TAR Roma, sez. 5S, sentenza 2024-06-07, n. 202411595

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 5S, sentenza 2024-06-07, n. 202411595
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202411595
Data del deposito : 7 giugno 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 07/06/2024

N. 11595/2024 REG.PROV.COLL.

N. 02754/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Quinta Stralcio)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2754 del 2019, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato E P V, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Lorenzo il Magnifico, n. 42;

contro

Ministero dell'Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso cui domicilia ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

per l'annullamento

del provvedimento del Ministero dell'Interno K-OMISSIS- di respingimento dell'istanza di cittadinanza italiana, presentata dal sig. -OMISSIS-, in data 28/01/2014, ai sensi dell'art. 9, co. 1, lett. f), della legge 91/1992.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;

Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 31 maggio 2024 la dott.ssa S S e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. In data 28.01.2014 il ricorrente ha presentato istanza di concessione della cittadinanza italiana ai sensi dell’art. 9 comma 1, lettera f, della legge 5 febbraio 1992, n. 91, presso la Prefettura di Padova.

2. Esperita l’istruttoria di rito e previo preavviso di rigetto, con il decreto gravato l’istanza è stata respinta con la seguente motivazione: “ VISTI i pregiudizi di carattere penale (sentenza in data 28/11/2007del G.I.P. Tribunale di Padova irrevocabile il 04/01/2008 per il reato di calunnia art. 368 c.p.;
decreto penale in data 10/02/2012 del G.I.P. Tribunale di Padova esecutivo il 19/04/2012 per il reato di violazione al T.U. Delle leggi di P.S. Art. 17 R.D. 18/06/1931 n. 773;
decreto penale in data 27/10/2015 del G.I.P. Tribunale di Padova esecutivo il 25/02/2016 per il reato di contravvenzione da parte degli intermediari finanziari e altri soggetti esercenti l'attività finanziaria, alle disposizioni concernenti l'obbligo di identificazione della clientela continuato art. 81 c.p., art. 55 comma 1 D.l.vo 21/11/2007 n. 231) da cui si evince che la condotta del richiedente è indice di inaffidabilità e di non compiuta integrazione nella comunità nazionale desumibile da un complesso di azioni e comportamenti, posti in essere nel corso della permanenza nel territorio nazionale – e, in particolare, nel decennio anteriore alla data di presentazione della domanda – idonei a fondare l'opportunità della concessione del nuovo status civitatis
”.

3. Avverso il provvedimento impugnato il ricorrente ha dedotto i seguenti motivi di illegittimità:

1) Violazione dell'articolo 10 bis L. 241/1990 per mancata considerazione nel provvedimento finale delle osservazioni effettuate in sede di preavviso di rigetto. La comunicazione, ricevuta tramite P.E.C. il giorno 11.06.2018, sarebbe risultata incompleta in quanto sprovvista non solo della firma dirigenziale, ma anche della parte conclusiva e, quindi, lo scrivente avvocato e il suo assistito non sono stati correttamente resi edotti delle eventuali ulteriori motivazioni a supporto di tale comunicazione, inoltre, in tale comunicazione risultava assente qualsivoglia riferimento agli strumenti difensivi previsti in favore dell'istante ex art. 10 bis legge 241/1990, nonché alle modalità e al termine temporale per avvalersene.

2) Violazione dell'art. 9 Legge 5/2/1992 n. 91 - Eccesso di potere per insufficiente e inadeguata motivazione Insussistenza di ragioni ostative all’acquisizione della cittadinanza – Manifesta illogicità e travisamento dei fatti. Il provvedimento sarebbe stato emesso senza null’altro approfondire sullo stile di vita, la condotta del ricorrente e il grado di integrazione a livello socio-lavorativo. Inoltre l'Amministrazione, da un'analisi più approfondita dei provvedimenti del 2012 e 2015 avrebbe rilevato che i precedenti contestati sono in realtà di scarso disvalore sociale in quanto le condanne sono derivate da fatti di lievissima entità, per cui è prevista solo una pena pecuniaria che in un caso è stata pari alla somma irrisoria di Euro 50,00.

4. Il Ministero dell’Interno, costituito in giudizio per resistere al ricorso, ha depositato la documentazione inerente al procedimento unitamente ad una relazione difensiva, in cui, contestando nel merito le censure ex adverso svolte, conclude per il rigetto della domanda di annullamento del diniego impugnato.

5. Unitamente all’istanza di prelievo depositata il 18 gennaio 2024, il ricorrente ha reso noto che in data 5 dicembre 2023, il Tribunale di Sorveglianza di Venezia ha emanato l'ordinanza -OMISSIS- con cui gli è stata concessa la riabilitazione.

6. Con memoria depositata l’8 maggio 2024 il ricorrente ha ribadito la propria posizione.

7. All’udienza di smaltimento dell’arretrato del 31 maggio 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.

8. Il ricorso è infondato.

9. Sulla asserita mancata puntuale confutazione in sede di provvedimento finale delle osservazioni prodotte dal ricorrente in fase di preavviso di rigetto, si rammenta che, per orientamento consolidato in giurisprudenza – da cui questo Collegio non ritiene di doversi discostare – l’Amministrazione non è tenuta a svolgere un’analitica confutazione delle deduzioni introdotte ai sensi dell’art. 10 bis L. 241/1990, essendo sufficiente ai fini della sua giustificazione una motivazione complessivamente e logicamente resa a sostegno dell'atto stesso (in tal senso, tra le tante, Cons. di Stato, sez. II, n. 3995/2023;
sez. IV, n. 6815/2020;
TAR Lazio, n. 18183/2023, n. 1808/2021 e 184/2021). Nel caso di specie, peraltro, l’Amministrazione ha anche preso posizione su tali deduzione, in particolare sulla non rilevanza delle stesse rispetto agli elementi ostativi riscontrati in fase di istruttoria.

10. Quanto alle censure di carattere formale sollevate dal ricorrente avverso la comunicazione del preavviso di rigetto (incompletezza della trasmissione per mancanza della seconda pagina, ove è riportata la firma del dirigente e i termini per il deposito di osservazioni e documenti), si rappresenta che l’eventuale violazione delle disposizioni di cui all’art. 10 bis l. 241/1990 –in applicazione della formulazione dell’art. 21 octies L. 241/1990 vigente al momento dell’emanazione del provvedimento impugnato (antecedente alle modificazioni intervenute con il d.l. 76/2020 conv. dalla l. 120/2020, che possono trovare applicazione solo per i provvedimenti emanati successivamente all’entrata in vigore delle stesse) - non potrebbe, in ogni caso, avere portata caducante del provvedimento impugnato, in considerazione della sostanziale correttezza dello stesso (in tal senso, tra le tante, TAR Lazio, questa sez. III-ter, n. 3856/2020;
Cons. di Stato sez. IV, n. 1144/2020). Nel caso di specie, in ogni caso, il ricorrente ha pienamente esercitato il proprio diritto di difesa, circostanza che, anche a voler ritenere che il preavviso di rigetto sia stato trasmesso mancante della seconda pagina - attesta l’insussistenza di un vulnus sul piano difensivo a carico del ricorrente, che è stato comunque edotto pienamente delle ragioni ostative all’accoglimento dell’istanza.

11. Quanto ai profili di merito, il Collegio reputa utile, in funzione dello scrutinio delle doglianze formulate nell’atto introduttivo del giudizio, una premessa di carattere teorico in ordine al potere attribuito all’Amministrazione nella materia de qua, all’interesse pubblico protetto e alla natura del relativo provvedimento alla luce della giurisprudenza in materia, nonché dei precedenti di questo Tribunale (cfr., ex multis, TAR Lazio, Roma, Sez. V bis, n. 2943, 2944, 2945, 3018, 3471, 4280 e 5130 del 2022).

12. Ai sensi dell'articolo 9, comma 1, lettera f), della legge n. 91 del 1992, la cittadinanza italiana "può" essere concessa allo straniero che risieda legalmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica.

L'utilizzo dell'espressione evidenziata sta ad indicare che la residenza nel territorio per il periodo minimo indicato è solo un presupposto per proporre la domanda a cui segue " una valutazione ampiamente discrezionale sulle ragioni che inducono lo straniero a chiedere la nazionalità italiana e delle sue possibilità di rispettare i doveri che derivano dall'appartenenza alla comunità nazionale " (cfr., tra le tante, Consiglio di Stato sez. III, 23/07/2018 n. 4447).

Il conferimento dello status civitatis, cui è collegata una capacità giuridica speciale, si traduce in un apprezzamento di opportunità sulla base di un complesso di circostanze, atte a dimostrare l'integrazione del richiedente nel tessuto sociale, sotto il profilo delle condizioni lavorative, economiche, familiari e di irreprensibilità della condotta (Consiglio di Stato sez. VI, 9 novembre 2011, n. 5913;
n. 52 del 10 gennaio 2011;
Tar Lazio, sez. II quater, n. 3547 del 18 aprile 2012).

L'interesse pubblico sotteso al provvedimento di concessione della particolare capacità giuridica, connessa allo status di cittadino, impone che si valutino, anche sotto il profilo indiziario, le prospettive di ottimale inserimento del soggetto interessato nel contesto sociale del Paese ospitante (Tar Lazio, sez. II quater, n. 5565 del 4 giugno 2013), atteso che, lungi dal costituire per il richiedente una sorta di diritto che il Paese deve necessariamente e automaticamente riconoscergli ove riscontri la sussistenza di determinati requisiti e l'assenza di fattori ostativi, rappresenta il frutto di una meticolosa ponderazione di ogni elemento utile al fine di valutare la sussistenza di un concreto interesse pubblico ad accogliere stabilmente all'interno dello Stato comunità un nuovo componente e dell'attitudine dello stesso ad assumersene anche tutti i doveri ed oneri.

In altri termini, il provvedimento di concessione della cittadinanza in esame “ è atto squisitamente discrezionale di ‘alta amministrazione’, condizionato all'esistenza di un interesse pubblico che con lo stesso atto si intende raggiungere e da uno ‘status illesae dignitatis’ (morale e civile) di colui che lo richiede” (Consiglio di Stato, sez. III, 07/01/2022, n. 104).

Pertanto, l’anzidetta valutazione discrezionale può essere sindacata in questa sede nei ristretti ambiti del controllo estrinseco e formale;
il sindacato del giudice, infatti, non si estende al merito della valutazione compiuta dall'Amministrazione, non potendo dunque spingersi al di là della verifica della ricorrenza di un sufficiente supporto istruttorio, della veridicità dei fatti posti a fondamento della decisione e dell'esistenza di una giustificazione motivazionale che appaia logica, coerente e ragionevole (cfr., ex multis, Consiglio di Stato sez. III, 16 novembre 2020, n. 7036;
nonché, TAR Lazio, sez. V bis, n. 2944/2022 su prospettive e limiti dell’applicazione del principio di proporzionalità in tale materia).

Quanto, in particolare, all’onere motivazionale, la giurisprudenza ha più volte precisato che l'ampiezza e la profondità dell'obbligo di motivazione del provvedimento di diniego della concessione della cittadinanza devono correlarsi allo stadio del procedimento penale, alla natura del reato commesso, nonché alla circostanza che esso sia stato commesso a distanza di tempo dal momento in cui l'istanza di concessione della cittadinanza viene proposta. Questi profili incidono anche sul livello di discrezionalità dell'amministrazione per la quale la valutazione della condotta penalmente rilevante deve costituire, a norma di legge, uno degli elementi rilevanti ai fini della decisione sulla concessione della cittadinanza, con la conseguenza che, “ nel caso di sentenza penale e, a fortiori, di sentenza passata in giudicato l'ampiezza e l'intensità dell'obbligo motivazionale relativo al diniego di concessione di cittadinanza può essere minore rispetto a quello che deve, invece, caratterizzare un diniego in presenza di una mera comunicazione di notizia di reato o di una denuncia, della quale il ricorrente potrebbe non essere al corrente ” (Consiglio di Stato sez. I, 04/04/2022, n.713;
cfr., in senso conforme, Cons. Stato, Sez. II, 31 maggio 2021, n. 4151).

13. Tanto premesso, ritiene il Collegio che, nel caso di specie, il Ministero abbia legittimamente esercitato il potere discrezionale di cui dispone, svolgendo un’adeguata istruttoria, assolvendo correttamente all’onere di motivazione e senza venir meno ai criteri di ragionevolezza e proporzionalità nel bilanciamento degli interessi.

Dall’istruttoria di rito – e in particolare dal rapporto informativo della Questura di Padova del 14/03/2015 e dal Certificato del Casellario Giudiziale, acquisiti agli atti, - sono emersi infatti diversi elementi pregiudizievoli di carattere penale, anche di significativo disvalore sociale, sul conto dell’istante.

Peraltro, gli elementi penali risultati ostativi rientrano nel periodo decennale di osservazione costantemente ritenuto adeguato dalla giurisprudenza, che sul punto ha precisato che “ il Ministero ben può rilevare che nell’ultimo decennio vi sono state condotte penalmente rilevanti (e quindi espressive di una non compiuta integrazione dello straniero nella comunità nazionale), così come può valutare i fatti per periodi ancora maggiori ai dieci anni” (T.A.R. Lazio, sentenza n. 5615/2015).

Nell’omettere di indicare i suddetti procedimenti penali in sede di compilazione della domanda, come evidenziato dal Ministero in sede di relazione difensiva, il ricorrente ha peraltro pure reso una dichiarazione mendace ai sensi dell'art. 76 del DPR 445/2000.

In tal senso, va considerato che la falsa dichiarazione è suscettibile, da un lato, di sanzione sotto il profilo penale, dall’altro, è rilevante anche sul piano del procedimento amministrativo in esame, in quanto integrante una condotta indicativa di scarsa affidabilità della ricorrente nel rapportarsi con le Istituzioni dello Stato di cui aspira a divenire cittadino. Il che avvalora ulteriormente il giudizio di insufficiente adesione da parte dello straniero ai valori dell'ordinamento del Paese di cui chiede lo status civitatis (cfr., di recente, T.A.R. Roma, (Lazio) sez. I, 12/10/2020, n.10317;
n. 7919/21;
da ultimo, TAR Lazio, sez. V bis, n. 2944, 2945, 2946, 2947, 3026, 3475 nonché 3621 del 2022).

Neppure la circostanza dedotta col secondo motivo di ricorso che il ricorrente sia inserito a livello lavorativo, familiare e sociale in Italia e la conoscenza della lingua italiana, appare idonea a scalfire il giudizio svolto dall’Amministrazione.

L’istante, infatti, non offre elementi che possano integrare meriti speciali, atteso che lo stabile inserimento, anche nella realtà economica, se, per un verso, rappresenta una condizione del tutto ordinaria, in quanto costituisce solo il presupposto per conservare il titolo di soggiorno, per altro verso rappresenta soltanto il prerequisito per la concessione della cittadinanza.

Difatti, il conferimento della cittadinanza italiana per naturalizzazione presuppone l'accertamento di un interesse pubblico da valutarsi anche in relazione ai fini propri della società nazionale e non già sul semplice riferimento dell'interesse privato di chi si risolve a domandare la cittadinanza per il soddisfacimento di personali esigenze.

Il riconoscimento della cittadinanza, per sua natura irrevocabile (salvi i casi di revoca normativamente previsti), si fonda su determinazioni che rappresentano un'esplicazione del potere sovrano dello Stato di ampliare il numero dei propri cittadini (Cons. Stato, Sez. III, 7 gennaio 2022, n. 104) e, pertanto, presuppone che " nessun dubbio, nessuna ombra di inaffidabilità del richiedente sussista, anche con valutazione prognostica per il futuro, circa la piena adesione ai valori costituzionali su cui Repubblica Italiana si fonda" (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 14 febbraio 2017, n. 657), inaffidabilità che nel caso di specie è ricavabile non solo – come indicato nel provvedimento - dall’esistenza di precedenti penali a carico del ricorrente, ma anche, invero, come evidenziato dalla difesa erariale, di una dichiarazione mendace in sede di presentazione dell’istanza.

14. Quanto all’intervenuta riabilitazione del ricorrente in relazione alla sentenza e ai decreti penali considerati dall’Amministrazione resistente ai fini della reiezione dell’istanza di cittadinanza, si osserva - in disparte il fatto (decisivo nel caso di specie) che la stessa sia intervenuta successivamente all’adozione del decreto di rigetto e che dunque essa non impinga a ritroso sulla legittimità di quest’ultimo - che la rilevanza della condotta intesa come fatto storico, sul piano amministrativo, permane anche in caso di riabilitazione penale.

Al di fuori dell’ipotesi considerata dall’art. 6 (disposizione inopinatamente richiamata dalla ricorrente, posto che si tratta di fattispecie diversa da quella in esame), in relazione all’art. 5 della legge n. 91/1992 - in cui la riabilitazione da parte del giudice penale ha effetti particolari che si giustificano con la natura di diritto soggettivo della cittadinanza per matrimonio con italiana/o - nel caso, come quello di specie di istanza di cittadinanza per naturalizzazione ai sensi dell’art. 9, la riabilitazione non comporta, infatti, alcun automatismo circa l'ottenimento dello status civitatis , poiché lascia sempre in capo alla pubblica amministrazione la decisione discrezionale inerente alla concessione.

In virtù della cd. pluriqualificazione dei fatti giuridici, pertanto, se sul piano penale gli effetti della riabilitazione sono chiaramente diretti ad agevolare il reinserimento nella società del reo, in quanto eliminano le conseguenze penali residue e fanno riacquistare all’interessato la capacità giuridica persa in seguito alla condanna, invece, sul piano amministrativo, la valutazione che l’Amministrazione è chiamata a compiere per concedere lo status di cittadino ha riguardo principalmente all’interesse pubblico alla tutela dell’ordinamento.

Ne consegue che, nel concedere la cittadinanza ai sensi dell'art. 9 della l. n. 91/1992, pure nei casi in cui sia già intervenuta la riabilitazione, l’Amministrazione è chiamata, comunque, a prendere in considerazione il “fatto storico” per il particolare valore sintomatico che può assumere in quel procedimento e, pertanto, può essere, come accaduto nel caso in esame, ragionevolmente considerato come indicativo di una personalità non incline al rispetto delle norme penali e delle regole di civile convivenza, e tale da giustificare il diniego di riconoscimento della cittadinanza italiana (Consiglio di Stato, sez. IV, n. 1788/2009, n. 4862/2010;
sez. III, n. 7022/2019;
T.A.R. Lazio sez. II quater, n. 10590/12;
10678/2013).

15. D’altronde, la particolare cautela con cui l'Amministrazione valuta la rilevanza di condotte antigiuridiche è compensata dalla facoltà di reiterazione dell’istanza che l’ordinamento riconosce al richiedente una volta mutate le condizioni oggettive sottese all'esito negativo originario.

16. In conclusione, il ricorso è infondato e va respinto.

17. Resta fermo che, come evidenziato anche dall’Amministrazione resistente in sede difensiva, il provvedimento impugnato è stato adottato sulla base delle risultanze istruttorie acquisite al momento dell’adozione dello stesso e che gli elementi eventualmente sopravvenuti potranno essere valorizzati a seguito della presentazione di una nuova istanza di concessione della cittadinanza italiana da parte dell’odierno ricorrente.

18. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano nella misura indicata in dispositivo.

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