TAR Napoli, sez. IV, sentenza 2016-06-21, n. 201603119
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta
Segnala un errore nella sintesiTesto completo
N. 03119/2016 REG.PROV.COLL.
N. 03431/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3431 del 2012, proposto da:
Imprese Generali Riunite - I.G.R. S.r.l., rappresentato e difeso dagli avv. M D L T, F V, con domicilio eletto presso F V in Napoli, Via A. D'Isernia,16 c/o St. Salvi;
contro
Inps - Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, rappresentato e difeso dagli avv. V D M, G T, E C, V T, con domicilio eletto presso V D M in Napoli, Via Medina,61 c/o Uff.Legale Inps;
per l'annullamento
delle deliberazioni della commissione provinciale per la cassa integrazione che respingono le istanze della ricorrente per la erogazione dell’integrazione salariale relativamente all’impiegata amministrativa Lucia De Lieto, comunicate con note del 2 3 e maggio 2012 e del 5 giugno 2012
-e per la condanna dell’amministrazione alla corresponsione del trattamento di CIGO anticipato alla De Lieto.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Inps - Istituto Nazionale della Previdenza Sociale;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 giugno 2016 la dott.ssa Anna Pappalardo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Parte ricorrente chiede l’annullamento delle delibere in epigrafe con cui è stata respinta l’integrazione salariale chiesta per l’impiegata amministrativa De Lieto in vari periodi dal marzo 2011 al febbraio 2012;assume che il trattamento di integrazione è stato richiesto per ritardi nella consegna del lotto lavori affidatole , consistente nella stazione della metropolitana del centro direzionale. In virtù di tale ritardo le è stata dapprima autorizzata la cassa integrazione per il personale operaio destinato al cantiere, e successivamente gli ulteriori ritardi, imputabili al CIPE, la hanno costretta a richiedere il trattamento de quo anche per il personale amministrativo di sede.
Le originarie cinque unità di personale amministrativo sono state ridotte, essendo l’azienda riuscita a ricollocare utilmente quattro unità, per cui la richiesta di cassa integrazione è stata inoltrata solo per la sig. De Lieto.
Tuttavia, a conclusione del periodo di cassa integrazione, la società assume di essere stata costretta al licenziamento di detta dipendente, in ragione del perdurante ritardo nella assegnazione della commessa.
Avverso la reiezione della domanda, motivata con la mancata ripresa della attività. La ricorrente articola censure di violazione di legge ed eccesso di potere.
In particolare rileva come il requisito della certezza della ripresa dell’attività lavorativa, richiesto dalla normativa di settore e ritenuto mancante dall’INPS, è stato inteso dalla giurisprudenza in termini di ragionevole prevedibilità, con un giudizio prognostico ex ante e non ex post, per cui il beneficio non può essere negato ipso facto per il licenziamento del dipendente .
Si è costituita in giudizio l’INPS, contestando la fondatezza della domanda, e rilevando come da un lato manca la cd. causa integrabile e dall’altro la pretesa irragionevolezza per disparità di trattamento non sussiste, in quanto i trattamenti di CIGO autorizzati per altri operai non riguardano lo stesso cantiere, ma altro con diversa causale e segnatamente “perizia di variante”.
Alla udienza pubblica del 8 giugno 2016 il ricorso è stato ritenuto in decisione.
DIRITTO
Deve essere preliminarmente affermata la di giurisdizione di questo TAR con riferimento alla domanda ,che investe necessariamente il contenuto del provvedimento discrezionale della P.A..
In tema di integrazione salariale, tanto quella ordinaria, autorizzata dall'I.N.P.S., quanto quella straordinaria, autorizzata dal Ministero del lavoro, l'insorgenza di posizioni di diritto soggettivo, come tali suscettibili di tutela davanti al giudice ordinario, postula il provvedimento amministrativo di autorizzazione all'integrazione medesima, il quale è atto caratterizzato da discrezionalità amministrativa, sicché, prima del suo venire in essere, il datore di lavoro ed il lavoratore sono portatori di meri interessi legittimi rispetto ai benefici discendenti dalla disciplina normativa dell'integrazione, con l'ulteriore conseguenza che, ove lo stesso datore intenda insorgere contro il diniego di autorizzazione, non può che adire il giudice amministrativo, ancorché la contestazione sia finalizzata alla realizzazione del diritto al rimborso delle integrazioni anticipate (Cass. sez. unite 8274/1994).
Nel merito, il ricorso è infondato e va respinto.
Va premesso che l’art. 1 legge 20 maggio 1975 n. 164 e l’art. 14 L. 23 luglio 1991 n. 223/1991 prevedono l’accesso alla CIGO e l’erogazione dei conseguenti importi all’azienda in difficoltà, in presenza di sospensioni o riduzioni di attività contingenti nonché di crisi temporanee di mercato conseguenti a situazioni determinate da eventi transitori, non imputabili all’imprenditore o ai lavoratori .
In linea con le sopra indicate disposizioni, i presupposti positivi per accedere all’integrazione salariale ordinaria sono i seguenti:
– la sussistenza di un rapporto di lavoro di tipo subordinato preesistente da almeno tre mesi;
– la sospensione dal lavoro o riduzione dell’orario di lavoro giornaliero;
– la previsione fondata e certa di ripresa dell’attività lavorativa.
Il presupposto negativo è che l’evento transitorio non deve essere imputabile all’imprenditore o ai lavoratori.
La disciplina normativa dettata in materia di cassa integrazione guadagni non può che reputarsi di stretta interpretazione, tenuto conto delle finalità sociali e assistenziali dell’istituto e del connesso impiego di risorse pubbliche, ad attenuazione del rischio di impresa.
In materia di concessione del trattamento di integrazione salariale, l’INPS, anche alla luce della propria circolare del 14.7.2003 n. 130, deve operare una valutazione prognostica esaustiva sulla capacità dell’Impresa di continuare l’attività al termine della contrazione di lavoro. Il che implica
Che, in caso di mancata ripresa dell’attività lavorativa conseguente al licenziamento della dipendente al termine del periodo di cassa integrazione, non sussiste il requisito della transitorietà della causa integrabile e della sua temporaneità.
Invero il giudizio prognostico ex ante , pur traducendosi in una ragionevole prevedibilità di ripresa e non nell’assoluta certezza di ripresa dell’attività, nel caso di specie non comporta l’esito favorevole invocato da parte ricorrente, in ragione della circostanza che le diminuzioni di personale avutesi durante il periodo di cassa integrazione o in quello immediatamente successivo stanno a dimostrare la necessitò di un ridimensionamento dell’ampiezza della struttura e della organizzazione della azienda, dovuto nona situazioni di mercato temporanee, ma a un calo permanente della attività della impresa.
Invero, come evidenziato anche in sede di ordinanza cautelare, nel caso di specie sono stati posti in mobilità quattro impiegati amministrativi e la quinta dipendente, interessata dalla richiesta del trattamento di integrazione salariale, è stata a breve intervallo di tempo licenziata.
Ciò anche a tacere dalla circostanza, evidenziata nella memoria dell’INPS del 3.10.2012, e non oggetto di contestazione specifica, che il restante personale operaio, per il quale si assume essere stata concessa la cassa integrazione per la medesima causale, ( eventi connessi al mancato rispetto dei termini contrattuali) , è in realtà personale di altro cantiere, che per il periodo diversa dal 3.1.2011 al 30.7.2011 ha ottenuto il trattamento con la diversa causale “perizia di variante”.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo,.