TAR Catania, sez. IV, sentenza 2016-12-06, n. 201603163

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catania, sez. IV, sentenza 2016-12-06, n. 201603163
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catania
Numero : 201603163
Data del deposito : 6 dicembre 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 06/12/2016

N. 03163/2016 REG.PROV.COLL.

N. 01973/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1973 del 2015, proposto da:
Società Ecoin S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Tafuri Gaetano Carmelo C.F. TFRGNC70H20C351C, Mgione Angelo C.F. MNGNGL69M09C351G, Lo Presti V C.F. LPRVTR60A30F158Y e Aò Giuseppe C.F. LQAGPP48H22C351W, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Catania, via Vagliasindi, 9;

contro

Prefettura - Ufficio Territoriale del Governo di Catania, in persona del Prefetto p.t.;

Assessorato Infrastrutture e Mobilità della Regione Siciliana -.Dipartimento Infrastrutture, Mobilità e Trasporti - Servizio Provinciale Motorizzazione Civile di Catania, in persona del Dirigente p.t., entrambi rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Catania, ed ivi domiciliati in via Vecchia Ognina, 149;

per l'annullamento

previa sospensiva,

- del decreto n. 44541 del 10.08.2015 comunicato in pari data, con il quale la Prefettura di Catania ha adottato l'informazione antimafia interdittiva ai sensi degli artt. 84, comma 4 e 91 del D.Lgs. n. 159/2011;

- per quanto occorra, della nota prot. n. 22873 del 16.09.2015;

- di tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali, anche non conosciuti.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Prefettura - Ufficio Territoriale del Governo di Catania e dell’ Assessorato Infrastrutture e Mobilità della Regione Siciliana -.Dipartimento Infrastrutture, Mobilità e Trasporti - Servizio Provinciale Motorizzazione Civile di Catania;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 ottobre 2016 il dott. Gustavo Giovanni Rosario Cumin e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

La Società ECOIN s.r.l. –impresa operante nel settore dei lavori di scavo, movimentazione terra, lavori stradali ed edili- veniva fatta oggetto di una informativa interdittiva antimafia con Decreto n. 44541 del 10/08/2015 della Prefettura di Catania, e quindi, sul presupposto di quella, del provvedimento prot. n. 22873 del 16/09/2015 degli uffici della Motorizzazione Civile di Catania, con il quale veniva disposta la sospensione immediata della stessa dall’Albo degli Autotrasportatori di cose per conto di terzi.

Ritenendo illegittimi entrambi tali provvedimenti, la Società ECOIN s.r.l., agendo a mezzo del proprio legale rappresentante, li impugnava con ricorso notificato il 25/09/2015 e depositato presso gli uffici di segreteria del giudice adito nella medesima data, ivi lamentando, con il primo motivo, la violazione e falsa applicazione degli art. 84, comma 4, e 91 del D.Lgs. n. 159/2011 (oltre che vizi di eccesso di potere per sviamento dalla causa tipica, travisamento ed erronea valutazione dei fatti, carenza di motivazione, difetto di istruttoria, illogicità ed ingiustizia manifesta, violazione dei principi di certezza del diritto e imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa) e, con il secondo motivo, il vizio di violazione degli artt. 5 e 11 del D.Lgs. n. 395/2000 (oltre che vizi di eccesso di potere per sviamento dalla causa tipica, travisamento ed erronea valutazione dei fatti, carenza di motivazione, difetto di istruttoria, illogicità ed ingiustizia manifesta, violazione dei principi di certezza del diritto e imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa),

L’Amministrazione intimata si costituiva in giudizio pel tramite dei competenti uffici dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato, con deposito di una memoria in segreteria il 15/10/2015.

La richiesta sospensione della efficacia dei provvedimenti impugnati veniva concessa dapprima con decreto presidenziale n. 798/2015, e successivamente con ordinanza n. 938/2015 della Sezione.

Le parti scambiavano fra loro ulteriori scritti defensionali.

In data 06/10/2016 aveva luogo la udienza pubblica per l’esame del ricorso in epigrafe, con rimessione in decisione di quest’ultimo.

DIRITTO

I.1 – Relativamente al primo motivo di ricorso, occorre preliminarmente esporre quale sia l’attuale configurazione della società ricorrente. Quest’ultima, in passato partecipata in misura maggioritaria dalla società Agrifin s.r.l., riconducibile al Sig. C Salvatore - a sua volta padre dei Sig.ri C Gaetano e C Emanuele -, è oggi partecipata al 30% dal Sig. C Gaetano (che ne è anche l’Amministratore Unico), ed al 70% dalla Elar s.r.l., della quale è unico socio il predetto Sig. C Gaetano;
ed a completamento dell’organigramma societario, con preposizione alla carica di attuale Direttore Tecnico della Sig.ra Ferrarello Laura.

La informativa antimafia impugnata, oltre che a far menzione della (mera) contestazione di addebiti in sede penale all’indirizzo del Sig. C Gaetano, valorizza quelli che sono stati rivolti al germano dello stesso, Sig. C Emanuele. Malgrado quelle contestazioni, per l’unico reato in grado di rilevare nel caso concreto a fronte del “catalogo” di cui al quarto comma dell’art. 84 D.Lgs. n. 159/2011 – ovvero quello di cui all’art. 416 bis c.p. -, siano state entrambe respinte (diversamente dal non indiziante addebito per il reato di cui all’art. 416 c.p., cui ha fatto seguito, con la sentenza appresso indicata, la condanna dello stesso a 2 anni e 8 mesi di reclusione in primo grado, però posta nel nulla da una successiva sentenza della Corte d’Appello di Catania che, secondo quanto rappresentato in ricorso e non specificamente contestato dall'Amministrazione intimata, in sede di impugnazione ha prosciolto per prescrizione il C Emanuele), sia pure con formulazione non univoca, con la sentenza n. 885/11 (Proc. Pen. n.14763/00) del G.I.P. presso il Tribunale di Catania, nella motivazione del provvedimento impugnato l’Amministrazione ha insistito nel dare rilievo, piuttosto che alla posizione dello stesso Sig. C Gaetano, a quella di familiari di quest’ultimo, e più in particolare:

a) del Sig. C Emanuele Gaetano, a carico del quale si evidenzia il passaggio della sentenza menzionata in precedenza, secondo la quale “non risulta evidente la insussistenza dei fatti ovvero la estraneità degli imputati alla loro consumazione, essendo, al contrario, presenti nei suddetti atti elementi che avrebbero giustificato la celebrazione del processo”(ove non fosse intervenuta la invece dichiarata prescrizione), nonché la sottoposizione alla Misura di Prevenzione della Sorveglianza Speciale di P.S. con Decreto n. 49/06 del Tribunale di Catania nel periodo dal 18/08/2006 al 17/02/2009;

b) della madre del Sig. C Gaetano, Sig.ra M V, in quanto sorella del Sig. M G, sottoposto alla misura della sorveglianza di P.S. con obbligo di soggiorno nel Comune di residenza dal 21/09/2001 al 20/09/2004 e condannato, con sentenza del 12/11/04 dalla Corte d’Appello di Catania alla pena di anni 4 di reclusione per associazione a delinquere di tipo mafioso, turbata libertà degli incanti e corruzione.

Osserva però il Collegio che la valorizzazione del passo della predetta sentenza del G.I.P. presso il Tribunale di Catania sub a) appare squilibrata, rispetto ad un quadro complessivo dal quale risulta invece nettamente affermata, ed in più punti, la posizione di soggezione, piuttosto che di contiguità, dei germani C ai gruppi malavitosi organizzati operanti nelle aree dove essi svolgevano la propria attività imprenditoriale.

Oltre ad una considerazione che appare assai parziale della sentenza sopra indicata - e che di per sè sola forse già basterebbe ad adeguatamente supportare la censura di un vizio di travisamento dei fatti nella applicazione egli artt. 84 e 91 del D.Lgs. n. 159/2011 -, occorre pure evidenziare il sussistere di un vizio logico-giuridico nella rilevanza che è stata data al passo sub a).

L’Amministrazione intimata ha infatti obliterato le peculiarità del procedimento che si svolge dinnanzi agli organi della giurisdizione penale. In considerazione dei valori della persona che al suo interno vengono coinvolti, il legislatore non assume un atteggiamento agnostico rispetto alle forme assolutorie che possono concluderlo, in rito o nel merito. Prescrive infatti l’art. 129 c.p.p. che “ in ogni stato e grado del processo, il giudice, il quale riconosce che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato ovvero che il reato è estinto o che manca una condizione di procedibilità, lo dichiara di ufficio con sentenza. Quando ricorre una causa di estinzione del reato ma dagli atti risulta evidente che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato, il giudice pronuncia sentenza di assoluzione o di non luogo a procedere con la formula prescritta”. Di conseguenza, l’affermazione del G.I.P. secondo cui non risulta evidente la insussistenza dei fatti ovvero la estraneità degli imputati alla loro consumazione ” non deve essere intesa, in positivo, come idonea a fondare un giudizio di contiguità – invece positivamente escluso in sentenza con riguardo alla posizione imprenditoriale di entrambi i fratelli C – del Sig. C Emanuele Gaetano a gruppi malavitosi organizzati, quanto invece, in modo puramente negativo, quale mancanza della evidenza processuale necessaria per poter concludere il relativo giudizio con una formula assolutoria nel merito, piuttosto che in rito.

Del resto, non è dato comprendere come la notazione quasi incidentale circa la posizione del Sig. C Emanuele Gaetano possa riverberare su quella del Sig. C Gaetano a fronte dei seguenti chiarissimi passi della sopramenzionata sentenza del G.I.P. presso il Tribunale di Catania che si riportano appresso:

“Non si coglie, invero, nella prima di tali conversazioni, una preoccupazione particolare in relazione specificamente alla sua collaborazione e non si coglie alcun riferimento ad attività delittuose in cui i C fossero coinvolti ” (p. 25);

Si tratta delle dichiarazioni rese da P F S, già affiliato al clan degli Assinnata di Paternò, sentito nell’ambito del procedimento penale n. 255/2010 a carico di A + altri, in data 21 febbraio 2011. Va notato, anzitutto, che anch’egli parla dei fratelli C, come di imprenditori soggetti ad estorsione ” (p. 26-27);

A parere di questo giudice, deve innanzitutto escludersi la natura volontaria di tale contributo, risultando evidente dal complesso delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia che i C non potevano non pagare l’estorsione, con la conseguente instaurazione di quel rapporto di “protezione” così ben descritto dal P. Deve, inoltre, quantomeno dubitarsi dell’efficienza causale di tale contributo, nel senso chiarito dalle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione, in quanto dal complesso materiale processuale si ha contezza solo del pagamento di somme, pur molto rilevanti, a titolo di estorsione e non di altri apporti, specificatamente posti in essere dai fratelli C. In particolare, non risulta affatto dalle intercettazioni e può solo ipotizzarsi che essi abbiano investito nella loro rilevante attività imprenditoriale somme delle cosche o comunque consentito a tali cosche di essere partecipi di tali loro affari, se non nella misura minima del pagamento del pizzo, stabilito talvolta in misura percentuale ” (pp- 30-31).

Le circostanze sopra indicate conducono altresì a svalutare la portata indiziante della sottoposizione del Sig. C Emanuele alla Misura di Prevenzione della Sorveglianza Speciale di P.S. con Decreto n. 49/06 del Tribunale di Catania nel periodo dal 18/08/2006 al 17/02/2009, giacchè, a fronte del ridotto spessore dell’indagine in base alla quale le misure di prevenzione vengono adottate (allo scopo potendo bastare anche un mero “ accertamento incidentale intorno ai contenuti ed alla datazione della pericolosità personale del proposto ”: Cassazione penale, sez. II, 29/04/2014, n. 24276), la cognizione piena in base alla quale è stata invece emessa la sentenza sopra indicata non può che imporre il prevalere delle statuizioni assolutorie di quella su di un soltanto temuto pericolo di contiguità alla criminalità organizzata. .Anche perché gli elementi indiziari bastevoli a sostegno tanto delle misure di prevenzione che delle informative antimafia non possono rimaner insensibili alle maggiori garanzie con cui si svolge l’accertamento, dinnanzi agli organi della giurisdizione penale, circa la verità storica dei fatti da cui essi sono stati desunti;
con la conseguenza che “ nel caso in cui la sentenza penale di assoluzione escluda la verificazione di un determinato fatto sul piano della realtà (a prescindere dalla sua valenza giuridica )” – così come certamente è per i germani C in relazione alle contestazioni di cui al capo A) della sentenza n. 14763/09 del G.I.P. presso il Tribunale di Catania -, “ tale fatto non può assurgere ad elemento indiziario nemmeno ai fini dell'informativa antimafia ” ( T.A.R. Campania – Napoli, sez. I, 2 novembre 2010, n. 22111).

Le circostanze sopra indicate, in uno con il venir meno di qualunque partecipazione del padre dei germani C, Sig. C Salvatore, nella società ricorrente quale possibile tramite per perdurare di una interlocuzione foriera, secondo l’Amministrazione intimata, del rischio di un pericolo di infiltrazione nella società ricorrente, conduce pertanto a ritenere erronea la prognosi posta a base del provvedimento impugnato, che risulta minato da un vizio di eccesso di potere per travisamento dei fatti, il quale determina altresì il consequenziale vizio di falsa applicazione degli artt. 84 e 91 del D.Lgs. n. 159/2011.

Per quanto invece attiene al soggetto sub b) è totalmente mancata, da parte dell’Amministrazione intimata, la provvista di elementi indiziari tali da far ritenere che pel suo tramite potesse realizzarsi un pericolo di infiltrazione mafiosa nella società ricorrente.

In proposito il Collegio, nel decidere, non intende discostarsi dal parametro secondo cui “ ai fini dell'adozione dell'informativa antimafia interdittiva, gli elementi rilevanti possono consistere, oltre che in provvedimenti del giudice penale, nel coinvolgimento in un'indagine penale, in collegamenti parentali, in cointeressenze societarie o frequentazioni con soggetti malavitosi, che, nel loro insieme, siano tali da fondare una valutazione sulla possibilità che l'attività dell'impresa sia in grado, anche in maniera indiretta, di agevolare le attività criminali o esserne in qualche modo condizionata, ma dovendosi comunque tenere conto delle peculiarità delle realtà locali, il mero rapporto di parentela con appartenenti alla criminalità organizzata non è tuttavia sufficiente, rilevando i riscontri sui collegamenti tra costoro e l'impresa esercitata dai loro congiunti ”(Consiglio di Stato, sez. III, sent. 5 aprile 2016, n. 1328).

Di conseguenza, stante la totale assenza di prova circa la sussistenza di rapporti economici fra il Sig. C Gaetano ed il Sig. M G, anche per tale ragione deve ritenersi nel caso di specie non essere stata data corretta applicazione agli artt. 84 e 91 D.Lgs. n. 15972011 – nonché essere incorsa l’Amministrazione intimata, in relazione a tale profilo, in un vizio di eccesso di potere per difetto di motivazione e d’istruttoria.

II – Con il secondo motivo di ricorso la società ricorrente lamenta una violazione e falsa applicazione degli artt. 5 e 11 D.Lgs. n. 395/2000, nonché ulteriori profili di vizio di eccesso di potere in relazione al provvedimento di sospensione dall’Albo degli Autotrasportatori adottato con atto prot. N. 22873 del 16/09/2015 da parte degli uffici della Motorizzazione Civile di Catania.

II.

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