TAR Genova, sez. I, sentenza 2024-06-29, n. 202400467

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Genova, sez. I, sentenza 2024-06-29, n. 202400467
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Genova
Numero : 202400467
Data del deposito : 29 giugno 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 29/06/2024

N. 00467/2024 REG.PROV.COLL.

N. 00634/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 634 del 2018, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato C F, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ufficio Territoriale del Governo di Savona, in persona del Prefetto pro tempore , rappresentato e difeso dall’Avvocatura dello Stato, domiciliataria ex lege in Genova, viale Brigate Partigiane, 2;

per l’annullamento

del decreto prot. n. -OMISSIS- del 2.7.2018, notificato l’11.7.2018, recante il diniego di iscrizione nell’elenco prefettizio del personale addetto ai servizi di controllo delle attività di intrattenimento e di spettacolo;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Ufficio Territoriale del Governo di Savona;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 24 maggio 2024, la dott.ssa L F e uditi per le parti i difensori, come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso notificato e depositato il 9 ottobre 2018 il signor -OMISSIS- ha impugnato il decreto della Prefettura di Savona prot. n. -OMISSIS- del 2 luglio 2018, recante il diniego di iscrizione nell’elenco del personale addetto ai servizi di controllo delle attività di intrattenimento e di spettacolo.

Il ricorrente ha articolato i seguenti motivi:

I) Sulla sussistenza dei requisiti di cui all’art. 1 del D.M. 6 ottobre 2009 . Il provvedimento avversato si fonderebbe su denunce per violazioni dell’art. 4 della legge n. 110/1975 risalenti all’anno 2011 e, quindi, fuori dalla forbice temporale degli ultimi cinque anni, fissata dall’art. 1, comma 4, lett. c) del D.M. 6 ottobre 2009.

II) Sul requisito della buona condotta e dell’affidabilità di cui all’art. 11 t.u.l.p.s. L’Autorità di pubblica sicurezza avrebbe erroneamente ritenuto mancanti i requisiti di cui all’art. 11 t.u.l.p.s.: ciò in quanto la norma in questione prescriverebbe quale condizione ostativa la condanna in sede penale, mentre il signor -OMISSIS- risulterebbe solamente sottoposto a indagini preliminari per episodi occorsi nel 2011, nei quali, oltretutto, egli non rivestirebbe una posizione attiva.

III) Sulla violazione degli artt. 27, comma 3, Cost., 111 Cost. e 6 CEDU . L’Amministrazione avrebbe violato la presunzione di innocenza costituzionalmente riconosciuta, considerando le iscrizioni nel registro delle notizie di reato alla stregua di una sentenza di condanna, senza accordare all’interessato la possibilità di difendersi.

L’Ufficio territoriale del Governo di Savona si è costituito in giudizio, opponendo la piena legittimità del provvedimento gravato ed instando per la reiezione dell’impugnativa.

Nella pubblica udienza del 24 maggio 2024 la causa è stata assunta in decisione.

DIRITTO

1. Il D.M. 6 ottobre 2009, emanato in attuazione dell’art. 3 della legge n. 94/2009, stabilisce i requisiti per l’iscrizione nell’elenco prefettizio del personale addetto ai servizi di controllo delle attività di intrattenimento e di spettacolo in luoghi aperti al pubblico o in pubblici esercizi.

L’art. 1, comma 4, del suddetto D.M. 6 ottobre 2009, come novellato dal D.M. 30 giugno 2011 e dal D.M. 24 novembre 2016, prescrive, tra gli altri, il possesso dei requisiti di cui all’art. 11 t.u.l.p.s. e pone, alle lett. c), d) ed e), le seguenti condizioni ostative:

- non essere stati, nell’ultimo quinquennio, denunciati o condannati, anche con sentenza non definitiva, per i reati contravvenzionali di cui all’art. 4, commi 1 e 2, della legge n. 110/1975, di cui all’art. 5 della legge n. 152/1975 e di cui all’art. 2, comma 2, del d.l. n. 122/1993, conv. in l. n. 205/1993, nonché per i delitti di cui al titolo V, al titolo VI, capo I, ed al titolo XII del Libro II del codice penale e per i delitti di cui all’art. 380, comma 2, lett. f) ed h) c.p.p.;

- non essere stati sottoposti a misure di prevenzione, ovvero destinatari di provvedimenti di cui all’art. 6 della legge n. 401/1989;

- non avere aderito a movimenti, associazioni o gruppi organizzati aventi tra i propri scopi l’incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi.

Dunque, la normativa di settore ha previsto un innalzamento degli standard comportamentali per l’inserimento nell’apposito registro prefettizio del personale preposto al controllo delle attività di intrattenimento e di spettacolo (c.d. “buttafuori”), in ragione della delicatezza e della peculiarità di tale lavoro, che si declina anche in una forma di “governo” dell’ordine e della sicurezza nei locali pubblici. Segnatamente, oltre a specifici requisiti di professionalità, i soggetti che espletano le prestazioni in parola devono possedere i requisiti morali stabiliti in via generale dall’art. 11 t.u.l.p.s. per il rilascio delle autorizzazioni di polizia;
inoltre, non devono essere stati condannati o denunciati nell’ultimo lustro per determinati reati (in materia di armi e di stupefacenti, contro l’ordine pubblico, contro l’incolumità pubblica, contro la persona, oltre a rapina ed estorsione), né attinti da misure di prevenzione (incluso il d.a.spo.), né, infine, associati a gruppi organizzati con scopi di discriminazione o violenza per motivi di razza, etnia o religione.

Come evidenziato dalla giurisprudenza, l’Autorità di pubblica sicurezza è titolare in subiecta materia sia di un potere vincolato, per cui l’iscrizione va negata in presenza delle condizioni automaticamente ostative previste dall’art. 1, comma 4, del D.M. 6 ottobre 2009 e dall’art. 11, comma 1, t.u.l.p.s., sia di un potere ampiamente discrezionale, attinente alla valutazione della “buona condotta” in capo all’aspirante addetto al controllo, ai sensi dell’art. 11, comma 2, t.u.l.p.s. (in argomento cfr. T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, 3 febbraio 2022, n. 764;
T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. III, 3 agosto 2020, n. 1741).

2. Tanto premesso, i tre motivi di gravame, scrutinabili congiuntamente per la loro intima connessione, non sono meritevoli di condivisione.

Con il decreto oppugnato la Prefettura di Savona, esperita l’istruttoria ed acquisito il parere negativo della Questura, ha respinto l’istanza di iscrizione del signor -OMISSIS- nell’elenco di cui al D.M. 6 ottobre 2009, ravvisando i seguenti elementi impeditivi:

i) la richiesta di rinvio a giudizio avanzata dalla Procura della Repubblica di Genova il 6 aprile 2016 (tra l’altro) per ripetute trasgressioni dell’art. 4 della legge n. 110/1975, avvenute nell’anno 2011;

ii) l’avviso orale del Questore di Genova in data 23 agosto 2012;

iii) la mancanza della buona condotta, per i fatti emergenti dall’ordinanza del 22 marzo 2012 applicativa della custodia cautelare in carcere, relativi alla partecipazione ad un gruppo i cui associati, secondo la prospettazione accusatoria accolta dal giudice penale, hanno perpetrato vari reati, tra cui rapina aggravata, violenza privata, lesioni personali, incendio, danneggiamento e porto illegale di armi ed oggetti atti ad offendere;
le medesime condotte criminose sono, altresì, descritte nell’avviso di conclusione delle indagini preliminari della Procura di Savona in data 16 gennaio 2017 (emesso a seguito della sentenza dichiarativa di incompetenza per territorio, pronunziata dal G.I.P. del Tribunale di Genova il 7 dicembre 2016).

Dunque, il provvedimento in contestazione si fonda sulla carenza di tre condizioni soggettive richieste congiuntamente dalla disciplina sopra illustrata, con la conseguenza che il diniego è legittimo se difetta anche uno solo dei suddetti requisiti.

2.1. Ciò posto, sebbene le denunce per i reati di cui all’art. 4 della legge n. 110/1975 siano in effetti ultraquinquennali (e, dunque, non rilevanti in base all’art. 1, comma 4, lett. c del D.M. 6 ottobre 2009), è comunque incontroversa la sussistenza della condizione ostativa costituita dall’irrogazione della misura di prevenzione dell’avviso orale del Questore, contemplata, come si è visto, dall’art. 1, comma 4, lett. d) del citato D.M. 6 ottobre 2009.

2.2. Inoltre, non appare inficiata da travisamento dei presupposti né irragionevole la valutazione dell’Autorità prefettizia secondo cui il ricorrente è privo del requisito della buona condotta ex art. 11, comma 2, t.u.l.p.s.

Invero, contrariamente all’assunto attoreo, secondo i principi generali in tema di autorizzazioni di polizia relative all’esercizio di attività professionali, l’Amministrazione può legittimamente formulare il giudizio di inaffidabilità per mancanza di buona condotta anche con riferimento a fatti che non costituiscano reato o non abbiano dato luogo a condanne penali, ma siano comunque tali da rendere gli interessati immeritevoli di ottenere (o mantenere) la licenza di polizia (in tal senso v., ex multis , Cons. St., sez. III, 20 ottobre 2020, n. 6322;
Cons. St., sez. I, parere n. 2764 in data 26 novembre 2018;
T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. III, 3 agosto 2020, n. 1741, cit.;
T.A.R. Sicilia, Catania, sez. IV, 2 febbraio 2018, n. 271). In proposito, la giurisprudenza ha precisato che l’inaffidabilità del soggetto può essere desunta da suoi comportamenti significativi, soprattutto collegati e coerenti con il tipo di attività soggetta al titolo di polizia, apprezzandone complessivamente la rilevanza per evincerne il serio e non remoto pericolo di cattiva condotta inerente alla stessa attività (cfr., ex aliis , Cons. St., sez. III, 4 luglio 2019, n. 4595).

O, il fatto – non contestato dal ricorrente, nemmeno nella presente sede processuale – di essere stato colto in molteplici occasioni (nei locali dell’associazione ricreativa di cui era presidente, nell’autovettura e nell’abitazione) in possesso di armi e strumenti atti ad offendere, quali pistole, coltelli, manganelli, sfollagente, noccolieri e tubi metallici (v. nota della Questura in data 11.8.2017 e relativi allegati, sub doc. 2 resistente, nonché avviso di conclusione delle indagini preliminari del 16.1.2017, sub doc. 4 resistente), si rivela di indubbia significatività ed idoneo a compromettere il requisito della buona condotta, incidendo sull’affidabilità a svolgere le delicate funzioni di gestione dell’ordine e della sicurezza nei locali pubblici (che conducono sovente all’instaurazione di un clima di contrasto con taluni avventori).

2.3. Da ultimo, come si è detto, ai fini del diniego di inserimento nel registro prefettizio non è necessario che l’interessato sia stato condannato penalmente, potendo la ripulsa fondarsi su misure di prevenzione o su altri elementi, tra cui gli atti dell’eventuale procedimento penale in corso (ordinanze cautelari, avviso di conclusione delle indagini preliminari, decreto di rinvio a giudizio), dai quali emerga una condotta non esente da mende, allo scopo di evitare che l’attività sia esercitata da soggetti che possano mettere a repentaglio l’incolumità e l’ordine pubblico. Onde non sussiste l’invocata violazione della presunzione di innocenza sancita dall’art. 27, comma 2, Cost., che riguarda il processo e la responsabilità penale e, quindi, non può essere automaticamente trasposta nel procedimento amministrativo.

Inoltre, diversamente da quanto adombrato dall’esponente, non è stato conculcato il suo diritto al contraddittorio procedimentale. Infatti, la Prefettura gli ha inviato il preavviso di rigetto, ai sensi dell’art. 10- bis della legge n. 241/1990, con nota ricevuta il 10 ottobre 2017 (doc. 3 resistente), a seguito della quale egli ha presentato una memoria di osservazioni, corredata da documenti, in data 24 ottobre 2017 (doc. 4 resistente).

3. In relazione a quanto precede, il ricorso si appalesa infondato e va, pertanto, rigettato.

4. Le spese di lite seguono, come di regola, la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

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