TAR Cagliari, sez. I, sentenza 2012-06-11, n. 201200605

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Cagliari, sez. I, sentenza 2012-06-11, n. 201200605
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Cagliari
Numero : 201200605
Data del deposito : 11 giugno 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00457/2005 REG.RIC.

N. 00605/2012 REG.PROV.COLL.

N. 00457/2005 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 457 del 2005, proposto da:
ACQUARIO DI ACHENZA PATRIZIA E C. Snc, rappresentata e difesa dagli avv. M P, P B C, con domicilio eletto presso M P in Cagliari, via Puccini N.2;

contro

REGIONE AUTONOMA DELLA SARDEGNA, rappresentato e difeso dagli avv. G P C, R M, P A, con domicilio eletto presso Sarda Ufficio Legale Regione in Cagliari, viale Trento N.69;

per l'annullamento

-della DETERMINAZIONE del 4.2.2005 di REVOCA del CONTRIBUTO;

-e della nota del 14.2.2005 DI RESTITUZIONE DELLE SOMME ASSEGNATE, con interessi.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Regione Autonoma della Sardegna;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 giugno 2012 il dott. Grazia Flaim e uditi per le parti i difensori avv. ti Pisano e Murroni;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

La società ricorrente otteneva un contributo di euro 928.183 (con DA n. 4140 del 31.12.1997), per la realizzazione di un “impianto di acquacoltura marina intensiva” in loc. Mulargia (pari all’ 80% dell’importo globale preventivato di Lire 2.303.308), ex LR 28/1984.

Le opere, in base all’art. 5 del D.A. avrebbero dovuto essere realizzate “entro il termine di 18 mesi dalla data di notifica alla società del presente decreto”.

Un’ulteriore contributo è stato concesso, l’anno dopo, per euro 26.396, con DA 3248 del 31.12.1998 , per lo “studio di fattibilità” (90% dell’importo).

Con determinazione del 4.12.1998 è stato autorizzato il pagamento del 50% del contributo, per l’importo di Lire 898.607.000, a titolo di “anticipazione”.

Con nota del 20.1.2003, il Direttore del Servizio richiedeva alla società chiarimenti urgenti in merito all’intervento, i cui termini risultavano abbondantemente scaduti (il 5.6.2000), prospettando, in assenza di spiegazioni, il recupero di tutte le somme anticipate (Lire 898.607.000).

La società con nota del 13-18.2.2003 comunicava di “aver chiesto al Comune di S. Giovanni Suergiu una verifica delle concessioni edilizie necessarie al nostro progetto”, allegando la nota inviata al Comune in pari data, ove si richiede:

“con riferimento alla pratica presentata presso i vostri uffici in data 25.10.1995 siamo con la presente, non avendo avuto notizie in merito, a richiedervi una verifica della situazione”.

Inoltre altra nota del 10.2.2003 è stata depositata in atti (doc. 9) ove, sempre in riscontro alla richiesta regionale di delucidazioni, si elencano una serie di attività compiute dalla società per ottenere le necessarie concessioni/autorizzazioni (dal Comune per il titolo edilizio;
dalla Provincia per l’autorizzazione allo scarico;
dalla Regione per il nulla osta paesaggistico) solo in parte rilasciate (29.1.1997: nulla osta regionale;
20.6.2001: autorizzazione provinciale allo scarico).

Con determinazione del 4.2.2005 è stata disposta la revoca dei 2 contributi, con obbligo di restituzione della somma complessiva di euro 490.488, maggiorata degli interessi.

Con nota del 14.2.2005 sono state quantificate le somme da restituire (euro 545.498+30.350).

**

Con ricorso notificato il 15.4.2005 e depositato il 30.4 la società ha impugnato la revoca, sostenendo di non aver potuto avviare e realizzare le opere per mancanza dei necessari titoli (iter autorizzativo “ancora in corso”), formulando le seguenti censure:

1)violazione della L 241/1990, art. 7, e L. 15/2005 – omesso avviso di avvio del procedimento di revoca - eccesso di potere per difetto di istruttoria;

2)violazione di legge per motivazione insufficiente ed eccesso di potere (contraddittorietà tra atti;
disparità di trattamento;
ingiustizia manifesta;
contraddittorietà della motivazione;
travisamento dei fatti) dell’atto di revoca del 4.2.2005 rispetto alle precedenti determinazioni regionali;

3)violazione di legge, eccesso di potere dell’atto di revoca e di tutti gli atti prodromici, conseguenti e comunque ad essi connessi, in relazione alla applicazione di interessi sulle somme richieste;

4) incompetenza dell’organo che ha emanato l’atto di revoca (dirigente) – competenza dell’Assessore che aveva concesso il contributo.

Si è costituita la Regione chiedendo il rigetto del ricorso.

Alla Camera di consiglio del 12.5.2005 la domanda cautelare è stata respinta con ordinanza n. 197.

All’udienza del 6 giugno 2012 il ricorso è stato spedito in decisione.

DIRITTO

GIURISDIZIONE

Particolarità della fattispecie inducono il Collegio a trattenere la giurisdizione.

Nel caso in esame infatti la prospettazione che viene svolta in ordine all’”impedimento” che avrebbe prodotto l’ “inadempimento” si riferisce all’impossibilità per la società di attivare il progetto a causa della mancato ottenimento dei titoli necessari da parte della altre autorità pubbliche, che avrebbero dovuto rilasciare le concessioni e le autorizzazioni per la messa in opera del progetto di “impianto a terra di acquacoltura marina non intensiva”.

Non si tratterebbe dunque –secondo la tesi della ricorrente- di “inadempimento colpevole”, ma di difficoltà burocratiche che avrebbero reso impossibile l’esecuzione, in concreto, delle opere, in mancanza dei titoli necessari (concessione edilizia, autorizzazione provinciale scarico acque;
nulla osta regionale paesaggistico;
concessioni demaniali,….).

Rispetto agli ordinari casi di “inadempimento” nell’esecuzione delle opere e nei termini prefissati (spettanti al giudice ordinario), la presente fattispecie denota peculiarità proprie, assumendo un ruolo essenziale il rapporto coltivato con le altre autorità da parte del soggetto percettore.

Qualora non sussista un rapporto di “libera utilizzazione” dei fondi ottenuti –fin dallo loro concessione– occorre analizzare in quali termini tale elemento si riflette nel rapporto finanziato/finanziatore.

Va riconosciuto in tal caso una posizione differenziata, di interesse legittimo, tenuto conto che eventuali tempi tecnici connessi potrebbero riflettersi e collegarsi ad eventuali ipotesi di prorogabilità del termine per la fine lavori, qualora fosse effettivamente dimostrato che la mancanza dei titoli necessari scaturisca da effettivo inadempimento tempestivo da parte di altre autorità nel rilascio dei titoli.

Il Collegio ritiene che la particolarità della fattispecie (in ordine alle “cause” che avrebbero determinato la revoca) debba farsi rientrare nella giurisdizione del giudice amministrativo.

1)AVVISO DI AVVIO DEL PROCEDIMENTO.

La funzione sostanziale di avvio del procedimento è stata svolta dalla nota dirigenziale del 20.1.2003, che prospettava, in mancanza di “idonee giustificazioni” il recupero delle somme corrisposte.

La società ha informato l’Amministrazione (con 2 note del febbraio 2003) di avere ancora “in corso” il rilascio delle varie necessarie autorizzazioni, con pendenza presso il Comune del titolo edilizio.

Il contraddittorio, a livello endoprocedimentale, è stato dunque pienamente garantito.

2) NEL MERITO il Collegio ritiene che:

-la società doveva realizzare le opere entro il termine di 18 mesi (dal 31.12.1997, data di concessione del contributo;
e comunque entro 18 mesi dalla data di pagamento dell’anticipazione delle somme, 4.12.1998);

-la società ha percepito fin dal dicembre 1998, con l’anticipazione del 50%, e trattenuto l’ingente somma di Lire 898.607.000 senza realizzare alcuna opera prevista in progetto;

-la società non ha mai chiesto una “proroga” del termine adducendo difficoltà burocratiche;

-le “difficoltà” nell’ottenimento dei titoli necessari (da parte delle varie autorità preposte) non sono state in realtà dimostrate né nel corso del procedimento, né nel corso del presente giudizio;

-si afferma in ricorso che in data 24.1.1997 (quindi ben PRIMA della concessione del contributo) la società otteneva l’approvazione del progetto da parte della Commissione edilizia, subordinando il rilascio della concessione edilizia alla presentazione del nulla osta regionale tutela paesaggio e l’autorizzazione allo scarico delle acque da parte della provincia;

-in data 5.2.2001 il Comune chiedeva delle integrazioni documentali ancora mancanti: autorizzazione provinciale allo scarico e concessione demaniale, in risposta alla richiesta di riesame del progetto presentata dalla società il 22.11.2000;

-in ricorso la società si limita ad affermare che a tutt’oggi “è ancora in corso l’iter autorizzativo” (non si sa neppure quali adempimenti sono stati posti in essere dopo il febbraio 2001 e fino alla disposta revoca del febbraio 2005);

-risulta solo quanto emerge dalla nota di riscontro del 10.2.2003 (formulata dalla ricorrente alla Regione), nella quale si elencano una serie di attività: la maggior parte delle quali (5) si collocano ANTERIORMENTE alla concessione del contributo (fino cioè al rilascio del n.o regionale paesaggistico del 29.1.1997).

In sostanza, DOPO il rilascio del contributo del dicembre 1997 (e l’anticipazione del dicembre 1998), è stata svolta dalla società che ha incamerato le somme una limitatissima attività:

* il 22.11.2000 richiesta al Comune il “riesame” del progetto, su cui il Comune ha subito richiesto integrazioni (il 5.2.2001);

*l’ottenimento dell’autorizzazione allo scarico provinciale del 20.6.2001 (che era stata già richiesta dal Comune fin dal gennaio 1997!).

Emerge dunque una palese negligenza nel curare in modo sollecito il rilascio dei titoli, che non può essere giustificata dalla società (e riversata) come negligenza del proprio consulente (come sostenuto in ricorso), rimanendo l’imputabilità legata al soggetto percettore .

Né può condividersi la tesi della “proroga implicita” del termine per l’esecuzione dei lavori (senza termine finale) per l’esecuzione del progetto, dovendo avere il sistema dei finanziamenti pubblici, come in questo caso, finalizzati all’occupazione, un riscontro in termini ragionevoli.

Non si può ammettere che pubblici vengano immobilizzati e trattenuti da privati “sine die”.

Oltretutto nel caso di specie non si ravvisano concreti elementi di “rallentamento” imposti dalle altre autorità, ma l’assenza di tempestiva attivazione e cura delle diverse procedure necessarie, da parte del privato.

3) INTERESSI.

In mancanza di norme specifiche ad hoc, trattandosi di pagamento indebito è applicabile l’art. 2033 del codice civile, con diritto alla percezione degli interessi dal giorno del pagamento, se chi lo ha ricevuto era in mala fede.

Non può essere riconosciuta la buona fede (che consentirebbe il computo degli interessi, invece, dal giorno della domanda) in quanto il trattenimento di ingenti somme con totale inerzia di attività (dal 1998 al 2000) è incompatibile con il riconoscimento di uno stato soggettivo favorevole.

La restituzione delle somme deve essere quindi gravata dagli interessi, dal giorno della corresponsione del finanziamento (bonifico dell’ anticipazione).

4)COMPETENZA

Trattandosi di competenza gestionale, correttamente la revoca è stata disposta con atto dirigenziale (e non dall’Assessore), conformemente ai principi di separazione fra competenze politiche e amministrative recepito nella Regione Sardegna con la LR 31 del 13.11.1998 di riordino delle funzioni (“Disciplina del personale regionale e dell'organizzazione degli uffici della Regione”).

Le spese seguono la soccombenza e vengono quantificate in dispositivo.

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