TAR Napoli, sez. IV, sentenza 2022-12-27, n. 202208047

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. IV, sentenza 2022-12-27, n. 202208047
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 202208047
Data del deposito : 27 dicembre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 27/12/2022

N. 08047/2022 REG.PROV.COLL.

N. 01162/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1162 del 2015, proposto da
-OMISSIS--, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dagli avvocati P M, G B, con domicilio eletto presso lo studio G B in Napoli, Segreteria Tar Campania Napoli;

contro

Regione Campania, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato M I, con domicilio eletto presso il suo studio in Napoli, via S. Lucia, n. 81, c/o l’Avvocatura Regionale;

per l'annullamento

del decreto della Regione Campania n.-OMISSIS- con cui veniva contestato, alle ricorrenti, lo svolgimento di attività abusiva di cava, relativa ai lavori estrattivi eseguiti in località -OMISSIS-e comminata la sanzione pecuniaria, ai sensi dell’art. 6 della legge regionale n. 13/83 e dell’art. 28 della legge regionale n. 54/85;

del decreto della Regione Campania n -OMISSIS- con il quale si ordinava la sospensione dell’attività estrattiva sulla cava, ai sensi dell’art. 26 della legge regionale n 54/85;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Campania in persona del Presidente pro tempore;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 novembre 2022 la dott.ssa Rita Luce e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

La sig. ra -OMISSIS-, in qualità di affittuaria del terreno identificato -OMISSIS-otteneva il permesso di costruire n. -OMISSIS- per la realizzazione di un centro zootecnico per allevamento bovino e la ristrutturazione di un manufatto da adibire a locale di lavorazione e vendita prodotti agricoli.

Successivamente, otteneva l’autorizzazione del 21.11.2013 per sistemare la strada di accesso al cantiere e per permettere l’accesso agevolato ai mezzi d’opera.

In data 04.12.2014, gli Agenti del Comando Carabinieri -OMISSIS-, rilevavano la presenza di scavi in roccia calcarea su gran parte della p.lla -OMISSIS- contestavano, quindi, l’esercizio di attività di cava abusiva da parte della -OMISSIS-disponevano, pertanto, il sequestro delle p.lle -OMISSIS-

In data 9.12.2014 l’Ufficio del Genio Civile di Benevento eseguiva un ulteriore sopralluogo nel corso del quale si rilevava, ancora una volta, l’esistenza di una cava abusiva.

Seguiva, quindi, la comunicazione di avvio del procedimento n. -OMISSIS-di contestazione di attività di cava abusiva, alla quale veniva allegata la relazione -OMISSIS- concernente le risultanze dei sopralluoghi effettuati.

I ricorrenti, con nota di riscontro del 9.01.2014, rilevavano che l’area in questione era stata fatta oggetto di sequestro penale, che impediva l’accesso ai luoghi di causa.

Con decreti dirigenziali n. -OMISSIS- la Regione Campania contestava definitivamente l’esercizio di cava abusiva e comminava la sanzione amministrativa, prevista dall’art. 6 della L.R n. 13/1983 e dell’art. 28 co. 1 della L.R. n. 54/1985, ordinando, altresì, la sospensione dell’attività abusiva e la presentazione di un progetto di ripristino dello stato dei luoghi o di ricomposizione ambientale.

I ricorrenti hanno impugnato le suindicate determine, deducendo che l’attività posta in essere non era qualificabile come “cava” e non sarebbe ricaduta nell’ambito applicativo della legge regionale n. 54/85, trattandosi di lavori effettuati in un terreno ove era in corso la costruzione di opere private, in piena conformità all’art. 1 co 3 della legge regionale n. 54/85. Tali opere private consistevano nella realizzazione di un centro zootecnico per allevamento bovino e nella ristrutturazione di un manufatto, da adibire a locale di lavorazione e vendita di prodotti agricoli, già oggetto del permesso di costruire n. 31/2011. I lavori, a loro dire erroneamente qualificati, dalla Regione, come attività di cava, coincidevano, altresì, con “movimenti di terra” connessi a opere stradali, non soggetti alla legge regionale sopra citata. In ogni caso, si trattava di lavori attinenti alla manutenzione del fondo, regolarmente assentiti, anche in forza dell’autorizzazione del 21.11.2013, di non rilevante consistenza, e non necessitanti di alcuna autorizzazione regionale.

Parte ricorrente, ancora, deduceva la violazione delle garanzie procedimentali, in quanto i provvedimenti gravati erano stati emessi, in pendenza del sequestro penale sui luoghi di causa, il che aveva impedito l’accesso al fondo, per acquisire dati ed eseguire rilievi e misurazioni utili al contraddittorio procedimentale con l’Amministrazione. Il sequestro penale, poi, aveva già, di fatto, sospeso ogni attività sul fondo, così rendendo superfluo ed irragionevole il gravato ordine di sospensione.

Da ultimo, sarebbe stato violato l’art. 28 co. 1 della legge regionale n. 54/85, in quanto la Regione aveva ordinato il ripristino dello stato dei luoghi, senza specificare alcuna prescrizione, ma facendo generico riferimento al rispetto delle norme vigenti in materia.

La Regione Campania si costituiva in giudizio, riportandosi al contenuto della relazione n. -OMISSIS-della Direzione Generale Lavori Pubblici e Protezione Civile - Genio Civile di Benevento, insistendo per il rigetto del ricorso.

Con ordinanza n. -OMISSIS- il Tribunale richiedeva alle parti chiarimenti istruttori sui fatti di causa, con particolare riferimento alla perdurante efficacia del provvedimento di sequestro, al momento dell’emanazione dei provvedimenti impugnati.

La ricorrente depositata documentazione integrativa, cosicché, all’udienza pubblica del 23 novembre 2022, la causa è stata trattenuta in decisione.

Il ricorso è infondato per le considerazioni che seguono.

A seguito dei sopralluoghi del 4.12.2014 e del 9.12.2014, veniva accertata la presenza di lavori di scavo e movimentazioni di terre interessanti l’appezzamento di terreno sito alla località -OMISSIS- condotto in affitto dalla sig.ra -OMISSIS-;
più in particolare, tali lavori consistevano nello scavo in terreno, costituito da roccia calcarea, interessante la p.lla -OMISSIS- Veniva, quindi, stimato un prelievo di materiale calcareo di circa mc 7.923,30, di cui mc 6.753,30 non rinvenibili in sito.

Ciò premesso, la Regione Campania, rilevando come il materiale scavato era costituito da roccia calcarea e, pertanto, rientrava tra quelli di 2 ° categoria, di cui all’art. 2 del R. D. 29 luglio 1927, n. 1443, e costituiva, quindi, materiale industrialmente utilizzabile, vista la morfologia dei luoghi e degli scavi eseguiti, contestava l’esercizio di cava abusiva ed irrogava la sanzione amministrativa di cui all’art. 6 della L.R n. 13/1983 e dell’art. 28 co. 1 della L.R. n. 54/1985. Ordinava, altresì, la sospensione dell’attività abusiva e la presentazione di un progetto di ripristino dello stato dei luoghi o di ricomposizione ambientale.

Ciò premesso, è opinione del Collegio che il ricorso vada respinto, in quanto parte ricorrente non ha fornito elementi probatori, idonei a superare i rilievi che l’Amministrazione ha posto alla base dei provvedimenti impugnati, e che trovano il loro fondamento nei verbali dei sopralluoghi, eseguiti in data 4.12.2014 e 9.12.2014.

Parte ricorrente, invero, si limita ad asserire genericamente che i lavori oggetto di contestazione sarebbero autorizzati, in virtù del permesso di costruire n. -OMISSIS-, rilasciato in variante al permesso di costruire n. -OMISSIS- e dell’autorizzazione del 21.11.2013 alla sistemazione della strada d’accesso al cantiere e non sarebbero, quindi, soggetti alla disciplina regionale dettata, in materia di cave, dalla legge regionale n. 54/85, trattandosi di lavori effettuati in un terreno ove è in corso la costruzione di opere private ( art. 1, co. 3, legge regionale n. 54/95) e, comunque, costituendo movimenti di terra che avvengono per opere stradali (art 1, co. 4, legge regionale n. 54/85).

Tale assunto, tuttavia, oltre che sfornito di supporto probatorio, risulta smentito dai rilievi, eseguiti dagli organi accertatori e fatti propri dalla Regione, nei provvedimenti impugnati, ove s’è evidenziata precipuamente la natura e consistenza dei materiali rilevati e l’entità dei lavori di scavo, ritenendoli non riconducibili né alla nozione di “lavori di costruzione di opere pubbliche o private” né a “lavori di miglioramento fondiario”, in quanto interessanti una superficie diversa (p.lla -OMISSIS-) da quella (p.lla -OMISSIS-), sulla quale dovevano realizzarsi le opere di cui al citato permesso di costruire e di entità non riconducibile agli standard di miglioramento fondiario.

Preme, altresì, rilevare che, con riferimento a tale ultima contestazione, così come a quella, secondo cui i lavori non erano sussumibili nella disciplina di terre e rocce da scavo, per mancanza dei requisiti di cui all’art 184 bis del D. Lgs. n. 152/2006, né interessavano alvei e/o zone golenali, parte ricorrente non propone specifici motivi di censura, mentre la circostanza, secondo cui i lavori interessavano una superficie diversa da quella, su cui dovevano realizzarsi le opere di cui al permesso di costruire, viene evidenziata anche dal provvedimento di convalida di sequestro del Tribunale di Benevento del 6.03.2015, depositato in atti dalla stessa ricorrente.

Non può essere, infine, condivisa la censura, prospettata in ricorso, secondo cui la pendenza del sequestro penale inciderebbe sulla legittimità dei provvedimenti impugnati, in quanto deve ritenersi, al contrario, che il sequestro penale non incide, di per sé, su alcuno dei presupposti previsti dalla legge, per l'esercizio del potere sanzionatorio dell'Amministrazione.

Analogamente è a dirsi per la mancata specificazione, da parte della Regione, delle prescrizioni imposte in sede d’elaborazione del piano di ripristino dei luoghi, trattandosi di un incombente che grava sull’autore dell’abuso ed attenendo tali prescrizioni alla fase, tipicamente esecutiva, della sanzione ripristinatoria.

Per quanto sin qui dedotto, il ricorso va respinto. Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano nella misura indicata in dispositivo.

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