TAR Roma, sez. 5B, sentenza 2023-04-13, n. 202306380

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 5B, sentenza 2023-04-13, n. 202306380
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202306380
Data del deposito : 13 aprile 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 13/04/2023

N. 06380/2023 REG.PROV.COLL.

N. 08124/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Quinta Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8124 del 2018, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati R T e A T, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;



contro

Ministero dell'Interno, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;



per l'annullamento

del diniego di concessione della cittadinanza italiana, richiesta ai sensi dell'art. 9, comma 1, lettera d) della legge 5 febbraio 1992, n. 91, emesso in data 15 febbraio 2018.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore l’avv. Donatella Testini nell'udienza pubblica del giorno 27 gennaio 2023, svoltasi con modalità telematica in videoconferenza, tramite la piattaforma Microsoft Teams , ai sensi dell’art. 87, comma 4-bis, cod. proc. amm;

Uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.




FATTO e DIRITTO

1. Nel presente giudizio è controversa la legittimità del diniego indicato in epigrafe, con il quale il Ministero dell’Interno ha respinto l’istanza presentata dal ricorrente, cittadino pakistano, in data 12 gennaio 2015.

L’Amministrazione ha considerato ostativo alla concessione dello status di cittadino il decreto penale di condanna emesso dal G.I.P. del Tribunale di -OMISSIS- (esecutivo il 13.12.2008) per il reato di guida in stato di ebbrezza, previsto e punito dall’art. 186, comma 1, del codice della strada.

L’Amministrazione ha evidenziato il grave allarme sociale insito nel reato commesso dal ricorrente, essendo la guida in stato d’ebbrezza causa di numerosissimi incidenti stradali ed indice d’insensibilità al rispetto delle norme del Codice della Strada.

Ha preso espressamente posizione sulle argomentazioni esposte dal ricorrente in sede procedimentale nelle osservazioni ex art. 10 bis della l. n. 241/1990, ritenendo che

- la risalenza nel tempo della condotta rimane valutabile come fatto storico e, nella specie, come “indicativo di una personalità non incline al rispetto delle norme penali e alle regole di civile convivenza”;

- quanto all’istanza di riabilitazione richiesta al competente Tribunale di Sorveglianza il 9 novembre 2017 dal ricorrente, l’Amministrazione, premessa la non prevedibilità della durata del relativo procedimento, ha evidenziato che il reato commesso denota comunque inaffidabilità e non compiuta integrazione nella comunità nazionale, desumibile anche dal rispetto delle norme penali e di civile convivenza”.

Nel diniego impugnato viene evidenziato, altresì, che il ricorrente, in sede di presentazione della domanda, ha autocertificato di non aver mai subito condanne, concludendo per la mancata coincidenza tra l’interesse pubblico e quello del richiedente alla concessione della cittadinanza.

Avverso il predetto atto insorge la parte ricorrente, deducendone l’illegittimità per violazione della normativa di settore ed eccesso di potere per deficit istruttorio e motivazionale, per irragionevolezza e per contraddittorietà.

L’Amministrazione intimata, costituitasi in giudizio, ha articolatamente eccepito l’infondatezza del gravame, invocandone la reiezione.

2. Il ricorso non è suscettibile di favorevole apprezzamento.

2.1 Giova, in punto di diritto, osservare che:

- ai sensi dell'articolo 9, comma 1, lettera f), della legge n. 91 del 1992, la cittadinanza italiana "può" essere concessa allo straniero che risieda legalmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica; l'utilizzo dell'espressione evidenziata sta ad indicare che la residenza nel territorio per il periodo minimo indicato è solo un presupposto per proporre la domanda a cui segue "una valutazione ampiamente discrezionale sulle ragioni che inducono lo straniero a chiedere la nazionalità italiana e delle sue possibilità di rispettare i doveri che derivano dall'appartenenza alla comunità nazionale" (cfr., tra le tante, Consiglio di Stato sez. III, 23/07/2018 n. 4447);

- il conferimento dello status civitatis , cui è collegata una capacità giuridica speciale, si traduce in un apprezzamento di opportunità sulla base di un complesso di circostanze, atte a dimostrare l'integrazione del richiedente nel tessuto sociale, sotto il profilo delle condizioni lavorative, economiche, familiari e di irreprensibilità della condotta (Consiglio di Stato sez. VI, 9 novembre 2011, n. 5913; n. 52 del 10 gennaio 2011; Tar Lazio, sez. II quater, n. 3547 del 18 aprile 2012);

- l'interesse pubblico sotteso al provvedimento di concessione della particolare capacità giuridica, connessa allo status di cittadino, impone che si valutino, anche sotto il profilo indiziario, le prospettive di ottimale inserimento del soggetto interessato nel contesto sociale del Paese ospitante (Tar Lazio, sez. II quater, n. 5565 del 4 giugno 2013), atteso che, lungi dal costituire per il richiedente una sorta di diritto che il Paese deve necessariamente e automaticamente riconoscergli ove riscontri la sussistenza di determinati

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