TAR Napoli, sez. V, sentenza 2014-04-29, n. 201402382

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. V, sentenza 2014-04-29, n. 201402382
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 201402382
Data del deposito : 29 aprile 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 08380/1999 REG.RIC.

N. 02382/2014 REG.PROV.COLL.

N. 08380/1999 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8380 del 1999, proposto da:
NUZZO CARMELA, rappresentata e difesa dall’Avv. F I, presso il quale elettivamente domicilia in Napoli, alla Via Carriera Grande, n. 32;

contro

COMUNE DI CASALNUOVO, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. L M, presso il quale elettivamente domicilia in Napoli, alla Via Aniello Falcone, n. 70;

per l’annullamento

previo accertamento di illegittimità del comportamento omissivo tenuto dal Amministrazione Comunale di Casalnuovo in persona del Sindaco p.t., sulla richiesta notificata l’8.1.89, del silenzio rifiuto così formato, nonché di ogni altro atto preordinato, connesso e consequenziale;

per l’accertamento

del diritto della ricorrente all’esercizio delle mansioni di impiegata amministrativa;

e per la condanna

dell’amministrazione Comunale, in persona del legale rappresentante p.t., alla corresponsione delle relative competenze economiche, con rivalutazione monetaria ed interessi legali.


Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’intimato Comune;

Visti gli atti tutti della causa;

Uditi - Relatore alla pubblica udienza del 13 marzo 2014 il dr. Vincenzo Cernese - i difensori delle parti presenti come da verbale di udienza;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.


FATTO

Premette N C che, in data 1.4.1987, era stata assunta con delibera della Giunta Municipale, approvata dal Consiglio Comunale di Casalnuovo (NA) con contratto d’opera ex art. 2222 cod. civ., per la durata di anni 1, ed, a norma di tale contratto, doveva svolgere la pulizia dei locali presso gli uffici comunali di C. so Umberto ed, inoltre, che, allo spirare del termine, il contratto, era stato rinnovato di anno in anno, sempre con delibera della Giunta Comunale, e così fino al 16.4.1990, allorquando era stata inquadrata in pianta organica con contratto a tempo indeterminato.

Aggiunge che, a differenza di quanto stabilito nel contratto, per ordine di servizio scritto delle autorità comunali, aveva svolto le mansioni assegnate nel rigoroso rispetto dell’orario di lavoro, con obbligo di giustificare eventuali assenze, ed, in caso di malattia, di presentazione della certificazione medica, senza avere mai percepito assegni familiari (in quanto non assicurata ai fini previdenziali ed assistenziali) ovvero la tredicesima mensilità, con retribuzione predeterminata, con materie prime ed attrezzi per la pulizia forniti dall’Amministrazione Comunale.

Preso atto che, dalla data di assunzione in pianta stabile nel 1990, aveva continuato a svolgere le medesime mansioni, con atto di diffida notificato l’8.1.1989, aveva chiesto all’intimato Comune di adottare tutti i provvedimenti idonei al suo inserimento nel ruolo organico del personale dipendente dell’Amministrazione Comunale o, quantomeno, nel ruolo soprannumerario con la qualifica funzionale acquisita per effetto delle mansioni di fatto espletate e di liquidare in suo favore tutte le differenze retributive maturate dalla data di assunzione alla data di inserimento in pianta organica, senza, però, ricevere nessun riscontro.

Tanto premesso e preso atto che il Pretore del Lavoro - adito per l’accertamento dell’inefficacia dei contratti di appalto stipulati con il Comune perché simulati, come tali, contrastanti con norme imperative di legge e la declaratoria della sussistenza del rapporto di lavoro subordinato tra l’esponente ed il Comune di Casalnuovo tra l’1.4.1987 ed il 16.4.1990, con la conseguente condanna, ai sensi degli artt. 36 Cost. e 2099 cod. civ., dell’intimato Comune al pagamento in suo favore della somma complessiva di £ 33.724.323, a titolo di differenze retributive spettantegli in attuazione dei D.P.R. 810/80, 843/83 e successivi, con la sentenza n. 40/92 del 9.7.1991 (a seguito di prova testimoniale offerta dalla ricorrente e non contrastata dalla convenuta ritualmente costituita), aveva dichiarato la sussistenza del rapporto di lavoro di fatto ex art. 2126 cod. civ., ma che, a seguito di appello proposto dall’Amministrazione Comunale avverso la predetta sentenza, il Tribunale di Nola (a cui la causa era trasferita per competenza territoriale, a seguito dell’entrata in funzione del Tribunale di Nola), con la sentenza allegata aveva rilevato il difetto di giurisdizione e la S.C. di Cassazione confermava tale decisione, N C, con ricorso in riassunzione, notificato il 23.9.1999 e depositato il 21.10.1999, adiva questo Tribunale, per l’annullamento del silenzio-rifiuto del Comune di Casalnuovo serbato sulla diffida notificata l’8.1.1989, nonché per l’accertamento del suo diritto all’esercizio delle mansioni di bidella e per la conseguente condanna dell’amministrazione Comunale, in persona del legale rappresentante p.t., alla corresponsione delle relative competenze economiche, con rivalutazione monetaria ed interessi legali.

All’uopo parte ricorrente affidava il ricorso alle seguenti censure:

1) Violazione dell’art. 25 T.U. 10.1.1957, n. 3 ed eccesso di potere, stante la violazione del principio generale per il quale la P.A., nella sussistenza di un potere istituzionale e del suo obbligo ad esercitarlo, sarebbe tenuta a provvedere sugli atti di diffida recanti la prefissione del termine di 30 giorni;

2) Eccesso di potere per difetto assoluto di motivazione e di istruttoria, risultando l’impugnato provvedimento implicito di rigetto, per sua stessa natura, affetto da vizio di carenza assoluta di motivazione e di istruttoria;

3) Violazione dell’art. 36 Cost., che riconoscerebbe il diritto di ogni lavoratore alla percezione della retribuzione corrispondente alla quantità ed alla qualità del lavoro svolto;
nella specie parte ricorrente che avrebbe svolto mansioni di impiegata su disposizione dell’Amministrazione Comunale, così come accertato dal Pretore di Pomigliano D’Arco con la sentenza n. 40/92 avrebbe diritto al relativo migliore trattamento economico, nonché alla regolarizzazione della sua posizione contributiva e previdenziale.

L’intimato Comune si costituiva in giudizio preliminarmente eccependo l’inammissibilità del ricorso e, nel merito, sostenendone l’infondatezza.

Alla pubblica udienza del 13 marzo 2014 il ricorso era ritenuto in decisione.

DIRITTO

1. Preliminarmente il difensore di parte ricorrente ha rappresentato la permanenza dell’interesse della propria assistita alla definizione del giudizio.

2. Sempre preliminarmente il Collegio prende atto che nella presente controversia a regolare la giurisdizione è intervenuta sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite che ha definitivamente dichiarata la sussistenza della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

3. Ciò premesso, nel merito, con il ricorso in esame parte ricorrente chiede l’accertamento dell’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato intercorso tra lei ed il Comune di Casalnuovo, del quale ne sussisterebbero tutti gli indici sintomatici (subordinazione gerarchica, non provvisorietà della prestazione, inserimento del lavoratore nell’organizzazione dell’ente, rispetto di un preciso orario di lavoro, ecc.), anche antecedentemente alla data di assunzione in pianta stabile, avvenuta nel 1990, con la conseguente condanna del resistente Comune, in persona del legale rappresentante p.t. alla corresponsione delle relative competenze economiche, con rivalutazione monetaria ed interessi legali.

4. Il ricorso è infondato.

5. Parte ricorrente fonda la sua pretesa su una serie di delibere di Giunta Municipale, ad iniziare dalla prima n. 1401 del 20.3.1987, successivamente prorogata di anno in anno, con le quali il Comune di Casalnuovo, nelle more dell’espletamento della procedura concorsuale per la copertura dei posti vacanti nella vigente pianta organica della carriera ausiliaria, e sul presupposto dell’insufficienza del personale in servizio, nel decidere di appaltare il servizio di pulizia degli uffici demografici, sito al C. so Umberto, autorizzava la stipula di contratti d’opera ex artt. 1222 cod. civ., con decorrenza immediata e fino al 31.12.1987, ed alle condizioni previste nell’allegato schema di appalto.

6. O, relativamente all’assunto di parte ricorrente secondo cui dalla data di assunzione in pianta stabile avvenuta nel mese di luglio del 1989, avrebbe continuato a svolgere le medesime mansioni già svolte in precedenza, è senz’altro da escludere che le suddette delibere possano avere dissimulato la sussistenza rapporto di lavoro dipendente (anche se a termine) atteso che nel capitolato d’appalto, puntualmente richiamato ed allegato a ciascuna di esse, si contiene una precisa descrizione e compiuta regolamentazione dei diritti ed obblighi delle parti, senza che possa farsi luogo ad una eterointegrazione della disciplina del rapporto di impiego a contratto in siffatta guisa costituito.

7. Secondo la giurisprudenza siffatte fattispecie contrattuali si presentano estranee allo schema tipico del pubblico impiego, con la conseguenza che la regolamentazione delle medesime è integralmente racchiusa nel contratto, ed il lavoratore non può accampare pretese o chiedere il riconoscimento di diritti al di fuori di quanto previsto dallo strumento contrattuale (Cfr: Cons. Giust. Amm. Sicilia, 12.4.1995, n. 119).

O, nel caso in cui il rapporto di impiego a tempo determinato sia stato più volte prorogato, attesa l’autonomia dei singoli atti di assunzione e dei relativi rapporti, l’ultimo atto di assunzione può essere utilmente impugnato ancorché nei confronti dei precedenti vi sia stata acquiescenza, ed in mancanza di una tale impugnativa i rapporti pregressi rimangono definiti sulla base dei rispettivi atti costitutivi, oramai divenuti inoppugnabili (Cfr: C.di S., Ad. Plen. n. 2 del 1992);
inoltre, la mancata tempestiva impugnazione dei provvedimenti con i quali l’Amministrazione conferisce incarichi professionali, ponendo un tassativo termine di durata, ripetutamente rinnovati, rende irricevibile il ricorso per l’accertamento della sussistenza del rapporto di impiego relativamente ai periodi di cui ai provvedimenti medesimi (Cfr: C. di S., Ad. Plen. n. 10 del 1992).

8. Ne deriva che, nella fattispecie, a fronte di una inequivoca ed inconfutabile qualificazione come precari e privi di stabilità dei rapporti periodicamente intercorsi fra parte ricorrente ed il resistente Comune, il proposto ricorso presenta significativi profili di inammissibilità per la mancata impugnativa della pluralità di atti deliberativi che, anche attraverso l’allegato capitolato speciale di appalto, necessariamente erano intervenuti a determinare il titolo e le modalità in base ai quali erano svolte le attività di parte ricorrente in favore del Comune di Casalnuovo, specie nella parte in cui qualificavano un rapporto di natura del rapporto diversa da quello di lavoro dipendente, così come ora invocato da parte ricorrente.

9. Quanto appena rilevato, se da un lato conferma l’autosufficienza e la compiutezza della disciplina racchiusa negli atti costitutivi, quale unica fonte genetica dei rapporti, dall’altro induce profili di inammissibilità del ricorso proposto per l’accertamento di un rapporto di natura diversa (anche sotto il profilo temporale) rispetto a quello indicato nei vari atti di conferimento degli incarichi.

Invero, se parte ricorrente intendeva rendere ammissibile una domanda di accertamento di un rapporto, pubblico o privato, di lavoro dipendente, diverso da quello risultante dai contratti d’opera stipulati, avrebbe dovuto impugnare le suddette delibere di proroga del contratto nel rituale termine decadenziale di 60 giorni.

10. Inoltre la pretesa di parte ricorrente, sì come intesa a rivendicare ogni diritto connesso alla prestazione di lavoro subordinato, ivi incluse presunte differenze retributive per mansioni superiori espletate in via di fatto, sì come generica e del tutto sfornita di prova, è anche infondata.

11. Osserva il Collegio, in relazione alle ipotesi di utilizzazione precaria di lavoratori per l’espletamento di mansioni varie, che non trovano riscontro nell’attuale struttura organizzativa dell’Ente pubblico, che quest’ultimo può stipulare convenzioni varie o contratti di diritto comune (tra cui spiccano per la loro tipicità e frequenza il contratto di appalto ed il contratto di opera od anche il contratto di lavoro privato alla stregua di qualsiasi altro soggetto dell’ordinamento). Al riguardo il diritto positivo configura delle fattispecie, in forza delle quali l’Amministrazione, in base ai suoi atti autoritativi (ad esempio decreto ministeriale o delibera della Giunta Comunale, come nel caso di parte ricorrente), viene messa in condizione di utilizzare, senza ricorrere alle complesse e gravose procedure concorsuali la forza lavoro occorrente per il perseguimento dei suoi fini, istituzionali e non.

Con particolare riguardo al lavoro di netturbino, bidello, insegnante di scuola materna, dattilografo, ecc. vi erano delibere della P.A. di conferimento di un “incarico professionale ed autonomo”, denominando come contratto l’atto di assunzione.

12. Per un trentennio, fino al 1992, il Consiglio di Stato e la Corte di Cassazione, specie in relazione alle fattispecie da ultimo richiamate, elaborarono la teoria dei cc.dd. indici rivelatori del pubblico impiego ma, dal predetto anno in poi, la giurisprudenza del Consiglio di Stato ha rinnegata la teoria su esposta, ritenendo assolutamente impossibile prescindere, per una qualificazione di un rapporto come di pubblico impiego, dalla formale qualificazione ad esso attribuita negli atti costitutivi del rapporto stesso.

In altri termini, secondo la giurisprudenza da ultimo richiamata, la presenza di un mero indice sintomatico, in mancanza di uno specifico atto formale ed autoritativo costitutivo del rapporto di pubblico impiego, non può considerarsi rivelatrice dell’esistenza di tale rapporto, con la conseguenza che alcun spazio può esservi per sostenere, al di là dell’apparenza del contratto formalmente stipulato, che sia stato dissimulato un rapporto di diversa natura, anche in presenza di una soggezione alle direttive della stazione appaltante e del controllo sui risultati dell’attività affidata che sono dati compatibili anche con il lavoro autonomo ed il rapporto d’appalto.

Successivamente la Suprema Corte è ritornata sul proprio originario orientamento ritenendo che la natura pubblicistica del rapporto di impiego non è esclusa né dalla mancanza di un atto formale di nomina, né dall’assenza di stabilità o dall’apposizione di un termine essendo sufficiente che le prestazioni del dipendente abbiano carattere continuativo (ancorché provvisorio), a condizione, però, che tra l’ente pubblico ed il privato venga costituito un rapporto non occasionale di locazione di opere, con il conseguente inserimento del secondo nell’organizzazione amministrativa del primo, per il perseguimento di finalità attribuite al medesimo dalla legge (Cfr. Cass. SS.UU. 8 luglio 2008, n. 18622;
Cass. SS. UU., 28 giugno 2006, n. 1484).

13. Nella fattispecie in esame, tuttavia, dalle delibere di affidamento del servizio - prodotte in giudizio dal resistente Comune - non si evince alcun elemento da cui possa desumersi una simulazione del rapporto contrattuale;
in particolare, secondo il disciplinare allegato alla delibera, l’affidataria del servizio doveva provvedere in proprio alla organizzazione del servizio di pulizia, pur se appare del tutto logico che il servizio dovesse svolgersi anche rapportandosi alle esigenze del committente.

In particolare, nel Capitolato speciale dei servizi appaltati si stabiliva che: l’importa mensile dell’appalto sarà pagato in ratei posticipati a seguito di presentazione delle certificazioni dalla quali doveva risultare l’esecuzione di tutte le prestazioni previste dal Capitolato, era fatto espresso divieto di subappaltare il servizio, a garanzia degli obblighi contrattuali l’Amministrazione tratteneva mensilmente il 5% dei pagamenti, l’impresa era obbligata ad applicare integralmente tutte le norme contenute nel C.C.N.L. per gli operai del settore e negli accordi integrativi locali dello stesso in vigore per il tempo in cui si svolgevano i lavori anzidetti e nel Comune di Casalnuovo, il prezzo complessivo del servizio appaltato, rimaneva invariabile ed indipendente da qualsiasi eventualità per tutta la durata dell’appalto, l’Impresa per l’espletamento del servizio assunto, era obbligata e provvedere a sue spese all’acquisto degli attrezzi occorrenti, quali detergenti, disinfettanti, scope, stracci, strofinacci, ecc., l’Impresa aveva l’obbligo di concordare per iscritto con l’Ufficiale Sanitario i tipi, le percentuali e le modalità di impiego dei disinfettanti e disinfestanti, ove i Capi Ripartizione segnaleranno delle deficienze o omissioni nelle prestazioni, il sindaco avrebbe disposto con ordinanza l’applicazione di una sanzione pari al 10% del rateo mensile ed, in caso di recidiva, l’appalto sarebbe stato rescisso.

Parte ricorrente (a parte una generica richiesta di prova testimoniale, peraltro non rilevante, ai fini del decidere, se finalizzata a provare l’espletamento di mansioni di fatto), non ha fornito altri elementi, in particolare, documentali, a sostegno della sua domanda;
né a tanto è idonea e sufficiente l’allegazione della sentenza n. 40/92 del Pretore di Pomigliano D’Arco, che avrebbe riconosciuto il diritto di parte ricorrente al relativo trattamento economico, in quanto trattasi di pronuncia annullata per carenza di giurisdizione del Tribunale di Nola, quindi priva di ogni rilevanza ai fini probatori e, peraltro, fondata su valutazioni di attendibilità dei testi escussi che giammai potrebbero essere fatte valere nella presente sede dal giudice amministrativo.

14. Nella fattispecie, anche a voler degradare il requisito costituito da un atto formale di nomina, a mero indice sintomatico dell’esistenza di un rapporto di pubblico impiego subordinato (unitamente ad altri eventuali indici rivelatori, quali i requisiti della subordinazione gerarchica, della predeterminazione della retribuzione e del pieno ed organico inserimento nell’apparato burocratico dell’ente: Cfr: C. di S., 15.1.1993, n. 74), nel merito, la prospettazione di parte ricorrente circa l’esistenza di un presunto rapporto di subordinazione intercorso fra lei ed il Comune di Casalnuovo, non è supportata da alcuna prova, relativamente agli indici e criteri identificativi circa l’inserimento di parte ricorrente nell’organizzazione del Comune per il perseguimento dei fini istituzionali di quest’ultimo, non spiegando parte ricorrente come e perché il suo rapporto di lavoro dovrebbe essere qualificato di pubblico impiego a tempo determinato, perché le spetterebbe l’inquadramento nella III qualifica funzionale, perché, dopo avere incassato il compenso stabilito, dovrebbe ricevere delle differenze;
non spiega perché dovrebbe essere regolarizzata la posizione assicurativa e previdenziale.

15. Pertanto, nel caso di parte ricorrente, si versa in ipotesi di un rapporto di impiego a contratto, che la giurisprudenza amministrativa considera al di fuori dello schema tipico del pubblico impiego dipendente.

16. Analogamente priva di alcun riscontro probatorio si presenta la richiesta di riconoscimento, limitatamente ai soli effetti economico-retributivi, di presunte superiori mansioni espletate in via di fatto - sul punto invocandosi l’applicazione diretta ed immediata dell’art. 36 Cost. - considerato, altresì, il ristrettissimo ambito entro il quale l’ordinamento vigente ratione temporis consentiva il pagamento delle differenze retributive per mansioni superiori svolte che, nel sistema previsto prima dell’entrata in vigore dell’art. 15 del D.L. vo n. 387/1998, per i dipendenti degli enti locali erano connotate dal carattere della eccezionalità e connesse alla accertata vacanza del posto ricoperto (Ad. Plen. n. 3/2006).

17. Al riguardo la giurisprudenza amministrativa ha ritenuto che il diritto del pubblico dipendente, che abbia svolto le funzioni relative alla qualifica immediatamente superiore vada riconosciuto con carattere di generalità solo a decorrere dalla data di entrata in vigore del D.L. vo n. 387 del 1998, ossia dal 22 novembre 1998, atteso il carattere innovativo del riconoscimento legislativo di tale diritto che non può avere riflessi su situazioni pregresse. Laddove la Corte di Cassazione (SS.UU., 22.2.2010, n. 4063;
11.12.2007, n. 25837;
Sez. Lav. 4.8.2004, n. 14944;
8.1.2004, n. 91;
25.10.2003, n. 16078) ritiene che la novella di cui all’art. 15 del D.L. vo n. 387 del 1998 ha effettuato una sorta di intervento correttivo per adeguare il sistema ai principi costituzionali ed attenuare le più stridenti differenze con il regime del lavoro privato, giustificandone dunque il carattere retroattivo, reputando ancora di recente (SS.UU. 3.11.2009, n. 23201) l’art. 36 Cost. come direttamente applicabile anche al campo del pubblico impiego al fine della retribuibilità di mansioni superiori anche se corrispondenti a qualifica di due livelli superiori a quello di inquadramento, il Consiglio di Stato (A.P. 23.3.2006, n. 3;
V V, 7.11.2012, n. 5647;
9.3.2010, n. 1382;
VI, 11.9.2008, n. 4346) ha ribadito che il citato art. 15, in quanto avente carattere innovativo non può spiegare la sua efficacia su situazioni pregresse, non ha carattere interpretativo e non può che disporre per il futuro, dal momento che il carattere di norma di interpretazione autentica va riconosciuto soltanto alle norme dirette a chiarire il senso di quelle preesistenti, ovvero a escludere o a enucleare uno dei sensi tra quelli ragionevolmente ascrivibili alle norme interpretate;
nel caso di specie, sicuramente perla parte antecedente al 22 novembre 1998, non è dunque consentito che lo svolgimento di mansioni superiori rispetto alla qualifica formalmente ricoperta comporti il pagamento delle differenze retributive eventualmente pretese dal pubblico dipendente.

18. Ne deriva che il richiamo all’art. 36 Cost. si presenta del tutto inconferente, atteso che, pur sancendo siffatta previsione costituzionale il principio di corrispondenza della retribuzione alla qualità e quantità del lavoro prestato, tuttavia tale norma, secondo l’insegnamento dell’Adunanza Plenaria (sentenza n. 22/99), non può trovare incondizionata applicazione nel rapporto di pubblico impiego concorrendo, in detto ambito, altri principi di pari rilevanza costituzionale (artt. 97 e 98 Cost.).

19. In definitiva, v’è quanto basta per ritenere il ricorso infondato e, pertanto, da respingere.

20. Sussistono, comunque, giusti motivi per compensare integralmente fra le parti le spese giudiziali.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi