TAR Roma, sez. I, sentenza 2019-08-01, n. 201910193

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. I, sentenza 2019-08-01, n. 201910193
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201910193
Data del deposito : 1 agosto 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 01/08/2019

N. 10193/2019 REG.PROV.COLL.

N. 05534/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5534 del 2012, proposto da
Deutsche Bank S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avv.ti M C e E C, con domicilio eletto presso il loro studio in Roma, viale Liegi, 32;

contro

Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato e Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi dall'Avvocatura dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

Società Sportiva Calcio Napoli S.p.A., non costituita in giudizio;

per l'annullamento

della delibera del 16 aprile 2012 con cui l’AGCM ha accertato che la Deutsche Bank S.p.A. ha posto in essere una pratica commerciale scorretta, ai sensi degli artt. 20, comma 2, 21 e 22 del Codice del Consumo, pratica relativa alla campagna abbonamenti della S.S.C. Napoli per la stagione calcistica 2011-2012, ed ha applicato una sanzione amministrativa pecuniaria.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’AGCM con l’AGCom;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatrice la dott.ssa L M;

Uditi, nell'udienza pubblica del giorno 17 luglio 2019, i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.


FATTO

Con il ricorso in epigrafe la società ricorrente ha impugnato la delibera del 16 aprile 2012 con cui l’AGCM ha accertato una pratica commerciale scorretta, posta in essere dalla Società Sportiva Calcio Napoli S.p.A. e dalla Società Deutsche Bank S.p.A., relativa alla campagna abbonamenti della S.S.C. Napoli per la stagione calcistica 2011-2012, ed ha applicato ad entrambe una sanzione amministrativa pecuniaria, quantificata per la ricorrente in € 200.000,00.

Il ricorso è affidato ai seguenti motivi.

I) Incompetenza dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato: violazione e/o falsa applicazione dell’art. 19, comma 3, del Codice del consumo, come modificato dall’art. 1, D.Lgs. 2 agosto 2007, n. 146 in relazione all’art. 123, D.Lgs. 1° settembre 1993, n. 385, recante il Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, come modificato dal D.Lgs. 13 agosto 2010, n. 141, attuativo della direttiva comunitaria 2008/48/CE.

II) In relazione alla pratica commerciale scorretta: violazione e/o falsa applicazione degli artt. 20, 21 e 22 del Codice del Consumo;
eccesso di potere per difetto di istruttoria e travisamento dei fatti;
violazione e/o falsa applicazione dell’art. 3 L. 241/90 per difetto di motivazione.

III) In relazione alla sanzione inflitta a Deutsche Bank S.p.A.: violazione e/o falsa applicazione dell’art. 27, commi 9 e 12, D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206, come modificato dall’art. 1, D.Lgs. 2 agosto 2007, n. 146;
violazione e/o falsa applicazione dell’art. 11, legge 24 novembre 1981, n. 689;
violazione del principio di proporzionalità e di ragionevolezza, sotto il profilo della errata valutazione della gravità, offensività e durata della fattispecie;
eccesso di potere per manifesta illogicità e irragionevolezza.

L’AGCM e l’AGCom, dopo essersi costituite formalmente in giudizio, in vista della trattazione del merito hanno depositato memoria difensiva con cui hanno resistito alle censure di parte ricorrente ed hanno chiesto la reiezione del ricorso;
la ricorrente ha replicato.

All’udienza pubblica del 17 luglio 2019, sentiti i difensori presenti, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Deve tratteggiarsi brevemente l’ iter procedimentale all’esito del quale è stato emesso il provvedimento impugnato.

In data 21 novembre 2011, sulla base di informazioni acquisite ai fini dell’applicazione del Codice del Consumo e della segnalazione di un consumatore, l’Autorità comunicava alla S.S.C.N. ed alla Deutsche Bank S.p.A. l’avvio del procedimento PS7752 per possibile violazione degli artt. 20, 21 e 22 del Codice del Consumo quanto alla diffusione, sui rispettivi siti web , di due messaggi pubblicitari relativi alla “Campagna abbonamenti della S.S.C. Napoli stagione calcistica 2011-2012” nei quali si prospettava, tra l’altro, la possibilità di acquistare abbonamenti grazie a finanziamenti erogati da Prestitempo, divisione del gruppo Deutsche Bank.

In particolare si ipotizzavano tre profili di ingannevolezza della comunicazione: (i) l’assenza di una puntuale indicazione del TAEG in quanto i messaggi riportavano il TAN (pari a zero) e il TAEG massimo (pari al 29,09%), senza tuttavia indicare quale fosse il TAEG corrispondente a ciascuna delle otto tipologie di finanziamento offerte;
(ii) la difformità fra le voci di costo dei finanziamenti elencate sul sito della S.S.C.N. e su quello di D.B.;
(iii) l’indicazione di condizioni economiche non corrispondenti a quelle effettivamente praticate in caso di sottoscrizione di più abbonamenti con un unico finanziamento, atteso che dai messaggi non emergeva chiaramente quali fossero le componenti di costo già incluse negli importi delle rate mensili indicate nelle tabelle di finanziamento.

All’esito del procedimento, nel corso del quale le società presentavano memorie e veniva richiesto il parere dell’AGCom, con delibera del 16 aprile 2012 l’Autorità accertava i suddetti profili di ingannevolezza e riteneva l’operazione commerciale realizzata dalle parti “contraria alla diligenza professionale e idonea a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico del consumatore medio in relazione alla convenienza del servizio di finanziamento pubblicizzato” (par. 32 del provvedimento), irrogando alla S.S.C.N. una sanzione di € 100.000,00 e alla D.B. una sanzione di € 200.000,00.

2. La ricorrente è insorta avverso il provvedimento, per quanto di suo interesse, formulando tre ordini di censure.

L’AGCM non sarebbe competente ad adottare il provvedimento impugnato in quanto, a seguito delle modifiche apportate al D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385, recante il Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, la competenza in materia apparterrebbe alla Banca d’Italia (primo motivo).

La pratica non sarebbe scorretta perché il messaggio promozionale pubblicato sul sito della Banca era corredato di una serie di tabelle contenenti tutti gli elementi e i dati dai quali i potenziali clienti potevano facilmente evincere il costo complessivo del finanziamento prescelto e valutarne la convenienza. Inoltre, era stata dedicata un’apposita tabella intitolata “costi accessori” alle componenti di costo dei finanziamenti. Il TAEG non era assente nei messaggi informativi in esame, ma era indicato nella misura massima applicabile. La divergenza di informazioni sui siti delle due società ritenute responsabili sarebbe minima e sarebbe dipendente dalla diversa impostazione delle pagine web e dei loro contenuti (secondo motivo).

La quantificazione della sanzione sarebbe errata e l’importo sproporzionato, perché l’Autorità non avrebbe considerato che il danno patrimoniale che i consumatori avrebbero potuto subire, in ragione della pratica commerciale in discorso, sarebbe stato limitato al pagamento delle spese di istruttoria nel caso di sottoscrizione di più abbonamenti con un unico finanziamento, spese che, solo per un disguido nel sistema informativo, sarebbero state prima addebitate e poi rimborsate ai clienti finanziati. Inoltre l’Autorità non avrebbe considerato che il messaggio promozionale ha raggiunto un ridotto numero di destinatari. Mancherebbe la motivazione circa la “dimensione economica rilevante del professionista” (terzo motivo).

3. Il ricorso è infondato.

3.1. Con il primo motivo parte ricorrente sostiene che, in ragione del principio di specialità di cui all’art. 19, comma 3, del Codice del Consumo, la disciplina generale del suddetto Codice non troverebbe applicazione in presenza di norme, nella specie quelle contenute nel Testo Unico Bancario (TUB), che disciplinano aspetti specifici delle pratiche commerciali sleali nel ramo dei finanziamenti. Ne discenderebbe, secondo parte ricorrente, l’incompetenza dell’AGCM essendo, viceversa, la materia riservata alla Banca d’Italia. La fattispecie contestata rientrerebbe nella disciplina del credito ai consumatori, di cui agli artt. 121 e ss. D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385 (TUB), anche a seguito delle modifiche apportate dal D.Lgs. 13 agosto 2010, n. 141, che hanno inserito norme volte a garantire una maggiore tutela al consumatore, contraente debole nei rapporti con la Banca.

Quindi la ricorrente sostiene che il TUB conterrebbe una disciplina sistematica del settore e attribuirebbe alla Banca d’Italia specifici e pervasivi strumenti di intervento ispettivi, inibitori e sanzionatori per assicurare il rispetto delle norme dello stesso Testo unico, anche in materia di pubblicità e di trasparenza dei prodotti finanziari e che le predette funzioni di vigilanza si estenderebbero anche allo specifico settore della tutela del consumatore.

3.2. La tesi della ricorrente non può essere condivisa.

3.2.1. L’art. 120 octies del TUB espressamente fa salve le norme del Codice del Consumo in materia di pubblicità, disponendo al comma 1: “ Fermo restando quanto previsto dalla parte II, titolo III, del Codice del consumo, gli annunci pubblicitari relativi a contratti di credito sono effettuati in forma corretta, chiara e non ingannevole. Essi non contengono formulazioni che possano indurre nel consumatore false aspettative sulla disponibilità o il costo del credito ”.

Le disposizioni del Capo II, rubricato “ Credito ai consumatori ”, alla stregua dell’art. 122, si applicano “ ai contratti di credito comunque denominati ”, con le eccezioni ivi di seguito elencate.

Anche l’art. 123, al pari dell’art. 120 octies , espressamente fa salve le norme del Codice del Consumo in materia di pubblicità, disponendo al comma 1: “ Fermo restando quanto previsto dalla parte II, titolo III, del Codice del consumo, gli annunci pubblicitari che riportano il tasso d'interesse o altre cifre concernenti il costo del credito indicano le seguenti informazioni di base, in forma chiara, concisa e graficamente evidenziata con l'impiego di un esempio rappresentativo: … ”.

Infine l’art. 144, al comma 1, prevede l’irrogazione di sanzioni pecuniarie amministrative “ Nei confronti delle banche, degli intermediari finanziari, delle rispettive capogruppo e dei soggetti ai quali sono state esternalizzate funzioni aziendali essenziali o importanti, nonché di quelli incaricati della revisione legale dei conti ”.

3.2.2. Nel caso di specie la pratica sanzionata dall’AGCM ha riguardato una condotta inscindibile, discendente da apposita convenzione, posta in essere dalla ricorrente e dalla S.S.C. Napoli, professionista, quest’ultimo, che non è né una banca né un intermediario finanziario, bensì una società calcistica che vende abbonamenti, ed è riferita alla pubblicità ingannevole relativa non già a contratti di credito bensì alle modalità di pagamento dell’abbonamento, ove acquistato mediante finanziamento.

Da quanto precede discende che la Banca d’Italia, diversamente da quanto opinato dalla ricorrente mediante il richiamo al Testo Unico Bancario, non è competente a sanzionare una pratica commerciale ritenuta aggressiva e scorretta con riferimento alle modalità con le quali la stessa “aggancia” il consumatore, pubblicizzando in modo ingannevole e/o omissivo le condizioni di validità dell’offerta e il prezzo finale complessivo.

Deve escludersi, dunque, che l’AGCM abbia sconfinato dalle sue competenze, invadendo un settore riservato alla Banca d’Italia, atteso che i due corpi normativi (Testo Unico Bancario e Codice del Consumo) sono posti a presidio di interessi diversi, talvolta al più complementari, ma certamente si rivolgono a categorie di professionisti operanti in settori differenti.

Come la Sezione ha già avuto modo di chiarire, la disciplina contenuta nel TUB non prevede obblighi di trasparenza e regole di comportamento che coinvolgano l’intero panorama delle condotte sanzionate dal Codice del Consumo. Non può sostenersi, dunque, che nel TUB sia contemplata una disciplina specifica atta a garantire la piena tutela del consumatore nei confronti di qualunque professionista (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 4 luglio 2019, n. 8748).

Deve aggiungersi che non sono configurabili sovrapposizioni di tutele né conflitti di competenze tali da imporre ai professionisti, senza alcun margine di manovra, obblighi “incompatibili” con quelli stabiliti dalla direttiva 2005/29, dando vita, in ipotesi, ad una divergenza insanabile che non ammette la coesistenza di entrambi i plessi normativi.

3.2.3. In proposito è dirimente il rilievo che la Corte di giustizia dell’Unione Europea, con sentenza del 13 settembre 2018, resa nelle cause riunite C-54/17 e C-55/17, ha chiarito che il contrasto tra norme – unica ipotesi che rende inapplicabile la disciplina delle pratiche commerciali sleali – cui si riferisce l’articolo 3, par. 4, della direttiva 2005/29/CE (art. 19, comma 3, del Codice del consumo) è solo il contrasto tra norme dell’Unione e non tra norme nazionali e che la nozione di «contrasto» denota un rapporto, tra le disposizioni cui si riferisce, che va oltre la mera difformità o la semplice differenza, mostrando una divergenza che non può essere superata mediante una formula inclusiva che permetta la coesistenza di entrambe le realtà, senza che sia necessario snaturarle.

Dunque, secondo la Corte, il contrasto sussiste solo quando disposizioni di stretta derivazione UE, disciplinanti aspetti specifici delle pratiche commerciali sleali, impongono ai professionisti, senza alcun margine di manovra, obblighi “incompatibili” con quelli stabiliti dalla direttiva 2005/29, dando vita a una divergenza insanabile che non ammette la coesistenza di entrambi i plessi normativi.

Come già rilevato dalla Sezione, le riportate conclusioni della Corte di Giustizia depongono per l’affermazione di una specialità normativa per fattispecie e non per settore, configurando i rapporti tra i diversi corpi normativi in termini di complementarietà più che di specialità (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 16 aprile 2019, n. 4922;
id. 2 aprile 2019, n. 4295).

In definitiva il Codice del Consumo e il Testo Unico Bancario possono ritenersi tra di loro complementari, dovendosi escludere un rapporto di specialità fra i due corpi normativi con riferimento alla tematica della tutela del consumatore.

Ne discende che sussiste la competenza dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato a valutare la scorrettezza di una pratica commerciale, qualora la stessa, come nel caso di specie, riguardi informazioni ingannevoli o poco chiare in ordine alla reale entità del prezzo finale di un prodotto, in conseguenza anche dell’accensione di un contratto di finanziamento.

3.3. Con il secondo motivo la ricorrente sostiene l’assenza di profili di scorrettezza nella pratica esaminata, atteso che l’informativa offerta sui siti, a suo dire, avrebbe fornito al consumatore tutte le indicazioni che l'Autorità afferma essere state espresse in maniera insufficiente o equivoca.

Sostiene che il messaggio promozionale pubblicato sul sito della Banca era corredato di una serie di tabelle contenenti tutti gli elementi e i dati dai quali i potenziali clienti potevano facilmente evincere il costo complessivo del finanziamento prescelto e valutarne la convenienza.

Inoltre, era stata dedicata un’apposita tabella intitolata “costi accessori” alle componenti di costo dei finanziamenti, in cui erano riportati analiticamente tutti i costi accessori posti a carico del cliente, evidenziati anche graficamente grazie al carattere “grassetto”, allo scopo precipuo di attirare l’attenzione degli acquirenti. La tabella indicava, in corrispondenza di ciascun costo, se questo fosse compreso o meno nell’importo della rata del finanziamento e, per rendere chiara la distinzione al consumatore medio, si era ricorso alle inequivocabili alternative locuzioni “costo già compreso” o “costo non compreso”.

Per quanto riguarda il comunicato pubblicato sul sito della S.S.C.N., la ricorrente sostiene che lo stesso aveva scopo meramente informativo, non promozionale (quanto meno del finanziamento), dunque diverso da quello perseguito da D.B.;
il messaggio era, infatti, finalizzato a informare i tifosi della possibilità di acquistare gli abbonamenti per la stagione calcistica 2011 - 2012 mediante i finanziamenti Prestitempo erogati da DB. Per tale ragione venivano indicati solamente i profili essenziali dei finanziamenti, mentre per una dettagliata illustrazione dell’iniziativa l’utente veniva invitato a consultare la pagina web sul sito della Banca, immediatamente raggiungibile mediante apposito link .

In ogni caso l’indicazione del TAEG era presente nei messaggi informativi essendo riportato nella misura massima applicabile;
quindi mancherebbe l’omissione né si comprenderebbe in che modo tale informazione per eccesso avrebbe potuto “indurre in errore il consumatore” e “orientare indebitamente la sua scelta”, anche “in relazione alla convenienza del servizio di finanziamento pubblicizzato” (par. 32 del provvedimento). Anzi, la conoscenza della percentuale massima del tasso avrebbe potuto distogliere il consumatore dall’intento di sottoscrivere il finanziamento e avrebbe potuto indurlo a scegliere altre forme di finanziamento con un TAEG più basso. La motivazione del provvedimento sarebbe pertanto lacunosa e contraddittoria, oltre a fondarsi su una nozione del “consumatore medio” falsata da un pregiudizio inspiegato.

3.3.1. La prospettazione che precede non può essere condivisa.

Nel corso dell’istruttoria l’Autorità ha verificato che la S.S.C. Napoli ha concluso una Convenzione con D.B. per offrire ai propri tifosi, tramite i servizi di quest’ultima, la possibilità di ottenere finanziamenti per la sottoscrizione degli abbonamenti per la stagione calcistica 2011/2012.

Ai sensi dell’articolo 3.5 della Convenzione, D.B. si impegna a fornire a S.S.C.N. tutta la documentazione che quest’ultima dovrà esporre nei locali aperti al pubblico, assumendo la responsabilità del controllo di conformità rispetto alla legge di tale documentazione.

Ai sensi dell’art. 12 della medesima Convenzione, D.B. si impegna a sostenere totalmente i costi per l’acquisto di spazi pubblicitari su quotidiani locali e quelli relativi alla produzione di volantini “restando espressamente inteso che predetta campagna si svolgerà secondo le modalità determinate dal Napoli a propria insindacabile discrezione”. Inoltre D.B. si “impegna a realizzare a propria cura e spese un sito web a supporto dell’intera operazione i cui contenuti dovranno essere concordati tra le Parti, cui sarà possibile accedere tramite un link attivato sia sul sito istituzionale del Napoli sia sul sito istituzionale di DB”.

L’Autorità ha rilevato che il TAEG corrispondente a ciascuna delle otto tipologie di finanziamento proposte varia da un valore di 6,40% per l’abbonamento in tribuna d’onore al 29,09% per l’abbonamento in curva, seguendo un andamento crescente al diminuire dell’importo finanziato. “Ad esempio, un abbonamento nei Distinti Intero presenta un TAEG del 15,92%, Ridotto del 20,57% e in Tribuna Nisida intero 15,28% e Ridotto 19,75%” (par. 13 del provvedimento).

Osserva il Collegio che, diversamente da quanto sostenuto dalla ricorrente, l’Autorità non ha accertato “l’assenza del TAEG” ovvero l’omissione assoluta di tale indicazione, bensì “l’assenza dell’indicazione puntuale del TAEG per ciascuna delle otto tipologie di finanziamento pubblicizzate” (cfr. Par. II punto 5, Par. III punti 7 e 13, Par. V punti 24 e 25 del doc. 5).

Infatti ha rilevato che, nelle pagine web del sito ufficiale di S.S.C.N., sotto la voce “FINANZIAMENTO” si legge che “l’abbonamento può essere finanziato in 12 mesi “a tasso zero” (Tan 0 &
e

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