TAR Roma, sez. I, sentenza 2022-10-05, n. 202212608

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. I, sentenza 2022-10-05, n. 202212608
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202212608
Data del deposito : 5 ottobre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

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Pubblicato il 05/10/2022

N. 12608/2022 REG.PROV.COLL.

N. 03827/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3827 del 2019, proposto dal Comune di Ferrazzano in persona Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato S D P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio materiale in Roma, piazza del Popolo 18;

contro

Ministero dell'Interno, Ministero dell'Economia e delle Finanze, Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona dei rispettivi rappresentanti legali pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

Comune di Vasto Girardi e Comune di Torino, non costituiti in giudizio;

per l'annullamento

- del Comunicato del Ministero dell'Interno del 17 gennaio 2019 avente ad oggetto la pubblicazione degli importi del Fondo di Solidarietà Comunale 2019, ai sensi dell'art. 1, comma 921, della L. 145/2018 e dei relativi allegati;- di ogni ulteriore atto preordinato, consequenziale e/o comunque connesso, ivi compreso: l'Accordo Stato Città e autonomie locali del 29 novembre 2018;
i provvedimenti di approvazione dei fabbisogni standard 2018, del 13 settembre 2017, e 2019, del 12 settembre 2018;
il decreto del MEF del 30 ottobre 2018 di definizione delle capacità fiscali 2019 dei comuni delle regioni a statuto ordinario;
il D.P.C.M. 7 marzo 2018 e tutti i relativi allegati e tabelle, tutti nella parte in cui confermano, per il comune ricorrente, la ripartizione del Fondo di Solidarietà Comunale di cui all'articolo 1, comma 380, lettera b), della legge 24 dicembre 2012, n. 228, in deroga all'articolo 1, comma 449, lettere da a) a d), della legge 11 dicembre 2016, n. 232, sulla base degli importi indicati per ciascun ente negli allegati al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 7 marzo 2018, pubblicato nel supplemento ordinario n. 17 alla Gazzetta Ufficiale n. 83 del 10 aprile 2018, recante Fondo di solidarietà comunale. Definizione e ripartizione delle risorse spettanti per l'anno 2018 e mantenendo la medesima percentuale del 45 applicata l'anno precedente, in ordine ai criteri dei fabbisogni standard e delle capacità fiscali e senza considerare, nella ripartizioni, le risorse derivanti dalla cessazione delle misure di contributo alla finanza di cui al D.L. 66/2014;
nonchè per l'accertamento e la declaratoria del diritto del Comune ricorrente all'attribuzione del giusto importo del Fondo di Solidarietà Comunale così come ricostituito a seguito della cessazione del contributo dei comuni alla finanza pubblica di cui al comma 8, art. 47 D.L. 66/2014 e rideterminato in ragione dei reali e corretti fabbisogni standard 2019 e capacità fiscali 2019 e della quota percentuale delle risorse del FSC da distribuire secondo i criteri di riparto perequativi del 60 anzichè del 45, nonchè per la condanna delle Amministrazioni resistenti, ciascuna per quanto di sua competenza, alla rideterminazione della quota di FSC 2019 effettivamente dovuta al Comune ricorrente secondo la corretta applicazione dei principi costituzionali e delle normativa vigente e all'erogazione delle predette somme.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno, del Ministero dell'Economia e delle Finanze e della Presidenza del Consiglio dei Ministri;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 luglio 2022 il dott. F M T e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Il comune ricorrente ha impugnato il comunicato del Ministero dell’Interno del 17 gennaio 2019 avente ad oggetto la pubblicazione degli importi del Fondo di Solidarietà Comunale per l’anno 2019, ai sensi dell’art. 1, comma 921 della L. 145/2018, nonché i relativi allegati ed ogni ulteriore atto preordinato, consequenziale e connesso innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, chiedendone l’annullamento, con conseguente accertamento del diritto e rispettiva condanna dell’Amministrazione convenuta all’attribuzione del giusto importo, per l’anno 2019, del Fondo di Solidarietà Comunale, rideterminato in base ai parametri relativi all’anno 2019, anziché 2018.

In sostanza, il presente procedimento ha tratto la sua origine dalla conferma ad opera dell’art. 1, comma 921, L. n. 145/2018 (legge di bilancio per il 2019) e del successivo comunicato del Ministero dell’Interno, anche per l’anno 2019, degli stessi parametri ed importi utilizzati per il 2018 relativi al Fondo di Solidarietà Comunale.

In particolare, il comune ricorrente ha riferito che dai provvedimenti impugnati sarebbe derivato un danno nei propri confronti consistente nel conseguimento di fondi inferiori rispetto a quelli effettivamente spettanti qualora fossero stati utilizzati i parametri e gli importi previsti dalla legge ed adattati all’anno 2019. Tali importi ricevuti per l’anno 2019 dal Fondo di Solidarietà Comunali non sarebbero sufficienti, infatti, a finanziare i servizi essenziali e le funzioni fondamentali di cui agli art. 117 e 119 della Costituzione.

In ordine al danno lamentato, il ricorrente ha riferito che questo sarebbe derivato dalla circostanza che le Amministrazioni non avrebbero tenuto in considerazione che, dall’anno 2014 all’anno 2018, la dotazione del Fondo di Solidarietà Comunale era stata ridotta ad opera dell’art. 47, comma 8 del D.L. 66/2014, al fine di realizzare il concorso degli Enti locali alle esigenze di finanza pubblica e che, pertanto, a partire dall’anno 2019, la dotazione del Fondo doveva considerarsi nel suo intero ammontare senza alcuna decurtazione.

Parte ricorrente ha sostenuto, inoltre, che gli importi previsti ed assegnati non sono stati commisurati in base ai fabbisogni standard calcolati per l’anno 2019 e alle relative capacità fiscali, ma, al contrario, sono stati commisurati in base ai fabbisogni standard e alle capacità fiscali dell’anno 2018, non effettivamente corrispondenti alle reali ed attuali esigenze del comune.

Il ricorrente ha censurato anche le modalità di distribuzione degli importi di cui al Fondo di Solidarietà Comunale. In particolare, va premesso che accanto alla quota del Fondo di Solidarietà Comunale ripartita tra i comuni sulla base del gettito IMU e TASI, è presente una componente distribuita tra i comuni in parte con criteri di tipo compensativo legati alla “spesa storica” e in parte secondo criteri di tipo perequativo, basati sulla differenza tra i fabbisogni standard e le capacità fiscali. Sul punto, il legislatore ha previsto un graduale passaggio dal criterio della “spesa storica” a quello perequativo che avrebbe dovuto completarsi nell’anno 2021. Nello specifico, l’art. 1, comma 884, della legge n. 205/2017 (legge di bilancio per il 2018) ha disposto che la percentuale di risorse da distribuire sulla base dei criteri perequativi - applicata nella misura del 20% nel 2015, 30% nel 2016, 40% nel 2017 e del 45% per l'anno 2018 – doveva crescere al 60% per l'anno 2019, all'85% per l'anno 2020, fino al raggiungimento del 100% a decorrere dall'anno 2021.

In tale contesto, il ricorrente ha dedotto che con la conferma degli importi del 2018 anche per l’anno 2019, l’Amministrazione ha anche “congelato” la percentuale di risorse da distribuire con criteri perequativi al 45%, anziché alzarla al 60%.

Infine, il ricorrente ha riferito che il fabbisogno standard non è stato calcolato in maniera corretta e realistica in quanto alcuni dei servizi essenziali che hanno concorso a determinare la stima del fabbisogno standard (es. asili nido;
istruzione;
trasporti) sono stati calcolati in base alla “spesa storica”, anziché in base al numero degli abitanti e alle reali esigenze di offerta di dette prestazioni.

In sintesi, in virtù degli atti impugnati, il comune avrebbe ricevuto meno di quanto gli sarebbe dovuto spettare, ed in ogni caso in una misura inferiore e non sufficiente a finanziare i servizi essenziali e le funzioni fondamentali di cui agli art. 117 e 119 della Costituzione.

Oltre a ciò, il ricorrente ha sottolineato che, a causa dei tagli alle risorse dovuti ad esigenze di finanza pubblica, è stata erosa la componente “verticale” della dotazione del fondo, residuando esclusivamente la componente “orizzontale”.

Il ricorrente ha articolato il proprio ricorso in una serie di motivi, con i quali ha dedotto la “Violazione e falsa applicazione artt. 3, 5, 97 117 e 119 della Costituzione. Violazione e falsa applicazione l. 42/2009. Violazione e falsa applicazione art.1, c. 921 l. 145/2018. Violazione e falsa applicazione l. 232/2016 art. 1, c. 444-451. Violazione e falsa applicazione principi di imparzialità, ragionevolezza. Violazione e falsa applicazione principi di autonomia finanziaria degli enti locali. Incompetenza. Eccesso di potere sotto diversi profili. Erroneità dei presupposti. Difetto di istruttoria. Illogicità. Irragionevolezza. Sviamento di potere. Contraddittorietà. Ingiustizia manifesta.”

Con il primo motivo di ricorso, il ricorrente ha censurato in primis un vizio di incompetenza ed un difetto di motivazione del provvedimento impugnato. Secondo il ricorrente, infatti, da un lato la competenza ad adottare il provvedimento assegnante le risorse di cui al Fondo di Solidarietà Comunale spettava non al Ministero dell’Interno ma, diversamente, al Presidente del Consiglio dei Ministri tramite apposito D.P.C.M., mentre, dall’altro lato, il Ministero aveva l’obbligo di motivare il provvedimento, specie se il relativo contenuto poteva risultare inaspettato per i Comuni. Secondo il ricorrente, infatti, non sarebbe evincibile il motivo per il quale il Ministero ha applicato la decurtazione prevista per il 2018 anche per l’anno 2019, quando tale decurtazione avrebbe dovuto trovare applicazione per l’ultima volta nel 2018. Ha aggiunto il ricorrente, inoltre, che gli importi pubblicati non sono stati concordati neanche in sede di Conferenza Stato – città e autonomie locali e che sono risultati in contraddizione con i Fabbisogni Standard 2019, approvati dalla CTFS nella seduta del 12 settembre 2018, e con le capacità fiscali 2019, approvati con decreto del MEF del 30.10.2018.

Da tali vizi, secondo il ricorrente, è conseguita anche una compressione dell’autonomia finanziaria dei comuni, i quali non sono stati posti in condizione di poter redigere neanche i bilanci di previsione in quanto non hanno avuto conoscenza di dati ritenuti essenziali.

È stata contestata, quindi, la violazione dell’art. 1, comma 921 della L. 145/2018.

Infine, nell’ipotesi in cui dovesse essere ritenuta corretta l’interpretazione del Ministero dell’art. 1, comma 921 della L. 145/2018, il ricorrente ha sollevato questione di legittimità costituzionale del predetto articolo poiché contrario ai principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, di leale collaborazione e di certezza delle risorse disponibili (artt. 3, 5, 97, 117 e 119 della Costituzione).

Con il secondo motivo di ricorso, il ricorrente ha osservato che il Ministero ha confermato per il 2019 i medesimi criteri del 2018 e, in particolare, la medesima percentuale del 45% del fondo, da ripartire secondo i parametri perequativi del fabbisogno standard e delle capacità fiscali, ed i medesimi importi commisurati e distribuiti l’anno precedente.

Al riguardo, ha sostenuto che la ripartizione della quota perequativa del Fondo sarebbe stata illegittimamente “congelata” per l’anno 2019 e che le modalità di distribuzione del Fondo sarebbero fondate su criteri illegittimi ed errati in quanto riferiti a dati, quali il fabbisogno standard e la capacità fiscale, non coincidenti con quelli reali ed attuali in quanto riferiti all’anno precedente.

La conferma di detti importi, secondo il ricorrente, ha violato anche i principi sanciti dagli art. 117 e 119 Cost., in quanto non è stato consentito il perseguimento degli obiettivi perequativi e di garanzia dei livelli essenziali dei servizi e delle funzioni fondamentali da parte dei comuni.

All’uopo, il ricorrente ha sollevato anche la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, c. 921 L. 145/2018 per violazione di citati art. 3, 5, 97, 117 e 119 della Costituzione e dei principi sanciti dalla L.42/2009 in attuazione della riforma del Titolo V della Costituzione.

Infine, con il terzo motivo di ricorso, il ricorrente ha osservato che la ripartizione delle risorse tra i Comuni è avvenuta sulla base di una quota “ristorativa”, la cui ripartizione è stata effettuata sulla base del vecchio criterio della “spesa storica”, ed una quota “compensativa”, la cui ripartizione è stata effettuata, invece, sulla base dei criteri perequativi del fabbisogno standard e delle capacità fiscali.

Tuttavia, il ricorrente ha riferito che i parametri su cui è stato stimato il fabbisogno standard non erano realistici e corretti.

Per alcuni dei servizi e delle funzioni riportati (ad es. il servizio asili nido), infatti, la Commissione Tecnica per i Fabbisogni Standard ha stimato il fabbisogno in base al criterio della “spesa storica”, e cioè in base alla spesa impegnata negli anni precedenti dal Comune per l’erogazione di quel servizio. Secondo il ricorrente, tale criterio creerebbe effetti distorsivi poiché non terrebbe in considerazione le reali esigenze del Comune e assegnerebbe più risorse ai Comuni che l’anno precedente avevano speso di più. In tal modo si realizzerebbe un circolo vizioso in quanto i Comuni che l’anno precedente non sono riusciti ad attivare servizi a causa di carenza di risorse non avrebbero potuto attivarli neanche l’anno successivo in quanto non si sarebbero ottenuti i relativi fondi, parametrati, per l’appunto, sulla spesa dell’anno precedente.

Sul punto, il ricorrente ha dedotto la violazione degli artt. 3, 5 e 97 della Costituzione.

Si sono costituite in giudizio le Amministrazioni convenute contestando quanto dedotto dal Comune ricorrente ed insistendo per il rigetto del ricorso.

Preliminarmente, le Amministrazioni convenute hanno esposto che l’intera vicenda era il risultato di una serie di scelte “tecnico-politiche” del legislatore a carattere marcatamente discrezionale, in quanto funzionali al contemperamento di contrapposti interessi in sede di programmazione economico-finanziaria.

In tale ottica, è stato sostenuto che l’impugnato comunicato del Ministero dell’Interno del 17 gennaio 2019 doveva essere considerato alla stregua di un atto meramente riproduttivo della volontà legislativa.

Da ciò deriverebbe l’infondatezza delle censure riguardanti l’incompetenza e la compressione dell’autonomia finanziaria del Comune. È stato sostenuto, inoltre, che la natura normativa degli atti impugnati esenterebbe l’Amministrazione dall’obbligo motivazionale.

In ordine al merito delle scelte legislative, le Amministrazioni convenute hanno sottolineato come esigenze di separazione tra potere legislativo e giurisdizionale impongano uno scrutinio ristretto di ragionevolezza della legge di bilancio. Tale sindacato si tradurrebbe in una mera verifica di non manifesta arbitrarietà o irrazionalità del bilanciamento degli interessi in gioco, funzionale peraltro al solo accertamento dell’effettiva sussistenza di patenti incoerenze e illogicità.

Secondo l’Amministrazione, pertanto, non è ravvisabile alcuna palese irrazionalità o abnormità della normativa censurata.

In ordine al danno lamentato, la difesa delle Amministrazioni convenute ha sottolineato come non sia stato prodotto alcun elemento probatorio idoneo a dimostrare l’effettiva incidenza dell’ottenimento di risorse inferiori a quelle auspicate sulla propria incapacità di garantire l’esercizio dei servizi essenziali di cui all’art. 117 e 119 Cost.

Infine, è stato evidenziato che l’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani (ANCI) ha sempre partecipato ai lavori della Conferenza Stato-Città ed Autonomie Locali e, inoltre, ha espresso parere a favorevole alla proposta di estendere anche al Fondo di Solidarietà Comunale 2019 i criteri di alimentazione e riparto delle quote fissate per il 2018, nell’Accordo sui criteri di riparto del Fondo di Solidarietà Comunale 2019 del 28.09.2018. Da ciò, le Amministrazioni convenute hanno fatto discendere l’infondatezza delle censure riguardanti la violazione del principio di leale collaborazione e la compromissione dell’autonomia finanziaria, la quale ultima deriverebbe, al contrario, da una negligente inscienza del Comune ricorrente.

Con memoria del 1.06.2022, la difesa delle Amministrazioni convenute ha richiamato la sentenza n. 5444/2020 di Codesto Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio e la sentenza n. 220/2021 della Corte Costituzionale emesse in tema di definizione e ripartizione del Fondo di Solidarietà Comunale.

Ha concluso, quindi, per il rigetto del ricorso introduttivo.

All’esito della camera di consiglio fissata per la trattazione della domanda cautelare, è stata disposta istruttoria al fine di acquisire dalle amministrazioni intimate, per quanto di rispettiva competenza, una relazione sui fatti di causa. Ottenuta la documentazione richiesta, l’esigenza cautelare prospettata dalla parte ricorrente è stata tutelata attraverso la fissazione della data di trattazione del merito della controversia.

All’udienza pubblica del 6 luglio 2022 la causa è stata trattenuta in decisione.

Prima di accedere al merito della questione, appare opportuna una breve disamina delle principali fonti normative di riferimento.

In attuazione della legge-delega n. 42/2009 in materia di “federalismo fiscale” è stato emanato il D. Lgs. n. 23/2011, recante “Disposizioni in materia di federalismo Fiscale Municipale” il quale, all’art. 13, prevedeva l’istituzione di un fondo perequativo a favore dei comuni che, “salvaguardando la neutralità finanziaria per il bilancio dello Stato e in conformità con l'articolo 13 della legge 5 maggio 2009, n. 42…è alimentato da quote del gettito dei tributi di cui all'articolo 2, commi 1 e 2, e dalla compartecipazione prevista dall'articolo 7, comma 2. Tale fondo è articolato in due componenti, la prima delle quali riguarda le funzioni fondamentali dei comuni, la seconda le funzioni non fondamentali. Le predette quote sono divise in corrispondenza della determinazione dei fabbisogni standard relativi alle funzioni fondamentali e riviste in funzione della loro dinamica”.

Il D.Lgs. n. 23/2011 prevedeva anche, all’art. 2, comma 3, l’istituzione del Fondo Sperimentale di Riequilibrio, stabilendo la durata di detto fondo “in tre anni e, comunque, fino alla data di attivazione del fondo perequativo previsto dall'articolo 13 della citata legge n. 42 del 2009”. La norma si limitava a stabilire che detto fondo era alimentato dal gettito derivante da entrate proprie dei comuni e dalla compartecipazione ad essi riconosciuta alla fiscalità immobiliare statale;
secondo quanto previsto dal comma 7 della norma, inoltre, le “modalità di alimentazione” del fondo sarebbero state definite in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali.

Con l’art. 1, comma 380, lett. b) L. 228/2012 (legge di stabilità per il 2013), il legislatore sopprimeva il Fondo Sperimentale di equilibrio e, contestualmente, istituiva il Fondo di Solidarietà Comunale, “alimentato con una quota dell'imposta municipale propria, di spettanza dei comuni, di cui al citato articolo 13 del decreto-legge n. 201 del 2011, definita con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'interno, previo accordo da sancire presso la Conferenza Stato-Città ed autonomie locali, da emanare entro il 30 aprile 2013 per l'anno 2013. In caso di mancato accordo, il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri è comunque emanato entro i 15 giorni successivi…”.

Rispetto all’assetto del Fondo Sperimentale di Riequilibrio, quello di Solidarietà Comunale presentava una natura mista orizzontale e verticale, in quanto veniva alimentato prevalentemente dai Comuni mediante la trattenuta di una parte del gettito IMU e da una quota minoritaria di risorse trasferite dallo Stato.

A partire dal 2010, sul Fondo di Solidarietà Comunale si sono riversati dei tagli determinati dalle misure di finanza pubblica a carico dei Comuni che hanno inciso sulle risorse effettivamente disponibili, erodendo così la componente verticale di alimentazione del Fondo. Inoltre, l’abolizione dell’IMU e della TASI sull’abitazione principale riducevano il gettito dei tributi locali.

La dotazione del Fondo di Solidarietà Comunale veniva tuttavia corrispondentemente incrementata dallo Stato al fine di garantire le risorse necessarie a compensare i Comuni delle minori entrate.

Con la legge n. 208/2015, veniva così prevista nell’ambito del Fondo una quota c.d. “ristorativa” (pari a circa 3,8 miliardi di euro) al fine di compensare i comuni delle perdite di gettito derivanti dall’introduzione del sistema di esenzione IMU e TASI.

In seguito, la disciplina del Fondo di Solidarietà Comunale veniva delineata dai commi 448 e seguenti dell’art. 1 della legge n. 232 del 2016 (legge di bilancio per il 2017).

In particolare, a decorrere dall’anno 2018, la dotazione del Fondo veniva stabilita dal comma 448 dell’art. 1 della l. 232/2016 in “euro 6.208.184.364,87…, di cui 2.768.800.000 assicurata attraverso una quota dell'IMU, di spettanza dei comuni”.

I commi successivi (commi 449-452) fissano i criteri di ripartizione del Fondo di Solidarietà Comunale.

Il sistema così delineato distingueva tra la componente ristorativa, che veniva ripartita tra i comuni in misura puntuale (sulla base del gettito effettivo IMU e TASI) e la componente tradizionale del Fondo che, invece, veniva distribuita tra i comuni sulla base di criteri di tipo compensativo rispetto all'allocazione storica delle risorse, ovvero, dal 2015 sulla base di criteri di tipo perequativo, ossia sulla base della differenza tra le capacità fiscali e i fabbisogni standard (comma 449).

Era previsto anche un graduale passaggio dal criterio della spesa storica a quello perequativo e le relative percentuali di adeguamento sono state oggetto di modifiche da parte del legislatore.

Nello specifico, l'art. 1, comma 884, della legge n. 205/2017 (legge di bilancio per il 2018) aveva previsto che la percentuale di risorse da distribuire sulla base dei criteri perequativi sarebbe dovuta arrivare al 100% a decorrere dall’anno 2021 e, per quel che interessa ai fini del presente giudizio, sarebbe dovuta arrivare al 60% per l’anno 2019.

Infine, la L. n. 145/2018 (legge di bilancio per il 2019) al comma 921 dell’art. 1 disponeva che “Il Fondo di solidarietà comunale di cui all'articolo 1, comma 380, lettera b), della legge 24 dicembre 2012, n. 228, in deroga all'articolo 1, comma 449, lettere da a) a d), della legge 11 dicembre 2016, n. 232, è confermato per l'anno 2019 sulla base degli importi indicati per ciascun ente negli allegati al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 7 marzo 2018, pubblicato nel supplemento ordinario n. 17 alla Gazzetta Ufficiale n. 83 del 10 aprile 2018, recante «Fondo di solidarietà comunale. Definizione e ripartizione delle risorse spettanti per l'anno 2018», salve le operazioni aritmetiche relative ai nuovi comuni risultanti da procedure di fusione. Rimangono confermate le modalità di erogazione degli importi da parte del Ministero dell'interno e le modalità di recupero da parte dell'Agenzia delle entrate degli importi dovuti a titolo di alimentazione del Fondo. Rimane inoltre confermato l'accantonamento di 15 milioni di euro di cui all'articolo 7 del predetto decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 7 marzo 2018 e il prioritario utilizzo dello stesso per le medesime finalità dell'anno 2018. Il riparto del predetto accantonamento è effettuato con uno o più decreti del Ministro dell'interno, adottati di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali”.

L’esatta comprensione dei termini dell’odierna controversia non può prescindere dalla corretta esegesi della norma da ultimo richiamata.

La legge n. 145/2018 ha chiaramente inteso superare, per l’anno 2019, il meccanismo di distribuzione del fondo attraverso l’emanazione di un D.P.C.M., sostituendolo con la previsione dell’assegnazione ai comuni delle somme direttamente in base alla legge, confermando gli importi già assegnati a ciascun ente in relazione al Fondo di Solidarietà Comunale per il 2018.

Si tratta, quindi, di un intervento legislativo la cui opportunità è insindacabile in codesta sede.

Dunque, devono ritenersi infondate le censure di incompetenza, difetto di motivazione e irragionevolezza variamente formulate avverso il comunicato del Ministero dell’Interno del 17 gennaio 2019.

A ben vedere, tale atto risulta essere l’estrinsecazione di una volontà normativa già formatasi in seno al legislatore e che non ha lasciato alcun margine di discrezionalità all’Amministrazione. In tali termini, il Comunicato del Ministero deve essere considerato un atto privo di una valenza provvedimentale, avendo questo una valenza meramente ricognitiva di una scelta legislativa già definita.

La natura normativa dei provvedimenti impugnati, poi, rende infondate anche le censure volte alla mancata motivazione dei provvedimenti stessi, i quali, proprio grazie alla loro natura normativa, non necessitano di una motivazione per la loro adozione.

Neppure può prospettarsi una lesione dell’autonomia finanziaria dell’ente locale in ragione dell’asserita impossibilità di una adeguata programmazione per l’elaborazione dei bilanci di previsione nei tempi previsti dalla legge.

Il dettato della L. n. 145/2018, infatti, ha meramente reiterato anche per l’anno finanziario 2019 la stessa modalità di riparto del 2018, in linea con il contenuto dell’Accordo del 29 novembre 2018 sancito in sede di Conferenza Stato – Città e Autonomie Locali.

Non sono condivisibili, pertanto, le doglianze del Comune ricorrente riferite alla non conoscenza di dati essenziali per la redazione dei bilanci ed alla compressione della propria autonomia finanziaria. Da una parte, infatti, la conferma degli stessi importi dell’anno precedente non è idonea ad inficiare la concreta possibilità di redigere un bilancio le cui componenti sono identiche a quelle dell’anno precedente, mentre, dall’altro lato, la partecipazione dell’ANCI all’Accordo del 29 novembre 2018 rende evidente la conoscenza da parte dei Comuni della volontà di confermare anche per l’anno 2019, gli stessi importi dell’anno 2018.

Residuano, a questo punto, le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 921 della L. 145/2018 (legge di bilancio per il 2019), in relazione agli artt. 3, 5, 97, 117 e 119 della Costituzione che il Comune contesta nelle parti in cui: “a) conferma, in deroga all’art. 1, c. 449, lett. c) L. 232/2016, la percentuale del 45% del FSC da ripartirsi in base ai criteri perequativi (anziché il 60%), arrestando di fatto il graduale superamento del criterio di ripartizione in base alla spesa storica disposto dalla L. 42/2009 in attuazione delle citate norme della Costituzione;
b) conferma gli importi indicati per ciascun ente negli allegati al D.P.C.M. 7 marzo 2018, laddove si dovesse interpretare nel senso che conferma per il 2019 gli stessi importi corrisposti a ciascun ente in sede di ripartizione del FSC 2018;
c) conferma la medesima dotazione complessiva del FSC 2018, laddove si dovesse interpretare nel senso che anche il 2019 lo Stato opera una trattenuta di 563,4 milioni di euro senza ricostituire il Fondo in ragione del venire meno delle decurtazioni di cui all’art. 47 D.L. 44/2016.

Le censure sono infondate.

Occorre rilevare che sul punto è intervenuta la sentenza n. 220/2021 della Corte Costituzionale, la quale, chiamata a pronunciarsi in relazione a talune disposizioni regolanti l’assegnazione delle somme del Fondo di Solidarietà Comunale per l’anno 2020, ha avuto modo di precisare che le norme incidenti sull’assetto finanziario degli enti territoriali non possono essere valutate in modo “atomistico”, ma devono essere inserite nel complessivo contesto della manovra finanziaria.

Tale valutazione peraltro deve necessariamente confrontarsi con l’obiettiva singolarità che ha caratterizzato gli ultimi anni.

La Corte ha sottolineato, inoltre, come i numerosi tagli lineari che hanno colpito il Fondo di Solidarietà Comunale dal 2015 sono stati oggetto dal 2020 di una progressiva restituzione, destinata a completarsi nel 2024.

Ciò in quanto attraverso la legge di bilancio per il 2020 è stata avviata “una progressiva restituzione della quota “verticale” del fondo, quota che era stata completamente sottratta dall’art. 47 del d.l. n. 66 del 2014, come convertito, a titolo di concorso degli enti locali al risanamento delle finanze pubbliche (Corte dei conti, sezione autonomie, Relazione sulla gestione finanziaria degli enti locali, Esercizi 2019-2020, deliberazione n. 11 del 2021). Tale decurtazione, circoscritta originariamente al triennio 2015-2017, è stata dapprima estesa dal legislatore al 2018 e successivamente prorogata al 2019”.

La pronuncia ha, quindi, affermato che la disciplina relativa al FSC per il 2020 “segna una netta soluzione di continuità rispetto alla fase dei tagli lineari e inaugura il progressivo ripristino dell’ammontare originario del FSC. (…) In questa prospettiva, nella valutazione complessiva della questione, deve altresì considerarsi che, nell’ambito degli stanziamenti previsti durante l’emergenza da COVID-19, l’art. 106 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonché di politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 17 luglio 2020, n. 77, ha istituito un fondo per destinare risorse aggiuntive ai comuni, finalizzato al finanziamento delle funzioni degli enti locali, pari complessivamente a 3,5 miliardi di euro in relazione alla possibile perdita di entrate locali connessa all’emergenza sanitaria. Successivamente, l’art. 39, comma 1, del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104 (Misure urgenti per il sostegno e il rilancio dell’economia), convertito, con modificazioni, nella legge 13 ottobre 2020, n. 126, ha incrementato di ulteriori 1,67 miliardi di euro detto fondo speciale per il 2020, portandolo a un ammontare complessivo di circa 5,17 miliardi di euro. In aggiunta a quanto stanziato per il 2020, la legge n. 178 del 2020 ha provveduto all’integrazione del fondo per le funzioni degli enti locali anche per il 2021, stanziando complessivamente 500 milioni di euro da ripartire fra comuni (450 milioni di euro), Città metropolitane e Province (50 milioni di euro). A questo proposito, in sede di audizione, il Ragioniere generale dello Stato ha precisato che le risorse destinate a ristorare gli enti locali delle minori entrate e delle maggiori spese connesse all’emergenza sanitaria/epidemiologica da COVID-19 ammontano complessivamente a circa 15,6 miliardi di euro per il 2020 e 4,9 miliardi di euro per il 2021. Peraltro, sempre il Ragioniere generale dello Stato ha chiarito che tali risorse sono state distribuite secondo criteri articolati, che tengono conto delle specificità dei territori, e che sono definiti da tre note metodologiche adottate con altrettanti decreti del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, rispettivamente del 16 luglio, dell’11 novembre e del 14 dicembre 2020. Deve pertanto rilevarsi che la disposizione impugnata si inserisce in un contesto complessivo di ripristino dei trasferimenti erariali agli enti territoriali, sovvenendo in parte anche ai tagli imposti negli anni della crisi finanziaria, dal che il rigetto della questione di legittimità costituzionale promossa”.

Sulla scorta di tale orientamento, si deve ritenere non consentita una visione “atomistica” delle norme finanziarie, le quali devono essere saggiate alla luce di ogni intervento normativo incidente, in maniera negativa e positiva, sul Fondo di Solidarietà Comunale.

In un siffatto contesto, risulta essere dirimente la circostanza che sia stata avviata una “graduale ricostituzione della componente verticale di risorse del FSC a disposizione degli enti locali” (così Corte Cost. n. 220/2021).

A ciò va aggiunto che la stessa Corte Costituzionale ha ritenuto di affermare che l’autonomia finanziaria costituzionalmente garantita agli Enti territoriali non comporta una inflessibile garanzia quantitativa e che, pertanto, sono ammesse anche riduzioni delle risorse, “purché tali diminuzioni non rendano impossibile lo svolgimento delle funzioni attribuite agli enti territoriali medesimi” (sentenza n. 83 del 2019;
nello stesso senso, sentenza n. 155 del 2020). È stato anche precisato che “grava sul ricorrente l’onere di provare l’irreparabile pregiudizio lamentato” (ex plurimis, sentenza n. 76 del 2020) incidente sulla capacità di far fronte alle spese necessarie per i servizi essenziali. Tale onere, peraltro, è soggetto a differenti gradazioni a seconda che debba essere valutato ai fini dell’ammissibilità del ricorso, ovvero della sua fondatezza (Corte Cost., sent. n. 220/2021).

Quanto detto consente di superare le doglianze sollevate dal Comune ricorrente in relazione alla legittimità delle scelte legislative per il Fondo di Solidarietà Comunale 2019.

Per completezza, avuto riguardo alle criticità rappresentate dal ricorrente in ordine al corretto funzionamento di taluni servizi essenziali forniti dall’ente locale, va segnalato che il legislatore statale con le leggi di bilancio per il 2021 (L. n. 178/2020) e per il 2022 (L. n. 234/2021) ha opportunamente disposto un incremento delle risorse di carattere “verticale” della dotazione annuale del Fondo di Solidarietà Comunale, destinato specificamente allo svolgimento di alcune funzioni fondamentali, tra cui servizi sociali, asili nido e trasporto studenti disabili.

Per quanto riguarda l’entità della percentuale della quota del Fondo di Solidarietà Comunale da ripartire secondo i criteri perequativi, deve premettersi che la legge di bilancio per il 2019 ha determinato una sospensione dell’incremento della perequazione (che è stata mantenuta al 45%, come nel 2018), in accoglimento di uno dei punti dell'Accordo Stato-Città del 29 novembre 2018, nel quale si sottolineava la necessità di una valutazione degli effetti del percorso perequativo avviato nel 2015.

Va affermato al riguardo che la volontà del legislatore di mantenere tale percentuale per un ulteriore anno non risulta contraria ai precetti costituzionali. Una simile scelta non appare né arbitraria né irragionevole, essendo anzi finalizzata a contenere alcune distorsioni causate dal progressivo rafforzamento della componente perequativa nella redistribuzione delle risorse del Fondo di solidarietà, quali un possibile disequilibrio dei bilanci degli enti interessati a seguito di un repentino cambiamento delle risorse disponibili.

Peraltro, risulta dimostrato in atti che l’Associazione Nazionale Comuni Italiani (ANCI), organo rappresentativo che tutela gli interessi dei Comuni Italiani, ha espresso il proprio parere favorevole alla conferma per l’anno 2019 della stessa percentuale di perequazione del 2018.

Risulta, inoltre, indimostrata l’affermazione secondo cui il mantenimento di tale percentuale impatterebbe negativamente sulla capacità dell’ente ricorrente di assolvere alle proprie funzioni fondamentali.

Infine, sono manifestamente infondate anche le questioni sollevate in relazione ai parametri su cui è stimato il fabbisogno standard e, in particolare, all’utilizzo del criterio del “servizio storico” per alcune funzioni.

La Corte Costituzionale, pur valutando negativamente “il perdurante ritardo dello Stato nel definire i LEP, i quali indicano la soglia di spesa costituzionalmente necessaria per erogare le prestazioni sociali di natura fondamentale”, ha richiamato la sua precedente sentenza n. 83 del 2019 ribadendo che, con riferimento al rapporto tra funzioni da finanziarie e risorse, la riassegnazione di queste ultime “è priva di qualsiasi automatismo e comporta scelte in ordine alle modalità, all’entità e ai tempi, rimesse al legislatore statale”.

Avuto riguardo, poi, ai criteri di riparto del FSC, la sentenza n. 220/2021 ha osservato che erano presenti criticità nella distribuzione delle risorse tra i comuni italiani ma ha rigettato la questione di costituzionalità della norma che prevede la progressione dei criteri perequativi che concorrono alla ripartizione del Fondo di Solidarietà Comunale, calibrata sulla differenza fra capacità fiscali e fabbisogni standard, in quanto tali criticità “rappresentano soprattutto la conseguenza di una situazione di fatto, coincidente con il mancato adeguamento dei valori catastali degli immobili. La lamentata sperequazione, infatti, da un lato, discende da tale mancato adeguamento in numerose realtà comunali, che di fatto determina irrazionali differenziazioni, dall’altro è amplificata dal carattere meramente orizzontale che aveva assunto il FSC”.

Alle considerazioni già svolte dal giudice costituzionale può aggiungersi che i criteri utilizzati per la stima sono compositi e non appaiono irragionevoli, tenuto conto che sono determinati dalla Commissione tecnica per i fabbisogni standard previa intesa in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali e che il dato storico è solo uno dei fattori oggetto di considerazione per la determinazione del fabbisogno.

In conclusione, il ricorso non merita accoglimento e le spese di lite, tenuto conto della novità delle questioni prospettate, possono essere compensate tra le parti.

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