TAR Firenze, sez. II, sentenza 2022-12-28, n. 202201542

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Firenze, sez. II, sentenza 2022-12-28, n. 202201542
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Firenze
Numero : 202201542
Data del deposito : 28 dicembre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 28/12/2022

N. 01542/2022 REG.PROV.COLL.

N. 00162/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 162 del 2020, proposto da
F O, rappresentato e difeso dall'avvocato G B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune Porto Azzurro, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato D I, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Firenze, via de' Rondinelli 2;
Ministero dell'Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Firenze, domiciliataria ex lege in Firenze, via degli Arazzieri, 4;

per l'annullamento

della delibera del Consiglio Comunale del Comune di Porto Azzurro n. 66 del 12.11.2019.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune Porto Azzurro e del Ministero dell'Interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 dicembre 2022 il dott. Riccardo Giani e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1 – Nell’atto introduttivo del giudizio il ricorrente, premesso di essere titolare dell’Azienda Agricola “ Fiori di Canapa ”, con sede legale in Castelnuovo Magra (SP), e di essere proprietario di terreni nel Comune di Porto Azzurro, nei quali opera la semina di canapa industriale nel rispetto delle prescrizioni cui all’art. 3 della legge n. 242/2016, impugna la deliberazione n. 66 del 2019, con la quale il Consiglio comunale di Porto Azzurro ha vietato su tutto il territorio comunale l’impianto di attività di coltivazione della cannabis e il commercio della stessa.

2 – Nei confronti della deliberazione gravata il ricorrente formula le seguenti censure:

- “ Violazione di legge. Violazione della L. n. 242/2016 e della normativa comunitaria ”: la delibera impugnata è illegittima nella parte in cui vieta la coltivazione di cannabis per le finalità espresse e tassativamente elencate dalla legge n. 242/2016, in quanto la coltivazione di canapa cd. industriale è lecita;

- “ Eccesso di potere per travisamento, falsa ed erronea valutazione dei fatti e dei presupposti ”: la delibera gravata è illegittima anche per violazione del chiaro quadro normativo emergente dalla sentenza delle SS.UU. della Suprema Corte di Cassazione penale con la sentenza n. 30475/2019;
essa ha chiarito che la legge n. 242 del 2016 qualifica come lecita unicamente l’attività di coltivazione di canapa delle varietà iscritte al Catalogo comune delle specie delle piante agricole;

- “ Eccesso di potere per difetto di istruttoria ”: l’Ente ha istruito la questione in maniera sommaria, superficiale, incompleta, faziosa e meramente strumentale nel chiaro intento – evidentemente anche politico – di impedire una coltivazione del tutto lecita.

3 – Il Comune di Porto Azzurro e il Ministero dell’Interno si sono costituiti in giudizio per resistere al ricorso. Il Comune di Porto Azzurro ha eccepito la inammissibilità del ricorso per difetto di interesse poiché il provvedimento impugnato non ha vietato le attività espressamente consentite dalla legge 242/2016 e quindi, di conseguenza, neppure l’attività imprenditoriale del ricorrente ove, appunto, la stessa sia esercitata nel rispetto della normativa vigente;
tra le coltivazioni consentite e gli usi ammessi non è ricompresa la coltivazione e la commercializzazione della canapa a fini c.d. “ricreativi”, tali fattispecie esulano completamente dalla disciplina e dalla ratio della legge ed è solo ed esclusivamente a queste coltivazioni/commercializzazioni che la delibera del Consiglio Comunale di Porto Azzurro si è riferita.

4 – Con ordinanza n. 110 del 2020 la Sezione ha respinto la domanda incidentale di sospensione articolata in ricorso, sul rilievo che “ la gravata ordinanza comunale, ad un primo sommario esame, pare doversi leggere nel senso che essa non vieta le attività rientranti nella sfera di applicazione della legge n. 242 del 2016;
interpretazione dalla quale discende che non risultano vietate le attività di <coltivazione della canapa per finalità di produzione di alimenti, cosmetici, semilavorati per applicazioni industriali, prodotti per la bioedilizia ed altri>;
dal che discende la mancanza di <periculum in mora>
rispetto agli interessi fatti valere dal ricorrente
”.

5 – Chiamata la causa alla pubblica udienza del 14 dicembre 2022 e sentiti i difensori comparsi, come da verbale, la stessa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.

6 – La preliminare eccezione di inammissibilità del ricorso, per difetto di interesse all’impugnativa, è fondata.

Con la deliberazione del Consiglio comunale n. 66 del 2019 il Comune di Porto Azzurro ha deliberato “ di vietare su tutto il territorio comunale di Porto Azzurro l’impianto di attività di coltivazione della cannabis e ogni forma di commercio al dettaglio in sede fissa (anche tramite distributori automatici) e su aree pubbliche di prodotti e/o miscele vegetali costituite da infiorescenze di canapa sativa L. a basso contenuto di principio attivo (THC <
0,2%) e suoi derivati (resine)
”. Al fine di sostenere la lesività della suddetta deliberazione consiliare il ricorrente la legge come apportatrice di contenuto innovativo rispetto alla legislazione vigente, e in particolare alla legge n. 242 del 2016, come tale illegittima in quanto contrastante con gli ambiti di liceità risultanti dalla suddetta legge. Come già anticipato in sede di esame della domanda cautelare, il Collegio ritiene in senso contrario, che il suddetto provvedimento sia da intendere come tale da vietare la coltivazione dalla cannabis sativa L, e la commercializzazione dei prodotti di detta coltivazione, nella misura in cui i suddetti divieti sussistevano già in forza della legge n. 242/2016, anche in considerazione del fatto che l’Amministrazione comunale non risulta titolare di potestà volta a normare il profilo della liceità in questione. Di converso la coltivazione, e congiunta commercializzazione, conforme alla legge suddetta era e rimane lecita;
ciò è riferito alle finalità tassativamente indicate dall’art. 2 della legge 242 del 2016, secondo cui dalla coltivazione ammessa “ è possibile ottenere: a) alimenti e cosmetici prodotti esclusivamente nel rispetto delle discipline dei rispettivi settori;
b) semilavorati, quali fibra, canapulo, polveri, cippato, oli o carburanti, per forniture alle industrie e alle attività artigianali di diversi settori, compreso quello energetico;
c) materiale destinato alla pratica del sovescio;
d) materiale organico destinato ai lavori di bioingegneria o prodotti utili per la bioedilizia;
e) materiale finalizzato alla fitodepurazione per la bonifica di siti inquinati;
f) coltivazioni dedicate alle attività didattiche e dimostrative nonché di ricerca da parte di istituti pubblici o privati;
g) coltivazioni destinate al florovivaismo
”. Si aggiunga, a rafforzamento della portata non innovativa dell’atto gravato, che in alcun modo il provvedimento medesimo potrebbe essere inteso come avente portata tale da incidere sulla punibilità penale della commercializzazione di cannabis light , tema estraneo alla competenza comunale e risolto dalla giurisprudenza penale prevalentemente nel senso della sussistenza in concreto della offensività della condotta, cioè della idoneità della sostanza a produrre effetto drogante (Cass Pen. ,sez. III, sentenza n. 33101 dell’8 settembre 2022). Ribadisce il Collegio che la deliberazione comunale gravata deve essere intesa come ripetitiva del contenuto legislativo, priva di rilievo innovativo, risultando essere, in buona sostanza, una sorta di manifesto politico, più che un atto dotato di effettivo contenuto giuridico. Ne consegue che il ricorrente non ha interesse ad impugnare l’atto contestato, giacché inidoneo ad incidere sulla sua attività di coltivazione, che afferma essere lecita e conforme alla legge, in ciò non contrastato dall’amministrazione resistente.

7 – Alla luce delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per difetto di interesse, con compensazione delle spese di giudizio, stante la natura della decisione.

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