TAR Napoli, sez. II, sentenza 2009-09-11, n. 200904934

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. II, sentenza 2009-09-11, n. 200904934
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 200904934
Data del deposito : 11 settembre 2009
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01501/2008 REG.RIC.

N. 04934/2009 REG.SEN.

N. 01501/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 1501 del 2008, proposto da:
Progetto Casa 2000 S.p.A.,in persona del legale rapp.te p.t., rappresentato e difeso dall'avv. F L, presso cui elett.te dom. in Napoli, via Caracciolo N.15;

contro

Comune di Melito di Napoli, in persona della Commissione straordinaria p.t., rappresentato e difeso dagli avv. F F, D I, L L, con i quali dom. in Napoli segreteria TAR

per l'annullamento

- della delibera commissariale n. 190 del 6.12.2007 che annulla la delibera giuntale n. 39/2001;

-di ogni altro atto preordinato, connesso e consequenziale, ivi compresa la delibera commissariale 91/2007 e la relazione proposta di delibera del funzionario sovraordinato e del responsabile.

E nel ricorso per motivi aggiunti notificato in data 17-18 luglio 2008

Per l’annullamento

Delle ordinanze nn. 15-16-17-18-19-20-21-22-23-24-25-26-27-28-29 e 30/2008 notificate il 22.5.2008 di annullamento delle concessioni edilizie nn. 64/2001 e variante 98/2002;
36/2001 e variante 21/02;
97/2001 e variante 109/02;
71/2001 e varianti 106/2001 102/02;
107/2001;
110/01 e variante 127/02;
111/01 e variante 99/02;
37/2001 e varianti 19/2002 e 128/2002;
39/2001 e variante 126/2002;
42/2001;
43/2001;
44/2001;
45/2001;
126/2001 e variante 100/2002;
127/2001 e variante 101/2002;
128/2001 e variante 22/2002;

e ha dichiarato l’inefficacia della convenzione del 2.5.2001 racc 720, modificata il 7.11.2001, disponendo l’acquisizione dell’immobile ivi indicato;

della delibera della commissione straordinaria n. 190 del 6.12.2007 ivi richiamata

e nell’ulteriore ricorso per motivi aggiunti notificato in data 19-20 giugno 2008

per l’annullamento

dell’ordinanza n. 31/08 del 17.4.2008 con cui si annulla la concessione edilizia n. 153/2001, previa dichiarazione della inefficacia della convenzione del 2.5.2001, disponendo l’acquisizione dell’immobile ivi indicato, nonché la presupposta delibera della commissione straordinaria n. 190/2007.

di ogni altro atto preordinato, connesso e consequenziale.

Nonché per la condanna

Al risarcimento del danno ingiusto ai sensi della legge 205/200 e art. 35 D. Lgs 80/1998.


Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Melito di Napoli;

Visti i motivi aggiunti successivamente notificati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 09/07/2009 il Cons. A P e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO

La società in epigrafe premette di avere realizzato un intervento edilizio in territorio del Comune di Melito di Napoli, parte zona D e parte zona E, assentito con delibera di Giunta n. 39/2001 che aveva approvato la concessione convenzionata, e dato luogo in seguito al rilascio delle singole concessioni edilizie per la realizzazione di manufatti in zona artigianale con destinazione laboratorio- alloggio del custode ;
aggiunge che a seguito della applicazione del meccanismo incentivante previsto dall’art. 5 delle NTA sono state consentite delle volumetrie aggiuntive, per le quali sono state rilasciate varianti alle concessioni edilizie , e che l’intervento è stato pressoché ultimato.

Tuttavia, a seguito di azione penale promossa dalla procura della repubblica, gli edifici realizzati sono statri sottoposti a sequestro, e l’amministrazione comunale ha proceduto alla contestazione della fattispecie di lottizzazione abusiva.

In particolare la commissione straordinaria del Comune intimato ha annullato la delibera di GM n. 39/2001, con cui era stata approvata la convenzione per l’obbligo di realizzazione diretta delle opere di urbanizzazione, e scomputo di oneri concessori, e per l’obbligo di cessione gratuita di aree a favore del Comune con applicazione del meccanismo incentivante ex art. 5 delle NTA, convenzione sottoscritta in applicazione dell’art. 11 legge n. 10/1977, dando luogo poi al rilascio di una serie di concessioni convenzionate per l’edificazione in zona D del PRG vigente. L’annullamento di dette delibere ha condotto alla qualificazione ex post dell’intervento assentito quale lottizzazione abusiva.

Si ritiene nel costrutto della delibera emanata in autotutela che il rilascio della concessione avrebbe preceduto la approvazione della convenzione, e che in ogni caso la delibera sarebbe affetta da carenza di istruttoria, non essendo stati valutati gli elaborati grafici e la tipologia delle costruzioni assentite , alle quali già in progetto era stata impressa una tipologia abitativa, in zona incompatibile con destinazione residenziale.

tanto premesso, lamenta:

a) violazione artt. 21 nonies Legge 241/90 dell’ art. 14 legge 15/2005, ed eccesso di potere sotto vari profili: Il Comune ha proceduto ad annullamento di ufficio in carenza dei presupposti descritti dalla fattispecie normativa: mancherebbe la illegittimità della delibera da annullare, l’indicazione delle concrete ragioni di pubblico interesse che legittimano l’annullamento, anche in considerazione del lungo lasso di tempo trascorso- oltre sette anni . Sarebbe inoltre stato violato il limite della ragionevolezza fissato dalla norma, senza ponderare l’interesse dei destinatari e loro aventi causa

b) violazione art. 11 legge 10/77 art. 5 NTA del PRG: la società ha sottoscritto una convenzione con la quale si obbligava alla esecuzione diretta delle opere di urbanizzazione a scomputo degli oneri, oltre che alla cessione gratuita di aree a favore del Comune, con applicazione del meccanismo incentivante ex art 5 NTA del PRG. Sarebbe stato applicato il meccanismo della concessione convenzionata , modulo riconducibile agli accordi ex art. 11 legge 241/90 , con funzione integrativa del procedimento concessorio. Tali convenzioni sono diverse da quelle accessive ai piani di lottizzazione, i cui contenuti sono più complessi ed articolati, afferendo alla pianificazione urbanistica attuativa. Non si tratterebbe dunque di piano di lottizzazione,ma di concessione convenzionata, in cui la sottoscrizione della convenzione può seguire il rilascio del titolo edilizio. Non trattandosi peraltro di strumento urbanistico attuativo, mancava la necessità di sottoposizione dello stesso al controllo della Provincia. Non sussisterebbe quindi il divisato difetto di istruttoria, atteso che la delibera era stata istruita dall’ ufficio tecnico, valutata dalla CE che aveva individuato le opere di urbanizzazione primarie, e l’inserimento della convezione negli atti di trasferimento degli immobili. Per questo non sarebbe opponibile la mancata previsione della cessione di aree standard. Né sussisteva l’obbligo di verificare la tipologia dell’insediamento produttivo;

c) violazione art. 11 legge n.10/77 arrt. 42 D. Lgs 267/2000, eccesso di potere: non sussisteva la necessità di approvazione della convenzione dal Consiglio, non trattandosi di lottizzazione , ma di mero atto edilizio escluso dal novero degli atti fondamentali.

d) violazione art. 11 legge n. 10/77 ed eccesso di potere : gli interventi riguarderebbero tutti realizzazione di immobili con destinazioni differenti, ma pienamente compatibili con le zone D 2 e zona E.

e) violazione art. 5 NTA del PRG: è stata negata ingiustificatamente la possibilità di procedere ad ampliamento dell’altezza in cambio di cessione di aree da destinare ad attrezzature di interesse comune. La cessione gratuita di aree in favore del Comune è stata correlata al meccanismo premiale previsto dall’art. 5 citato che consente un incremento di tutti gli indici metrici dal 10 al 30 %, indici tra i quali è compresa anche l’altezza e quindi il numero di piani del fabbricato.

f) violazione art. 28 legge 1150/42 art. 11 legge 10/77, eccesso di potere : non sussiste il presupposto per la configurazione della lottizzazione abusiva.

g) violazione legge 1150/42, legge reg. 19/2001, eccesso di potere sotto vari profili, sviamento, incompetenza: la commissione straordinaria ha agito nel dichiarato intento di dettare linee guida per la corretta applicazione dello strumento urbanistico vigente, tale finalità persegue un potere atipico, e giunge ad una portata modificativa delle vigenti previsioni urbanistiche, in violazione delle norme per la formazione delle varianti ordinarie agli strumenti urbanistici come dettate dall’art. 24 LR n. 16/2004.

h) violazione e falsa applicazione LR 16/2004, DM 1444/68 eccesso di potere sotto vari profili: il contrasto all’abusivismo edilizio eventualmente riscontrato va perseguito con gli strumenti sanzionatori in proposito apprestati dall’ordinamento;

i) identiche censure, violazione LR n. 19/2001, violazione dei principi generali in materia di pianificazione urbanistica;
la delibera di fatto modifica le disposizioni delle NTA del PRG limitando lo ius aedificandi .In particolare per le zone D le istanze di permesso di costruire dovrebbero essere valutate, oltre che alla luce delle NTA, anche in relazione alle tipologie progettuali richieste allo scopo di scongiurare i cambi di destinazione di uso.

Instauratosi il contraddittorio, si è costituito in giudizio il Comune di Melito, contestando la fondatezza della domanda nel merito.

Premette il Comune intimato che l’area di cui è proprietaria la ricorrente si estende per circa 28000 mq , ricompressa parte in zona D2 e parte in zona E1. La società ha richiesto di essere autorizzata alla realizzazione di opere di urbanizzazione primaria a servizio di un realizzando insediamento, previa stipula della convenzione a scomputo degli oneri di urbanizzazione. La delibera comunale ha accolto tale istanza senza previamente verificare il rapporto tra il realizzando intervento edilizio e le opere di urbanizzazione;
le stesse non sono state dettagliatamente individuate. Ed invero è stato allegato un mero computo metrico estimativo;
non è stata indicata la tipologia delle attività produttive da insediare,elemento necessario ai fini della verifica delle opere necessarie di urbanizzazione.

Solo in sede di richiesta dei titoli edilizi, avvenuta successivamente, la società ha presentato gli atti progettuali dell’intervento sì che nel novembre 2001 venivano rilasciati 19 titoli edilizi per fabbricati a destinazione produttiva;
a maggio 2002 con 18 varianti sono stati autorizzati incrementi di volumetria. La tipologia degli edifici così configurata è risultata composta da piano interrato uso garage e deposito, piano terra uso locale produttivo, primo piano residenza del proprietario e secondo piano residenza del custode;
in dispregio anche della disposizione per cui in zona D sono possibili solo edifici a due piani.

A seguito di numerosi sopralluoghi sono stati emessi ordini di sospensione lavori e demolizione per la maggior parte dei cantieri. Il complesso è sotto sequestro preventivo penale, ed è contestata la sussistenza di una lottizzazione abusiva.

Pertanto la commissione straordinaria ha attivato il procedimento di annullamento in autotutela della delibera giuntale 39/2001 previa comunicazione ex art. 7 legge 241/90.

L’annullamento è motivato dalla circostanza che si è consentito di costruire in un lotto di rilevanti dimensioni privo di infrastrutture primarie e secondarie, applicando una convenzione ex art. 11 legge 10/77 che si riferisce in contrario a concessioni già istruite;
le opere di urbanizzazione sono state indicate in modo generico, senza procedere alla cessione di aree e standard obbligatori;
non è stata verificata la destinazione tipologica degli edifici assentiti;
per caratteristiche strutturali e tipologiche l’intero edificato ha una inequivoca destinazione residenziale. Si tratta quindi di un insediamento privo di lottizzazione,che ricade peraltro in zona incompatibile con la destinazione di fatto impressa.

Gli accertamenti eseguiti hanno interessato gli abusi mediante i quali è stata impressa agli edifici la destinazione residenziale. Per tali abusi risultano presentate istanze di condono ex lege n. 326/2003.

L’intervento eseguito , deduce conclusivamente l’amministrazione comunale, si è tradotto in una palese violazione dello strumento urbanistico anche per effetto della distorta applicazione del meccanismo premiale ex art. 5 delle NTA relativo alle altezze.

Rispetto ad una lottizzazione abusiva non sarebbe configurabile alcuna tutela dell’affidamento e quindi non sarebbe utilmente invocabile la tutela dell’art. 21 nonies legge 241/90.

Contesta inoltre che l’intervento non può qualificarsi come concessione convenzionata, atteso che nella sostanza la notevole estensione del lotto e la mancanza di urbanizzazioni imponevano di procedere mediante lottizzazione convenzionata;
lo strumento attuativo era necessario in presenza di una profonda trasformazione del territorio, trattandosi della costruzione di ben 18 edifici.

Peraltro, anche nella implausibile ipotesi di applicazione dell’art. 11 legge n. 10/77, la realizzazione diretta delle opere di urbanizzazione è parte integrante del titolo edilizio, cui è strettamente funzionale, sì che le opere di urbanizzazione dovevano previamente essere specificamente individuate. E’ quindi mancata anche la contestualità tra convenzione e rilascio del titolo edilizio.

Inoltre il tutto sarebbe avvenuto anche in violazione della delibera consiliare n. 35/2000, con la quale l’amministrazione ha approvato lo schema tipo di convenzione per le zone D ed E sottolineando che qualora si tratti di area non urbanizzata, il Comune deve valutare l’entità del nuovo insediamento in relazione al contesto urbanistico. Con la conseguenza che , in caso di area notevolmente estesa, sarà necessario ricorrere ai piani attuativi.

Con motivi aggiunti successivamente notificati la società in epigrafe è insorta avverso i successivi provvedimenti di annullamento dei titoli edilizi rilasciati, recanti altresì ordine di acquisizione degli immobili, deducendo motivi di illegittimità derivata.

Espone che con le ordinanze impugnate il Comune ha disposto l’acquisizione delle aree ed edifici insistenti sui lotti interessati dalle concessioni annullate , al fine della loro demolizione ai sensi dell’art. 30 comma 8 DPR 380. Contesta la sussistenza dei presupposti per ravvisare una lottizzazione abusiva, e nega che sia avvenuto cambio di destinazione di uso.

Deduce che, ove fosse stata illegittima la delibera giuntale n. 39/2001, l’amministrazione avrebbe dovuto procedere richiedendo il versamento degli oneri concessori, in via integrativa, non ravvisandosi profili di illegittimità sostanziale nel rilascio delle concessioni stesse.

Si richiama quindi all’art. 15 comma 9 legge n.10/77 che in caso di annullamento delle concessioni, qualora non sia possibile la rimozione dei vizi delle procedure amministrative, prevede l’applicazione di una sanzione pecuniaria. La P.A. nella specie non avrebbe ponderato adeguatamente tale possibilità.

Lamenta inoltre che non sono state puntualmente esaminate le controdeduzioni dell’interessata, con simulazione procedimentale.

Anche in relazione a tale impugnativa ha replicato il Comune di Melito.

Con successivi motivi aggiunti notificati in data 19-20 giugno 2008 la società in epigrafe impugna l’ordinanza n. 31/08 del 17.4.2008 con cui si annulla la concessione edilizia n. 153/2001, previa dichiarazione della inefficacia della convenzione del 2.5.2001, disponendo l’acquisizione dell’immobile ivi indicato, nonchè la presupposta delibera della commissione straordinaria n. 190/2007.

Deduce anche in questa impugnativa motivi analoghi a quelli sollevati nei precedenti ricorsi.

Con memoria depositata in data 15 novembre 2008 è stata versata in atti sentenza del G.U.P. di Napoli, recante conclusione del procedimento penale con sentenza di primo grado di assoluzione dal reato di lottizzazione abusiva, sentenza depositata in data 7 ottobre 2008.

Il Collegio, con ordinanza interlocutoria n. 3/2009, ha disposto incombenti istruttori,affidando una verificazione a funzionario dell’Assessorato urbanistica presso la Regione Campania. E’ stata depositata relazione scritta in data 19 maggio 2009.

Alla pubblica udienza del 9 luglio 2009 il ricorso è stato ritenuto in decisione.

DIRITTO

Il ricorso, unitamente ai primi ed ai secondi motivi aggiunti, è infondato e va respinto.

Giusta quanto evidenziato in punto di fatto, il presente giudizio verte sulla legittimità dei provvedimenti con i quali l’amministrazione comunale, contestando la sussistenza di una fattispecie di lottizzazione abusiva, ha annullato in autotutela la delibera di Giunta n. 39/2001 che aveva approvato la concessione convenzionata, e dato luogo in seguito al rilascio delle singole concessioni edilizie per la realizzazione di manufatti in zona artigianale con destinazione laboratorio- alloggio del custode;
di seguito ha annullato le singole concessioni edilizie, così come rilasciate anche a seguito di numerose varianti che hanno consentito aumenti di cubatura,

dichiarando l’inefficacia della convenzione del 2.5.2001 racc 720, modificata il 7.11.2001, e disponendo l’acquisizione degli immobili ivi indicati.

Le censure proposte non appaiono favorevolmente valutabili, risultando efficacemente contrastate dagli elementi offerti dalla difesa del Comune resistente, nonché dalle risultanze degli accertamenti disposti con la verificazione ordinata dal Collegio, e segnatamente:

a) quanto alla pretesa violazione dell’art. 21 nonies legge 241/90 ed art. 14 legge 15/2005, nonché eccesso di potere sotto vari profili ( viene dedotto che l’ annullamento di ufficio sarebbe carente dei presupposti: mancherebbe la illegittimità della delibera da annullare, l’indicazione delle concrete ragioni di pubblico interesse, anche in considerazione del lungo lasso di tempo trascorso) . Basti in contrario rilevare che nella fattispecie non appare violato il disposto dell’art. 21 nonies legge 241/90 il quale dispone: “Il provvedimento amministrativo illegittimo ai sensi dell'articolo 21-octies può essere annullato d'ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati, dall'organo che lo ha emanato, ovvero da altro organo previsto dalla legge. “

Il ricorrente invoca un orientamento giurisprudenziale, condiviso anche da questo Tribunale, a mente del quale il lungo lasso di tempo trascorso dalla commissione dell'abuso ed il protrarsi dell'inerzia dell'amministrazione preposta alla vigilanza, ingenera una posizione di affidamento nel privato, in relazione alla quale l'esercizio del potere repressivo è subordinato ad un onere di congrua motivazione che, avuto riguardo anche all'entità e alla tipologia dell'abuso, indichi il pubblico interesse, evidentemente diverso da quello ripristino della legalità, idoneo a giustificare il sacrificio del contrapposto interesse privato (C.d.S., Sez.V, 4/03/2008, n.883 T.A.R. Campania, Napoli, Sez. IV - 05/05/2009, n. 2357).

In sintesi, due sono i parametri normativi cui ancorare il limite per l’esercizio del potere:

ï�® la ragionevolezza del termine entro cui adottare l’atto di secondo grado

� la ponderazione degli interessi dei destinatari e dei controinteressati.

Osserva il Collegio, quanto al primo fattore, che seppure l’atto in autotutela è stato emesso dopo circa sette anni dal rilascio delle concessioni edilizie annullate , il termine non può dirsi irragionevole, con riferimento a tutte le peculiarità del caso concreto.

Sussiste in particolare un tertium comparationis normativo cui fare riferimento per determinare lo spatium temporis entro cui può dirsi elasso un termine ragionevole, in caso di annullamento di concessione edilizia illegittima, ed è rappresentato dalla disposizione dell’art. 39 DPR 380/01, che disciplina il potere regionale di annullamento del permesso di costruire:

“ 1. Entro dieci anni dalla loro adozione le deliberazioni ed i provvedimenti comunali che autorizzano interventi non conformi a prescrizioni degli strumenti urbanistici o dei regolamenti edilizi o comunque in contrasto con la normativa urbanistico-edilizia vigente al momento della loro adozione, possono essere annullati dalla regione.

2. Il provvedimento di annullamento è emesso entro diciotto mesi dall'accertamento delle violazioni di cui al comma 1, ed è preceduto dalla contestazione delle violazioni stesse al titolare del permesso, al proprietario della costruzione, al progettista, e al comune, con l'invito a presentare controdeduzioni entro un termine all'uopo prefissato.”

Dunque il meccanismo procedimentale ivi delineato rappresenta una situazione del tutto compatibile con l’intervallo di tempo entro il quale l’amministrazione comunale ha proceduto all’annullamento dei titoli edilizi in contestazione.

Sotto il secondo aspetto, attinente alla comparazione degli interessi dei destinatari dei provvedimento, non ravvisandosi nella specie controinteressati in senso tecnico, va rilevato che gli stessi assurgono ad un livello apprezzabile qualora si sia ingenerato un legittimo affidamento in ordine alla validità del titolo edilizio rilasciato, il che nella complessa fattispecie portata all’attenzione del Collegio non sembra predicabile. Va in proposito evidenziato che gli elementi volontari ed intenzionali del soggetto agente - tutt'altro che sprovveduto sotto il profilo della qualificazione tecnica – portano a ritenere che lo stesso conosceva i limiti derivanti dalle prescrizioni delle norme tecniche di attuazione relative alla peculiare destinazione di zona impressa all’area dal PRG ;
egli non poteva fare ragionevole affidamento su una attività edilizia che in tale zona autorizzasse oltre che un piano al di sopra di quello artigianale ( e destinato ad alloggio del custode ed uffici), anche di un ulteriore piano con destinazione abitativa ( giustificato con il richiamo alla abitazione del proprietario) , tanto che il secondo livello abitativo è stato nella maggior parte dei casi introdotto con successive varianti alla originaria concessione. Quanto agli interessi degli eventuali subacquirenti di buona fede ( nella specie gli atti di alienazione a terzi degli immobili risultano , come accertato nella relazione di verificazione, in numero estremamente limitato rispetto a quello delle unità immobiliari realizzate nelle 18 palazzine costruite ), questi potranno ricevere adeguata tutela in sede risarcitoria, nei confronti del dante causa.

b) violazione art. 11 legge 10/77 , art. 5 NTA del PRG:si deduce come la società ha sottoscritto una convenzione con la quale si obbligava alla esecuzione diretta delle opere di urbanizzazione a scomputo degli oneri, ed alla cessione gratuita di aree a favore del Comune, con applicazione del meccanismo incentivante ex art 5 NTA del PRG. Sarebbe stato applicato il meccanismo della concessione convenzionata quale modulo riconducibile agli accordi ex art. 11 legge 241/90 con funzione integrativa del procedimento concessorio, escludendosi la necessità di piano attuativo.

Al fine di vagliare la presente censura, occorre procedere ad una ricostruzione in punto di fatto della articolata vicenda amministrativa che ha condotto al rilascio dei titoli annullati.

Premette il Comune intimato che l’area di cui è proprietaria la ricorrente si estende per circa 28000 mq ricompresa in zona D2 e parte in zona E1. La società ha richiesto di essere autorizzata alla realizzazione di opere di urbanizzazione primaria a servizio di un realizzando insediamento, previa stipula della convenzione a scomputo degli oneri di urbanizzazione. La delibera comunale ha accolto tale istanza senza previamente verificare il rapporto tra il realizzando intervento edilizio e le opere di urbanizzazione;
le stesse non sono state dettagliatamente individuate, essendo alla delibera allegato un mero computo metrico estimativo;
non è stata indicata la tipologia delle attività produttive da insediare,elemento necessario ai fini della verifica delle opere necessarie di urbanizzazione.

Solo in sede di richiesta dei titoli edilizi, avvenuta successivamente, la società ha presentato gli atti progettuali dell’intervento sì che nel novembre 2001 venivano rilasciati 19 titoli edilizi per fabbricati a destinazione produttiva;
a maggio 2002 con 18 varianti sono stati autorizzati incrementi di volumetria e delle altezze degli edifici.

La tipologia degli stessi è piano interrato usi garage e deposito, piano terra uso locale produttivo, primo piano residenza del proprietario e secondo piano residenza del custode;
in deroga anche alla disposizione per cui in zona D sono possibili solo edifici a due piani.

A seguito di numerosi sopralluoghi sono stati emessi ordini di sospensione lavori e demolizione per la maggior parte dei cantieri. Tale ricostruzione in punto di fatto, confermata anche dalla verificazione tecnica espletata, può ritenersi pacificamente acquisita agli atti di causa.

Osserva il Collegio che, a fronte di detti elementi, e della loro qualificazione giuridica che verrà di seguito valutata, appare irrilevante verificare se fosse o meno necessaria per l’intervento de quo la stipula di una convenzione di lottizzazione, atteso che la istruttoria espletata ha comunque rilevato come in ogni caso il meccanismo adoperato non è stato idoneo al dimensionamento delle infrastrutture a servizio del complesso di edifici da realizzare, neppure con riferimento a quelle necessarie all’uso astrattamente compatibile con la destinazione di zona.

Invero, non è sufficiente la mera sussistenza di alcune opere di urbanizzazione, peraltro sommariamente descritte al funzionario incaricato della verificazione, atteso che non sono state calcolate né le infrastrutture necessarie per l’allocazione dell’insediamento, né le aree ulteriori rispetto alla infrastrutturazione primaria, mancando ogni computo in relazione al dimensionamento dell’insediamento.

Quanto alla pretesa violazione dell’art 11 legge 10/77, che parte ricorrente lamenta in quanto sussisterebbe una convenzione per l’esecuzione diretta delle opere di urbanizzazione, va rilevato che la censura non regge il fuoco della contestazione effettuata in relazione alla più complessa fattispecie lottizzatoria nella quale l’intervento si iscrive, atteso che vi è una vistosa lacuna del procedimento, poiché non sono stati computati gli oneri concessori neppure con riferimento alla predicata natura artigianale delle costruzioni;
e la firma della convenzione con l’impegno alla esecuzione delle infrastrutture ed alla cessione di aree standard non appare satisfattiva dei requisiti richiesti dalla legge.

Alla luce della istruttoria espletata, emerge che le aree da cedere non sono state calcolate, né il funzionario ha saputo fare riferimento alla loro quantificazione, occorrendo una complessa operazione di verifica dell’intera dotazione delle aree , omessa anche in sede istruttoria. Sono state invece calcolate solo le aree da cedere in applicazione del meccanismo incentivante che ha portato al rilascio delle concessioni in variante, e che nulla hanno a che vedere con la creazione della infrastrutture previste dalle disposizioni normative e regolamentari.

Al riguardo giova riportare il disposto dell’art. 11 citato:

“art. 11 Versamento del contributo afferente alla concessione.

(abrogato dall'articolo 136 del d.P.R. n. 380 del 2001)

1. La quota di contributo di cui al precedente articolo 5 è corrisposta al comune all'atto del rilascio della concessione. A scomputo totale o parziale della quota dovuta, il concessionario può obbligarsi a realizzare direttamente le opere di urbanizzazione con le modalità e le garanzie stabilite dal comune.

2. La quota di contributo di cui al precedente articolo 6 è determinata all'atto del rilascio della concessione ed è corrisposta in corso d'opera con le modalità e le garanzie stabilite dal comune e, comunque, non oltre sessanta giorni dalla ultimazione delle opere.”

E’ evidente che la disposizione non è stata rispettata in sede di rilascio dei titoli abilitativi edilizi, poiché dalla relazione tecnica depositata è emerso che a tutt’oggi non sono state determinate né le quote di contributo di concessione, né le opere di urbanizzazione ( diverse da quelle primarie) che il concessionario doveva eseguire direttamente in caso di eventuale scomputo.

Si legge nella CTU (pagg. 9 e 10) che- se l’insediamento non presenta caratteristiche dimensionali che possano lasciare intravedere una quantificazione delle opere di urbanizzazione primaria particolarmente diversa rispetto ad un insediamento a carattere residenziale, trattandosi di attività ai piani terra assimilabili a quelle commerciali - artigianali di dimensioni comparabili a quelle tipiche di vicinato- non altrettanto può concludersi per le opere di urbanizzazione secondaria.

Per queste ultime occorre fare riferimento al DM 1444/68 che per gli insediamenti residenziali prescrive l’obbligo per il soggetto esecutore di cedere spazi da riservare ad attività collettive, verde pubblico, parcheggio, in misura di 20 mq per abitante virtualmente insediabile. Non potendosi valutare astrattamente le opere di urbanizzazione secondaria, è peraltro possibile individuare le aree da cedere in equivalente per la loro realizzazione, aree che sono state quantificate dal CTU in mq 11240, secondo il calcolo del numero di abitanti virtualmente insediabili che appare compiuto in base a validi criteri di computo, che possono qui aversi recepiti .

Per contro, la convenzione non fa riferimento ad aree decedere per standard, sì che vi è una lacuna di 11240 mq. di superficie da cedere , riferita alla quantità di cubature desunte dalle concessioni edilizie e loro varianti.

Peraltro, osserva il Collegio che anche in relazione allo strumento utilizzato, quello della concessione edilizia convenzionata, riceve conferma la natura e caratteristica dell’intervento eseguito.

Nella specie la concessione convenzionata è stata adoperata proprio come un equivalente di piano attuativo sì che la stessa va valutata non come un indice della mancata necessità di infrastrutturare la zona, ma come una indiretta conferma della necessità di disposizioni attuative, anche in relazione alle dimensioni dell’insediamento costituito da 18 edifici.

L’istituto in questione è disciplinato solo dagli artt. 7 e 8 della legge n. 10 del 1977. In questa normativa il convenzionamento doveva riguardare la determinazione del prezzo di vendita degli alloggi od il canone di locazione. In caso di convenzionamento l’operatore aveva diritto ad uno sconto sul contributo di concessione.

La previsione dell’istituto della concessione edilizia convenzionata appare, invece, nelle N.T.A. adottate dal Comune come un istituto che si pone in alternativa al piano attuativo, pur non essendo stati precisati i contenuti della concessione edilizia convenzionata. Essa potrebbe avere il medesimo contenuto del Piano attuativo, pur non possedendo tutte le garanzie formali e procedurali del Piano stesso.

Ancorché siano apprezzabili le intenzioni di ridurre i tempi delle procedure dei Piani attuativi, occorre che venga stabilito il contenuto di questo istituto ;
non va dimenticato che si può ottenere la concessione edilizia convenzionata quando, a giudizio dell’Amministrazione, non risulti necessaria la predisposizione del Piano attuativo. Peraltro, proprio in ragione della peculiarità della fattispecie, la possibilità di ricorrere alla CE convenzionata deve essere circoscritta alle seguenti fattispecie: a) interventi di nuova edificazione di modesta entità senza incidenza o rilevanza, sotto il profilo urbanistico, della capacità insediativa;
b) interventi inseriti in ambiti completamente urbanizzati o di modesta necessità urbanizzativa che non prevedano modificazioni sostanziali dell’ambito urbano di riferimento, intendendosi come tali quelle essenzialmente finalizzate a modificare l’impianto delle urbanizzazioni esistenti mediante il ridisegno della viabilità e la individuazione di nuove aree rilevanti per l’esecuzione del verde .

Esclusa la prima ipotesi , poiché nel caso in esame si discute di un lotto di 28.000 mq ove sono sttai realizzati ben 18 edifici atre piani fuori terra, va concentrata l’attenzione sulla seconda, ossia sullo stato di fatto di urbanizzazione dell’area. Tale valutazione non risulta compiuta in sede di convenzione, e neppure in sede di rilascio dei titoli edilizi, come risulta dalla relazione tecnica citata.

Detti requisiti non si sono riscontrati sussistenti nel caso di specie, ove non solo la sufficienza delle infrastrutture esistenti non è stata verificata a priori, e non appare verificabile neppure a posteriori, ma soprattutto si è consentito un intervento contrastante con le prescrizioni urbanistiche vigenti, e segnatamente con le destinazioni di zona ammissibili.

Al riguardo è infondata la deduzione difensiva che predica la compatibilità degli interventi con le zone D 2 ed E1. E’ invero giurisprudenza consolidata anche della S.C. quella per cui nell’area destinata dal PRG ad insediamenti produttivi l’eventuale realizzazione di spazi destinati a servizi, uffici amministrativi o commerciali, alloggi di custodia o di servizio, deve essere del tutto residuale e limitata, altrimenti verrebbe sconvolta la destinazione medesima dell'immobile( Cassazione penale, Sez. III, 15/04/2009 n. 15721).

Nella specie la norma tecnica di attuazione prevede che nella Zona D2 siano “locali per la costruzione, esposizione e vendita di prodotti artigianali, sono inoltre consentiti locali,negozi o supermarket per la vendita all’ingrosso e al dettaglio e abitazione del custode e/o titolare”.

Per le zone E1 le NTA consentono “ attività edilizia necessaria per la coltivazione, lavorazione e vendita di prodotti vivaistici (piante e fiori) e dell’abitazione del titolare e/o del custode”inoltre “ le superfici libere da costruzioni devono essere riservate alla coltivazione vivaistica con vincolo di inedificabilità e di destinazione trascritto a cura e spese del proprietario a favore del Comune prima del rilascio della CE”.

Iscrivendo gli interventi eseguiti nel novero delle destinazioni così descritte, ne emerge la dissonanza macroscopica rispetto alle prescrizioni urbanistiche: invero, da un lato per i piani terra in molti casi il concessionario ha avanzato istanza di condono edilizio per il cambio di destinazione di uso a vantaggio di usi residenziali non ancora materializzati, con ciò accentuando la illegittimità del rilascio di un titolo edilizio che viene azzerato nella sua destinazione di uso consentita;
dall’altro, è evidente che con la realizzazione di ben due piani per alloggi, uno per abitazione del custode e l’altro per il proprietario, si elude la destinazione consentita, attuandosi un capovolgimento dei parametri di zona.

E' superfluo ribadire che , essendo la zona D destinata ad insediamenti produttivi, la realizzazione di spazi destinati a servizi, uffici amministrativi e commerciali oppure ad alloggi di custodia o di servizio deve essere del tutto residuale e limitata, altrimenti verrebbe "sconvolta" la destinazione medesima.

Una diversa interpretazione, porterebbe, invero a conseguenze paradossali: per ogni esercizio commerciale progettato (a prescindere dalla dimensioni) potrebbe essere realizzato un alloggio di servizio di pari superficie, ed un ulteriore alloggio del proprietario, con evidente ribaltamento delle previsioni urbanistiche. La zona destinata ad insediamenti produttivi diventerebbe, invero, di fatto residenziale. Nel caso di specie in relazione ad ogni fabbricato, per effetto della applicazione del meccanismo incentivante di cui all’art. 5 delle NTA ( ed a prescindere dalla legittimità o meno del regime premiale anche in relazione al parametro delle altezze) sono stati autorizzati ben due livelli a destinazione residenziale, uno per ogni piano in sopraelevazione.

Con accertamento di fatto, compiuto dal CTU incaricato, e non oggetto di contestazione specifica, , in riferimento agli appartamenti destinati ad ufficio ed abitazione del proprietario e del custode (al primo e secondo piano) va ritenuto che vi è stato un mutamento della destinazione d'uso, essendo stata rilevata la presenza di impianti tecnologici ad uso cucina. Non può in alcun modo parlarsi di compatibilità di siffatti impianti con la destinazione dell'immobile ad uso commerciale o direzionale , essendo essi ospitati in vani di ampie dimensioni. E' palesemente insostenibile, pertanto, che, stante le siffatte dimensioni, si volesse realizzare all'interno dello studio o del luogo di attività un vano "destinato a generico deposito ed anche a luogo dove posizionare generi alimentari, caffè od altro, anche a mò di cucina (ove gli scoli servirebbero per lavare macchinette ed altro)".

Si rileva al riguardo nella CTU che il taglio dimensionale degli uffici, e la distribuzione degli spazi interni sono del tutto simili alla tipologia residenziale, non distinguendo in alcun modo il piano uffici dal piano destinato alle residenze. In tutte le unità immobiliari destinate ad uffici sono state rilevate dotazioni impiantistiche ( scarichi e adduzioni idriche e del gas), i rivestimenti dei locali di servizio ( piastrellature su parte delle pareti di locali) che nei piani residenziali sono destinati anche a cucine e che ai piani uffici sono analogamente presenti in ambienti di caratteristiche del tutto simili ai precedenti, al cui destinazione è dichiarata invece funzionale alle attività di ufficio previste ( cfr. pagg. 11 e 12 della perizia).

Inoltre, per gli edifici siti in zona agricola, le stesse aree esterne, libere da costruzioni, pur previste nel PRG come riservate alla coltivazione vivaistica con vincolo di inedificabilità e di destinazione a favore del Comune trascritto a cura e spese del proprietario, non risultano adibite a tale uso ( essendo prevalentemente pavimentate, secondo peraltro quanto rappresentato finanche nei grafici allegati alle concessioni), e non è stato trascritto alcun vincolo a favore del Comune ( pag. 12 della CTU).

Tanto a voler tacere della ulteriore circostanza accertata nella espletata CTU, che una serie di concessioni risultano rilasciate in zona con destinazione agricola, , zona E 1 e segnatamente CE n. 64/01 , 111/01, 42/01, 110/01, 44/01, 107/01 ( quest’ultima non realizzata al 18.2.2003)

e) con ulteriore censura si deduce che la pretesa violazione dell’ art. 5 NTA del PRG, contestando l’amministrazione la possibilità di procedere ad ampliamento dell’altezza in cambio di cessione di aree da destinare ad attrezzature di interesse comune , non sussisterebbe.

La cessione gratuita di aree in favore del Comune è stata correlata al meccanismo premiale previsto dall’art. 5 citato che consente un incremento di tutti gli indici metrici dal 10 al 30 %, ivi comprese le altezze.

La tesi non merita favorevole considerazione;
al riguardo basti rilevare che la disposizione consente , in caso di cessione gratuita di aree di proprietà privata al Comune, con vincolo di destinazione a standard ( cessione ulteriore rispetto a quella obbligatoria) si può conseguire “ un incremento di tutti gli indici metrici riportata nella allegata tabella, nella misura che va dal 10 al 30 %.” Si tratta di una norma a carattere generale, che va calata nel contesto delle singole prescrizioni urbanistico- edilizie che disciplinano l’edificazione nelle distinte zone omogenee in cui è suddiviso il territorio comunale. Osserva in proposito il Collegio che può anche prescindersi dalla questione interpretativa sulla quale si è focalizzata la contestazione di parte, ossia se l’incremento premiale possa intendersi riferito o meno anche all’indice delle altezze e del numero di piani fuori terra, in quanto la realizzazione di un ulteriore piano a carattere residenziale, come nella specie assentita, contrasta insanabilmente con la destinazione di zona prescritta dal Piano regolatore.

Dunque una deroga di tale portata non può giustificarsi nel caso concreto, avendo forzato il meccanismo divisato a favore di usi del territorio non consentiti dalla prescrizione di piano, ed essendo stata utilizzata la logica premiale della disposizione in maniera elusiva della programmazione pianificatoria del territorio.

f)con ulteriore censura si lamenta violazione art. 28 legge 1150/42 , art. 11 legge 10/77, eccesso di potere : non sussisterebbe il presupposto per la configurazione della lottizzazione abusiva ;
seppure gli accertamenti eseguiti hanno interessato abusi mediante i quali è stata impressa agli edifici la destinazione residenziale, per gli stessi risultano presentate istanze di condono ex lege 326/2003.

Va premesso che gli argomenti spesi dalla difesa dei ricorrenti sono ancorati ad una nozione di lottizzazione abusiva formalistica e superata dai più recenti arresti della Suprema Corte, a mente dei quali in linea generale costituisce lottizzazione abusiva qualsiasi utilizzazione del suolo che, indipendentemente dalla entità del frazionamento fondiario e dal numero dei proprietari, preveda la realizzazione contemporanea o successiva di una pluralità di edifici a scopo residenziale, turistico o industriale, che postulino l'attuazione di opere di urbanizzazione primaria o secondaria, occorrenti per le necessità dell'insediamento( Cassazione penale, Sez. III, 26/01/2009, n. 3481).

Il reato di lottizzazione abusiva può configurarsi in presenza di un intervento sul territorio tale da comportare una nuova definizione dell'assetto preesistente in zona non urbanizzata o non sufficientemente urbanizzata, per cui esiste la necessità di attuare le previsioni dello strumento urbanistico generale attraverso la redazione e la stipula di una convenzione lottizzatoria adeguata alle caratteristiche dell'intervento di nuova realizzazione;
ma anche allorquando detto intervento non potrebbe essere in nessun caso realizzato, poiché, per le sue connotazioni oggettive, si pone in contrasto con previsioni di zonizzazione e/o localizzazione dello strumento generale di pianificazione, che non possono esser modificati da piani urbanistici attuativi.

Siffatta valutazione si ritiene possa essere compiuta anche dal giudice penale, in via autonoma, e senza l’intermediazione del provvedimento amministrativo di autotutela, atteso che quando il giudice ravvisa l'esistenza di un'ipotesi di lottizzazione abusiva - pure in presenza di atti autorizzatori, che però risultino in contrasto con previsioni di legge o di piano - non opera alcuna disapplicazione del provvedimento amministrativo, ma si limita ad accertare la conformità del fatto concreto alla fattispecie astratta descrittiva del reato, e giunge all'accertamento dell'abusività della lottizzazione prescindendo da qualunque giudizio sull'autorizzazione.

Ciò ben si spiega con la "ratio" dello stesso reato di lottizzazione abusiva, poiché il legislatore - in situazioni implicanti la trasformazione urbanistico- edilizia di aree territoriali non ancora o parzialmente urbanizzate - ha inteso tutelare non soltanto la potestà pubblica di programmazione territoriale considerata sotto l'aspetto del suo esercizio ma, ed essenzialmente, la risultante di questa, ossia la concreta conformazione del territorio derivata dalle scelte di programmazione effettuate.

Non può in contrario farsi riferimento al disposto dell’art. 30, 7° comma, del T.u. n. 380/2001, che nel disciplinare il procedimento sanzionatorio amministrativo, si riferisce alla sola lottizzazione in assenza di autorizzazione, in quanto dispone che l'amministrazione emette ordinanza di sospensione dell'attività illecita soltanto "nel caso in cui accerti l'effettuazione di lottizzazione di terreni a scopo edificatorio senza la prescritta autorizzazione".

Ciò vale, infatti, esclusivamente per l'applicazione delle sanzioni amministrative, mentre ove gli organi competenti dell'amministrazione - qualora accertino l'illegittimità di una lottizzazione già autorizzata - devono prima annullare il provvedimento illegittimo e poi dare inizio alla procedura sanzionatoria ( Cass. Penale Sez. III n.37274 del 1 ottobre 2008 ).

L’illecito della lottizzazione abusiva è infatti a consumazione alternativa, potendo realizzarsi sia per il difetto di autorizzazione sia per il contrasto con le prescrizioni della legge o degli strumenti urbanistici, ipotesi quest’ultima che appare integrata nella fattispecie all’esame del Collegio.

Nella formulazione inequivocabile del dettato normativo della L. n. 47 del 1985, art. 18, ed attualmente del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 30 (T.U.), (descrittiva del reato di lottizzazione abusiva) - del resto - la previsione della mancanza di autorizzazione si aggiunge a quella del contrasto con le prescrizioni delle leggi o degli strumenti urbanistici, anche se soltanto adottati, e deve ritenersi, anzi, del tutto residuale, poiché può verificarsi soltanto nel caso di una lottizzazione che, pur essendo conforme alle prescrizioni di legge e di piano, sia eseguita in assenza di autorizzazione (vedi Cass. Sez. Unite, 28.11.2001, ric. Salvini).

In sintesi, la nozione di lottizzazione abusiva è duplice, cioè sostanziale e formale, e la prima fattispecie ben può configurarsi indipendentemente dalla circostanza che la lottizzazione sia o meno autorizzata.

L’intervento eseguito dalla società ricorrente si è tradotto in una palese violazione dello strumento urbanistico anche per effetto della distorta applicazione del meccanismo premiale ex art. 5 NTA relativo alle altezze, avendo ciò portato ad una violazione della destinazione ammissibile in zona, e ad un capovolgimento del rapporto uso primario / usi accessori del territorio.

Non può condividersi il costrutto difensivo, con il quale si deduce che le ordinanze impugnate hanno erroneamente affermato che i lavori eseguiti hanno dato luogo ad una pianificazione lottizzatoria sostanzialmente divergente rispetto a quella contenuta nel piano adottato ed approvato;
e che gli edifici di cui alla contestazione si collocano in un'area di mero completamento, gia' sufficientemente urbanizzata , sicche' sarebbe rispettato il il P.R.G., che prevede per l'attuazione dell'ambito in cui sono allocati i fabbricati il solo permesso di costruire convenzionato e non la necessita' dell'adozione di uno strumento attuativo.

La doglianza si palesa infondata anche con riferimento al reato di lottizzazione abusiva Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 ex articolo 44, lettera c).

Sul punto basti richiamare, a confutazione della tesi difensiva dell'istante afferente al fatto che l'area interessata dalle costruzioni era gia' urbanizzata ( tesi che è stata fatta propria dal giudice penale in adesione all’orientamento formalistico sopra richiamato ) la giurisprudenza della Suprema Corte, secondo la quale "il reato di lottizzazione abusiva si integra non soltanto in zone assolutamente inedificate, ma anche in quelle parzialmente urbanizzate nelle quali si evidenzia l'esigenza di raccordo con l'aggregato abitativo preesistente o di potenziamento delle opere di urbanizzazione pregresse, ..." (sez. 3, 2004 n. 20373, Iervolino, ). Non appare dubbio, infatti, che anche nelle aree gia' urbanizzate la costruzione di nuovi edifici destinati ad uso residenziale o ad esso equiparabile e' destinata ad incidere sul carico che devono sopportare le infrastrutture gia' esistenti o comportare la necessita' del loro adeguamento.

Peraltro, e' stato anche precisato dalla Suprema Corte che "Nella nozione di lottizzazione abusiva rientra anche quella che comporti una trasformazione urbanistica od edilizia del territorio, realizzata in concreto con modalita' tali da non essere piu' riferibile al piano inizialmente approvato con la convenzione all'uopo stipulata, a causa degli stravolgimenti od integrali modifiche apportate." (Cass. sez.

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