TAR Roma, sez. 3T, sentenza 2024-07-01, n. 202413266

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 3T, sentenza 2024-07-01, n. 202413266
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202413266
Data del deposito : 1 luglio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 01/07/2024

N. 13266/2024 REG.PROV.COLL.

N. 03588/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3588 del 2020, proposto da
Geco Renew Group S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato F S M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via di Villa Sacchetti n. 9;

contro

G.S.E. S.p.A - Gestore dei Servizi Energetici S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati G F, A P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio G F in Roma, via del corso n. 509;

per l'annullamento

previa adozione delle più idonee misure cautelari,

- del provvedimento del Gestore dei Servizi Energetici – GSE S.p.A. (d’ora in avanti, anche solo “GSE” o “Gestore”) prot. n. GSEWEB/P20200217298 del 22 aprile 2020 di rigetto della richiesta di accesso agli incentivi di cui al D.M. 16.02.2016 in relazione all’intervento, indentificato con il codice CT00289153, di installazione di collettori solari termici, anche abbinati a sistemi di solar cooling, effettuata sull’immobile, di proprietà del Sig. Domenico D’Auria, sito in Salerno, alla via Pizzone, s.n.c., (84018), identificato al catasto in foglio 29, particella 455/sub3;

- di ogni atto presupposto, connesso e conseguente, e in particolare del preavviso di rigetto prot. n. GSEWEB/P20200134895 del 10 marzo 2020;

nonché per l’accertamento

del diritto della Geco Renew Group S.r.l. ad ottenere i benefici di cui D.M. 16.2.2016, come da richiesta presentata al GSE in data 7 agosto 2019;

e la condanna

del GSE – Gestore dei Servizi Energetici S.p.A. a riconoscere alla ricorrente i suddetti incentivi ex D.M. 16.2.2016.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di G.S.E. - Gestore dei Servizi Energetici S.p.A.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 giugno 2024 la dott.ssa E S e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Considerato che parte ricorrente, con atto depositato in data 1 marzo 2024, ha dichiarato essere intervenuta la cessazione della materia del contendere a fronte dell’adozione dell’atto, datato 11 ottobre 2023 prot. GSEWEB/P20230802973, recante l’accoglimento dell’istanza di riesame, l’annullamento del gravato provvedimento di diniego agli incentivi di cui al D.M. 16 febbraio 2016 e l’ammissione agli stessi;

Considerato che il GSE, con la nota recante richiesta di passaggio in decisione della causa depositata in data 24 giugno 2024, ha preso atto della dichiarazione di cessazione della materia del contendere proveniente dalla parte ricorrente;

Ritenuto che, in considerazione del contenuto del citato atto datato 11 ottobre 2023, il ricorso debba essere dichiarato improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse, disattendendo la richiesta di parte ricorrente di declaratoria di intervenuta cessazione della materia del contendere, e ciò in quanto il sopravvenuto provvedimento è stata adottato in esito alla produzione, da parte ricorrente, della documentazione inizialmente mancante e la cui carenza aveva determinato il gravato diniego, per come evincibile dal relativo contenuto;

Ne discende che al citato provvedimento non può annettersi carattere pienamente satisfattivo della pretesa originariamente azionata, nè tramite la sua adozione è stata in alcun modo riconosciuta in via extragiudiziale la fondatezza dell’originaria pretesa;

Quanto ad esito processuale del giudizio a seguito di sopravvenienze intervenute in corso di processo deve premettersi, in linea generale, che la declaratoria di cessazione della materia del contendere presuppone che la pretesa del ricorrente, ovvero il bene della vita al quale egli aspira, abbia trovato piena e comprovata soddisfazione in via extragiudiziale in conseguenza della sopravvenuta adozione di un provvedimento favorevole da parte dell'Amministrazione sulla base della medesima situazione originaria, con implicito riconoscimento della illegittimità del provvedimento impugnato (da ultimo: TAR Lazio, Roma Sez., III-ter, 5 febbraio 2024, n. 2202);

Ciò coerentemente con l’art. 34, comma 5, c.p.a., che dispone che “qualora nel corso del giudizio la pretesa del ricorrente risulti pienamente soddisfatta, il giudice dichiara cessata la materia del contendere” con pronuncia che costituisce una sentenza di merito in ragione della collocazione sistematica di detta disposizione intitolata, appunto, alle “sentenze di merito”;

Tale esito del giudizio si determina per effetto di una pronuncia che non assume, quindi, una valenza meramente processuale, ma contiene una verifica nel merito della originaria pretesa avanzata e della piena soddisfazione eventualmente arrecata ad opera delle successive determinazioni assunte dalla pubblica amministrazione, presupponendo che la situazione sopravvenuta soddisfi in modo pieno ed inequivoco il diritto o l'interesse legittimo esercitato, così da non lasciare alcuna utilità alla pronuncia di merito;
in tal caso tale pronuncia, a differenza di quanto accade per la declaratoria di sopravvenuta carenza di interesse di cui al seguente art. 35 c.p.a., ha l'attitudine a proiettarsi al di fuori del processo in cui si è formata (così, puntualmente, Cons. Stato, Sez. III, 22 febbraio 2018, n. 1135);

Ai fini della pronuncia di merito contemplata all'art. 34, comma 5, c.p.a., e, conseguentemente, della declaratoria di cessazione della materia del contendere, costituiscono quindi presupposti necessari il pieno soddisfacimento, per fatto dell'Amministrazione, della pretesa originaria e successivamente azionata con la domanda giudiziale, della quale viene riconosciuta la fondatezza, e il correlato conseguimento del bene della vita cui aspira il ricorrente, in modo tale da rendere inutile la prosecuzione del processo stante l'oggettivo venir meno della lite;

Ritenuto che tali presupposti non siano ravvisabili nella fattispecie in esame, dal momento che il provvedimento successivamente adottato a seguito della presentazione di istanza di riesame, riconosce le tariffe richieste sulla base della produzione di documentazione inizialmente non allegata all’istanza;

Ne consegue che le sopravvenienze rappresentate da parte ricorrente possono incidere unicamente sull’interesse alla decisione al ricorso alla luce della dichiarazione resa dalla stessa quanto a cessazione della materia del contendere, così rappresentando di non avere interesse alla decisione sul ricorso e determinandosi una causa di improcedibilità del giudizio, la quale, differentemente dalla cessazione della materia del contendere, ha valenza meramente processuale e si verifica nel caso in cui o la parte dichiari di non avere più interesse alla decisione, o nel caso in cui l'eventuale accoglimento del ricorso non produrrebbe più alcuna utilità, venendo meno in tal caso la condizione dell'azione dell'interesse a ricorrere, che confluisce in una pronuncia di tipo meramente processuale, o nel caso in cui la stessa parte dichiari di non avervi più interesse, in applicazione del principio dispositivo che informa il processo amministrativo;

Ritenuto, quindi, di dover dichiarare il ricorso improcedibile ai sensi dell’art. 35, comma 1, lettera c), c.p.a. per sopravvenuto difetto di interesse alla decisione sul ricorso in esame;

Ritenuto che le spese di lite, in ragione di quanto illustrato possano essere equamente compensate tra le parti tenuto conto dell’esito del giudizio.

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