TAR Catania, sez. IV, sentenza 2016-07-07, n. 201601831

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catania, sez. IV, sentenza 2016-07-07, n. 201601831
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catania
Numero : 201601831
Data del deposito : 7 luglio 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00259/2012 REG.RIC.

N. 01831/2016 REG.PROV.COLL.

N. 00259/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 259 del 2012, proposto da:
C S, rappresentato e difeso dall'avv. N A, con domicilio eletto presso Lauretta Paolo in Catania, corso Italia, 72;

contro

Prefetto di Siracusa, in persona del Prefetto p.t.;
Ministero dell'Interno, in persona del Ministro legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, ed ivi domiciliati in Via Vecchia Ognina, 149;

per l'annullamento

del provvedimento n. 0013344 emesso dal Prefetto di Siracusa in data 5 ottobre 2011, con il quale è stata rigettata l' istanza di revoca del provvedimento prefettizio disponente il divieto della detenzione armi, munizioni e materiale esplodente;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno e della Prefettura di Siracusa;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 aprile 2016 il dott. Gustavo Giovanni Rosario Cumin e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Il Sig. C S formulava il 20/05/2011 una richiesta di revoca del decreto n. 20020003742/B6/P.A del 18/06/2002 del Prefetto di Siracusa, inibitorio della detenzione di armi, munizioni e materiale esplodente, che veniva però respinta dal Prefetto medesimo con atto prot. n. 0013344 del 05/10/2011.

A sostegno del diniego veniva posta la ritenuta perdurante rilevanza di due pur risalenti precedenti penali del Caristia, rappresentati da due distinte condanne per i reati di furto in concorso e favoreggiamento personale, giacchè “ la soglia di cautela adottata dall’Autorità amministrativa è strettamente connessa all’esigenza di salvaguardia dell’ordine e della sicurezza pubblica ”.

Non persuaso della legittimità del provvedimento di diniego del Prefetto di Siracusa, il Sig. C S lo impugnava con ricorso notificato il 04/01/2012 e depositato presso gli uffici di segreteria del giudice adito il 03/02/2012 per violazione e falsa applicazione degli artt. 10, 11, 39 e 43 T.U.L.P.S., nonché per difetto di motivazione ed eccesso di potere per contraddittorietà , illogicità ed irragionevolezza.

Si costituiva per l’Amministrazione intimata la Difesa Erariale, con deposito di memoria in segreteria il 17/02/2012.

La domanda cautelare incidentalmente proposta con il ricorso in epigrafe veniva rigettata dal Collegio con ordinanza n. 325/2012.

Le parti scambiavano fra loro ulteriori scritti defensionali.

In data 26/02/2015 aveva luogo l’udienza pubblica fissata per l’esame del ricorso in epigrafe, che veniva trattenuto in decisione dal Collegio.

La questione centrale, dalla quale far discendere - a mò di corollario con riguardo a tutte le censure distintamente proposte - la decisione della presente controversia, è rappresentata dal sussistere o meno di una corretta prognosi circa la pericolosità sociale del ricorrente da parte dell’Amministrazione intimata.

Quest’ultimo infatti, al tempo del rigetto della propria istanza di revoca del provvedimento di divieto di detenzione di armi, aveva già beneficiato di distinti provvedimenti di riabilitazione ottenuti dal ricorrente tanto per il reato di furto in concorso (per il quale egli era stato condannato con sentenza del Tribunale di Siracusa del 15/06/1976, e riabilitato con ordinanza n. 310/09 del 03/04/2009 del Tribunale di Sorveglianza presso la Corte d’Appello di Catania), quanto per il reato di favoreggiamento personale (per il quale, secondo quanto affermato in ricorso, egli era stato condannato con una non meglio precisata sentenza del 08/06/1987, e riabilitato con ordinanza n. 322/11 del 17/02/2011 del Tribunale di Sorveglianza presso la Corte d’Appello di Catania).

Nel provvedimento impugnato, l’Amministrazione intimata motivava il proprio diniego affermando che “ a carico del predetto C S sussiste condanna per il reato di furto, contemplato dall’art. 11 T.U.L.P.S. tra i possibili motivi di diniego delle autorizzazioni di polizia… la soglia di cautela adottata dall’Autorità amministrativa è strettamente connessa all’esigenza di salvaguardia dell’ordine e della sicurezza pubblica ”. Avendo implicitamente (per rinvio alla sentenza del T.A.R. Lombardia – Milano, n. 3289/2002, adottata appunto in applicazione degli artt. 11 e 43 del T.U.L.P.S.) richiamato al suo interno (anche) l’art. 43 T.U.L.P.S., essa precisava ancor meglio le modalità di sua applicazione nel caso di specie nella relazione sui fatti di causa depositata in giudizio dal patrocinante ufficio dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato allegata all’atto di costituzione del 17/02/2012, dove si affermava, in relazione al valore di tale norma, che “ criterio, quello indicato dalla suddetta disposizione, idoneo a dimensionare quell’attività valutativa rimessa al Prefetto, a fronte della commissione di un reato contro il patrimonio, quale quello di furto, in presenza del quale neanche l’intervenuta riabilitazione della relativa condanna, concede margini di discrezionalità nell’apprezzamento, escludendo la possibilità di portare armi. Si rileva, in proposito, infatti, che, in tutte le ricordate ipotesi, il legislatore ha inteso escludere per l’Amministrazione la possibilità di prendere in esame gli effetti della riabilitazione, atteso che – ove lo ha consentito – ne ha fatto esplicito richiamo come, ad esempio, alla lettera a), dell’art. 11 del TULPS (inerente, però, alle sole condanne a pena restrittiva superiore a tre anni per delitto non colposo). Del pari, nel citare il reato di furto al suddetto art. 43 del medesimo testo unico, il legislatore non ha fatto menzione alcuna dell’eventuale riabilitazione, secondo un orientamento restrittivo legato alla tipologia del reato commesso. Al riguardo, spiace, invece, rilevare la preoccupante leggerezza che muove le argomentazioni del ricorrente, laddove assume che “i delitti contro il patrimonio (…) sono da ritenersi di poco conto e non preoccupanti a livello sociale”, corroborando in tal modo quel giudizio di perdurante inaffidabilità posto a base delle determinazioni prefettizie ed orientando il giudizio prognostico sulla possibilità di abuso delle armi, di cui all’art. 39 del TULPS”.’ ”.

Il collegio non condivide le suesposte considerazioni.

L’art. 43 T.U.L.P.S. – a fronte di altre scelte del legislatore in ambiti pur concernenti condotte suscettibili di porre in pericolo l’incolumità individuale, così come nel caso del rilascio di licenze di guida, nel cui ambito l’efficacia preclusiva di sentenze penali di condanna per le quali sia sopravvenuta la riabilitazione è espressamente esclusa dal primo comma dell’art. 120 del D.Lgs. n. 285/1992- lascia, è ben vero, impregiudicata la possibilità per l’’Autorità di P.S., di valutare la pericolosità sociale del soggetto autore di una istanza alla stessa indirizzata alla stregua di tutti i fatti indizianti a propria disposizione;
non ultimi quelli di reato accertati con efficacia di cosa giudicata dall’Autorità giudiziaria. Tuttavia, il poter eventualmente prescindere da una concessa riabilitazione non consente all’Autorità di P.S. di prescindere senz’altro dall’esame nè della particolare rilevanza del fattore tempo, né della specificità delle valutazioni compiute dalla autorità giurisdizionale competente a pronunciarsi a norma degli artt. 178 ss. C.P.

Quanto al primo punto, il collegio intende richiamarsi ad una fattispecie analoga, nella quale l’Autorità di P.S., in relazione ad un provvedimento di diniego “ motivato con richiamo a due reati risalenti nel tempo, per i quali l'interessato aveva subito una condanna di non rilevante entità, che non riguardavano l'uso di armi ” (e in relazione ai quali, a differenza di quanto nel caso di specie, non era sopravvenuto alcun provvedimento di riabilitazione), è stata ritenuta essere onerata, a pena altrimenti di illegittimità dello stesso, di “ una valutazione comparativa che tenga conto della distanza nel tempo dei reati commessi e dei successivi comportamenti dell'istante, al fine di formulare un giudizio prognostico di pericolosità o di affidabilità riferito all'attualità”( Consiglio di Stato, sez. III, sent. 15 luglio 2013, n. 3865).

Quanto al secondo punto, occorre evidenziare come i provvedimenti di riabilitazione non siano frutto di alcun automatismo ratione temporis e siano piuttosto il frutto di un accertamento in sede giurisdizionale circa l’avere il condannato “ dato prove effettive e costanti di buona condotta” . Tenuto conto, pertanto, della considerevole distanza nel tempo dei reati (commessi, il più recente, in data quantomeno non posteriore a quella della sentenza penale di condanna del 1987, ed il più remoto -il solo ad essere valorizzato in senso sfavorevole al ricorrente da parte dell’amministrazione- nel 1976, cioè ben quaranta anni fa) per i quali il ricorrente è stato condannato con sentenza penale irrevocabile, della prognosi favorevole circa la personalità di quello implicita nei provvedimenti di riabilitazione concessi dal Tribunale di Sorveglianza presso la Corte d’Appello di Catania con ordinanze nn. n. 310/09 del 03/04/2009 e 322/11 del 17/02/2011, le pur commendevoli esigenze di elevati standard di tutela dell’incolumità e della sicurezza pubblica non possono, di per sè sole, garantire la legittimità del provvedimento impugnato.

A ciò, oltretutto, si accompagna il diverso grado di pericolosità insito nel provvedimento il cui riesame era stato richiesto dal ricorrente, rispetto a quello di cui al richiamato precedente del

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