TAR Bari, sez. II, sentenza 2021-05-26, n. 202100908

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Bari, sez. II, sentenza 2021-05-26, n. 202100908
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Bari
Numero : 202100908
Data del deposito : 26 maggio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 26/05/2021

N. 00908/2021 REG.PROV.COLL.

N. 00576/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 576 del 2018, proposto dalla Soc. Ferraro s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avv. A M, con domicilio digitale come da P.E.C. iscritta al registro generale degli indirizzi elettronici (ReGIndE) e con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. M P in Bari alla via Camillo Rosalba n. 47/Z;

contro

Anas s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati R A N e F D P, con domicili digitali come da P.E.C. iscritte al registro generale degli indirizzi elettronici (ReGIndE);

Compartimento della viabilità per la Puglia dell’Anas s.p.a., non costituito in giudizio;

per la condanna

previo accertamento incidentale dell'illegittimità dell’atto di revoca dell’affidamento di appalto dei lavori di manutenzione e di posizionamento di barriere stradali (prot. n. 2586 del 3.1.2018) al risarcimento del danno per equivalente pecuniario, ai sensi degli artt. 30 e 34 del codice del processo amministrativo, per danni da perdita di chance e danno curriculare, ovvero anche per responsabilità precontrattuale, o in alternativa per responsabilità da contatto sociale qualificato.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Anas s.p.a.;

Visti gli artt. 35, comma 1, e 85, comma 9, del codice del processo amministrativo;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 marzo 2021 il dott. Lorenzo Ieva;

Dato atto che l’udienza si tiene mediante collegamento da remoto in videoconferenza, secondo quanto disposto dall’art. 25 del decreto-legge 28 ottobre 2020 n. 137 e dall’art. 4, comma 1, del decreto-legge 30 aprile 2020 n. 28, convertito con modificazioni dalla legge 25 giugno 2020 n. 70, mediante la piattaforma in uso presso la Giustizia amministrativa, di cui all’allegato 3 al decreto del Presidente del Consiglio di Stato del 22 maggio 2020 n. 134;

Dato atto che, su istanza di parte ricorrente, la causa è stata chiamata per la discussione orale da remoto, risultando collegato l'avv. Marco Marmo, su delega dell'avv. A M, e gli avvocati R A N e F D P;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1.- Con ricorso depositato come in rito, la società istante proponeva azione risarcitoria, a seguito della revoca in autotutela dell’aggiudicazione, ai sensi dell’art. 21- quiquies della legge 7 agosto 1990 n. 241, del procedimento di gara per l’affidamento dei lavori di completamento funzionale e messa in sicurezza tra il Km 7+200 ed il km 44+5000- Lavori di completamento dell’adeguamento della barriere stradali ungo l’asse principale dal km 7+200 al km 44+500 – I stralcio.

2.- Accadeva infatti che, all’esito della predetta gara, l’odierna ricorrente si collocasse seconda in graduatoria, preceduta da altro operatore economico, al quale poi l’affidamento veniva revocato perché destinatario di una c.d. interdittiva antimafia.

Tuttavia, lo “scorrimento” della graduatoria inizialmente disposto in favore dell’interessata, veniva, in secondo tempo, anch’esso revocato, essendo venuta in evidenza un’interferenza posta da terzi non prevista e non prevedibile nella fase di progettazione dell’area d’intervento, sì da rendere non più praticabile la cantierizzazione dell’intervento per come inizialmente ideato.

3.- Si costituiva l’Amministrazione, resistendo nel merito ed eccependo in via preliminare la tardività e quindi l’inammissibilità del ricorso per omessa impugnazione nei termini dell’atto di annullamento in autotutela dell’aggiudicazione disposta.

4.- Alla fissata udienza pubblica, dopo un primo rinvio, scambiate memorie e repliche, a seguito di ampia discussione in forma telematica, il ricorso veniva introitato in discussione.

5.- L’azione è inammissibile.

Eccepisce la parte resistente la tardività della proposizione del ricorso, in quanto la società istante ha chiesto accertarsi l’illegittimità del provvedimento prot. n. 2586 del 3 gennaio 2018, del quale la società Ferraro s.r.l. ha avuto piena conoscenza in data 9 gennaio 2018, pendendo altro giudizio (R.G. n. 8426/2017 dinanzi al Consiglio di Stato), nel quale la ricorrente era parte processuale.

Non solo, con nota prot. n. 75739 del 12 febbraio 2018, la ricorrente chiedeva ad Anas s.p.a. l’acquisizione dei documenti relativi alla procedura di gara oggetto del presente giudizio. Anas s.p.a., con nota di risposta n. 139665 del 14 febbraio 2018, inoltrava i documenti siccome richiesti, in primis il provvedimento prot. n. 2586 del 3 gennaio 2018, della cui illegittimità l’istante, in questa sede, chiede in ritardo l’accertamento incidentale.

La società Ferraro s.r.l., dunque, pur avendo avuto conoscenza, perlomeno alla data del 14 febbraio 2018, del provvedimento di revoca, non lo ha però impugnato nei termini a pena di decadenza dei trenta giorni previsti dal c.d. rito appalti.

Ha invece proposto, in data 9 maggio 2018, una mera azione risarcitoria, la quale, benché avanzata entro il più ampio termine di decadenza di centoventi giorni, stabilito dall’art. 30, comma 3, del codice del processo amministrativo, è da ritenersi inammissibile in quanto l’impugnazione tempestiva del provvedimento avrebbe potuto consentire la tutela ordinaria in forma specifica di annullamento.

Infatti, l’art. 30, comma 3, del codice del processo amministrativo prevede che la domanda risarcitoria per equivalente pecuniario per la lesione degli interessi legittimi sia proposta “entro il termine di decadenza di centoventi giorni decorrente dal giorno in cui il fatto si è verificato ovvero dalla conoscenza del provvedimento se il danno deriva direttamente da questo”;
inoltre, il giudice “esclude il risarcimento dei danni che si sarebbero potuti evitare usando l'ordinaria diligenza, anche attraverso l'esperimento degli strumenti di tutela previsti”.

La Corte costituzionale, con sentenza del 4 maggio 2017 n. 94, ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 30, comma 3, citato nella parte in cui stabilisce che “La domanda di risarcimento per lesione di interessi legittimi è proposta entro il termine di decadenza di centoventi giorni decorrente dal giorno in cui il fatto si è verificato ovvero dalla conoscenza del provvedimento se il danno deriva direttamente da questo”, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24, primo e secondo comma, 111, primo comma, 113, primo e secondo comma, e 117, primo comma, della Costituzione, quest'ultimo in relazione all'art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea proclamata a Nizza il 12 dicembre 2000 e adottata a Strasburgo il 12 dicembre 2007, e agli artt. 6 e 13 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata dall'Italia con legge 4 agosto 1955 n. 848.

Peraltro, la regola prevista dall’art. 30, comma 3, del codice del processo amministrativo riflette sul piano processuale una norma di logica giuridica già prevista dall’art. 1227 del codice civile sul piano del diritto sostanziale (Cons. St, sez. V, 2 febbraio 2021 n. 962) ed espressiva di una regola di teoria generale, che suole richiedere sia nei rapporti processuali sia nei rapporti obbligatori l’impiego della ordinaria diligenza esigibile, onde elidere il procurarsi di un danno o del maggior danno.

Sul punto, è stato ben sostenuto che l’art. 30 citato, operando una ricognizione dei principi civilistici in tema di causalità giuridica e di auto-responsabilità, sancisce la regola generale, secondo la quale l’assunzione, da parte del danneggiato, di una condotta, anche processuale, contraria al principio di buona fede e al parametro della diligenza, che determini la produzione di danni, che altrimenti sarebbero stati evitati, recide il nesso causale, che, ai sensi dell'art. 1223 del codice civile, deve collegare la condotta antigiuridica alle conseguenze risarcibili (Cons. St., sez. V, 2 febbraio 2021 n. 962).

Inoltre, va considerato come la tutela risarcitoria sia connaturata, nei rapporti di diritto civile, alla necessità di provvedere alla pronta riparazione dei danni da inadempimento di una obbligazione (contrattuale o extracontrattuale). Nel contesto del diritto civile (o comune), non rileva infatti né il contenuto dell’oggetto, né di norma la qualità dei soggetti dello scambio di libero mercato. Ciò che conta, quando venga alterata la corrispondenza dei valori di scambio o di consumo, è il ripristino dei valori economici, che può essere più velocemente assicurata da una mera compensazione in denaro.

Nel contesto, invece, del diritto pubblico (o amministrativo) rileva – eccome – sia l’oggetto, cioè il provvedimento assunto nel contemperamento di interessi pubblici, collettivi e privati, sia la qualità dei soggetti, essendoci perlomeno un’amministrazione portatrice di interessi pubblici, nel mercato pubblico di beni e servizi (appalti pubblici).

In tale ultimo caso, quando viene alterata la corrispondenza ipostatizzata nel provvedimento dei valori della relazione pubblica, non è il mero ripristino dei valori economici che si richiede, bensì è la tutela specifica e restitutoria in forma reale, che il soggetto passivo del potere pubblico anela e, solo in via surrogatoria, laddove cioè sia definitivamente perso il bene della vita (reale), può accedersi alla mera compensazione in denaro, che questa volta interviene (tardivamente) in ultima istanza.

A riprova sta la stessa tecnica di tutela tipica della giurisdizione del giudice amministrativo, che è, di norma, di tipo conservativo in termini reali (reintegrazione in forma specifica, ossia annullamento dell’atto), anche al fine di non disperdere inutilmente risorse finanziarie (novellati artt. 97 e 81 Cost.), nel rapporto giuridico pubblico .

Per la giurisdizione ordinaria, invece, prevale una tecnica di tipo risarcitorio per equivalente, ossia nel caso di violazione del negozio giuridico (illecito contrattuale) o del precetto dell’ alterum non laedere (illecito aquiliano), ciò che importa è la riparazione economica pecuniaria, ovverosia la salvaguardia dell’equilibrio economico nel rapporto giuridico privato .

In ultima analisi, nel caso di specie, va escluso il risarcimento dei danni, per mancato esperimento del previsto strumento di tutela di ricorso per l’annullamento dell’atto, che avrebbe consentito in ipotesi di evitar il porsi di qualsiasi questione risarcitoria (Cons. St., Ad. plen., 23 marzo 2011 n. 3;
Cass., sez. un. civ., 11 gennaio 2008 n. 577).

Peraltro, può accennarsi in breve che la revoca dell’affidamento è stata disposta motivatamente, a seguito della constatazione di una interferenza che precludeva di poter realizzare l’intervento così come progettato. L’Amministrazione, infatti, nell’atto di revoca, ne dà una sufficiente dimostrazione, anche sotto il profilo tecnico, facendo uso dei poteri discrezionali, che le competono, senza trasmodare in alcun eccesso di potere.

Ergo, non v’è condotta dell’Amministrazione causativa di alcun danno risarcibile.

6.- In conclusione, il ricorso avverso il provvedimento volto al ristoro risarcitorio per equivalente monetario del mancato affidamento dell’appalto si appalesa come inammissibile, essendo parte ricorrente incorsa in decadenza, per omessa impugnazione dell’atto dedotto come lesivo.

7.- Le spese possono compensarsi per la peculiarità delle questioni poste.

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