TAR Catania, sez. III, sentenza 2020-01-14, n. 202000077

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catania, sez. III, sentenza 2020-01-14, n. 202000077
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catania
Numero : 202000077
Data del deposito : 14 gennaio 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 14/01/2020

N. 00077/2020 REG.PROV.COLL.

N. 04077/2000 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4077 del 2000, proposto da Z S, rappresentato e difeso dall'avvocato A T, con domicilio presso la Segreteria di questo Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, Sezione staccata di Catania, in Catania;

contro

il Ministero dell'interno, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Catania, presso la quale ope legis domicilia in Catania, via Vecchia Ognina, 149;

per l'annullamento

del provvedimento prot. n. 333-C/3339 del 29 agosto 2000 con cui il Ministero dell'interno ha rigettato l'istanza del ricorrente volta ad ottenere il collocamento in ausiliaria.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 dicembre 2019 il dott. Diego Spampinato e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Con ricorso notificato il 14 settembre 2000 e depositato il 22 settembre 2000, il ricorrente, già Ispettore della Polizia di Stato, impugna il diniego della istanza di collocamento in ausiliaria effettuata al momento del collocamento in quiescenza.

Affida il ricorso ai seguenti motivi.



1. Violazione o falsa applicazione degli artt. 1 e 3 del D. lgs. 30 aprile 1997, n. 165, e dell’art. 7 della legge 241/90. Asserisce il ricorrente che l’art. 1 del decreto legislativo in epigrafe indicato è volto a regolare anche i rapporti afferenti il personale della Polizia di Stato per cui deriverebbe l’illegittimità del diniego impugnato e, quindi, della motivazione posta a fondamento dell’esclusione dal beneficio richiesto. L’Amministrazione intimata, inoltre, avrebbe omesso di notificare l’avvio del procedimento conclusosi con l’atto impugnato.



2. Questione di costituzionalità dell’art. 3 del D. Lgs. 165/1997, nonché dell’art. 1, comma 97, lett. G), e 99, della Legge n. 662 del 23.12.1996. L’eventuale esclusione del personale civile dall’applicazione dell’istituto dell’ausiliaria, riservato solo al personale militare, determinerebbe una palese violazione del principio di parità di trattamento tra le due categorie inquadrate, allo stesso modo, nelle Forze Armate. La norma, inoltre, contrasterebbe con l’art. 97 Cost., posto che le mansioni per i dipendenti collocati “in ausiliaria” sono quelle tipiche “d’ufficio” e, cioè, quelle già in precedenza ricoperte proprio dal personale civile che verrebbe irrazionalmente escluso dall’applicazione del beneficio.

L’Amministrazione si è costituita in data 9 ottobre 2000.

Con ordinanza 18 settembre 2001, n. 392, questo TAR Sicilia – Catania ha sollevato questione di legittimità costituzionale sul presupposto che «…il Collegio ravvisa la rilevanza e la non manifesta infondatezza, per violazione degli artt. 3 e 97 Cost., della questione di legittimità costituzionale dell'art. 3 del D. Lgs.vo 165/1997, nella parte in cui, ai commi 1 e 2, non viene prevista la possibilità di collocamento in ausiliaria di tutto il personale di cui all'art. 1 della medesima fonte normativa…» , in sintesi ravvisando, per quanto di interesse ai fini del presente giudizio, disparità di trattamento fra il personale militare ed il personale delle Forze di polizia ad ordinamento civile.

La questione è stata decisa con ordinanza 23 luglio 2002, n. 387, con cui la Corte costituzionale ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale, affermando non sussistere la sollevata disparità di trattamento perché «…il comma 7 del denunciato art. 3 del d. lgs. n. 165 del 1997 prevede per il personale “di cui all'art. 1 escluso dall'applicazione dell'istituto dell'ausiliaria che cessa dal servizio per raggiungimento dei limiti di età” un incremento del montante individuale dei contributi pari a cinque volte la base imponibile dell'ultimo anno di servizio moltiplicata per l'aliquota di computo della pensione […] l'incremento del montante contributivo individuale, traducendosi in un aumento del trattamento pensionistico effettivamente erogato, assume carattere compensativo, per il personale che ne fruisce, della mancata applicazione dell'istituto dell'ausiliaria…» .

Con ordinanza 25 gennaio 2005, n. 43, questo TAR Sicilia – Catania ha sollevato ulteriore questione di legittimità costituzionale sul presupposto che «…il Collegio ravvisa la rilevanza e la non manifesta infondatezza, per violazione degli artt. 3 e 97 Cost., della questione di legittimità costituzionale dell'art. 3 del D. Lgs.vo 165/1997: a) nella parte in cui, ai commi 1 e 2, non viene prevista la possibilità di collocamento in ausiliaria di tutto il personale appartenente alle forze di polizia ad ordinamento civile non soggetto al regime pensionistico contributivo di cui alla L. 8 Agosto 1995 n. 335;
ovvero, b) nella parte in cui, comma 7, non estende il beneficio dell’incremento del montante contributivo agli appartenenti alle forze di polizia che – per ragioni di anzianità di servizio – sono assoggettati al regime pensionistico interamente retributivo, e non a quello contributivo di cui alla L. 8 Agosto 1995 n. 335…»
, in sintesi ravvisando, per quanto di interesse ai fini del presente giudizio, disparità di trattamento fra il personale delle Forze di polizia ad ordinamento civile a seconda del regime pensionistico ad esso applicabile.

La questione è stata decisa con ordinanza 5 aprile 2007, n. 122, con cui la Corte costituzionale ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale sollevate, affermando che: «…la proposizione di questioni di legittimità costituzionale formulate in via alternativa le rende entrambe manifestamente inammissibili […] inoltre, la motivazione sulla non manifesta infondatezza delle questioni è carente, perché, da un lato, non tiene alcun conto delle sostanziali differenze esistenti tra il regime pensionistico contributivo e quello retributivo, dall'altro, mentre afferma che per il ricorrente nel giudizio di merito vale il regime retributivo, non specifica se il globale trattamento di fine rapporto stabilito per coloro cui esso si applica non presenti vantaggi tali da compensare l'esclusione dall'applicazione delle norme relative al collocamento in ausiliaria;
che non è, pertanto, univoco il riferimento all'asserita parificazione dei sistemi pensionistici dei militari a quello dei non militari, in quanto il remittente non precisa se ha riguardo al sistema contributivo o a quello retributivo…»
.

Con decreto 17 agosto 2017, n. 6188, il ricorso è stato dichiarato perento;
quindi, su dichiarazione di perdurante interesse alla decisione depositata il 14 febbraio 2018, con decreto 10 maggio 2018, n. 2533, è stato revocato il citato decreto 6188/2017 ed è stata disposta la reiscrizione del ricorso nel ruolo ordinario.

Con memoria depositata il 5 aprile 2019, il ricorrente ha affermato che, a seguito della citata ordinanza 122/2007, questo TAR potrebbe:

a) disporre una richiesta di chiarimenti ad un ufficio specializzato dell’Amministrazione (o una consulenza contabile), e, a seconda del responso, decidere: o nel senso che nel caso specifico il problema non si pone e quindi la questione non è rilevante;
oppure, constatata la differenza di trattamento, emettere sentenza di condanna al pagamento di tale differenza, oltre rivalutazione ed interessi, dal momento che la Corte avrebbe «…fatto fin qui intendere che il risultato teoricamente raggiungibile mediante una pronuncia di incostituzionalità può essere egualmente raggiunto mediante la cd. interpretazione costituzionalmente orientata…» (pag. 4).

b) in via subordinata rispetto alla prima ipotesi, sollevare nuovamente questione di legittimità costituzionale.

All’udienza pubblica del giorno 8 maggio 2019 è stato dato avviso, ai sensi dell’art. 73 cpa, circa la sussistenza di profili di improcedibilità del giudizio;
quindi, su istanza di parte, è stato concesso rinvio per memoria all’udienza pubblica del 18 dicembre 2019.

Il 13 novembre 2019 parte ricorrente ha depositato memoria, con cui, muovendo dal passo della citata ordinanza 122/2007 secondo cui «…la motivazione sulla non manifesta infondatezza delle questioni è carente, perché, da un lato, non tiene alcun conto delle sostanziali differenze esistenti tra il regime pensionistico contributivo e quello retributivo, dall'altro, mentre afferma che per il ricorrente nel giudizio di merito vale il regime retributivo, non specifica se il globale trattamento di fine rapporto stabilito per coloro cui esso si applica non presenti vantaggi tali da compensare l'esclusione dall'applicazione delle norme relative al collocamento in ausiliaria, così non essendo univoco il riferimento all'asserita parificazione dei sistemi pensionistici dei militari a quello dei non militari, in quanto il remittente non precisa se ha riguardo al sistema contributivo o a quello retributivo…» , ha chiesto istruttoria su tale questione, da effettuare mediante richiesta di chiarimenti ad un ufficio specializzato dell’Amministrazione (o una consulenza contabile).

Il ricorso è improcedibile.

Giova precisare in punto di fatto che parte ricorrente impugna il provvedimento di diniego di collocamento in ausiliaria, e non è stata formulata, nel corso del giudizio, domanda risarcitoria.

L’istituto dell’ausiliaria, previsto per il personale militare ai sensi dell’art. 3 del D. lgs. 165/1997, prevede la permanenza in tale stato di servizio, al massimo fino all’età di 67 anni.

Il ricorrente non ha quindi più interesse alla decisione del ricorso, atteso che non potrebbe ormai comunque essere collocato in ausiliaria.

Il profilo dell’interesse a tale riguardo era stato già affrontato nel corpo di entrambe le ordinanze di promovimento, in cui si legge:

a) nella citata ordinanza 392/2001 «… In punto di fatto è da rilevare, intanto, come residui l'interesse del ricorrente a vedersi applicato il chiesto beneficio dell'ausiliaria previsto dall'art. 3 della L. 165/1977, posto che lo stesso, essendo nato il 2.8.1940, potrebbe fruire della permanenza in servizio sino al 2005…» ;

b) nella citata ordinanza 43/2005 «…Preliminarmente, è da rilevare come residui l’interesse del ricorrente a vedersi applicato il beneficio dell’ausiliaria previsto dall’art. 3 della L. 165/1977, posto che il richiedente, nato il 2.8.1940, potrebbe fruire della permanenza in servizio sino al mese di Agosto 2005…» .

Né al riguardo può ritenersi sussistere interesse alla decisione ai sensi dell’art. 34, comma 3, cpa secondo cui «…Quando, nel corso del giudizio, l’annullamento del provvedimento impugnato non risulta più utile per il ricorrente, il giudice accerta l’illegittimità dell’atto se sussiste l’interesse ai fini risarcitori…» , atteso che nessuna domanda risarcitoria è stata presentata.

Né i profili economici sollevati nel corpo delle citate ordinanze di promovimento, o di quelle con cui la Corte costituzionale le ha decise, appaiono sufficienti ad integrare la sussistenza di interesse a fini risarcitori, perché (in disparte sia la mancanza di una domanda risarcitoria, ciò che, in un processo di parte qual’è il giudizio amministrativo – sul punto, Cons. Stato, Sez. IV, 7 maggio 2007, n. 1966 – sarebbe comunque profilo ostativo alla decisione, sia il condivisibile orientamento circa l’interesse alla decisione, espresso nel corpo delle citate ordinanze 392/2001 e 43/2005 con i passi sopra riportati) tesi a motivare circa l’ammissibilità della questione di legittimità costituzionale.

Sotto altro profilo, infine, ritenere sussistente un interesse a fini risarcitori in assenza di un’apposita domanda risarcitoria eluderebbe l’onere della prova incombente su parte ricorrente, che deve anzitutto dimostrare l’esistenza di un danno, prima ancora che quantificarlo;
danno che, nel caso di specie, prima ancora che non quantificato, non è provato nella sua esistenza, come evidenziato dalla stessa parte ricorrente, che chiede verificazione o CTU al fine di accertare se l’applicazione della normativa sospettata di illegittimità costituzionale abbia avuto l’effetto di produrre differenze in ordine al trattamento economico delle diverse categorie di soggetti interessati.

Il Collegio è dell’avviso che, in ragione dell’andamento della presente controversia, caratterizzato dal promovimento per due volte di questioni di legittimità costituzionale, sussistano eccezionali ragioni, ai sensi degli artt. 26, comma 1, cpa e 92 cpc, per disporre l’integrale compensazione delle spese del presente giudizio tra tutte le parti in causa.

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