TAR Palermo, sez. II, sentenza breve 2013-12-02, n. 201302331
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N. 02331/2013 REG.PROV.COLL.
N. 02110/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 2110 del 2013, proposto da J S, rappresentato e difeso dall'avv. G B, con domicilio eletto presso il suo studio in Palermo, via N.Turrisi, 59;
contro
la Questura di Palermo, rappresentata e difesa per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Palermo, domiciliataria in Palermo, via A. De Gasperi 81;
per l'annullamento
- del provvedimento emesso dal Questore di Palermo in data 15/2/2013, cat. a12/2013, con il quale è stata rigettata l’istanza del ricorrente, volta al rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro subordinato, presentata il 6/4/210.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Questura di Palermo;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 12 novembre 2013 il dott. Filippo Giamportone e uditi per le parti i difensori come da verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
Premesso che il presente giudizio può essere definito con "sentenza in forma semplificata”, ai sensi dell’art. 60 del codice del processo amministrativo, sussistendo i prescritti presupposti di legge e considerato che i procuratori delle parti sono stato avvisati di tale possibilità, osserva il Collegio che il ricorso non merita accoglimento, stante la sua palese infondatezza.
Al riguardo, in via fattuale va premesso che il ricorrente a supporto della domanda di rinnovo del permesso di soggiorno produceva il contratto di soggiorno sottoscritto in data 5.7.2011 tra il ricorrente medesimo ed altro soggetto extracomunitario quale datore di lavoro, attestante lo svolgimento dell’attività lavorativa di aiuto commesso a tempo indeterminato ma a tempo parziale per 20 ore settimanali con una retribuzione mensile di € 630,00.
Posto ciò, va rilevato che detto provvedimento si basa sulla natura fittizia e strumentale del rapporto di lavoro dato atto che “lo straniero di fatto non ha mai lavorato presso il suo datore di lavoro e che pertanto la documentazione posta a sostegno dell’istanza è stata presentata al solo fine di determinare l’Amministrazione al rinnovo del permesso di soggiorno”.
Infatti, dall’accertamenti svolto dall’Ufficio Immigrazione in data 25.10.2012 presso il luogo di lavoro non è stato rintracciato né il datore di lavoro né il lavoratore. Inoltre, da informazioni rese da due vicini di casa è emerso che il datore di lavoro da circa quattro mesi non si era visto o che addirittura era sconosciuto.
Ebbene, tenuto conto che il ricorrente aveva sottoscritto un contratto di lavoro dipendente con orario settimanale di 20 ore, appare corretto, alla stregua delle circostanze e situazioni fattuali avanti evidenziate, considerare come fittizio detto rapporto di lavoro, con ciò giustificando ampiamente il provvedimento di revoca impugnato.
A fronte, poi, di tale situazione di fatto il ricorrente nulla sostanzialmente deduce in merito, limitandosi a prospettare i vizi di violazione di legge (artt. 5 e 5 bis del D.L.vo n. 286/1998) e di eccesso di potere (per illogicità manifesta e contraddittorietà della motivazione), sostenendo che dall’accertamento svolto dopo due anni non può discendere in via automatica la mancanza del rapporto di lavoro.
Ma, la suddetta asserzione deve ritenersi non conducente ai fini della legittimità del provvedimento impugnato dal momento che non viene nemmeno affermata, da parte del ricorrente, l’avvenuta sussistenza reale del rapporto di lavoro, anche per un periodo temporale definito, e tanto meno viene fornito un principio di prova attraverso -ad esempio- la produzione del modello CUD.
Infine, va rilevato, conformemente a quanto evidenziato nel provvedimento impugnato, che l’art. 5, comma 5, del D.L.vo n. 286/1998, stabilisce che il rinnovo del titolo di soggiorno è subordinato alla sussistenza dei requisiti richiesti per l'ingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato, tra i quali è inclusa, ai sensi dell'art. 4 comma 3, del decreto citato, la disponibilità da parte dello straniero di adeguati mezzi di sussistenza per la durata del soggiorno, la cui sufficienza viene positivamente valutata, a norma degli artt. 26 comma 3, d.lg. n. 286 del 1998 e 39 comma 3, d.P.R. n. 349 del 1999, quando lo straniero produce annualmente un reddito da lavoro dipendente, anche a tempo parziale o da lavoro autonomo, ovvero da altra legittima fonte, almeno pari al minimo di pensione sociale;
Ritenuto, pertanto che il ricorso va respinto e che le spese di lite possono compensarsi, stante anche la natura della controversia;