TAR Trieste, sez. I, sentenza 2011-09-15, n. 201100374

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Trieste, sez. I, sentenza 2011-09-15, n. 201100374
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Trieste
Numero : 201100374
Data del deposito : 15 settembre 2011
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00280/2009 REG.RIC.

N. 00374/2011 REG.PROV.COLL.

N. 00280/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 280 del 2009, proposto da:
S E, rappresentato e difeso dall'avv. R F, con domicilio eletto in Trieste, via Donota, n. 33;

contro

- Ministero della Giustizia, in persona del Ministro pro tempore;
- Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, in persona del Capo del dipartimento, rappresentati e difesi dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliata per legge in Trieste, piazza Dalmazia, n. 2;

per 1’accertamento,

in favore del dott. S:

a. dell’intervenuto svolgimento di mansioni superiori di livello dirigenziale nella direzione dell’istituto penitenziario di Trieste, nella rivestita qualifica inferiore di “Direttore coordinatore di Istituto Penitenziario – posizione economica C3”, nel periodo intercorrente tra il D.M. 28.11.2000 (che dispone la qualifica di “sede dirigenziale” per la Casa Circondariale di Trieste) ed il D.M. 16.8.2005 (di nomina a dirigente del dott. S), nonché

b. del diritto a ricevere il trattamento economico previsto per la superiore qualifica dirigenziale con riferimento al periodo quinquennale sopra indicato e, in particolare, alla spettanza delle differenze retributive,

e per la conseguente condanna

del Ministero della Giustizia e del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria alla liquidazione al dott. S delle differenze retributive tra lo stipendio ricevuto in qualità di direttore C3 e quello previsto per il dirigente di secondo livello, per il predetto periodo 2000-2005, con interessi e rivalutazione a fare tempo dalla maturazione del credito.


Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Avvocatura distrettuale dello Stato per conto del Ministero intimato;

Viste le memorie;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore alla pubblica udienza del 25 maggio 2011, il dott. G P e presenti gli avvocati delle parti come da verbale d’udienza;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.- Il ricorrente, S E è nei ruoli dell’amministrazione dal 1° gennaio 1982;
a decorrere dal giugno 1990, è preposto alla Casa circondariale di Trieste, classificata, con D.M. 28.11.2000 di attuazione del d. lgs. 146 del 2000, quale Ufficio di livello dirigenziale non generale (ovvero di seconda fascia).

Nel luglio 1991, il ricorrente è stato inquadrato nel profilo professionale di direttore coordinatore di istituto penitenziario con la IX qualifica funzionale. In seguito, in applicazione dei criteri di classificazione del personale previsti dal contratto collettivo integrativo pubblicato sul Bollettino ufficiale del Ministero della Giustizia del 30 giugno 2000, è stato inquadrato nella figura professionale del direttore – area C – posizione economica C3.

In seguito, ai sensi dell’art. 4 della legge 154 del 27 luglio 2005, è stato nominato dirigente dal 16.8.2005, data di entrata in vigore della legge.

Ritenendo di avere svolto mansioni tipiche del livello dirigenziale ancor prima della nomina, ed esattamente a partire dal 2000, S E ha presentato l’odierno ricorso, notificato il 7 maggio 2009 e depositato il 14 successivo, con il quale ha lamentato il mancato riconoscimento, ai fini economici, delle espletate funzioni dirigenziali.

Ha dedotto, sotto diversi e articolati profili, l’omessa applicazione e la conseguente violazione dell’art. 36 Cost., dell’art. 52 d. lgs. n. 165 del 2001, degli artt. 24 e 25 del

CCNL

Comparto ministeri e dell’art. 1 del contratto integrativo dipendenti amministrazione penitenziaria;
la violazione dell’art. 36 Cost.

Per quanto sopra, ha chiesto, previa eventuale istruttoria, l’accoglimento delle denunciate pretese con riconoscimento delle differenze retributive che sostiene spettargli a partire dall’anno 2000 e fino al 2005, con interessi e rivalutazione monetaria dal momento della maturazione del credito monetario.

Resiste in giudizio, per conto delle amministrazioni intimate, l’Avvocatura distrettuale dello Stato, la quale ha controdedotto l’infondatezza del ricorso, chiedendone il rigetto..

La discussione della causa è stata fissata per l’udienza pubblica del 25 maggio 2011, data in cui la stessa è stata introitata per la decisione.

2.- La controversia concerne il presunto diritto del ricorrente a ricevere le differenze retributive per le superiori mansioni dirigenziali, asseritamente svolte nel quinquennio 2000-2005.

Le pretese di parte ricorrente appaiono nel complesso infondate per i motivi di seguito esposti.

In linea generale, ad avviso del Collegio, alle funzioni ed alle relative mansioni di carattere dirigenziale non sono estensibili le disposizioni contenute all’art. 52 del d. lgs. 165 del 2001, le quali si riferiscono al ben diverso caso dello svolgimento delle mansioni superiori del personale del pubblico impiego appartenente a carriera diversa da quella dei dirigenti.

Vi sono considerazioni di carattere sistematico che conducono a questa conclusione.

Osta innanzitutto la verifica circa la presenza dei requisiti previsti dalla norma, ai fini del riconoscimento della legittimità dell’assegnazione del lavoratore a mansioni superiori (vacanza del posto in organico, ovvero sostituzione di dipendente assente nonché temporaneità dell’incarico), questo perché, ai sensi della vigente disciplina legislativa e contrattuale, per lo svolgimento di funzioni dirigenziali occorre sempre il previo conferimento dell’incarico.

L’incarico costituisce l’indefettibile investitura formale che l’amministrazione conferisce al dirigente perché costui possa realizzare obiettivi, priorità, piani e programmi che costituiscono l’indirizzo politico-amministrativo definitivo dagli organi politici dell’ente o dell’amministrazione presso cui il dirigente presta servizio.

La dirigenza del pubblico impiego è stata interessata, subito dopo l’approvazione del d. lgs. 165 del 2001, dall’importante riforma introdotta dalla L. n. 145 del 2002. Secondo il nuovo sistema normativo, pur confermandosi la natura del rapporto disciplinato dalle disposizioni di diritto comune e dai contratti collettivi, il conferimento dell’incarico riveste ancora di più la funzione di perno del sistema nei rapporti tra classe politica e dirigenza, definizione e realizzazione degli obiettivi e delle strategie politiche.

In particolare, l’art. 3 della L. n. 145 del 2002, nel modificare l’art. 19 del d. lgs. 165 del 2001, ha stabilito che “Ai fini del conferimento di ciascun incarico di funzione dirigenziale si tiene conto, in relazione alla natura e alle caratteristiche degli obiettivi prefissati ed alla complessità della struttura interessata, delle attitudini e delle capacità professionali del singolo dirigente, dei risultati conseguiti in precedenza nell'amministrazione di appartenenza e della relativa valutazione, delle specifiche competenze organizzative possedute, nonché delle esperienze di direzione eventualmente maturate all'estero, presso il settore privato o presso altre amministrazioni pubbliche, purché attinenti al conferimento dell'incarico.”. E’ significativo, poi, che la disposizione in esame aggiunga che “Al conferimento degli incarichi e al passaggio ad incarichi diversi non si applica l'articolo 2103 del codice civile”, norma che disciplina per il settore privato il regime delle mansioni del lavoratore.

L’art. 19, comma 3, disciplina inoltre la procedura del conferimento degli incarichi dirigenziali, stabilendo che “Tutti gli incarichi di funzione dirigenziale nelle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, sono conferiti secondo le disposizioni del presente articolo. Con il provvedimento di conferimento dell'incarico, ovvero con separato provvedimento del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro competente per gli incarichi di cui al comma 3, sono individuati l'oggetto dell'incarico e gli obiettivi da conseguire, con riferimento alle priorità, ai piani ed ai programmi definiti dall'organo di vertice nei propri atti di indirizzo e alle eventuali modifiche degli stessi che intervengano nel corso del rapporto, nonché la durata dell'incarico, che deve essere correlata agli obiettivi prefissati e che, comunque, non può essere inferiore a tre anni né eccedere il termine di cinque anni.”.

Non può inoltre trascurarsi l’ineludibile dato normativo secondo il quale le funzioni dirigenziali sono assegnate esclusivamente a seguito di pubblico concorso ovvero, fuori da questa ipotesi, in casi espressamente previsti dalla legge.

Va, infine, considerato che l’art. 24 del d. lgs. 165 del 2001 –nel disciplinare il trattamento economico del personale appartenente alle qualifiche dirigenziali- dispone che la componente accessoria della retribuzione (di posizione e di risultato) sia correlata alle funzioni attribuite, alle connesse responsabilità ed ai risultati conseguiti. E’ evidente quindi che il trattamento retributivo riservato al dirigente è strutturalmente connesso all’essere incardinati nella posizione dell’ufficio ed alle funzioni formalmente attribuite con l’incarico, dal quale derivano precisi effetti con riguardo in particolare al sorgere delle responsabilità, soprattutto di carattere dirigenziale.

In definitiva, da ciò si ricava che soltanto con la definizione dei criteri direttivi dell’azione amministrativa ed il conseguente svolgimento dell’attività gestionale e della verifica dei risultati conseguiti può aversi formalmente lo svolgimento delle funzioni dirigenziali.

3.- A conclusioni non diverse si perviene, ove si diriga lo sguardo dal quadro generale a quello settoriale relativo alla dirigenza degli istituti penitenziari.

Sul punto, il d. lgs. 21 maggio 2000, n. 146, da un lato, ha adeguato le strutture e gli organici dell'Amministrazione penitenziaria e dell'Ufficio centrale per la giustizia minorile e, dall’altro, ha istituito i ruoli direttivi ordinario e speciale del Corpo di polizia penitenziaria, a norma dell'art. 12 della legge 28 luglio 1999, n. 266. Il menzionato d. lgs. 146 del 2010 ha elevato alcuni tra gli istituti penitenziari a sedi di livello dirigenziale non generale;
di conseguenza ha, tra l’altro, aumentato il numero dei dirigenti dell’amministrazione penitenziaria. In applicazione di questi sostanziali interventi legislativi, l’amministrazione ha emanato i decreti ministeriali 28.11.2000 e 23.10.2001 coi quali, ha individuato nello specifico le strutture penitenziarie che, in proporzione al “numero dei detenuti ed internati, del personale in dotazione e della complessiva entità delle risorse gestite, nonché della realizzazione di progetti sperimentali di particolare rilievo che l’Amministrazione vi organizza”, andavano promosse a sedi di rango dirigenziale non generale.

Il Ministero, di conseguenza, aveva anche avviato due procedure concorsuali –riservate ai dipendenti interni in possesso di determinati requisiti- per la selezione dei dirigenti che avrebbero dovuto ricoprire le vacanze determinatesi nell’organico con l’emanazione dei suddetti decreti ministeriali di adeguamento della qualificazione della struttura. Ancorché la pubblicazione dei bandi sia avvenuta sul Bollettino ufficiale del Ministero della giustizia nel 2001 (concorso a 57 posti di Dirigente, con decreto del Capo del Dipartimento del 28.2.2001 e concorso a 44 posti di dirigente con decreto del Capo del Dipartimento del 19.4.2001), le relative procedure non sono state in concreto espletate poiché nel frattempo – a seguito di lungo iter del disegno di legge di nuova riforma del settore - era stata approvata la L. n. 154 del 27.7.2005 che ha riorganizzato l’ordinamento del personale dirigenziale dell’amministrazione penitenziaria. La legge, per gli aspetti che più interessano in questa sede, ha consentito l’attribuzione della qualifica dirigenziale a tutti i funzionari appartenenti al profilo di Direttore e di Direttore assistente sociale. Il ricorrente è stato quindi nominato dirigente, per effetto della menzionata L. n. 154/2005, dal 16 agosto 2005.

Prima della nomina egli rivestiva la posizione economica C3, come ricavabile dal contratto integrativo sottoscritto in data 5 aprile 2000 e pubblicato sul Bollettino ufficiale del Ministero della giustizia n. 12 del 30 giugno 2000.

Secondo la disciplina contrattuale integrativa, i direttori C3 sono dipendenti che assumono le funzioni vicarie del dirigente.

Ebbene, dopo la trasformazione degli istituti in parola a sede dirigenziale non generale, tra i quali l’istituto penitenziario di Trieste presso cui il ricorrente prestava servizio, non si è assistiti ad alcuna modifica sostanziale nelle funzioni da quest’ultimo svolte. In altri termini, il ricorrente non ha ricevuto in via formale l’affidamento di mansioni superiori in via formale in relazione al cambio di qualifica dell’Ufficio, questo perché alle attività normalmente svolte non si sono aggiunti ulteriori compiti che hanno richiesto un arricchimento del grado speciale di autonomia, con connesso aggravio delle responsabilità. In assenza di questi presupposti, non può sostenersi che vi sia stato svolgimento di funzioni dirigenziali.

D’altronde, non a caso, l’art. 33, comma 7, L. 27 dicembre 2002, n. 289 ha riconosciuto uno speciale emolumento inteso a compensare i rischi e le responsabilità connesse allo svolgimento delle attività del personale delle aree funzionali dell’amministrazione, preposto alla direzione degli istituti penitenziari. La norma in argomento ha escluso dalla fruizione del beneficio economico i dirigenti preposti alle direzione di istituti e di servizi, intendendo venire incontro proprio alla fascia dei dipendenti in posizione apicale nell’inquadramento del settore penitenziario del pubblico impiego, privi tuttavia della qualifica dirigenziale.

4.- Per le ragioni sopra esposte, le determinazioni dell’amministrazione appaiono esenti da censure e, pertanto, il ricorso va respinto.

La natura della controversia, attinente ad un rapporto d’impiego con pubblica amministrazione, induce comunque a compensare le spese tra le parti costituite.

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