TAR Ancona, sez. I, sentenza 2024-03-28, n. 202400332

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Ancona, sez. I, sentenza 2024-03-28, n. 202400332
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Ancona
Numero : 202400332
Data del deposito : 28 marzo 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 28/03/2024

N. 00332/2024 REG.PROV.COLL.

N. 00442/2011 REG.RIC.

N. 00345/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 442 del 2011, integrato da motivi aggiunti, proposto da
M L, S S e S M Q E di S V, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati G B, P R, con domicilio eletto presso lo studio Avv. P R in Ancona, via Tiraboschi, 36/G;

contro

Autostrade per l'Italia S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato A G, con domicilio eletto presso lo studio Avv. A G in Ancona, corso Mazzini, 156;

Autostrade per L'Italia S.p.A. Direzione 7° Tronco - Pescara, non costituito in giudizio;

nei confronti

Comune di Pesaro, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato Isabella Gattini, con domicilio eletto presso lo studio Avv. A G in Ancona, corso Mazzini, 156;

sul ricorso numero di registro generale 345 del 2022, proposto da
Luciana Montesi, Stefano S, Mauro S, rappresentati e difesi dagli avvocati G B, P R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio P R in Ancona, via A. Tiraboschi n. 36/G;

contro

Autostrade per L'Italia Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore rappresentato e difeso dall'avvocato A G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio A G in Ancona, piazza della Repubblica, 1/A;

Autostrade per L'Italia S.p.A. Direz. 7° Tronco-Pescara, Responsabile del Servizio Urbanistica e Tutela Ambientale U.O. Edilizia Privata Comune di Pesaro, non costituiti in giudizio;

Comune di Pesaro, rappresentato e difeso dall'avvocato Isabella Gattini, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per

- Quanto riguarda il ricorso n. 442 del 2011:

Annullamento previa sospensiva della nota proc. rif. n. DT7°/U.O.TEC.SPC./598cf/CBG/bct/ef con cui la Direzione 7° Tronco – Pescara di Autostrade per l'Italia, nella persona del Dott. Mario Cavallaio. comunicava al Sig. S V come l'opera per la quale era stata presentata domanda di condono " non sia suscettibile di sanatoria, ai sensi dell'art. 33, 1° comma lett. d) della legge n. 47/85. ";

Di ogni atto antecedente o conseguente comunque connesso o collegato.

nonché, per quanto occorrer possa

Della nota P.G. n. 8237/95 — 17912/11 del 21/03/11 con la quale il Responsabile del Servizio Concessioni e Controllo Edilizio del Comune di Pesaro comunicava i Sigg.ri M L, S Mauro e S S, nella qualità di eredi del Sig. S V, che, stante il parere non favorevole espresso dalla soc. Autostrade per l'Italia con la nota che precede, veniva dato avvio al procedimento volto al diniego dell'istanza di condono presentata relativamente all'ampliamento di un capannone per la lavorazione del vetro eseguito sull'immobile sito in Strada Montefeltro n. 61;

Nonché per il risarcimento del danno;

- Per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati il 7 agosto 2013:

annullamento della determinazione n. 79/C (n. 46989/13) del 17 giugno 2013, successivamente comunicata, con il Comune di Pesaro determinava di " respingere la domanda di sanatoria edilizia per le opere oggetto della domanda di condono presentata ai sensi della Legge 724/94 in data 25/02/95 con prot. 8237, pratica n. 434 da S V”;

Nonché per il risarcimento del danno;

- Quanto al ricorso n. 345 del 2022:

Per quanto riguarda il ricorso introduttivo:

annullamento della nota di Autostrade per l'Italia – Direzione 7^ Tronco – Pescara del 15/03/22 prot. n. ASPI/T7/2022/0001177/EU avente ad oggetto “ Autostrada A14 Bologna – Bari – Taranto. Prog. Km ca 155+912 Nord. Richiesta di sanatoria ex art. 32 della Legge 47/85 relativa ad un ampliamento di un Capannone per la lavorazione vetro sito in Via Montefeltro nr. 61 in Comune di Pesaro (PU). DITTA RICHIEDENTE: SARAGA MAURO – VETRERIA SARAGA ”;

Di ogni atto antecedente o conseguente comunque connesso o collegato.

Nonché, in subordine, per l'accertamento

dell'inosservanza del termine di conclusione dei procedimenti amministrativi attivati con le domande di condono presentate dal sig. S V nelle date 14/05/86 e 25/02/95, nonché

Per il risarcimento del danno

subito dagli eredi del sig. S V, odierni ricorrenti, per il fatto che le Amministrazioni intimate non hanno concluso i procedimenti amministrativi di sanatoria attivati nelle predette date prima dell'intervenuta abrogazione della Legge 24/07/61, n. 729 (ad opera dell'art. 24 D.L. 25/06/08, n. 112) il cui art. 9 co. 2 consentiva la riduzione delle distanze delle edificazioni dal confine autostradale;

- Per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati da M L il 30/5/2023:

Annullamento della determinazione n. 39 del 21/02/2023 – prot. 23453 - con la quale il Comune di Pesaro determinava di “ rigettare l'istanza di condono prot. n. 8237 del 25.02.1995, pratica condono n. 434/95, presentata dal sig. S V ” ricevuta in data 06/03/2023;

Della comunicazione del Responsabile del Servizio Urbanistica e Ambientale U.O. Edilizia Privata del Comune di Pesaro contenente i motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza di condono – prot. n. 84151 del 14/07/2022;

Della successiva comunicazione integrativa del Responsabile del Servizio Urbanistica e Ambientale U.O. Edilizia Privata del Comune di Pesaro - prot. n. 116534 del 29/09/2022;

Di ogni altro atto antecedente o conseguente comunque connesso o collegato.

Nonché, in subordine,

Accertamento dell'inosservanza del termine di conclusione del procedimento amministrativo attivato con l'istanza di sanatoria presentata dal Sig. S V in data 25/02/95

e per il risarcimento del danno

subito dagli eredi del Sig. S V, odierni ricorrenti, per il fatto che le Amministrazioni intimate non hanno concluso il procedimento amministrativo di condono in sanatoria attivato nella predetta data prima dell'intervenuta abrogazione della Legge 24/07/61, n. 729 (ad opera dell'art. 24 D.L. 25/06/08, n. 112) il cui art. 9 co. 2 consentiva la riduzione delle distanze delle edificazioni dal confine autostradale.

- Per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati il 30/5/2023:

Per l'annullamento

della determinazione n. 40 del 21/02/23 – prot. 23467 - con la quale il Comune di Pesaro determinava di “ rigettare l'istanza di condono prot. n. 24259 del 14.05.1986, pratica condono n. 7426/85, presentata dal sig. S V ”, ricevuta in data 06/03/2023;

Nota del Comune di Pesaro contenente i motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza di condono – prot. n. 116490 del 29/09/2022;

Di ogni altro atto antecedente o conseguente comunque connesso o collegato.

Nonché, in subordine,

Accertamento dell'inosservanza del termine di conclusione del procedimento amministrativo attivato con la domanda di condono presentata dal Sig. S V in data 14/05/86

E per il risarcimento del danno

subito dagli eredi del Sig. S V, odierni ricorrenti, per il fatto che le Amministrazioni intimate non hanno concluso il procedimento amministrativo di condono edilizio attivato nella predetta data prima dell'intervenuta abrogazione della Legge 24/07/61, n. 729 (ad opera dell'art. 24 D.L. 25/06/08, n. 112) il cui art. 9 co. 2 consentiva la riduzione delle distanze delle edificazioni dal confine autostradale.

Visti i ricorsi i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Autostrade per L'Italia S.p.A. e di Comune di Pesaro e di Soc. Autostrade per L'Italia Spa e di Comune di Pesaro e di Autostrade per L'Italia Spa;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 febbraio 2024 il dott. Fabio Belfiori e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Occorre preliminarmente in fatto osservare che i ricorsi riuniti, per connessione oggettiva e soggettiva, riguardano, il primo, l’impugnazione del parere negativo di Autostrade per l’Italia (A) su di una istanza di condono edilizio presentata nel 1995, a valere sulla L. 724/1994.

Tale ricorso è stato integrato da motivi aggiunti con cui è stato gravato il diniego comunale di condono, successivo a tale parere negativo.

Con il secondo ricorso è stato, invece, gravato il parere negativo che A ha di nuovo emesso, a seguito di riesame avviato dal Comune di Pesaro sulla istanza di condono del 1995 già prima definita.

Tale parere riguarda anche un'altra istanza di condono, presentata nel 1986 per altri lavori inerenti lo stesso immobile, proposta in base alla L. 47/1985. Anche in parte qua , tale parere è censurato con il secondo ricorso.

Tale secondo ricorso è stato integrato da un primo atto di motivi aggiunti, avverso la conferma del diniego comunale verso la domanda di condono del 1995;
è stato poi integrato da un secondo atto di motivi aggiunti (notificato e depositato negli stessi giorni del primo atto di motivi aggiunti), avverso il diniego comunale inerente la domanda di condono del 1986.

Ciò premesso per chiarezza espositiva, è possibile passare all’esame dei ricorsi e dei relativi motivi aggiunti.

A. Quanto al ricorso n. 442 del 2011, con esso i ricorrenti, nella loro qualità di eredi del sig. S V, hanno chiesto l’annullamento, previa sospensiva, della nota in epigrafe con cui Autostrade per l’Italia comunicava che l’opera inerente un immobile artigianale in prossimità dell’Autostrada A14, a Pesaro, per la quale il 28 febbraio 1995 (pratica n. 434) ai sensi della L. 724/1994, era stata presentata domanda di condono edilizio, non era suscettibile di sanatoria, ai sensi dell’art. 33, comma 1 lett. d) della legge n. 47/85.

Con il ricorso era proposta domanda di risarcimento del danno, posto in relazione al mancato assentimento dell’ampliamento dell’immobile oggetto di domanda di condono e alla connessa riduzione del valore di indennizzo in sede di asserito esproprio relativo ai lavori per la realizzazione della terza corsia autostradale.

Autostrade per l’Italia (A) si è costituita per resistere il 22 aprile 2011.

Alla camera di consiglio del 12 gennaio 2012, fissata (ai sensi dell’art. 55 c. 4 c.p.a. a seguito di domanda di fissazione udienza, depositata il 12 dicembre 2011) per la trattazione dell’istanza cautelare, la difesa dei ricorrenti ha rinunciato alla sospensiva ed è stato disposto il rinvio a successiva udienza per la discussione del merito.

Successivamente, con motivi aggiunti depositati il 7 agosto 2013 i ricorrenti impugnavano il diniego di sanatoria emesso il 17 giugno 2013 dal Comune di Pesaro, a seguito del parere negativo al condono espresso da A.

Il Comune di Pesaro si costituiva per resistere il 16 ottobre 2015.

All’udienza del 12 maggio 2021, le parti concordemente hanno chiesto il rinvio di alcuni mesi dell’udienza di discussione al fine di consentire il riesame complessivo della vicenda da parte del Comune di Pesaro.

All’udienza pubblica del 27 aprile 2022, preso atto dell’intenzione della parte ricorrente di proporre motivi aggiunti, sentiti i difensori presenti, è stato disposto il rinvio della trattazione del ricorso all’udienza Pubblica del 23 novembre 2022. A quest’ultima udienza, su richiesta congiunta delle parti, la trattazione del ricorso è stata rinviata all’udienza pubblica del 21 giugno 2023, congiuntamente al ricorso n. 345 del 2022.

All’udienza pubblica del 21 giugno 2023, vista l’istanza di rinvio in atti, la causa è stata rinviata alla udienza pubblica del 21 febbraio 2024, congiuntamente al ricorso n. 345 del 2022.

A quest’ultima udienza il ricorso e i relativi motivi aggiunti all’esame sono stati trattenuti in decisione, una volta riuniti con il ricorso n.r.g. 345/2022 e i relativi motivi aggiunti.

Occorre in primo luogo esaminare l’eccezione di improcedibilità del ricorso n.r.g. 442/2011 e dei relativi motivi aggiunti sollevata dal Comune resistente con memoria depositata il 18 gennaio 2024 e dall’A, con memoria depositata il 19 gennaio 2024.

In quella sollevata dal Comune (analoga, nella sostanza, a quella sollevata da A) è stato affermato che è “ stato infatti dedotto e documentato che, successivamente alla notifica della determinazione n. 79/C del 17.06.13, con nota in data 4.10.17, in ragione della complessità della vicenda che vede la definizione di molteplici pratiche di condono e al fine di esaminare compiutamente la questione nella sua interezza, l’Amministrazione ha disposto il riesame della vexata quaestio, richiedendo agli eredi di acquisire presso gli enti competenti pareri/nullaosta prodromici alla definizione delle varie istanze (cfr. doc. 23). In esito a tale richiesta, Società Autostrade ha emesso in data 17 marzo 2022 un nuovo parere (cfr. doc. 35), che è stato recepito dal Comune di Pesaro con determinazione n. 39 del 21.3.23 con la quale è stato denegato il condono n. 434/1995 (doc. 41). Appare incontrovertibile che la riattivazione del procedimento abbia comportato la rinnovazione dell’istruttoria, in sostituzione di quella precedente esperita, all’esito della quale si è giunti all’adozione di nuovi provvedimenti che hanno rimpiazzato e sostituito quelli oggetto di ricorso. Ne discende che nessun beneficio potrebbe ormai ricavare controparte dalla coltivazione del presente giudizio e dall’eventuale auspicato annullamento degli atti impugnati. Ciò in quanto il diniego del condono trova oggi la sua fonte nei provvedimenti adottati ex novo, i quali, peraltro, sono stati già fatti oggetto di rituale impugnazione”.

Nella memoria depositata il 31 gennaio 2024, parte ricorrente afferma, viceversa che “ Si ritiene che alcuna improcedibilità possa dirsi verificata, rimanendo integro il pieno interesse dei ricorrenti per la decisione del gravame stante la perdurante efficacia lesiva dei provvedimenti gravati, fondati, peraltro, su motivazioni in parte diverse da quelle espresse nei provvedimenti poi gravati con il ricorso n. 345/2022”.

Ciò premesso, occorre rilevare che come messo in evidenza da parte ricorrente stessa, gli atti (nuovo parere A e nuovo diniego comunale, sulla domanda di condono n. 434/1995) emessi a seguito del suddetto riesame non sono meramente confermativi, essendo frutto di rinnovata istruttoria e recando anche motivazione più ampia, rispetto a quelli in origine impugnati.

Contrariamente a quanto affermato da parte ricorrente, dunque, questi ultimi non hanno più attuale efficacia lesiva e non vi è più interesse al loro annullamento, posto che il bene della vita anelato, sarebbe comunque precluso dagli atti successivamente emanati e gravati nell’ambito del ricorso n.r.g. 345/2022.

Va, in tema, condiviso e ribadito quanto costantemente insegnato dalla giurisprudenza, secondo cui “ l'improcedibilità del ricorso può verificarsi, tra l'altro, quando l'atto del cui annullamento si discute ha di fatto consumato la sua efficacia, con sostanziale sopravvenuta carenza d'interesse a coltivare l'impugnativa nel caso in cui nessuna concreta utilitas possa derivare alla parte ricorrente dalla decisione di merito del rimedio giurisdizionale proposto (cfr.Cons. St., sez. IV, 29 aprile 2014, n. 2209). Più precisamente, l'adozione di un nuovo atto, quando non sia meramente confermativo di un provvedimento precedente, ma rappresenti invece una rinnovata espressione della funzione amministrativa, comporta la pronuncia d'improcedibilità del giudizio in corso per sopravvenuta carenza di interesse, trasferendosi l'interesse del ricorrente all'annullamento dell'atto originariamente impugnato, a quello dell'atto che lo sostituisce (cfr.Cons. St., sez. III, 2 settembre 2013, n. 4358;
Cons. St., sez. IV, 25 giugno 2013, n. 3457)
, (così da ultimo e tra le molte, Consiglio di Stato sez. VI, 31 marzo 2023, n. 3352).

Tenuto conto dei principi menzionati, il ricorso in annullamento di cui al n.r.g. 442/2011 e i relativi motivi aggiunti, vanno dichiarati improcedibili per sopravvenuta carenza di interesse.

Relativamente alla domanda di danno (in origine rivolta ad A poi estesa al Comune di Pesaro, con i motivi aggiunti), va rilevato che nella memoria citata del 31 gennaio 2024 parte ricorrente afferma che la domanda di condono presentata nel 1995 ineriva un “ ampliamento dell’immobile ove veniva e viene tuttora svolta l’attività di vetreria ”. Dunque, dal decorso del tempo, parte ricorrente non ha subito danno alcuno, visto che tutt’oggi, a suo stesso dire, esercita attività d’impresa nel capannone in discorso, senza che gli esiti del procedimento di condono abbiano nelle more influito su tale possibilità. Peraltro, esercitando ancora tale attività in loco, alcun esproprio pare sia stato effettuato.

Ad ogni modo nella ridetta memoria del 31 gennaio 2024, alcun riferimento si rinviene circa la domanda di danno così come formulata nel ricorso e nei motivi aggiunti di cui al n.r.g. 442/2011.

Per tali complessive ragioni la domanda di danno va disattesa.

B. Quanto al ricorso n. 345 del 2022, come detto lo stesso riguarda il parere A emesso a seguito di riesame, in data 15 marzo 2022. In esso si legge: “ L'istanza presentata si riferisce alla richiesta della Ditta in oggetto relativamente alla concessione in sanatoria per la regolarizzazione dell'ampliamento del capannone "Vetreria S S.r.l." sito in Comune di Pesaro e censito alla particella 908 del foglio 31 NCT Comune di Pesaro.

Gli immobili e i manufatti oggetto di detta richiesta sono costituti da un edificio preesistente rispetto alla costruzione della piattaforma autostradale e quindi antecedente alla data dell'imposizione del vincolo di inedificabilità della fascia di rispetto autostradale, e due successivi ampliamenti avvenuti negli anni 1986 e 1995 come meglio rappresentato dall'allegato "A" e "C":

Un corpo di fabbrica realizzato in adiacenza all'edificio esistente meglio evidenziato in colore verde nell'allegato "C", oggetto della domanda di condono edilizio prot. 24259 del 14.05.1986 e un ulteriore ampliamento del capannone adibito come laboratorio e identificato in color magenta nell'allegato "C" e dove è stato richiesto un condono edilizio il 20.02.1995 con numero prot. 8237/95. Preso atto che dalla documentazione integrativa la Scrivente ha acquisito la delibera del Consiglio Comunale del 26.01.2021 relativa alla perimetrazione del centro abitato, tuttavia non abbiamo ancora contezza di un'adeguata evidenza documentale con atti pubblici che attesti la piena legittimità la preesistenza degli immobili e manufatti (ampliamento del 1986 e laboratorio del 1995 oggetto di richiesta di condono) prima dell'apposizione del vincolo della fascia di rispetto congenito all'infrastruttura autostradale e dei loro eventuali titoli abilitativi successivamente rilasciati.

Inoltre, vi rappresentiamo che seppur le porzioni dell'immobile oggetto di sanatoria meglio rappresentate nell'allegato "C" insistono ad una distanza pari a 20 metri (ampliamento del 1986) e 24 metri (laboratorio del 1995) rispetto al confine catastale, va precisato che il vincolo della fascia di rispetto deve necessariamente intendersi esteso a tutto l'immobile, anche se nella zona vincolata ne ricade solo una porzione.

La Scrivente infine intende precisare che nessuna sanatoria è possibile, come nel caso di specie, laddove qualsiasi pratica di condono edilizia riguardante manufatti ricadenti all'interno della fascia di rispetto autostradale non sia stata definita e conclusa prima dell'abolizione dell'Art. 9 comma 1, 729/61.

Tutto ciò premesso, dopo aver esaminato la documentazione dell'istanza in oggetto, si riepilogano i principali elementi della normativa che regolamentano la materia per strade di tipo "A":

Qualsiasi tipo di intervento previsto in adiacenza all'infrastruttura autostradale dovrà risultare conforme a quanto stabilito, in merito alle fasce di rispetto, dal Nuovo Codice della Strada (D.Lgs 30.04.92 n. 285) e dal relativo Regolamento di Attuazione (D.P.R. 16.12.92 n.495);
al riguardo si fa presente che la fascia di rispetto è misurata a partire dal confine catastale di proprietà, prendendo in considerazione tutte le pertinenze autostradali.

Va evidenziato comunque che la realizzazione di qualunque eventuale opera all'interno della fascia di rispetto, anche laddove ricadente tra le tipologie ammesse dalla Circolare Anas prot. 109707/2010 e dalla Nota dell'ispettorato Vigilanza Concessioni Autostradali dell'Anas prot. 86754-P del 16.06.2011 dovrà essere sottoposta alla preventiva approvazione di A e dell'attuale Concedente Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibili.

In particolare, si precisa che dovrà essere osservata una fascia di rispetto di 60 metri, dal limite della proprietà autostradale, all'esterno del perimetro dei centri abitati, e di 30 metri all'interno di tale perimetro.

In merito, infine, a edifici preesistenti alla istituzione di detta fascia vincolata, e/o autorizzati in deroga nel periodo di validità della Legge n° 729 del 24/07/1961, oggi è possibile eseguire solo attività per la conservazione del patrimonio edilizio esistente, senza alterare la sagoma, superfici, altezze, volumi e destinazioni d'uso e, come disposto dagli artt. 26, 27, 28 del D.P.R. 495/92, non è contemplata la demolizione totale dell'immobile con conseguente ricostruzione ”.

C. Avverso tale atto sono mosse censure, compendiate nei seguenti motivi di diritto.

Primo motivo.

Violazione e falsa applicazione art. 9 L. 24/07/61, n. 729 - violazione e falsa applicazione art. 3 L. 241/90 – violazione e falsa applicazione art. 16 co. 3 D.lgs 30/04/92, n. 285 “codice della strada” - eccesso di potere per Falso supposto in fatto e in diritto.

Si afferma che le domande di condono non necessitavano di alcun nulla osta o parere favorevole in quanto non sussisteva alcun obbligo di distanza rispetto alle rampe dell’autostrada e che le opere oggetto di condono erano, inoltre, esterne alla fascia di rispetto autostradale.

Si dice che l’intervento per cui è causa risulterebbe pressoché completamente esterno alla fascia di rispetto prevista con riferimento al fronte principale di scorrimento delle normali corsie di marcia e, solo per una parte, interessante le corsie di decelerazione.

Si afferma che “ Ferma restando, infatti, la legittima preesistenza del fabbricato originario (edificato prima del 1968), posto a circa 30 metri dal confine autostradale, l’ampliamento realizzato in due successivi tempi dal Sig. S fu eseguito, come logica espansione del suddetto fabbricato, sul lato opposto alla sede autostradale, senza eccedere la larghezza del fronte strada, come in un ipotetico “cono” o, più precisamente, “parallelepipedo- d’ombra”.

L’ampliamento di cui si discute, pertanto, oltre che chiaramente “inoffensivo”, ovvero inidoneo a creare qualsivoglia problema alla sicurezza del traffico e agli interventi di manutenzione della strada, era rispetto alla corsia di marcia, esterno alla fascia di rispetto. In proposito appare applicabile il disposto dell’art. 9 co. 1 della L. 24/07/61, n. 729, a mente del quale il divieto di costruzione in relazione ai tracciati delle autostrade è operante per l’estensione di metri 25. Detta norma, come verrà anche in seguito rilevato, è stata abrogata nel 2008 (con la L. 112/08) ma si ritiene debba applicarsi ratione temporis alle domande di condono di cui è causa, siccome in vigore al momento sia della realizzazione delle opere da sanare sia delle domande di sanatoria presentate a norma di legge. Peraltro, a tutto voler concedere, si osserva come, in ogni caso, anche volendo ammettere un’estensione della fascia di rispetto di 30 metri come da Codice della Strada, essa sarebbe comunque rispettata vista la distanza effettivamente esistente in loco ”.

Si afferma poi che “ l’opera di cui si discute insista in una zona della città che era già stata urbanizzata al momento della realizzazione dell’autostrada A 14 (fine anni ’60) e che vedeva coesistere altri diversi edifici legittimamente realizzati, di carattere affine non destinati ad attività agricola. Già prima dell’esecuzione dell’intervento di cui si discute, dunque, il confine comunale, ovvero il confine del centro abitato di Pesaro, raggiungeva la sede autostradale, circostanza che trova conferma nella perizia a firma dell’Arch. Luigi Cioppi che si versa in atti (doc. n. 16) e nella copiosa documentazione amministrativa ad essa allegata ”.

Si dice, inoltre, che per ciò che riguarda la distanza del fabbricato dalle corsie di decelerazione o rampe, risulterebbe applicabile il dettato dell’art. 16 co. 3 del Codice della Strada (D.Lgs 285/92) a mente del quale “ in corrispondenza e all’interno degli svincoli è vietata la costruzione di ogni genere di manufatti in elevazione e le fasce di rispetto da associare alle rampe esterne devono essere quelle relative alla categoria di strada di minore importanza tra quelle che si intersecano.”. Orbene, nello specifico, la rampa esterna dell’autostrada interseca la S.S. n. 223 Urbinate (ora S.P. n. 432 Strada del Montefeltro), strada di categoria E in centro abitato di cui all’art. 2 del D.Lgs 285/92, per la quale non sono stabilite distanze minime dal confine stradale per l’edificazione nei centri abitati (come peraltro risultante dallo stesso P.R.G. del Comune di Pesaro – doc n. 20) ”.

Conseguentemente, si deduce, rispetto alle corsie di decelerazione – rampe non sarebbe prevista alcuna fascia di rispetto.

Secondo motivo di diritto.

Violazione e falsa applicazione art. 9 l. 24/07/61 n. 729 violazione e falsa applicazione art. 3 l. 241/90 – Violazione e falsa applicazione art. 97 costituzione - Violazione e falsa applicazione art. 32 l. 47/85 – - eccesso di potere per falso supposto in fatto e in diritto – Illogicità e irrazionalità manifeste.

Si afferma che secondo “ quanto è dato comprendere, le domande di condono presentate in relazione agli immobili della vetreria S non sarebbero accoglibili a causa dell’intervenuta abrogazione medio tempore, ovvero dopo la presentazione di dette domande, dell’art. 9 comma 1 della L. 729/61 ”.

Si deduce che “ l’abrogazione della L. 729/61, e dunque del suo art. 9 che consentiva la deroga al

divieto di costruire nella fascia di rispetto a protezione dell’autostrada, è intervenuta nel 2008 ad opera dell’art. 24 del D.L. 25/06/08, n. 112. Orbene, è evidente che qualora le domande di condono di cui è causa fossero state definite in tempi ragionevoli, certamente esse avrebbero dovuto concludersi prima del 2008 e, pertanto, sarebbe stato possibile esprimere su di esse l’assenso alla

deroga delle distanze previsto dall’art. 9 co. 2 L. 729/61 che, sempre certamente, sarebbe stato rilasciato stante l’assoluta non lesività degli ampliamenti eseguiti rispetto alle esigenze della sede autostradale ”.

Si richiama la circolare della Direzione Generale dell’ANAS n. 50/85 del 30/10/85, secondo cui “ il vincolo di inedificabilità che investe le costruzioni abusive all'interno del perimetro del centro abitato lungo le autostrade non può ravvisarsi investito dalla previsione dell'art. 33 (inedificabilità assoluta non sanabile) ma va più correttamente riportato nell'ambito di previsione dell'art. 32 (vincolo di inedificabilità sanabile), sempre che venga accordata da questa Azienda la deroga ai sensi del comma 2 dell'art. 9 sopramenzionato e nei limiti della deroga medesima ”.

Nel ricorso viene proposta in subordine domanda di accertamento dell’illegittimità del ritardo con cui le amministrazioni resistenti hanno provveduto sulle istanze di sanatoria e conseguente domanda di risarcimento del danno subito.

Si afferma che qualora si dovesse ritenere che l’intervenuta abrogazione dell’art. 9 della L. 729/61 ad opera del D.L. 112/08 precluda, ad oggi, la possibilità di conseguire un eventuale provvedimento che autorizzi la riduzione della distanza delle opere di cui è causa dal limite della zona di occupazione dell’autostrada, si formula domanda di accertamento, finalizzata ad individuare, in capo alle amministrazioni resistenti, ciascuna per quanto di competenza, la responsabilità per la sopraggiunta impossibilità di sanare gli interventi di cui alle domande di condono. Si rammenta che la prima domanda di condono risale al 14/05/86 e che rispetto ad essa il primo riscontro di Autostrade per l’Italia è del 15/03/22 (atto gravato). La seconda domanda di condono è del 25/02/95 (la richiesta di nulla osta da parte del Sig. S è del 1999) e rispetto ad essa il primo atto di riscontro di Autostrade per l’Italia è del 2011.

Si allega che se l’amministrazione preposta alla definizione degli illeciti edilizi avesse provveduto a quanto di sua competenza in termini adeguati, la possibilità di concedere una deroga per l’edificazione in fascia di rispetto sarebbe stata certamente ancora in vigore e altrettanto certamente il Sig. S V ne avrebbe potuto beneficiare viste le caratteristiche dei manufatti realizzati.

Si afferma, quindi, il diritto al risarcimento del danno ingiusto subito in conseguenza dell’illegittima ritardata conclusione dei procedimenti di sanatoria ai sensi degli artt. 2 e 2 bis della L. 241/90.

Il 15 e 16 giugno 2022 si sono costituiti per resistere, rispettivamente il Comune di Pesaro e Autostrade per l’Italia.

D. Il 4 maggio 2023 parte ricorrente ha notificato un primo atto di motivi aggiunti, depositato il 30 maggio 2023, con cui ha impugnato, segnatamente, la determinazione n. 39 del 21/02/23, poi notificata, con la quale il Comune rigettava (di nuovo) l’istanza di condono del 25.02.1995.

Il Comune ha motivato il diniego sia mediante il rinvio al già impugnato parere negativo A del 15 marzo 2022, sia mediante il riferimento alla violazione del limite volumetrico di 750 metri cubi condonabile secondo la L.724/94, in quanto secondo il Comune è stata accertata una volumetria abusiva netta complessiva di 922,59 metri cubi.

Avverso tale provvedimento sono mosse le seguenti censure.

Con il primo motivo di diritto si deduce illegittimità derivata del provvedimento citato, quale riflesso della dedotta illegittimità del parere già impugnato con ricorso introduttivo del giudizio, del quale si ripropongono i due motivi di diritto.

Con il secondo motivo si deduce illegittimità propria dell’atto gravato, relativamente alla parte in cui deduce la rilevanza del limite di 750 metri cubi, posto che, si dice, “ sarebbe, tuttavia, del tutto irragionevole ritenere condonabili alle stesse condizioni gli immobili a destinazione residenziale e quelli a destinazione produttiva: imporre per questi ultimi un limite di ampliamento come quello di cui si discute (750 metri cubi) vorrebbe dire renderli sostanzialmente tutti non condonabili, considerata la generale notevole ampiezza dei locali adibiti a lavorazioni produttive ”.

Citando giurisprudenza penale della Corte di Cassazione, in sintesi, parte ricorrente ritiene tale limite volumetrico applicabile solo agli immobili residenziali e non anche a quelli produttivi.

Con i motivi aggiunti si ripropone, negli stessi termini, la domanda di accertamento e condanna al risarcimento proposta nel ricorso introduttivo del giudizio.

E. Il 4 maggio 2023 parte ricorrente ha notificato anche un secondo atto di motivi aggiunti, depositato il 30 maggio 2023, con cui ha impugnato, segnatamente, la determinazione n. 40 del 21/02/23, poi notificata, con la quale il Comune rigettava l’istanza di condono del 14 maggio 1986.

Il Comune ha motivato il diniego sia mediante il rinvio al già impugnato parere negativo A del 15 marzo 2022, sia mediante il riferimento all’incompletezza della documentazione presentata a corredo della domanda di condono e, in particolare, per la mancanza della perizia giurata prevista dall’art. 35 comma 3 lett. b) L. 47/1985.

Anche in questo caso, con il primo motivo di diritto si deduce illegittimità derivata del provvedimento citato, quale riflesso della dedotta illegittimità del parere già impugnato con ricorso introduttivo del giudizio, del quale si ripropongono i due motivi di diritto.

Con il secondo motivo si deduce illegittimità propria dell’atto gravato, affermando violazione e falsa applicazione dell’art. 35, comma 3, lettera b), l. 28/02/1985 n. 47 – eccesso di potere per falso supposto in fatto e in diritto.

Si dice che la perizia di cui si discute sarebbe stata richiesta dal Comune di Pesaro soltanto con nota dell’08/11/1998, e dunque dopo oltre 10 anni dal deposito dell’istanza di condono.

Si afferma poi che l’originario istante “ provvedeva nei termini ad ottemperarvi, tramettendo tutta la documentazione ivi elencata (tra cui anche la perizia giurata a firma dell’ing. S U del 04/01/1999 che, seppur riferita ad altro ampliamento, concerneva in realtà il medesimo immobile)”.

Si deduce poi che “ le dimensioni e lo stato delle opere, di cui all’invocata perizia giurata, ben possono evincersi dall’ulteriore documentazione prodotta, che deve ritenersi esaustiva sotto ogni profilo, anche perché mai contestata dall’Amministrazione Comunale.

Ci riferisce in particolare, ad esempio, alle relazioni descrittive delle opere abusive e dello stato dei lavori, al certificato attestante l’idoneità statica e al disegno architettonico.

Alcun valore probatorio privilegiato, peraltro, è riconosciuto alla perizia di parte, ancorché giurata”.

Anche con i secondi motivi aggiunti si ripropone, negli stessi termini, la domanda di accertamento e condanna al risarcimento proposta nel ricorso introduttivo del giudizio e nei primi motivi aggiunti.

F. Dopo lo scambio di memorie e repliche, all’udienza del 21 febbraio 2024 ricorso e motivi aggiunti sono stati trattenuti in decisione.

Il ricorso e i motivi aggiunti, con le relative domande di risarcimento del danno, devono essere respinti per le ragioni che seguono.

Relativamente al ricorso introduttivo.

Il primo motivo di diritto va disatteso.

Dagli atti in causa emerge, infatti, che l’immobile è posto nelle vicinanze di una rampa dell’autostrada A14, in prossimità del casello autostradale di Pesaro. In primo luogo occorre ribadire quanto già condivisibilmente affermato in giurisprudenza, ossia che “ gli svincoli costituiscono pertinenze di esercizio assoggettate alla disciplina in tema di fasce di rispetto autostradali (…) La nozione di "pertinenze stradali" fornita dal richiamato art. 24 si caratterizza, almeno per quanto concerne le "pertinenze di esercizio", per una certa genericità che non impedisce, tuttavia, di ascrivere a tale categoria quei beni che risultano funzionali all'utilizzo delle strade cui ineriscono in virtù di collegamento strutturale.

Tale è il caso dello svincolo in questione che, adducendo unicamente all'autostrada A12, inerisce in modo permanente a quest'ultima arteria e va ascritto, pertanto, alla categoria delle pertinenze di esercizio che formano parte integrante dell'autostrada, determinando fasce di inedificabilità secondo il regime proprio di queste ultime” (T.A.R. Liguria, sez. II, 4 giugno 2021, n. 517, non appellata).

E’ stato, sotto questo profilo anche affermato, con statuizione che va qui condivisa, che “ l'art. 3 dello stesso C.d.S., poi, definisce, rispettivamente ai n.ri 43 e 53, le aree qualificate come "rampa" e "svincolo";
le due denominazioni, secondo il codice, indicano solo situazioni materiali di evidente accessorietà e pertinenzialità dei tratti stradali costituiti da rampe e svincoli di accesso all'autostrada e dunque ad esse paiono estensibili, per lo meno fino alla scadenza del regime transitorio disegnato dal veduto art. 234, le stesse norme dettate in materia di distanze dalla autostrada vera e propria (del resto, lo stesso comma 1 dell'art. 9 della legge 24 luglio 1961, n. 729 fa riferimento non solo ai "tracciati delle autostrade", ma anche ai "relativi accessi")
, Consiglio di Stato sez. IV, 19 dicembre 2003, n. 8373).

Dunque anche in relazione ad una corsia di accelerazione/decelerazione o rampa autostradale, vige la fascia di rispetto.

Anche volendo seguire la infondata (per le ragioni poi spiegate) tesi di parte ricorrente, circa l’applicabilità nella specie dell’art. 9 L. 729/1961, quindi, ritenere una fascia di rispetto di 25 metri dalla sede autostradale, dato che la stessa deduce che l’edificazione è “ verso le rampe di accesso, ad una distanza variabile tra 20m e 25,65 ” (cfr. pag. 8 relazione tecnica di parte, deposito del 31 marzo 2021), ci si troverebbe, comunque, entro la fascia di rispetto.

Quindi il parere negativo di A sarebbe legittimo, anche seguendo la tesi di parte ricorrente, posto che l’eventuale deroga (da concedersi su istanza degli interessati) ai 25 metri necessitava l’emersione di “ particolari circostanze ” (cfr. art. 9 c. 2 L. 729/1961) che consigliassero la riduzione dei 25 metri, mentre nel caso di specie emergeva semplicemente l’esigenza di condonare un abuso edilizio. E’ allora del tutto evidente che se la regolarizzazione di abusi edilizi violativi della fascia di rispetto integrasse “ le particolari circostanze ” giustificatrici della deroga, saremmo al cospetto di un vincolo di inedificabilità privo di cogenza ed efficacia, la cui violazione, mediante l’istituto della deroga, non avrebbe conseguenza alcuna.

Per tali ragioni non può, dunque, ritenersi, che il condono di un abuso integri le circostanze particolari giustificatrici della deroga.

Né rileva il fatto che l’abuso fosse “ sul lato opposto alla sede autostradale ”, come sostenuto da parte ricorrente, dovendosi qui ribadire e condividere quanto già messo in evidenza in caso simile dalla giurisprudenza, secondo cui non è possibile “ modulare il vincolo in relazione alla posizione dei manufatti rispetto alla sede autostradale. In sostanza, secondo la prospettazione della ricorrente, sarebbero ammessi ampliamenti degli edifici sul lato opposto a quello fronteggiante la sede autostradale, anche se in zona vincolata. Tale interpretazione contrasta con la natura assoluta del vincolo e condurrebbe, se condivisa, alla sua totale vanificazione nel caso in cui l'edificio da ampliare sia prossimo alla sede autostradale.

Seguendo infatti il ragionamento della ricorrente si potrebbe ipotizzare l'ampliamento di edifici posti, in ipotesi, a pochi metri dalla sede autostradale, a condizione che l'ampliamento sia realizzato sul lato dell'edificio opposto alla sede autostradale: “si tratta di conseguenze inaccettabili per l'inevitabile pregiudizio alla sicurezza e alle ragioni di tutela del vincolo, onde l'irrazionalità di tale interpretazione” (cfr. TAR Liguria n. 281/2012 cit.)”, (Tar Lazio, Roma, Sez. III, 7 aprile 2015 n. 4999, non appellata).

Occorre, poi, rilevare che nella specie non è stato mai applicabile l’art. 9 L. 729/1961.

Infatti, al momento della domanda di condono del 1986, l’immobile oggetto di abuso si trovava fuori dal centro abitato, sulla base delle stesse allegazioni di parte (cfr. pag. 3 relazione tecnica di parte, doc. n. 16 allegato al ricorso, dove si afferma, in base alla cartografia del 1996, che la zona

era, in quell’anno, ossia 10 anni dopo la domanda di primo condono, oggetto di “ progressiva urbanizzazione ”, a dimostrazione che nel 1986 non poteva certo ricadere in centro abitato, se dopo dieci anni era ancora in corso l’urbanizzazione della zona).

D’altra parte, non può ragionevolmente ritenersi che nel 1986 “ il confine comunale, ovvero il confine del centro abitato di Pesaro, raggiungeva la sede autostradale ” (cfr. pag. 7 del ricorso), come afferma parte ricorrente, dato che un conto è il confine (amministrativo) del territorio comunale altro e diverso conto è il centro edificato, ai sensi dell’abrogato art. 18, l. n. 865/1971 (“ Il centro edificato è delimitato, per ciascun centro o nucleo abitato dal perimetro continuo che comprende tutte le aree edificate con continuità ed i lotti interclusi. Non possono essere compresi nel perimetro dei centri edificati gli insediamenti sparsi e le aree esterne, anche se interessate dal processo di urbanizzazione ”) e altro conto ancora è il centro abitato sia ai sensi dell’abrogato art. 41- quinquies l. n. 1150/1942, introdotto dall’articolo 17 della legge n. 765 del 1967 (“ centri abitati, i cui perimetri sono definiti entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge con deliberazione del Consiglio comunale sentiti il Provveditorato regionale alle opere pubbliche e la Soprintendenza competente ”;
deliberazione né dedotta, né prodotta da nessuna delle parti in causa) sia ai sensi del successivo Codice della strada (è con la delibera comunale n. 158 del 21/03/1996, coma da allegazione di parte - cfr. pag. 4 relazione tecnica cit. – che per la prima volta vi è stata la delimitazione del centro abitato del Comune di Pesaro).

Inoltre, come messo in evidenza nella relazione tecnica di parte (pag. 5) la zona sino al 2002 era classificata dagli strumenti di programmazione urbanistica, come “ zona agricola ” e non zona di insediamento.

Come chiarito dalla circolare Anas n. 1350/1968, in tema di autostrade, a decorrere dall’entrata in vigore del D.M. 1404/1968 (“ Distanze minime a protezione del nastro stradale da osservarsi nella edificazione fuori del perimetro dei centri abitati, di cui all'art. 19 della legge n. 765 del 1967” ), fuori dei centri abitati, in relazione alle autostrade si applicava tale decreto, non l’art. 9 L. 729/1961.

Tale circolare, chiarendo la portata delle (allora) nuove norme, stabiliva che “ la nuova normativa in materia di edificazione lungo le autostrade fuori dal perimetro dei centri abitati e degli insediamenti previsti dal P.R.G. o dal Pr. di F., statuita dal D.M. 1° aprile 1968, si applica automaticamente ed indistintamente a tutte le autostrade, atteso che tale predetta nuova normativa si configura indubbiamente come sostitutiva di quella già contenuta nell'articolo 9 succitato”.

Quindi se le amministrazioni interessate avessero agito tempestivamente al momento della proposizione della domanda di condono, avrebbero dovuto applicare la fascia di rispetto di 60 metri (art. 4 D.M. 1404/1968).

Le stesse amministrazioni non hanno, tuttavia, agito tempestivamente ed in base al principio tempus regit actum , hanno applicato le norme vigenti al momento dell’adozione dei relativi atti ed in tale momento l’art. 9 citato era stato del tutto (prima era stato parzialmente abrogato a far data dall’entrata in vigore del D.M. 1404, relativamente all’esterno dei centri abitati e zone di insediamento ex P.R.G., cfr. circolare Anas n. 1350 citata) abrogato da anni (per effetto del D.L. 112/2008).

L’art. 9 citato non è stato, dunque, mai applicabile al condono chiesto nel 1986.

La normativa applicabile in tema di fasce di rispetto autostradale al momento dell’adozione del parere (del 15 marzo 2022) qui gravato e del diniego del primo condono richiesto (atto comunale n. 40/2023), è quella prevista dal codice della strada, all’art. 18 e dal D.P.R. 495/1992 all’art. 26.

Infatti, nella specie, sono verificate entrambe le condizioni previste dall’art. 234 c. 5 del codice per l’applicazione del codice stesso in tema di fasce di rispetto, ossia la classificazione dell’autostrada A14 (dovendosi ritenere non necessario il decreto ministeriale di classificazione della strada previsto dall’art. 2 c. 8 del c.d.s., essendo la stessa classificata autostrada, quindi di Tipo A, direttamente da fonte sovraordinata, ossia la legge n. 729/1961, pari ordinata rispetto al d.lgs 285/1992, il quale non reca disposizioni espresse o implicite che possano far ritenere abrogata la classificazione effettuata dalla l. 729, che è norma speciale, e non potendo, comunque, un’autostrada che classificarsi in tipologia A) ed essendo stato perimetrato il centro abitato (sin dalla delibera comunale n. 158/1996 citata, secondo prospettazione di parte ricorrente;
sul punto, anche se ai fini pratici nulla cambia, occorre precisare che secondo il Comune, cfr. pag. 19 memoria depositata il 18 gennaio 2024, visto che il P.R.G. ’90 classificava area agricola quella interessata, la delibera n. 158 non poteva ritenersi sufficiente alla perimetrazione, dovendosi attendere, ai fini della valida perimetrazione del centro abitato, sino alla delibera comunale n. 7/2021, ad ogni modo antecedente l’adozione del gravato parere).

Quindi la fascia di rispetto applicabile è di trenta metri (art. 18 c.d.s., art. 26 D.P.R. 495/1992).

Parte ricorrente ritiene che si dovrebbe, viceversa, applicare, al limite, l’art. 16 c. 3 del c.d.s., che nella specie non prevede alcuna fascia di rispetto, sull’assunto erroneo (e contraddittorio rispetto alle stesse deduzioni di parte ricorrente) che ci si troverebbe fuori dal centro abitato e sull’assunto, altrettanto erroneo, che per gli svincoli si dovrebbe applicare la fascia valida per le strade di categoria inferiore tra quelle intersecantesi. Essendo la strada di categoria inferiore di natura comunale per la quale il P.R.G. non prevede alcuna fascia di rispetto, si dice, appunto, alcuna fascia verrebbe in rilievo.

Tale assunto è erroneo sia perché al momento dell’emanazione degli atti gravati l’immobile è ricompreso nel centro abitato (ciò in base alle prospettazioni sia di parte ricorrente, che ritiene rilevante la delibera comunale del 1996, sia del Comune, che ritiene rilevante la delibera del 2021), sia in quanto la rampa autostradale in rilievo è tutta interna all’autostrada, senza intersezione alcuna (lo svincolo nella specie non è intersezione di strade diverse ma corsia di accesso all’autostrada: cfr. rappresentazioni grafiche di cui al doc. n. 2 allegato al ricorso e allegato n. 16 al ricorso, pagg. 11 e ss.).

L’intersezione con la sede della strada “Montefeltro” ( i.e. la rotatoria posta prima del casello autostradale, quindi fuori dall’autostrada) a cui fa riferimento parte ricorrente, si trova a notevole distanza e non assume alcun rilievo ai fini della fascia di rispetto della corsia di accesso autostradale in discorso.

Le deduzioni di parte ricorrente avrebbero avuto forse senso se l’abuso oggetto di condono fosse stato in prossimità della ridetta rotatoria. Ma l’abuso è prossimo a una rampa di accesso e uscita dalla sede autostradale a scorrimento veloce, rampa collegata esclusivamente al casello autostradale.

Seguendo la tesi di parte ricorrente, dato che un’autostrada è sempre collegata alla viabilità locale mediante una qualsiasi intersezione, magari anche a (decine di) chilometri di distanza, nelle rampe di accesso e uscita dall’autostrada non vigerebbe mai alcuna fascia di rispetto.

Ma tale affermazione oltre che illogica è smentita dalla condivisibile giurisprudenza sopra richiamata che impone anche nelle rampe autostradali le medesime fasce di rispetto valide per l’autostrada, essendone pertinenze.

La tesi di parte ricorrente è altresì contraddittoria: in essa si afferma che a prescindere dall’esistenza del casello, il tratto in cui esso casello insiste, è nella specie già autostrada, ma dato che pacificamente è autostrada anche la sede a scorrimento veloce – i.e. quella a 6 corsie - la rampa ad anello che collega i due tratti autostradali non interseca alcuna strada diversa, ponendo in collegamento due “pezzi” della stessa autostrada, dimodoché, alcuno spazio per l’applicazione dell’art. 16 c. 3 c.d.s. è ravvisabile.

Inoltre ed ancora, seguendo l’impostazione di parte ricorrente, secondo cui saremmo al cospetto di un raccordo autostradale con strada di altra categoria inferiore, dato che la condizione di classificazione della strada posta dall’art. 234 c. 5 c.d.s. è soddisfatta solo per le autostrade che hanno riconoscimento legislativo e non necessitano del prescritto decreto ministeriale di classificazione previsto dal c.d.s. (art. 2 c. 8), non essendo stato questo ancora emanato, al raccordo si applicherebbe il D.M. 1404/1968 art. 3 lett. B, ossia una fascia di rispetto di quaranta metri (cfr. Tar Lazio n. 4999 cit. e T.A.R. Marche, sez. I, 13 febbraio 2024, n. 139).

Con riferimento alla domanda di secondo condono del febbraio 1995 va rilevato che al momento della sua proposizione era in vigore il codice della strada, ma non era verificata una delle due condizioni previste dal ridetto art. 234 c. 5 per la sua applicazione ( i.e. la perimetrazione del centro abitato, effettuata per la prima volta, secondo la stessa prospettazione di parte ricorrente, con del. comunale n. 158/1996) con conseguente ultrattività, dunque, del D.M. 1404/1968 e applicazione della fascia di sessanta metri.

Perciò se le amministrazioni interessate avessero agito senza indugio, quest’ultimo limite avrebbero dovuto applicare e non quello previsto dall’art. 9 citato, il quale non essendo applicabile, non avrebbe consentito neanche alcuna deroga (peraltro, come visto, non configurabile a fronte di abusi edilizi).

Le amministrazioni hanno agito dopo il 21 marzo 1996, data della delibera di perimetrazione del centro abitato (per come prospettato da parte ricorrente, ad ogni modo avendo agito dopo il 2021, la perimetrazione vi sarebbe stata anche secondo prospettazione di parte comunale) quando erano riscontrate entrambe le condizioni (delimitazione del centro abitato e classificazione, ancorché ex lege , della strada, i.e. autostrada) previste dall’art. 234 c. 5 del codice della strada per l’applicazione delle fasce di rispetto codicistiche e avrebbero dovuto, quindi, applicare l’art. 18 c.d.s. in combinato disposto con l’art. 28 del relativo regolamento esecutivo e attuativo (D.P.R. 495/1992), ossia una fascia di rispetto di trenta metri.

Anche in questo caso, dunque, le stesse amministrazioni in base al principio tempus regit actum , hanno applicato le norme vigenti al momento dell’adozione dei relativi atti ed in tale momento l’art. 9 citato, come visto irrilevante nella specie, era stato abrogato da anni (per effetto del D.L. 112/2008), quindi non poteva di certo, neanche astrattamente, essere applicato.

L’art. 9 citato non è stato, dunque, mai applicabile neanche al condono chiesto nel 1995.

Anche per questo secondo condono, per il resto, valgono le considerazioni già esposte in relazione a quello chiesto nel 1986, circa le norme applicabili (art. 18 e non art. 16 c. 3 c.d.s., con fascia di rispetto di trenta metri), che per sinteticità qui si richiamano.

Il primo motivo di ricorso è dunque, per le complessive ragioni esposte, da disattendere, in quanto il parere negativo impugnato, che era necessario siccome il condono riguardava la fascia di rispetto autostradale, al relativo scrutinio è risultato, nella sostanza, legittimo.

Quanto al secondo motivo di ricorso.

Per le ragioni già esposte va disatteso anche il secondo motivo di diritto, in quanto da un lato, nella specie, è irrilevante l’art. 9 L. 729/1961 e dall’altro la derogabilità, a fronte di “ particolari circostanze ” prevista dal comma 2 di tale disposizione riguarda la regolare “ edificazione ” e non certo il condono edilizio di abusi. Dunque tale disposizione in concreto non applicabile per le ragioni esposte, non sarebbe applicabile, quanto a deroga, nemmeno in astratto.

Parimenti, per le ragioni esposte va disattesa la domanda di danno, poiché come visto l’abrogazione dell’art. 9 più volte citato, non ha avuto riflesso alcuno nella vicenda per cui è causa.

Il ricorso introduttivo del giudizio va, in definitiva, respinto essendo infondate le censure con lo stesso mosse.

G. quanto al primo atto di motivi aggiunti.

Il primo motivo di diritto è infondato poiché alcuna illegittimità derivata dal parere a monte del diniego di condono è ravvisabile.

Il secondo motivo di diritto è inammissibile per carenza di interesse. Dato che il diniego comunale di condono è atto plurimotivato, è sufficiente la motivazione inerente il parere negativo emesso dall’A a sorreggerne la giustificazione.

Ad ogni modo, trattandosi di “ secondo condono ex L. 724/1994, il limite volumetrico di 750 metri cubi è inderogabile e valido anche per gli immobili produttivi.

Infatti, le disposizioni sui condoni sono di carattere eccezionale e di stretta interpretazione, pertanto i 750 metri cubi indicati dal legislatore non possono essere disapplicati in via interpretativa.

Va, inoltre, condiviso quanto già espresso dalla giurisprudenza, riguardo “ il limite dei 750 mc. richiesto dall'art. 39, co. 1, della L. 724/1994, senza che, sul punto rilevi la distinzione fra immobile a destinazione residenziale e destinazione produttiva ” (T.A.R. Campania, Napoli, sez. III, 3 settembre 2018, n. 5317;
in termini T.A.R. Campania, Napoli, sez. IV, 13 novembre 2023, n. 6237 e giurisprudenza ivi citata).

Dunque anche la seconda motivazione è legittima.

Per le stesse ragioni già esposte, va disattesa anche la domanda di risarcimento del danno.

Il primo atto di motivi aggiunti va, dunque, disatteso.

H. Quanto al secondo atto di motivi aggiunti.

Il primo motivo di diritto è infondato poiché alcuna illegittimità derivata dal parere a monte del diniego di condono è ravvisabile.

Il secondo motivo di diritto è inammissibile per carenza di interesse. Dato che il diniego comunale di condono è atto plurimotivato, è sufficiente la motivazione inerente il parere negativo emesso dall’A a sorreggerne la giustificazione.

D’altra parte la perizia giurata richiesta e poi prodotta, con dichiarazione a valenza confessoria di parte ricorrente, (cfr. pag. 11 secondo atto di motivi aggiunti: “ la perizia giurata a firma dell’ing. S U del 04/01/1999 che, seppur riferita ad altro ampliamento, concerneva in realtà il medesimo immobile” ) , non ineriva l’abuso oggetto di condono.

Dunque anche la seconda giustificazione del provvedimento è legittima.

Per le stesse ragioni già esposte, va disattesa anche la domanda di risarcimento del danno.

Il secondo atto di motivi aggiunti va, dunque, disatteso.

I. per le ragioni esposte, il ricorso n.r.g. 442/2011 e i relativi motivi aggiunti vanno dichiarati improcedibili e va respinta la domanda di risarcimento del danno;
il ricorso n.r.g. 345/2022 va respinto, come vanno respinti gli atti di motivi aggiunti e tutte le domande di risarcimento del danno.

Sussistono ragioni per la compensazione integrale delle spese, vista la complessità e stratificazione della normativa applicabile e il carattere, in parte, risalente della vicenda amministrativa, anch’essa complessa e articolata.

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