TAR Venezia, sez. I, sentenza 2010-02-11, n. 201000447
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta
Segnala un errore nella sintesiTesto completo
N. 00447/2010 REG.SN.
N. 02666/1998 REG.RIC.
N. 01083/2006 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SNTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 2666 del 1998, proposto da:
P E e S E di P L D, rappresentato e difeso dagli avv. R A, M P, con domicilio presso l’intestato Tribunale ai sensi dell’art. 35 del RD n. 1054/24;
contro
Comune di Romano D'Ezzelino - (Vi), rappresentato e difeso dagli avv. D B, Luigi B, con domicilio eletto presso D B in Venezia-Mestre, via Cappuccina, 9/G;
Sul ricorso numero di registro generale 1083 del 2006, proposto da:
Perin Antonio ed Altri, rappresentato e difeso dagli avv. R A, M P, con domicilio presso l’intestato Tribunale ai sensi dell’art. 35 del RD n. 1054/24;
contro
Provincia di Vicenza - (Vi), rappresentato e difeso dagli avv. Paolo Balzani, Maria Elisabetta Bolisani, Giorgio Fracasso, Paola Mistrorigo, Antonio Sartori, con domicilio eletto presso Antonio Sartori in Venezia-Mestre, Calle del Sale, 33;Comune di Romano D'Ezzelino - (Vi), rappresentato e difeso dall'avv. Marcello Fracanzani, con domicilio presso l’intestato Tribunale ai sensi dell’art. 35 del RD n. 1054/24;
per l'annullamento
dell’ordinanza 26.5.1998 n. 56 di diniego di apertura di passo carraio e di ripristino dei luoghi;
dell’atto 24.1.2006 n. 4025 con cui la Provincia intima al Comune di Romano d’Ezzelino di chiudere il passo carraio;
del conseguente ordine 1.2.2006 n. 1502 del Comune all’impresa esecutrice dei lavori;
del nulla osta 28.5.2002 n. 28375 all’esecuzione dei lavori;
delle deliberazioni giuntali 19.12.2000 n. 288 e 9.4.2002 n. 62, nonché della determinazione dirigenziale 2.12.2002 n. 1185 con cui il Comune approva, rispettivamente, il progetto preliminare, definitivo ed esecutivo dei lavori;
Visti i ricorsi con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Romano D'Ezzelino - (Vi) e di Provincia di Vicenza - (Vi) e di Comune di Romano D'Ezzelino - (Vi);
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 gennaio 2010 il dott. Claudio Rovis e uditi l'avv.to Alba per i ricorrenti e l'avv.to Torchiano, in sostituzione dell'avv.to Beccarello, per il Comune resistente;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con deliberazione consiliare 2.10.1987 n. 149 il Comune di Romano d’Ezzelino approvava il progetto di tombatura della roggia Cornara e di rettifica della via Bassanese, in funzione propedeutica alla sistemazione dell’incrocio tra la predetta strada e la SS n. 48, ove confluivano anche altre direttrici.
Per la realizzazione di tali lavori l’Amministrazione comunale stipulava con gli odierni ricorrenti, in data 9.12.1991, un contratto preliminare di compravendita di una fascia di terreno di circa 468 mq corrente lungo i confini nord (adiacente alla SS 48) e ovest (adiacente alla Bassanese) della loro proprietà. Il contratto, che stabiliva in £ 30.000/mq il prezzo della cessione (prezzo da corrispondersi alla stipula dell’atto notarile, a seguito del frazionamento dell’area e del finanziamento dell’opera da parte degli altri Comuni contermini interessati), prevedeva, fra l’altro, l’attribuzione immediata al Comune della disponibilità dell’area e l’impegno, da parte di quest’ultimo, di realizzare un muretto di recinzione dotato di fori e “di ogni altra finitura atta alla posa in opera in fase successiva di rete e stanti, di inferriate e cancelli sia lungo v. Bassanese che fronte SS n. 258” (cfr. l’art. 3 del preliminare citato), opere, queste ultime, di pertinenza dei ricorrenti.
Allo stato, il contratto definitivo di compravendita non risulta stipulato in quanto, nelle more, i ricorrenti hanno chiesto la risoluzione del preliminare per asserito inadempimento del Comune alle obbligazioni di pagamento del corrispettivo e di mantenimento del passo carrabile che si affermava esistente sulla via Bassanese: la relativa causa è sub iudice .
In data 20 gennaio 1998 i ricorrenti presentavano una DIA a sanatoria con la quale affermavano essere in corso d’esecuzione la “costruzione di due pilastri…sui quali saranno montate le due ante del cancello, mentre lateralmente verso est sarà ricavato un cancelletto pedonale…”.
Con provvedimento 26.5.1998 n. 56 l’Amministrazione comunale, rilevato che le opere dichiarate realizzavano un passo carraio “posizionato in curva e tale da risultare in contrasto con gli artt. 22 e 211 del DLgs n. 285/92, nonché con gli artt. 44, 45 e 46 del relativo regolamento di attuazione…”, negava l’autorizzazione, irrogava la sanzione pecuniaria di £ 235.000 e ordinava la demolizione delle opere eseguite ed il ripristino dei luoghi.
Con ricorso RG n. 2666/98 avversavano tale determinazione, limitatamente al diniego di apertura del passo carraio e all’ordine di ripristino dello stato dei luoghi, gli odierni ricorrenti denunciandone l’illegittimità per eccesso di potere sotto i profili della perplessità (il provvedimento risultava sottoscritto sia dal Sindaco che dal dirigente responsabile del settore edilizio), del difetto di presupposto (l’opera, in assenza di una dichiarazione di p.u., non poteva considerarsi pubblica) e della carenza di motivazione (per aver respinto la DIA interamente, anche relativamente al posizionamento delle inferriate sulla recinzione).
Resisteva in giudizio il Comune di Romano d’Ezzelino opponendo l’infondatezza del ricorso, del quale, conseguentemente, chiedeva la reiezione.
Successivamente e parallelamente alla vicenda del passo carrabile il Comune di Romano d’Ezzelino, congiuntamente con i Comuni di Bassano e di Cassola, proseguiva nell’ iter di sistemazione dell’incrocio tra la SS 248 e la via Bassanese: con deliberazioni giuntali n. 288/00 e n. 62/02 approvava il progetto preliminare e, rispettivamente, quello definitivo, e con determinazione dirigenziale n. 1185/02 approvava il progetto esecutivo.
A seguito del declassamento della SS 248 a strada provinciale veniva chiesto alla Provincia di Vicenza il nulla osta per la realizzazione dei lavori di costruzione della rotatoria, che veniva rilasciato in data 28 maggio 2002 con l’espressa prescrizione, tra l’altro, che “l’accesso carraio della ditta Perin dovrà essere chiuso mediante cordolo invalicabile o tratto recinzione posto in andamento con la recinzione esistente” (cfr. il punto 3b del disciplinare tecnico, allegato sub B).
Successivamente, a seguito di variante alla realizzazione della rotatoria, la Provincia di Vicenza rilasciava un nuovo nulla osta che “annulla e sostituisce, per le sole parti in contrasto con essa, la nostra precedente nota prot. n. 28375 del 28.5.2002”, ossia l’originario nulla osta (cfr. l’art. 7 del dispositivo).
Con nota 24.1.2006 la Provincia, rilevato in particolare che a seguito di sopralluogo era emerso che “non è stato chiuso l’accesso in rotatoria della ditta Perin”, intimava al Comune di provvedere in conformità entro “giorni 30”.
Il Comune ottemperava in data 1.2.2006 incaricando di ciò l’impresa esecutrice dei lavori, che, a sua volta eseguiva l’occlusione dell’accesso nel successivo mese di aprile.
Avverso la diffida 24.1.2006 della Provincia di provvedere alla chiusura del passo carraio, il conseguente ordine di chiusura 1.2.2006 impartito dal Comune, il nulla osta 28.5.2002 della Provincia all’esecuzione dei lavori ed i provvedimenti giuntali n.i 288/00 e 62/02 e dirigenziale n. 1185/02 di approvazione, rispettivamente, del progetto preliminare, definitivo ed esecutivo dell’opera, insorgevano i ricorrenti (con gravame iscritto al n. 1083/06 di RG) contestandone l’illegittimità per violazione di legge e per eccesso di potere sotto diversi profili e chiedendone l’annullamento.
Resistevano in giudizio il Comune di Romano d’Ezzelino e la Provincia di Vicenza rilevando l’infondatezza del ricorso e chiedendone, quindi, la reiezione.
Entrambe le cause sono state chiamate all’udienza del 21 gennaio 2010, ove sono state introitate per la decisione.
DIRITTO
1.- Va disposta in via preliminare la riunione degli epigrafati ricorsi, attesa la loro connessione soggettiva ed oggettiva che, ancorchè parziale, ne rende opportuna la trattazione congiunta.
2.- Il ricorso n. 2666/98 è infondato.
2.1.- Contesta l’interessato, con il primo motivo, l’illegittimità dell’impugnato provvedimento di diniego di apertura di passo carraio per perplessità, essendo stato sottoscritto sia dal dirigente responsabile del settore edilizio, sia dal Sindaco.
La doglianza non ha pregio.
È noto che la realizzazione di un passo carraio richiede tanto l’autorizzazione edilizia, quanto l’autorizzazione dell’ente proprietario della strada (cfr. TAR Veneto, II, 29.3.1991 n. 210) il quale è tenuto a provvedere ai sensi dell’art. 14 del c.d.s. con lo scopo “di garantire la sicurezza e la fluidità della circolazione”.
L’art. 51 della legge n. 142/90 (che si applica alla fattispecie in virtù del principio tempus regit actum), nell’attribuire competenza generale ai dirigenti, mantiene ferme le incombenze del Sindaco previste dalla legge: orbene, sia gli artt. 13, II comma e 35, IX (e X) comma della legge n. 47/85, sia l’art. 97, III comma della LR n. 61/85 assegnano al Sindaco la potestà di rilasciare la concessione e l’autorizzazione edilizia in sanatoria.
Soltanto l’art. 6 della legge 15.5.1997 n. 127, modificando l’art. 51 della legge n. 142/90, ha previsto alla lett. f) che spettano alla competenza dei dirigenti “i provvedimenti di autorizzazione, concessione o analoghi, il cui rilascio presupponga accertamenti e valutazioni, anche di natura discrezionale, nel rispetto di criteri predeterminati dalla legge, dai regolamenti, da atti generali di indirizzo, ivi comprese le autorizzazioni e le concessioni edilizie”.
Successivamente, la legge 16.6.1998 n. 191 ha, a sua volta, modificato l’art. 6 della legge n. 127/97 introducendo la lett. f bis), secondo la quale spettano ai dirigenti “tutti i provvedimenti di sospensione dei lavori, abbattimento e riduzione in pristino di competenza comunale, nonché i poteri di vigilanza edilizia e di irrogazione delle sanzioni amministrative previsti dalla vigente legislazione statale e regionale in materia di prevenzione e repressione dell’abusivismo edilizio e paesaggistico ambientale”, così espressamente attribuendo alla dirigenza anche i provvedimenti di vigilanza in campo edilizio e di irrogazione delle sanzioni: tale spostamento di competenze - analogamente a quello già attuato dalla legge n. 127/97 cit. (il cui art. 6, II comma, nel sostituire il secondo periodo del terzo comma dell’art. 51 della legge n. 142/90, ha prescritto che i poteri ivi elencati erano attribuiti ai dirigenti “secondo le modalità stabilite dallo statuto o dai regolamenti dell’ente”) -, peraltro, non è automatico, ma resta subordinato alla previa approvazione delle modifiche statutarie e regolamentari atte a determinare le modalità per l’espletamento delle relative funzioni (CdS, V, 23.6.2003 n. 3717;II, 28.4.1999 n. 535).
E’ invece con l’art. 107 del TU 18.8.2000 n. 267 che il dirigente acquista competenza generale ed incondizionata all’adozione dei provvedimenti in materia edilizia.
Orbene, così delineata l’evoluzione del quadro normativo nel settore, è evidente che nel caso in esame - ove non risulta che il Comune di Romano d’Ezzelino avesse approvato le necessarie modifiche statutarie onde accreditare la competenza dirigenziale in materia di autorizzazioni e concessioni edilizie in sanatoria - la competenza a negare la richiesta autorizzazione edilizia apparteneva al Sindaco, e non già all’apparato burocratico del Comune (CdS, V, 4.5.2004 n. 2694;TAR Veneto, II, 15.1.2008 n. 62;TAR Napoli, II, 12.2.2007 n. 1193): mentre la competenza ad autorizzare il passo carraio ai sensi del combinato disposto dagli artt. 22 e 14 del c.d.s. (ai fini della sicurezza stradale) era attribuita al dirigente giusta l’ampia formula contenuta nell’art. 51, II comma della legge n. 142/90, alla stregua di cui “i poteri di indirizzo e di controllo spettano agli organi elettivi mentre la gestione amministrativa è attribuita ai dirigenti”.
Conclusivamente, dunque, la sottoscrizione, da parte del Sindaco e del dirigente, del diniego di autorizzazione all’apertura del passo carrabile risulta giustificata dalla bivalenza – edilizia e di sicurezza della viabilità (via Bassanese è strada comunale) – del provvedimento in questione.
2.2.- Infondata è anche la successiva censura con cui i ricorrenti denunciano l’illegittimità della contestata determinazione comunale per difetto di presupposto, in quanto l’opera viaria che aveva giustificato il diniego di apertura di passo carraio sarebbe priva della connotazione pubblicistica per carenza della dichiarazione di pubblica utilità.
A prescindere dalla considerazione che il carattere pubblico di un’opera è correlato non già alla dichiarazione di p.u., bensì al riscontro di un assetto giuridico dell’opera in sé idoneo a determinarne la destinazione pubblica, nel caso di specie i previsti lavori di sistemazione dell’incrocio stradale, ostativi all’apertura del passo carraio, dovevano realizzarsi sull’area di proprietà dei ricorrenti oggetto del preliminare di compravendita e la cui disponibilità era stata immediatamente attribuita al Comune: il quale, conseguentemente, non dovendo ricorrere alla procedura espropriativa, non aveva alcun motivo per dichiarare di pubblica utilità la realizzanda opera.
Ma ciò non toglie – lo si ribadisce – che si tratti di un’opera pubblica realizzata legittimamente su terreni di cui il Comune aveva ed ha il legittimo possesso (in virtù del rapporto privatistico sorto con il contratto preliminare di compravendita del 9.12.1991, tutt’ora valido ed efficace), essendo irrilevante nel presente contesto che i ricorrenti abbiano chiesto la risoluzione del preliminare stesso per asserito inadempimento del Comune, con conseguente restituzione delle aree: restituzione che, peraltro, è subordinata sia all’esito favorevole (ai ricorrenti) della causa, sia al mancato avvalimento, da parte del Comune, dell’opzione prevista dall’art. 43 del DPR n. 327/01.
Né sussisteva alcun obbligo del Comune di assentire, in sede di completamento da parte dei ricorrenti della recinzione in calcestruzzo che il Comune stesso si era impegnato a ricostruire (e che aveva effettivamente ricostruito) in posizione arretrata, un accesso sulla via Bassanese, atteso che sicuramente il preliminare non prevedeva siffatto obbligo: l’art. 3 del relativo contratto, infatti, impegnava il Comune a realizzare il muretto di recinzione in c.s. dotato di ogni finitura che consentisse la successiva posa in opera, da parte degli odierni ricorrenti, “di rete e stanti, di inferriate e cancelli sia lungo v. Bassanese che fronte SS n. 248”. Ove il termine “cancelli”, privo di qualsiasi precisa indicazione allocativa, lungi dal presupporre il rilascio di un’autorizzazione all’apertura di un passo carraio per automezzi, e lungi, altresì, dal presupporlo necessariamente lungo la via Bassanese, non può che avere mera valenza, tutt’al più, di riserva dei ricorrenti di collocare un accesso pedonale (che, sussistendo la recinzione, non ha bisogno di autorizzazioni amministrative).
2.3.- Con l’ultima censura i ricorrenti deducono il difetto di motivazione dell’impugnata ordinanza per aver il Comune asseritamente respinto la DIA nella sua totalità, anche con riguardo alla collocazione dell’inferriata sulla recinzione.
L’infondatezza della censura risulta inequivocabilmente dalla mera lettura del provvedimento: ivi, infatti, dopo aver dato atto (nelle premesse) che con la “DIA vengono dichiarate come già eseguite le seguenti opere: costruzione di due pilastri con installazione su di essi di cancello a due ante oltre alla messa in opera di inferriate sulle porzioni laterali allo stesso con ricavo di cancelletto pedonale ad est” e che la predetta opera (e cioè la costruzione dei pilastri) configurava “la realizzazione di un accesso carraio” che contrastava con le vigenti disposizioni normative e con il progetto relativo alla sistemazione dell’incrocio, si nega (nel dispositivo) soltanto l’autorizzazione all’apertura del passo carraio ed all’esecuzione di ogni altra opera ad essa funzionale, relativamente a cui, peraltro, si irroga la prescritta sanzione amministrativa e si dispone contestualmente la rimessione in pristino dell’abuso perpetrato.
Nulla, invece, si disponeva relativamente all’inferriata da posizionare (ovvero già posizionata) sul muretto della recinzione, la cui realizzazione, pertanto, doveva ritenersi legittimata.
3.- Analogamente infondato è anche il ricorso n. 1083/06.
3.1.- Con il primo motivo i ricorrenti lamentano la violazione dell’art. 7 della legge n. 241/90 con riferimento a tutti i provvedimenti impugnati.
Quanto ai provvedimenti di approvazione delle opere di sistemazione stradale (deliberazioni GM n.i 288/00 e 62/02 e determinazione dirigenziale n. 1185/02), l’infondatezza della doglianza è conseguente alla considerazione che nessun avvio del procedimento doveva essere comunicato agli odierni ricorrenti, atteso che essi non erano interessati alla procedura ablatoria in quanto con il contratto preliminare di compravendita 9.12.1991 si erano impegnati a cedere bonariamente i terreni necessari per i lavori e ne avevano altresì conferito con effetto immediato al Comune il possesso (cfr. l’art. 4 del contratto) ai fini della loro esecuzione. A tal proposito, peraltro, il Comune ha affermato (cfr. la memoria 1.6.2006, pagg. 9 e 15) – né risulta contraddetto dai ricorrenti - che i predetti provvedimenti, in quanto relativi alla procedura espropriativa nei confronti degli altri proprietari dei terreni interessati dall’opera pubblica che non avevano inteso cederli in via bonaria, erano stati depositati all’Albo Pretorio e che di tale deposito era stata resa edotta mediante notifica del relativo avviso anche la ditta Perin.
Quanto, invece, al provvedimento 24.1.2006 n. 4025 con cui la Provincia di Vicenza aveva intimato al Comune di chiudere il passo carraio abusivamente realizzato dai ricorrenti, l’infondatezza della doglianza è correlata alla considerazione che detta intimazione era indirizzata esclusivamente al Comune, nell’ambito del rapporto intercorrente tra la Provincia proprietaria della strada che aveva rilasciato il nulla osta all’esecuzione dei lavori (con l’espressa prescrizione che l’accesso carraio della ditta Perin fosse chiuso: cfr. l’art. 3b del disciplinare tecnico allegato sub “B” al nulla osta 28.5.2002) ed il Comune di Romano d’Ezzelino quale stazione appaltante dell’opera pubblica stradale.
3.2.- Inconsistente è anche l’ulteriore censura con cui i ricorrenti denunciano l’illegittimità della diffida al Comune di chiudere il passo carraio sotto il profilo del difetto di presupposto, in quanto detto accesso “è sempre esistito, è stato autorizzato dal Comune ed il suo mantenimento costituiva una delle obbligazioni del contratto preliminare” e, inoltre, la Provincia l’avrebbe implicitamente assentito con il rilascio del successivo nulla osta 9.7.2003, ove aveva previsto l’abbassamento del marciapiede in corrispondenza del predetto accesso e non aveva ripetuto la prescrizione inerente alla sua chiusura.
Quanto al primo profilo, va osservato che se fosse vero che il passo carraio “è sempre esistito”, esso sarebbe sempre esistito come abuso – e, in quanto tale, da reprimere -, atteso che i ricorrenti non sono stati in grado di produrre il relativo documento autorizzatorio, necessario ai sensi dell’art. 4 del RD n. 1740/33 prima, ed ai sensi dell’art. 22 del DLgs n. 285/92 ora. Né la sua sanatoria costituiva obbligazione prevista dal contratto preliminare: già s’è detto, infatti, che il preliminare consentiva genericamente ai ricorrenti la posa in opera di “inferriate e cancelli” a titolo di completamento della recinzione in calcestruzzo realizzata dal Comune, senza alcun passo carraio per automezzi (esplicitamente non menzionato), ma, semmai, al fine di aprire un semplice varco pedonale.
Quanto al secondo profilo, il nulla osta provinciale del 2003 non può in nessun modo essere interpretato come implicito assenso al passo carrabile: non può anzitutto perché tale assenso doveva provenire dal Comune (via Bassanese è, infatti, strada comunale), poi perché l’abbassamento del livello del marciapiede non è esclusivamente strumentale ad un passo carrabile per automezzi (potendo anche essere realizzato per agevolare pedoni, disabili, mamme con carrozzine, etc.), infine perché – come s’è anticipato in narrativa - il nuovo nulla osta “annulla e sostituisce, per le sole parti in contrasto con essa, la nostra precedente nota prot. N. 28375 del 28.5.2002” (cfr. l’art. 7 del dispositivo) e, quindi, certamente non la prescrizione di chiusura del passo carraio della ditta Perin, la cui vigenza è non solo non incompatibile, ma anzi obbligata.
3.3.- Dalla riscontrata immunità della diffida della Provincia dai dedotti vizi deriva, ovviamente, l’infondatezza della censura di illegittimità derivata dell’ottemperanza prestata dal Comune alla predetta diffida.
3.4.- Né la disposta chiusura dell’accesso è illegittima per carenza di potere: la disponibilità dell’area ove realizzare l’opera stradale e l’obbligazione di ricostruire arretrato il muretto di recinzione dello scoperto della ditta Perin erano espressamente contemplate nel preliminare del 1991, che, alla stregua di quanto argomentato innanzi, non prevedeva, contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, alcuna sanatoria dell’accesso esistente.
3.5.- Analogamente immune dai denunciati vizi di difetto di motivazione e di istruttoria è il contestato nulla osta provinciale 28.5.2002 nella parte in cui prescrive la chiusura del passo carraio. Irrilevante, infatti, è l’asserita “preesistenza dell’accesso da oltre trent’anni”: l’apertura abusiva di un passo carraio costituisce, invero, illecito permanente sia sotto il profilo urbanistico che sotto il profilo della sicurezza stradale, e la sua repressione è pertanto attività vincolata soprattutto quando – come nel caso di specie – contrasta palesemente con le norme dettate a tutela della “sicurezza e della fluidità della circolazione”;quanto, poi, all’affermazione che “nei pregressi rapporti con il Comune il mantenimento dell’accesso era una precisa obbligazione contrattuale”, già s’è detto come essa – a prescindere dalla considerazione che, ancorchè l’accesso fosse legittimo, la sua chiusura sarebbe stata comunque inevitabile in virtù del combinato disposto dagli artt. 22, II comma del c.d.s. e 46, II comma, lett. a) del relativo regolamento, non vertendosi nell’ipotesi di cui all’ultimo comma del citato art. 46 del regolamento del c.d.s. (il complesso immobiliare della ditta Perin, infatti, è comodamente servito da altro accesso carraio) - non trovi alcun riscontro nel contratto preliminare del 1991;in relazione, infine, all’assunto secondo cui la Provincia non avrebbe considerato che “il complesso immobiliare dei ricorrenti è costituito da due specifiche e separate entità economiche”, è sufficiente osservare che, come si è appena detto, gli immobili della ditta Perin fruiscono di altro comodo accesso carraio posto lateralmente alla proprietà.
3.6.- Con le ultime tre censure - che possono essere trattate congiuntamente, attesa la loro connessione -, infine, i ricorrenti denunciano l’illegittimità della deliberazione giuntale 19.12.2000 n. 288 di approvazione del progetto preliminare dell’opera per incompetenza (sarebbe competente il Consiglio comunale), per violazione dell’art. 1 della legge n. 1/78 (che connette la dichiarazione di p.u. all’approvazione del progetto definitivo: nel caso di specie, invece, la p.u. è stata dichiarata col provvedimento impugnato) e per violazione dell’art. 13 della legge n. 2359 del 1865 (i termini di cinque anni per il compimento dei lavori e delle espropriazioni è stato fissato con decorrenza dalla data di approvazione del progetto definitivo, rendendo per ciò stesso aleatori i termini stessi).
Le censure sono inammissibili per difetto di interesse, prima ancora che improcedibili per sopravvenuto difetto di interesse.
3.6.1.- Inammissibili perché, come si è detto, l’acquisizione dei terreni dei ricorrenti su cui è stato attuato il contestato intervento di sistemazione viaria trae giustificazione e fondamento non già dalla procedura ablatoria iniziata con l’impugnato provvedimento giuntale, ma esclusivamente dal contratto preliminare di compravendita 9.12.1991, ove era espressamente stabilito che “l’immissione in possesso dell’area a favore del Comune di Romano si intende a partire dalla data odierna”.
3.6.2.- Improcedibili, in quanto i ricorrenti hanno omesso di formulare qualsiasi censura nei confronti della successiva delibera della Giunta comunale 9.4.2002 n. 62 di approvazione del progetto definitivo dell'opera controversa.
Invero, ai sensi dell’art. 16 della legge 11 febbraio 1994 n. 109 il progetto preliminare riveste un ruolo di carattere propedeutico rispetto al procedimento espropriativo. Quindi, nel connesso procedimento espropriativo, la dichiarazione di pubblica utilità dell'opera consegue solamente all'approvazione del progetto definitivo (cfr., ex pluribus, TAR Campania Salerno, I, 4.4.2008 n. 473), che possiede i carattere complessivi non più modificabili dell'opera, non anche a quello preliminare che è ancora suscettibile di modificazioni (cfr. CdS, IV, 11.5.2004 n. 2930).
Il provvedimento realmente lesivo nel controverso procedimento espropriativo è quindi la deliberazione giuntale n. 62/02 (nei cui confronti, lo si ribadisce, non sono state sollevate censure) di approvazione del progetto definitivo, mentre l'eventuale annullamento dell'impugnata deliberazione di approvazione del progetto preliminare (anche se dichiara, ma erroneamente, la pubblica utilità dell'opera) non avrebbe effetti caducatori nei confronti della predetta deliberazione giuntale, attesa la menzionata, diversa valenza dei due atti nel procedimento espropriativo (TAR Veneto, I, 23.2.2006 n. 416).
4.- Per le considerazioni che precedono, dunque, il ricorsi sono infondati e vanno respinti.
Le spese possono essere compensate.