TAR Torino, sez. I, sentenza 2015-04-17, n. 201500662

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Torino, sez. I, sentenza 2015-04-17, n. 201500662
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Torino
Numero : 201500662
Data del deposito : 17 aprile 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01440/2011 REG.RIC.

N. 00662/2015 REG.PROV.COLL.

N. 01440/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1440 del 2011, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avv. G S, con domicilio eletto presso il medesimo in Torino, Via Stefano Clemente, 6;

contro

Ministero della Difesa, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliato in Torino, corso Stati Uniti, 45;

Dichiarare tenuto e condannare, il Ministero della Difesa in persona del suo Ministro pro tempore al risarcimento di tutti i danni, nessuno escluso, che sono derivati dal predetto infortunio e, precipuamente, del danno biologico (nelle sue componenti di permanente, temporaneo assoluto e parziale, oltre che alla componente psichica), al danno morale e danno esistenziale come quantificati in narrativa il cui calcolo si richiama ed il cui complessivo importo allo stato si quantifica in €. 709.495,20 (settecentonovemilaquattrocentonovantacinque/2) o veriore accertando anche all’esito della richiedenda CTU e/o comunque determinato anche in via equitativa secondo il miglior apprezzamento dell’Ecc.mo Tribunale adito. Condannare, altresì, il resistente al risarcimento di ogni altra voce di danno connessa e direttamente consequenziale all’episodio per cui è giudizio.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 22 D. Lgs. 30.06.2003 n. 196, comma 8;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 2 aprile 2015 il dott. G P e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO


1. Nella notte del 19 maggio 1986, il Brigadiere CC -OMISSIS-- all'epoca dei fatti capo equipaggio del Nucleo Operativo Radiomobile (NOR) della Compagnia Carabinieri di -OMISSIS-- rimase coinvolto in un conflitto a fuoco, nel corso del quale venne attinto da un colpo di pistola al petto che gli cagionò gravissime ferite e, in particolare, la ritenzione del proiettile in prossimità della colonna vertebrale.

Quella sera, mentre era impegnato nello svolgimento di un servizio di pattugliamento in -OMISSIS-, insieme al carabiniere scelto -OMISSIS-, intorno alle ore 01,20 sottoponeva a controllo un autoveicolo Alfa Romeo Alfetta. Dopo un iniziale tentativo di fuga, l’auto veniva raggiunta e veniva ordinato ai due individui che erano a bordo – tra i quali il pluripregiudicato P Marco - di scendere per la rituale identificazione. Giunto il momento della perquisizione personale, il P dapprima si mostrava collaborativo, svuotando le tasche e riponendone il contenuto sul cofano del veicolo dei militari;
successivamente, allorché il Carabiniere -OMISSIS- si accingeva a perquisirlo, con una mossa repentina metteva la mano destra dietro la schiena e, tratta una pistola che teneva nascosta nella cintola, esplodeva a bruciapelo un colpo che colpiva lo zigomo del -OMISSIS- e penetrava in pieno petto il brigadiere -OMISSIS-. Questi rispondeva al fuoco con la pistola di ordinanza e i proiettili raggiungevano l’aggressore che decedeva immediatamente.

2. I successivi esami radiografici e clinici evidenziarono nel -OMISSIS- una “ ferita da arma da fuoco all’emitorace destro con ritenzione del proiettile in prossimità della parte destra del corpo vertebrale ”.

3. A seguito di quei fatti è stata riconosciuta la "dipendenza da causa di servizio" delle lesioni in argomento e il Brigadiere, riconosciuto ai sensi della legge 13 agosto 1980 n. 466 “vittima del dovere”, è stato giudicato “non idoneo in modo assoluto al smi” e collocato in congedo assoluto per infermità a decorrere dal 26 agosto 1988

Il militare ha inoltre beneficiato di pensione privilegiata ed equo indennizzo.

4. Con ricorso notificato in data 5 dicembre 2011, ha quindi evocato in giudizio il Ministero della Difesa affinché questo T.A.R. - previo accertamento che le lesioni riportate “ sono causalmente riconducibili al conflitto a fuoco avvenuto a -OMISSIS-il 19.5.1986;
dato atto ed accertato che l'infortunio suddetto è avvenuto per causa di servizio
" - gli riconoscesse il ".. risarcimento di tutti i danni, nessuno escluso, che sono derivati dal predetto infortunio e, precipuamente, del danno biologico (nelle sue componenti di permanente, temporaneo assoluto e parziale, oltre che alla componente psichica), del danno morale e danno esistenziale come quantificati in narrativa ” per un importo complessivo stimato di € 709.495,20.

5. A fondamento della domanda risarcitoria, avanzata ai sensi dell’art. 2087 cod. civ., il ricorrente ha formulato due articolate deduzioni.

5.1 In primis , ha lamentato di non aver avuto a disposizione, in occasione dell’accaduto, un giubbotto antiproiettile che, se indossato, avrebbe verosimilmente limitato i danni da ferita d'arma da fuoco. Afferma, in particolare, che " all'epoca in cui si sono svolti i fatti oggetto di giudizio tali giubbotti - che hanno la funzione di proteggere il tronco del corpo da proiettili di arma da fuoco - non venivano dati in dotazione perché da una parte risultavano essere in numero limitatissimo (uno per ogni reparto), dall'altra perché quei pochi esistenti erano vetusti o inidonei, in quanto usurati o di misure inadatte e, dall'altra ancora, perché i superiori neppure si preoccupavano di curare che i propri sottoposti li indossassero durante le operazioni che lo richiedevano. Accadeva spesso, per esempio, che vi fossero contemporaneamente più posti di blocco o controlli di polizia donde la necessaria esigenza (inevasa) di avere più giubbotti antiproiettile a disposizione di tutti coloro che, esponendosi a pericolo imminente, ne avevano assoluta necessità ".

Con più specifico riguardo ai fatti oggetto di causa, il ricorrente deduce che la sera del 19 maggio 1986, mentre si accingeva ad effettuare il servizio di pattugliamento in -OMISSIS-, “ faceva ricerca del giubbotto antiproiettile per sé e per il proprio sottoposto prima di recarsi sulle strade per il comandato posto di blocco. Ma la ricerca fu vana perché non lo reperì e peraltro i suoi superiori non si adoperarono per fornirglielo. In particolare, il superiore gerarchico né si preoccupò di reperirlo, né impedì, in sua mancanza, che il ricorrente effettuasse il pattugliamento ”.

5.2 Con una seconda articolata deduzione il ricorrente lamenta di non avere ricevuto ascolto e adeguata assistenza da parte dei propri superiori, pur avendoli avvertiti dell'estrema pericolosità sociale di alcuni pregiudicati da lui sottoposti a controllo (tra i quali, appunto, il P), con riferimento ai quali egli “ aveva invocato non solo rinforzi per far fronte alla ramificazione delle attività criminali di codesti soggetti, ma anche specifici e puntuali provvedimenti che di fatto impedissero a costoro di circolare liberamente. E, specificamente, di circolare armati: . . . nessun provvedimento preventivo veniva adottato, né alcun ausilio era fornito dall'Arma, benché addirittura vi fossero richieste in tal senso ".

6. L’intimato Ministero della Difesa si è ritualmente costituito in giudizio, eccependo in via preliminare la prescrizione dell’azione di responsabilità contrattuale ex adverso svolta e, nel merito, contestando la fondatezza delle pretese risarcitorie.

7. Il ricorso è stato trattenuto in decisione all’esito dell’udienza pubblica di discussione del 2 aprile 2015.

DIRITTO

1. Preliminarmente va esaminata l’eccezione di prescrizione sollevata dalla difesa della parte resistente.

1.1 A fronte dell’invocata fattispecie di responsabilità contrattuale ex art. 2087 cod. civ., soggetta a prescrizione decennale, il Ministero della Difesa ha rilevato che il termine decennale - avente decorrenza dal 19 maggio 1986 - è stato efficacemente interrotto con le prime due richieste di risarcimento inoltrate al Ministero della Difesa il 6 maggio 1993 e il 19 maggio 1999. All'ultima lettera (del 19 maggio 1999), tuttavia, hanno fatto seguito nel 2009 (precisamente il 2 febbraio ed il 23 aprile) due generiche comunicazioni alle quali non potrebbe ascriversi analoga efficacia interruttiva, stante la generica formulazione ivi contenuta attraverso la quale il procuratore legale scrivente asserisce “ di avere ricevuto l’incarico di richiedere al Ministero della Difesa il risarcimento dei danni ”.

1.2 Detta locuzione difetterebbe dei caratteri propri della costituzione in mora e della diffida ad adempiere, non recando una chiara e ferma intimazione di pagamento, sicché non risulterebbe idonea ad integrare un efficace atto interruttivo della prescrizione nel previsto termine decennale.

1.3 L’eccezione in esame è valutabile alla luce dell’orientamento giurisprudenziale secondo il quale un atto, per avere efficacia interruttiva della prescrizione, deve contenere, oltre alla chiara indicazione del soggetto obbligato (elemento soggettivo), l'esplicitazione di una pretesa e l'intimazione o la richiesta scritta di adempimento, idonea a manifestare l'inequivocabile volontà del titolare del credito di far valere il proprio diritto, nei confronti del soggetto indicato, con l'effetto sostanziale di costituirlo in mora (elemento oggettivo). La giurisprudenza ha inoltre chiarito che quest'ultimo requisito non è soggetto a rigore di forme, all'infuori della scrittura, e, quindi, non richiede l'uso di formule solenni, né l'osservanza di particolari adempimenti, essendo sufficiente che il creditore manifesti chiaramente, con un qualsiasi scritto diretto al debitore e portato comunque a sua conoscenza, la volontà di ottenere dal medesimo il soddisfacimento del proprio diritto (Cass. civ., sez. III, 12 febbraio 2010, n. 3371;
Id., sez. I, 16 maggio 2014, n. 10789).

1.4 Alla luce delle richiamate precisazioni, la tesi della difesa erariale non pare condivisibile. In entrambe le lettere in questione (del 2 febbraio e 23 aprile 2009) è infatti chiaramente evincibile una manifestazione della volontà della parte creditrice di ottenere il soddisfacimento del proprio diritto risarcitorio: il legale scrivente dichiara infatti di avere “ ricevuto incarico .. di richiedere a codesto Ministero il risarcimento di tutti i danni, nessuno escluso, conseguenti al ferimento da arma da fuoco ”.

Oltre alla chiara indicazione del soggetto obbligato (elemento soggettivo), è chiaramente esplicitata la pretesa sostanziale di cui si fa richiesta di adempimento, il suo titolo giuridico (il ferimento da arma da fuoco) e la sua specifica portata oggettiva (il risarcimento di tutti i danni, nessuno escluso).

L’eccezione in esame non può quindi trovare accoglimento.

2. Analogo giudizio di infondatezza va espresso, nel merito, con riguardo alla domanda risarcitoria formulata dal ricorrente.

3. Con riguardo al primo profilo della causa petendi dedotta - riferito alla mancata dotazione di giubbotto antiproiettile che, se indossato, avrebbe verosimilmente limitato i danni da ferita d'arma da fuoco - la parte resistente ha innanzitutto dimostrato, attraverso documenti istituzionali la cui valenza probatoria non è stata in alcun modo confutata da controparte, che il NOR (Nucleo Operativo Radiomobile) di -OMISSIS-, nel periodo in cui si verificò lo scontro a fuoco, aveva in dotazione quattro giubbetti antiproiettile del tipo WR.20.CA, assegnati fin dal mese di settembre 1977 (doc. 17 e 18 fasc. resist.), le cui descrizione tecnica e modalità d'uso vengono meglio indicate nell'allegato stralcio della pubblicazione ordinaria edita nell'anno 1977 dal Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri (doc. 22 fasc. resist.), col titolo " Giubbetti antiproiettile in dotazione ai reparti dell'Arma dei Carabinieri ”.

3.1 Risulta dunque smentita l’allegazione di parte ricorrente secondo la quale nella Caserma ove il -OMISSIS- prestava servizio “ i giubbotti erano in numero limitatissimo (un paio per tutta la Caserma) ”.

3.2 La difesa erariale del Ministero della Difesa ha inoltre richiamato la dettagliata normativa regolamentare dell'Arma dei Carabinieri che già all'epoca imponeva l'uso dei giubbetti antiproiettile ai militari impegnati nei vari servizi di prevenzione (e dunque anche all'odierno ricorrente, che per di più era il capo equipaggio, dunque il soggetto più alto in grado tra il personale impiegato in servizio di autopattuglia), come risulta dalle circolari singolarmente richiamate a pag. 7 e 8 della memoria difensiva e allora in vigore.

3.3 Risulta dunque smentita l’ulteriore affermazione secondo cui sarebbe mancata, da parte dell’amministrazione e dei superiori gerarchici, un’adeguata attività di istruzione dei sottoposti circa la necessità e le modalità d’utilizzo dei dispositivi di protezione, essendo questi direttamente e singolarmente obbligati a farne uso - secondo specifici criteri - in virtù della richiamata normativa regolamentare.

3.4 Resta da vagliare l’ulteriore deduzione di parte ricorrente stando alla quale, la sera del 19 maggio 1986, il Brigadiere -OMISSIS-, nell’accingersi al servizio di pattugliamento, non riuscì a reperire il giubbotto antiproiettile per sé e per il proprio sottoposto.

3.5 Sul punto la parte resistente ha documentato che nella notte del 19 maggio 1986 nessun altro poteva avere in dotazione i giubbetti antiproiettile di cui trattasi, poiché in servizio vi era esclusivamente un'autopattuglia - quella dell'odierno ricorrente - con impiego di due militari. A riprova di ciò è stato depositata copia del memoriale di servizio del NOR della Compagnia Carabinieri di -OMISSIS-, relativo ai giorni 18 e 19 maggio, dal quale risulta che nella fascia oraria 0 - 6 non era attivo alcun altro servizio automontato (come puntualmente rilevato dalla difesa erariale, il turno del Brig. -OMISSIS- è annotato alla prima pagina del giorno 19, dalle ore 0 alle ore 6: la correzione di quest'ultima cifra con "01,20" sta ad indicare la cessazione del servizio in conseguenza del ricovero in ospedale a seguito di scontro a fuoco - doc. 23 fasc. resist.).

3.6 A fronte di tali circostanziate deduzioni, le argomentazioni di replica e le connesse istanze istruttorie avanzate da parte ricorrente appaiono oltremodo generiche e inconferenti, in quanto non chiariscono con quali modalità fu esperita la ricerca dei dispositivi, dove i militari erano soliti riporli e qual era la prassi dell’ufficio sull’uso e sulla conservazione di tale strumentazione.

3.7 Dette carenze si traducono in una prospettazione lacunosa del profilo di inadempimento posto a base della domanda: si tratta di carenza rilevante, in quanto, in tema di responsabilità del datore di lavoro per violazione delle disposizioni dell'art. 2087 cod. civ., la parte che subisce l'inadempimento, pur non dovendo dimostrare la colpa dell'altra parte (dato che ai sensi dell'art. 1218 cod. civ. è il debitore/datore di lavoro che deve provare l'impossibilità della prestazione ovvero che la non esatta esecuzione della stessa o comunque il pregiudizio che colpisce la controparte è derivato da causa a lui non imputabile) è comunque soggetta all'onere di allegare e dimostrare l'esistenza del fatto materiale e delle regole di condotta che assume essere state violate, siano queste clausole contrattuali che disciplinano il rapporto, o norme inderogabili di legge, o regole generali di correttezza e buona fede (Cass. civ., sez. lav., 07 novembre 2000, n. 14469). Dunque è onere del lavoratore allegare puntualmente i profili di inadeguatezza della condotta della controparte contrattuale e, quindi, i fatti materiali e giuridici invocati a "causa petendi" del risarcimento, non potendo, d’altra parte, la prova liberatoria posta a carico del datore di lavoro essere estesa ad ogni ipotetica misura di prevenzione, a pena di fare scadere una responsabilità per colpa in una surrettizia responsabilità oggettiva (Cass. civ., sez. Lav., 05 marzo 2002, n. 3162;
Id., 11 aprile 2013, n. 8855;
Id., 28 agosto 2013, n. 19826).

3.8 Nel caso di specie, come già evidenziato, è mancata una chiara e puntuale deduzione - anche in chiave istruttoria - dei profili di inadeguatezza della prestazione resa dal datore di lavoro, sotto il profilo specifico delle condizioni materiali che avrebbero concretamente impedito al ricorrente di fare uso dei dispositivi di sicurezza, pur essendo questi, in quel frangente, in numero congruo e non in uso ad altri militari.

3.9 Analoga genericità di prospettazione affligge l’ulteriore deduzione secondo cui i giubbetti antiproiettile sarebbero stati usurati, o comunque fuori taglia e inidonei all'uso. Il modello WR.20.CA allora in dotazione al Comando Carabinieri di -OMISSIS-- come meglio descritto nello stralcio di pubblicazione allegato sub doc. 22 fasc. resist. - deve la sua capacità protettiva non certo al tessuto esterno (astrattamente usurabile), bensì all'inserto interno costituito da piastre d'acciaio, che difficilmente possono dirsi usurabili per il fatto di essere state ripetutamente indossate. Si tratta, peraltro, di un modello "monotaglia" standard, dotato di cinghie e cinture regolabili, al fine di adattarlo alle diverse corporature.

Non si comprendono, pertanto, le ragioni – del tutto genericamente enunciate in ricorso – che avrebbero potuto rendere detti giubbotti inidonei all’uso specifico e al fine protettivo al quale erano destinati.

3.10 Per tutte le ragioni esposte e alle luce dei richiamati elementi istruttori, il primo profilo della causa petendi sottesa alla domanda risarcitoria e riferito alla mancata predisposizione di adeguate dotazioni di sicurezza a tutela del lavoratore, appare destituito di concreto fondamento.

4. Le considerazioni poc’anzi esposte sulla lacunosità e genericità del quadro deduttivo si applicano anche alle ulteriori allegazioni, poste a base della domanda risarcitoria, con le quali il ricorrente lamenta l’assenza di sostegno operativo e professionale da parte dei propri superiori, i quali - a suo dire - sarebbero rimasti inerti innanzi alle segnalazioni con le quali, da un lato, li si avvertiva dell'estrema pericolosità sociale di alcuni pregiudicati sottoposti a controllo (tra i quali, appunto, il P) e, dall’altro, venivano invocati rinforzi e puntuali provvedimenti preventivi che di fatto ne limitassero le attività criminali e le possibilità di libera circolazione.

4.1 La valutazione di genericità si giustifica in considerazione del fatto che la parte ricorrente non precisa in cosa concretamente sarebbero consistite le obiettive mancanze addebitate all'Amministrazione di appartenenza. Né specifica contenuti e contesto delle segnalazioni e delle richieste rimaste disattese, così come non spiega quali misure idonee avrebbero potuto essere adottate e quali presupposti specifici le avrebbero giustificate, né illustra il nesso logico e causale sussistente tra tali mancanze e la specifica aggressione subita da parte del P (causa diretta delle lesioni riportate).

4.2 Risulta dunque vago ed evanescente il quadro degli elementi fattuali posti a fondamento dei dedotti inadempimenti.

Ne consegue la non accoglibilità della domanda risarcitoria, anche se riguardata sotto il profilo della lamentata condizione di abbandono nella quale il militare sarebbe stato posto dall’amministrazione di appartenenza.

5. In conclusione, per tutti i motivi esposti il ricorso deve essere integralmente respinto.

6. La natura dei fatti oggetto di causa giustifica la compensazione delle spese di lite.

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