebita integrazione in sede giustiziale della motivazione stessa. Pertanto, alla luce dell'attuale assetto normativo, devono essere attenuate le conseguenze del principio del divieto di integrazione postuma, dequotando il relativo vizio tutte le volte in cui l'omissione di motivazione successivamente esternata: - non abbia leso il diritto di difesa dell'interessato;
- nei casi in cui, in fase infraprocedimentale, risultano percepibili le ragioni sottese all'emissione del provvedimento gravato;
- nei casi di atti vincolati.” (Cons. Stato Sez. V, 20-08-2013, n. 4194)]
– il Collegio ritiene che le censure che il ricorrente ha mosso al provvedimento impugnato siano meritevoli di favorevole apprezzamento.

L’Istituto, che premette che la prestazione di fine servizio è stata erogata all’interessato “sulla base dei dati economici che l’ex Amministrazione di appartenenza dello stesso è tenuta ad inviare all’Inps ai sensi dell’art. 26 del D.P.R. 1032/1973 per la relativa liquidazione”, motiva, infatti, il diniego di ricalcolo opposto all’interessato unicamente con la considerazione che “il beneficio in parola (c.d. 6 scatti) non è stato indicato nel progetto di liquidazione trasmesso dal datore di lavoro ai sensi della citata norma, in quanto la legge 232/1990 ne prevede il riconoscimento esclusivamente per il personale cessato dal servizio per età, per inabilità o decesso. Pertanto la presente richiesta di riliquidazione del TFS non può essere accolta, non avendo valore <erga omnes>
i giudizi estensivi del beneficio del <c.d. sei scatti>
rispetto ai tre casi di cessazione individuati dalla legge 232/1990”.

Trattasi, con tutta evidenza, di motivazione inficiata da grave difetto istruttorio, che non tiene assolutamente in considerazione quanto chiaramente disposto dalla disposizione che disciplina lo specifico beneficio.

Infatti, pur essendo indubbio che l’art. 6- bis , comma 1, del d.l. 21 settembre 1987, n. 387 (“Al personale della Polizia di Stato appartenente ai ruoli dei commissari, ispettori, sovrintendenti, assistenti e agenti, al personale appartenente ai corrispondenti ruoli professionali dei sanitari e del personale della Polizia di Stato che espleta attività tecnico-scientifica o tecnica ed al personale delle forze di polizia con qualifiche equiparate, che cessa dal servizio per età o perché divenuto permanentemente inabile al servizio o perché deceduto, sono attribuiti ai fini del calcolo della base pensionabile e della liquidazione dell'indennità di buonuscita, e in aggiunta a qualsiasi altro beneficio spettante, sei scatti ciascuno del 2,50 per cento da calcolarsi sull'ultimo stipendio ivi compresi la retribuzione individuale di anzianità e i benefìci stipendiali di cui agli articoli 30 e 44 della L. 10 ottobre 1986, n. 668, all'articolo 2, commi 5, 6 10 e all'articolo 3, commi 3 e 6 del presente decreto”) circoscrive nei sensi precisati dall’Istituto le categorie dei beneficiari (ovvero cessati dal servizio per età, per inabilità o decesso), è, però, altrettanto vero che il comma 2 stabilisce espressamente che “Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche al personale che chieda di essere collocato in quiescenza a condizione che abbia compiuto i 55 anni di età e trentacinque anni di servizio utile”.

Ed è proprio di tale secondo comma che il ricorrente, con l’istanza in data 3 luglio 2019, ha chiesto la puntuale applicazione ai fini del ricalcolo del T.F.S. invocato (all. 3 fascicolo doc. INPS).

Sicché, è evidente, il provvedimento opposto - che non ha assolutamente preso in considerazione la portata della specifica disposizione che viene in rilievo, né ovviamente valutato se i presupposti fattuali della fattispecie concreta portata alla sua attenzione integrano o meno quelli della fattispecie astratta normativa e che ha, per converso, apoditticamente denegato al ricorrente il ricalcolo del T.F.S., affermando che il riconoscimento del beneficio reclamato dal medesimo opera esclusivamente a favore del personale cessato dal servizio per età, per inabilità o decesso - è non solo erroneo e violativo di espresso disposto di legge, ma, in primo luogo, afflitto da un grave difetto istruttorio, in quanto, per l’appunto, l’Istituto non ha scrupolosamente indagato la questione specificamente portata alla sua attenzione.

La domanda scrutinata va, dunque, accolta e, per l’effetto, annullato il diniego gravato.

Ne deriva, quale naturale effetto conformativo, l’obbligo dell’Istituto di rieditare l’attività amministrativa posta in essere e di valutare, anche, occorrendo, mediante il coinvolgimento dell’ex datore di lavoro del ricorrente, che, a suo tempo, aveva predisposto e trasmesso all’Istituto medesimo il progetto di liquidazione dell’indennità di buonuscita ex art. 26 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032, la ricorrenza, nel caso specifico, dei presupposti di cui all’art. 6- bis , comma 2, del d.l. 21 settembre 1987, n. 387.

La domanda di accertamento del diritto al beneficio e quella conseguente di condanna dell’Istituto alla corresponsione delle somme aggiuntive che il ricorrente ritiene dovute, non possono, invece, trovare seguito, in quanto il difetto istruttorio acclarato rende evidente che, sulla specifica questione, l’Istituto non ha ancora compiutamente esercitato i poteri di spettanza. Il che basta, allo stato, per precludere ogni pronuncia di questo Tribunale sul punto.

In definitiva, il ricorso va accolto nei soli sensi dianzi precisati.

Sussistono, in ogni caso, giusti motivi per compensare per intero le spese di lite tra le parti.

L’Istituto intimato sarà, però, tenuto a rimborsare al ricorrente (all’atto del passaggio in giudicato della sentenza), ai sensi dell’art. 13, comma 6 bis.1, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, come modificato dall’art. 21 della L. 4 agosto 2006, n. 248, il contributo unificato nella misura versata.

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