TAR Catania, sez. I, sentenza 2023-03-06, n. 202300721

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catania, sez. I, sentenza 2023-03-06, n. 202300721
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catania
Numero : 202300721
Data del deposito : 6 marzo 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 06/03/2023

N. 00721/2023 REG.PROV.COLL.

N. 01296/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1296 del 2010, proposto da
Sciara Palace S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati P D L ed E R, con domicilio fisico eletto presso lo studio dell’avvocato P D L in Catania, viale Ruggero di Lauria, 29;

contro

Comune di Aci Castello, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato G M, con domicilio digitale ex lege come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'annullamento

della deliberazione del Consiglio Comunale di Aci Castello n. 1 del 26/01/2010, pubblicata il 7/03/2010, avente ad oggetto “ Scadenza temporale vincolo di PRG. Determinazioni in merito” , con cui sono stati reiterati i vincoli espropriativi contenuti nel P.R.G. del Comune, decaduti per decorrenza del termine quinquennale;

delle n.t.a. del Comune, come modificate dalla predetta delibera;

di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguenziale;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Aci Castello;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 dicembre 2022 il dott. G G A D e uditi per le parti i difensori presenti come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO



1. Con ricorso notificato in data 10 maggio 2010 e depositato in data 17 maggio 2010 la Sciara Palace S.r.l. ha rappresentato quanto segue.

La società ricorrente è proprietaria di un fondo sito nel Comune di Aci Castello, via Empedocle nn. 41-47, riportato in catasto al foglio 5 (particelle 628, 1127, 1158, 1882, 1884, 1883, 1159, 1877, 1878, 1162, 1899, 1900, 1478, 1479, 1480, 1481, 1503, 1504, 1505, 1550, 1552, 1324, 1325) per un totale di mq. 10.980, rientrante nel P.R.G. del 1957 in “zona estensiva”, con edificabilità di mc. 2,50/mq., ad eccezione di una superficie di circa 800 mq., espropriata per opere pubbliche.

Con delibera n. 18 del 7 marzo 2001 il Comune ha adottato il nuovo P.R.G. con il quale ha mutato la destinazione urbanistica delle suddette aree - ivi compresa la zona già occupata dalla sede stradale - apponendovi un vincolo di destinazione a verde pubblico preordinato all'espropriazione, in contrasto con la delibera n. 28 del 27 maggio 1994 e con le delibere consiliari n. 69 del 2 dicembre 2003 e n. 25 del 15 aprile 2005.

Con ricorso giurisdizionale iscritto al n. r.g. 69/2006 la società ricorrente ha chiesto l’annullamento del citato nuovo piano regolatore generale approvato con D.D. dell’Assessorato Regionale Territorio e Ambiente del 27 maggio 2005, pubblicato sulla G.U.R.S. n. 30 e affisso all’albo pretorio del Comune di Aci Castello il 17 ottobre 2005, prot. n. 22617, ivi compresa la parte in cui è stata respinta l’opposizione n. 116 avverso la delibera di rielaborazione parziale contenente l’apposizione del vincolo di destinazione a verde pubblico.

Il detto ricorso è stato dichiarato inammissibile con sentenza T.A.R. Sicilia, Catania, n. 1153/2008 (per non avere la parte ricorrente fornito la prova di essere proprietaria del terreno in questione) avverso la quale è stato proposto ricorso in appello (iscritto al n. r.g. 1104/2009).

Frattanto, con deliberazione consiliare n. 1 del 26 gennaio 2010 - pubblicata il 7 marzo 2010 - avente ad oggetto “ Scadenza temporale vincolo di PRG. Determinazioni in merito” , il Comune di Aci Castello ha disposto la reiterazione dei vincoli espropriativi contenuti nelle disposizioni di piano, e ha modificato le norme tecniche di attuazione omettendo di motivare adeguatamente e di prevedere la corresponsione di un indennizzo, in contrasto con la legislazione vigente.



1.1. Si è costituito in giudizio il Comune di Aci Castello chiedendo il rigetto del ricorso.



1.2. All’udienza pubblica del 7 dicembre 2022, presenti i difensori della società ricorrente e del Comune resistente, come da verbale, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO



1. Con il primo motivo di ricorso sono stati dedotti i vizi di Illegittima reiterazione del vincolo preordinato all’esproprio. Illegittima apposizione di un “doppio vincolo”. Eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà – Sviamento di potere.

Secondo la società ricorrente, in sintesi, il Comune di Aci Castello, con la impugnata delibera n. 1 del 2010, ha disposto la reiterazione dei vincoli preordinati all’esproprio previsti nel P.R.G. vigente ed ha, al contempo, modificato l’art. 31 delle norme tecniche di attuazione, recante la disciplina delle “ Zone destinate a servizi di cui al DI 1444 (V, P, IC, AS) ”.

In particolare, secondo la deducente, il Comune ha illegittimamente reiterato i vincoli di destinazione a verde pubblico apposti sulle aree della stessa parte ricorrente, in violazione delle garanzie prescritte dalla Costituzione e dell’art. 9 del d.P.R. n. 327/2001 (recepito in Sicilia con L.R. n. 7/2002), avendo omesso di dare adeguata motivazione della propria scelta nonché di prevedere un adeguato indennizzo e ha snaturato sine die il diritto dominicale della stessa ricorrente.

Per la parte ricorrente, le garanzie costituzionali sono state pretermesse poiché quello che prima era un vincolo espropriativo è stato trasformato in vincolo conformativo, ciò che rappresenta un commodus discessus in ragione della natura sostanzialmente espropriativa del vincolo de quo .

Per la deducente che il vincolo fosse di natura espropriativa emerge già nelle originarie previsioni di piano: l’art. 31 delle n.t.a. – con riferimento alle aree a verde e a quelle per le attrezzature sportive e scolastiche – specificava che “[…] Le aree sono preordinate all’esproprio ed i relativi interventi sono di iniziativa pubblica […]” ed anche nelle nuove n.t.a. (adottate con la delibera impugnata) continua a prevedere che […] Le aree sono preordinate all’esproprio ed i relativi interventi sono di iniziativa pubblica […]”, salvo però aggiungere che le aree per attrezzature collettive hanno un doppio vincolo: espropriativo, se l’intervento proposto è di iniziativa pubblica, conformativo se è di iniziativa privata convenzionata.

Per la deducente, qualificare il vincolo come “preordinato all’esproprio” e “conformativo” allo stesso tempo manifesta una palese ambiguità e la relativa scelta comunale non è sorretta da logicità e coerenza (per la giurisprudenza, infatti, è illegittimo per eccesso di potere per contraddittorietà il provvedimento che presenti contraddizioni od incongruenze rispetto a precedenti valutazioni della stessa Amministrazione o quando sussistano più manifestazioni di volontà dello stesso ente che si pongano tra loro in contrasto), tanto più in considerazione che l’opzione circa l’effettiva natura del vincolo è ricollegata ad un evento futuro ed incerto (la mera eventualità che venga intrapresa per prima l’iniziativa pubblica ovvero quella privata).

Per la deducente ne consegue che non potendosi predicare la c.d. doppia natura del vincolo (figura non prevista e abnorme) si deve ritenere che sulle aree in questione ricade un vincolo espropriativo (aggiunge l’esponente che al di là del nomen juris adottato e in aperto sviamento di potere, ricorre per il proprietario un inaccettabile stato di incertezza e quello svuotamento di rilevante entità ed incisività del contenuto della proprietà stessa da cui desumere, secondo la giurisprudenza costituzionale, la natura sostanzialmente espropriativa del vincolo).

Sul punto la società ricorrente ha richiamato la giurisprudenza secondo la quale: la destinazione di un'area alla realizzazione di attrezzature di interesse pubblico - effettuata di regola dall'Ente pubblico ovvero da privati mediante la stipula di una convenzione ma sempre previa espropriazione - dà vita ad un vincolo di natura sostanzialmente espropriativa;
i vincoli che decadono con il decorso del quinquennio sono quelli che, incidendo su beni determinati, svuotano il contenuto del diritto di proprietà attingendo il godimento del bene, in modo da renderlo inutilizzabile rispetto alla sua destinazione naturale ovvero diminuendone in modo significativo il valore di scambio.

Per la società ricorrente, in conclusione, la delibera avversata va annullata perché manca di prendere posizione sulla natura del vincolo ed impone al privato un sacrificio che supera la normale tollerabilità secondo una concezione della proprietà che resta regolata dalla legge per i modi di godimento ed i limiti preordinati alla funzione sociale (art. 42, secondo comma, Cost.).

Il Comune di Aci Castello ha contrastato le argomentazioni articolate dalla società ricorrente.



1.1. Il motivo è infondato, dovendosi tuttavia sin d’ora evidenziare che le argomentazioni difensive del Comune resistente sono prive di base, specie in relazione alla c.d. “doppia natura del vincolo”.



1.1.1. Per la difesa del Comune resistente (cfr. la memoria depositata in data 31 ottobre 2022) l’avversata deliberazione consiliare n. 1/2010 non reitera i vincoli urbanistici preordinati all’esproprio delle aree già destinate ad attrezzature pubbliche ricadenti al foglio 5 (particelle 628, 1127, 1158 ed altre) - segnatamente a verde pubblico preordinato all’esproprio - bensì dà atto che per i vincoli conformativi la previsione contenuta nelle n.t.a secondo cui le relative aree sono preordinate all’esproprio deve intendersi decaduta alla data del 29 dicembre 2009 (per decorso del termine quinquennale), con la permanenza di validità ed efficacia a tempo indeterminato della possibilità di realizzazione delle opere per iniziativa privata, oltre a dare atto di dovere provvedere alle modifiche ed integrazioni delle norme tecniche di attuazione al fine di meglio regolamentare la realizzazione delle parti sottoposte a vincolo meramente confermativo, quali il verde pubblico, le attrezzature sportive, le aree a parcheggio, le aree ad attrezzature scolastiche (prevedendo la interscambiabilità fra le varie destinazioni secondo il criterio di “fungibilità tra destinazioni nel limite di compatibilità con gli interessi pubblici”), così riconoscendo ai proprietari delle aree un uso del bene più fruibile ed utile, mediante apposite previsioni di convenzionamento nel rispetto dei principi di sussidiarietà, interesse generale all’efficienza ed equilibrio economico delle gestioni.

Secondo la difesa del Comune resistente il vincolo conformativo, a differenza di quello espropriativo, permane nel tempo, non determina decadenza della destinazione e non comporta indennizzo o ristoro di alcun genere;
il vincolo espropriativo consente all'Amministrazione Comunale di potere attivare la pubblica utilità, previa predisposizione di un progetto/piano attuativo e quindi avviare la procedura espropriativa mentre il vincolo conformativo consente al soggetto privato di proporre esso stesso all'Amministrazione Comunale, in regime di convenzione, un intervento che pur conservando la natura di interesse pubblico può costituire redditività per il proponente.

La doppia natura del vincolo di destinazione, secondo la difesa del Comune resistente, ha fatto sì che al venir meno della natura espropriativa dell'area - 29 dicembre 2009 - restaste efficace il vincolo conformativo;
in altri termini, a far data dal 2010 e fino ad oggi il vincolo espropriativo ha perso la sua efficacia, mentre è sopravvissuto, in quanto mai decaduto, quello conformativo: pertanto la destinazione impressa nell'area resta sempre verde pubblico.

Peraltro, ha osservato la difesa del Comune resistente, se quanto affermato dalla parte ricorrente fosse vero, il vincolo espropriativo reiterato con l’avversata delibera consiliare sarebbe nuovamente decaduto (nell’anno 2015), con conseguente sopravvenuta carenza di interesse a ricorrere.

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