TAR Firenze, sez. II, sentenza 2010-05-04, n. 201001209
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Testo completo
N. 01209/2010 REG.SEN.
N. 00502/2008 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 502 del 2008, proposto da:
G T B e A A, rappresentati e difesi dagli avv.ti M P C ed A V, con domicilio eletto presso lo studio degli stessi in Firenze, via Lorenzo il Magnifico 83;
contro
Regione Toscana, in persona del Presidente
pro tempore
, rappresentata e difesa dagli avv.ti G V e F N, con domicilio eletto presso la sede dell’Avvocatura Regionale in Firenze, piazza dell’Unita' Italiana 1;
Settore Politiche Abitative e Riqualificazione Insediamenti, Gest.Ne Finanz. Program. Edilizia Resid. Pubblica. Toscana, P.O. Registr. e Recupero Entrate Regionali - Regione Toscana;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
del decreto della Direzione Generale delle Politiche Territoriali e Ambientali – Area di Coordinamento Pianificazione del Territorio Politiche Abitative – Settore Politiche Abitative e Riqualificazione degli Insediamenti della Regione Toscana n. 619 del 20.02.2008 e relativi allegati, con il quale si dispone il recupero parziale delle somme corrisposte in favore dei ricorrenti a titolo di contributo pubblico in conto interessi per l’acquisto dell’alloggio contraddistinto al n. 7 del QTE relativo all’interevento ed L. 457/78 e L.r. 28/91 realizzato dal Consorzio Etruria in Comune di Firenze e della relativa nota di trasmissione del 26.02.2008 prot. n. A000GRT/56286/n. 70.20.20;
di ogni altro atto connesso, presupposto e/o consequenziale, ancorchè incognito alla ricorrente, ed in particolare per quanto occorrer possa,
- delle note della Regione Toscana – Direzione Generale delle Politiche Abitative e Riqualificazione Insediamenti prot. n. A00GRT/151723/124.23.1 del 04.06.2007, prot. n. A00GRT/187441/124.23.1 del 12.07.2007, prot. n. A00GRT/267259/124.23.1 del 15.10.2007 e prot. n. A00GRT/298841/124.23.1 del 16.11.2007 con le quali veniva comunicato ai sig.ri G T e A l’avvio della procedura di nuova verifica dei requisiti di entrambi a seguito della cointestazione dell’alloggio originariamente assegnato alla sig.ra G T sulla base delle argomentazioni ivi esposte, e si richiedeva ai ricorrenti l’invio della relativa documentazione debitamente compilata;
- del certificato di possesso dei requisiti soggettivi emesso nei confronti della Sig.ra G T e del sig. A, dal responsabile delegato della P.O. della Direzione Generale delle Politiche Territoriali e Ambientali – Settore Politiche Abitative e Riqualificazione degli insediamenti emesso indata 20.12.2007;
- nonchè della nota del Responsabile della P.O. Gestione Finanziaria dei Programmi di Edilizia Residenziale Pubblica della Direzione Generale delel Politiche Territoriali e Ambientali prot. n. A000GRT/6935/n.70.20.20 del 09.01.2008, con cui si comunicava alla BNL, ente erogatore del Mutuo, ai fini della determinazione dei tassi agevolati ad essi spettanti, che i ricorrenti rientrano nella 3° fascia di reddito e che spetta loro un tasso agevolato pari al 70% del tasso di riferimento vigente nel mese di febbraio 2000 per l’accollo del mutuo relativo all’alloggio;
- della nota del Responsabile del Settore Contabilità della Direzione Generale Bilancio e Finanze prot. n. A00-GRT 73002/B.050.010.030 dell’11 marzo 2008, e del relativo allegato, di richiesta di pagamento della somma di euro 8.683,50, in esecuzione del decreto di riduzione n. 619/2008;
nonchè per il risarcimento
di tutti i danni patiti e patiendi dai ricorrenti a causa ed in conseguente dell’illegittimità del provvedimento impugnato.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Toscana;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 febbraio 2010 il dott. P G e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso notificato il 19 e depositato il 21 marzo 2008, i coniugi B G T ed A A proponevano impugnazione avverso il decreto dirigenziale n. 619 del 20 febbraio 2008, mediante il quale la Regione Toscana aveva disposto la riduzione del contributo pubblico in conto interessi su di un mutuo già erogato in favore della G T per l’acquisto di un alloggio di edilizia residenziale pubblica, adibito dai ricorrenti a casa coniugale, e, contestualmente, aveva stabilito di procedere nei confronti della predetta G T al recupero dell’importo di euro 7.818,99, maggiorato di interessi legali. Sulla scorta di tre motivi in diritto, i ricorrenti concludevano per l’annullamento, previa sospensiva, del provvedimento impugnato, nonché degli atti ad esso presupposti e consequenziali, meglio indicati in epigrafe, e per la condanna dell’amministrazione procedente al risarcimento dei danni.
Costituitasi la Regione Toscana, che resisteva alle domande avversarie, con ordinanza del 9 aprile 2008 il collegio accordava la misura cautelare richiesta.
Nel merito, la causa veniva discussa e trattenuta per la decisione nella pubblica udienza del 4 febbraio 2010, preceduta dal deposito di memorie difensive.
DIRITTO
L’impugnativa ha quale oggetto principale il provvedimento con cui la Regione Toscana ha disposto la riduzione del contributo pubblico in conto interessi già erogato in favore della ricorrente B G T, per l’acquisto di un alloggio di edilizia residenziale pubblica realizzato in Firenze dalla Cooperativa Consorzio Etruria, nell’ambito del programma integrativo di edilizia residenziale convenzionata-agevolata approvato con la deliberazione consiliare n. 224 del 1993. La riduzione del contributo è motivata dalla Regione con riferimento alla circostanza che, al rogito per l’acquisto dell’immobile, sarebbe intervenuto un nucleo familiare in composizione differente da quella indicata al momento della presentazione della domanda di accesso al beneficio, e come tale considerata ai fini della verifica circa il possesso dei requisiti soggettivi richiesti dal bando: in particolare, si afferma nell’atto impugnato, mentre la domanda di erogazione del contributo è stata presentata dalla G T quale unica componente del proprio nucleo familiare, all’acquisto risulta intervenuto anche il coniuge dell’assegnataria, A A, per la quota del 50%;in virtù di tale circostanza si giustifica pertanto, ad avviso dell’amministrazione procedente, la revisione della situazione reddituale rilevante ai fini del contributo, da riferirsi non più alla sola G T, ma al nuovo nucleo familiare resosi acquirente dell’immobile, revisione dalla quale la Regione fa discendere la minore misura del beneficio concedibile.
Con il primo motivo, i ricorrenti sostengono che, essendo la concessione del contributo in questione condizionata al possesso di determinati requisiti soggettivi, compresi quelli reddituali, alla data di riferimento a suo tempo indicata dal bando, l’amministrazione non potrebbe oggi fondare la revoca o la riduzione del beneficio sul presunto accertamento della carenza di quei requisiti ad una data diversa, successiva, ed arbitrariamente individuata, peraltro dopo aver già verificato e certificato il possesso dei requisiti stessi in capo all’assegnataria dell’alloggio. Nessun rilievo potrebbe attribuirsi, in altri termini, alle circostanze sopravvenute alla scadenza del termine fissato dal bando per la verifica dei requisiti, ivi compreso il matrimonio fra la G T e l’A.
Con il secondo motivo, i ricorrenti ribadiscono l’illegittimità della determinazione assunta dalla Regione, perché violativa delle regole dettate dal bando, priva di supporto normativo, fondata su di una circostanza di fatto sopravvenuta e del tutto casuale, ingiustamente sanzionatoria e contraria ad ogni più elementare principio di imparzialità e buon andamento. Quanto poi alla asserita necessità di rivalutare i requisiti reddituali con riguardo al “nuovo nucleo familiare” destinatario del contributo, precisano che, in realtà, l’A non avrebbe fatto altro che partecipare all’acquisto dell’immobile, ferma restando la titolarità del contributo in capo alla moglie;in ogni caso, la Regione non potrebbe far opporre agli assegnatari l’immutabilità del nucleo familiare fino al momento della stipula del contratto di acquisto dell’immobile, in assenza di una esplicita disposizione del bando in tal senso.
Con il terzo motivo, infine, i ricorrenti deducono che l’intestazione congiunta del bene nella misura del 50% ciascuno altro non sarebbe, se non un effetto necessitato del regime di comunione legale in vigore tra di loro, e che tale effetto si sarebbe prodotto ugualmente, anche ove all’atto di acquisto avesse partecipato la sola G T. E se anche l’iniziativa dell’amministrazione potesse considerarsi giustificata dall’esigenza di reprimere possibili abusi, il rimedio adottato sarebbe viziato per difetto di proporzionalità, nella misura in cui il momento per la verifica dei requisiti viene individuato in una data di ben quattro anni successiva a quella indicata dal bando.
Le censure, che saranno esaminate congiuntamente per ragioni di connessione, sono infondate.
Dai documenti di causa risulta che al rogito per l’acquisto dell’alloggio, stipulato l’1 febbraio 2000, è intervenuta in veste di parte acquirente la sola ricorrente B G T, già assegnataria dell’alloggio medesimo, la quale ha dichiarato di essere coniugata in regime patrimoniale di comunione legale dei beni con l’altro ricorrente A A. Proprio dal regime patrimoniale in vigore tra i ricorrenti discende, tuttavia, che dell’acquisto abbia automaticamente beneficiato, pro quota , anche quest’ultimo, come riconosciuto dagli stessi ricorrenti (i quali non allegano, pertanto, l’esistenza di cause di esclusione del bene dalla comunione).
Alla luce di tale constatazione, perfettamente comprensibile risulta l’argomento posto dalla Regione Toscana a base dell’atto impugnato, che – a differenza di quanto sostengono i ricorrenti – implica l’immutabilità non dei requisiti soggettivi richiesti dal bando del dicembre 1991, ma del beneficiario del contributo, ovvero l’impossibilità che al contributo acceda un soggetto differente da quello che abbia concorso alla sua assegnazione. Come si ricava dalla piana lettura del provvedimento, l’addebito rivolto dalla Regione ai ricorrenti attiene alla circostanza che l’acquisto si sia perfezionato non in favore della sola assegnataria dell’alloggio, bensì, per effetto del sopravvenuto matrimonio, di un nucleo familiare non più coincidente con quello indicato nella documentazione presentata ai fini della concessione del beneficio;il che, al di là dei possibili equivoci derivanti dall’utilizzo della locuzione “nucleo familiare”, non pone tuttavia un problema di rilevanza attribuita alla sopravvenuta modifica dei requisiti soggettivi del beneficiario, ma di godimento del contributo da parte di un soggetto diverso dal richiedente. È vero che, ai sensi del bando, il “nucleo familiare” viene in rilievo ai fini del computo del requisito reddituale del richiedente, e che le eventuali variazioni della sua composizione – e del reddito complessivo di cui il richiedente dispone – debbono considerarsi irrilevanti ove intervenute successivamente alla data di riferimento costituita dall’assegnazione dell’alloggio;ma tutto questo presuppone che, al mutare della composizione del nucleo familiare, non muti l’identità dell’acquirente dell’alloggio, che deve pur sempre coincidere con quella del soggetto originariamente ammesso al beneficio. Laddove invece, come nel caso dei coniugi A, venga meno in tutto o in parte la coincidenza soggettiva fra la parte acquirente dell’alloggio di edilizia agevolata e la parte già ammessa al beneficio, la variazione del nucleo familiare incide sulla stessa identità di quest’ultima e, non operando più sul semplice piano della verifica del possesso dei requisiti per l’ammissione al contributo, neppure incorre nelle limitazioni temporali invocate dai ricorrenti. Non può pertanto ragionevolmente dubitarsi del fatto che l’amministrazione erogante, obbligata al rispetto della par condicio fra tutti gli aspiranti al beneficio, debba essere posta in grado, quantomeno, di eseguire la verifica dei requisiti nei confronti del nuovo soggetto che – acquistando l’immobile – si renda destinatario finale diretto del contributo, e che tale verifica non possa che essere riferita alla data del rogito notarile, momento in cui la mutata composizione soggettiva della parte beneficiaria del contributo per la prima volta si manifesta.
Non è poi lecito distinguere – come i ricorrenti pretendono – fra acquisto del bene, prodottosi in capo ad entrambi in virtù degli effetti della comunione legale, e godimento del contributo, del quale avrebbe invece usufruito la sola G T. In senso contrario è sufficiente osservare che, sebbene l’A non possa considerarsi coobbligato in solido al rimborso del mutuo contratto dalla moglie (mediante accollo) per l’acquisto dell’alloggio, egli comunque di quell’obbligazione risponde con i beni della comunione ai sensi dell’artt. 186 lett. c) c.c., trattandosi di acquisto pacificamente ricadente nella comunione: il fatto che sia proprio l’A il soggetto che contribuisce in maniera prevalente al rimborso delle rate di mutuo, come riconosciuto alla pag. 22 del ricorso, fa presumere, infatti, che l’acquisto sia stato effettuato dalla G T nell’interesse della famiglia e con il consenso del coniuge (in caso contrario, peraltro, i beni della comunione risponderebbero ugualmente ex art. 189 c.c.);in via sussidiaria, l’A ne risponde inoltre con i beni propri, nei limiti di cui all’art. 190 c.c.. E poiché il contributo regionale in conto interessi va proprio a coprire – parzialmente – la restituzione del mutuo, è evidente come di esso finiscano per avvantaggiarsi ambedue i ricorrenti, i quali vedono corrispondentemente ridotto il peso gravante sui beni comuni.
La condotta dell’amministrazione resistente e l’apparato motivazionale del provvedimento di revoca, coerenti con le conclusioni appena esposte, sfuggono dunque ai vizi in analisi. La circostanza che la Regione riferisca al nucleo familiare composto dai ricorrenti la verifica dei requisiti soggettivi previsti dal bando non deve, lo si ripete, trarre in inganno circa l’oggetto dell’indagine, che riguarda il “nucleo familiare” non come considerato dal bando (e dunque ai fini della conferma dell’ammissione al beneficio della sola G T), ma come nuova parte plurisoggettiva beneficiaria del contributo, che alla G T – beneficiaria iniziale – si è sostituita. Né può affermarsi che in tal modo si sia compressa, al di fuori dei limiti temporali predefiniti dal bando, la libertà dell’assegnataria dell’alloggio di mutare il proprio status familiare, tale libertà non comprendendo anche la facoltà di far subentrare a sé altri nella concessione di una pubblica sovvenzione: in altri termini, non possono i ricorrenti pretendere che l’esercizio di tale libertà resti privo di conseguenze per l’amministrazione nel momento in cui anche l’A ha partecipato all’acquisto del bene;ed è noto che la partecipazione all’acquisto non costituisce conseguenza giuridicamente necessitata del regime di comunione legale tra i coniugi, stante, a tacer d’altro, la possibilità che l’acquisto stesso venga escluso dalla comunione e rimanga in capo al solo coniuge già singolarmente ammesso al contributo, ai sensi dell’art. 179 co. 1 lett. f) c.c..
Quanto, infine, all’ipotetico rilievo secondo cui, seguendo l’impostazione qui condivisa, si avrebbe un trattamento differenziato – ora sul piano dei requisiti soggettivi, ora sul piano dell’identità del destinatario finale del contributo – di fattispecie sostanzialmente assimilabili, perché pur sempre caratterizzate dal sopravvenuto matrimonio del soggetto già ammesso al contributo, deve sottolinearsi come in effetti non vi sia alcuna similitudine fra il caso del coniuge sopravvenuto che partecipa all’acquisto senza essere stato in precedenza ammesso al contributo, e quello che non partecipa all’acquisto, ma concorre – nei limiti di tempo prescritti dal bando – unicamente alla variazione del requisito reddituale riferibile al nucleo familiare del richiedente, di talché la diversità di trattamento risulta pienamente giustificata.
In forza di tutte le considerazioni che precedono, vanno respinte le domande proposte dai ricorrenti con l’atto introduttivo del giudizio e con i motivi aggiunti, ivi compresa la domanda di risarcimento danni. L’oggetto e la natura della controversia giustificano, tuttavia, l’integrale compensazione delle spese di lite.