TAR Milano, sez. I, sentenza 2023-10-23, n. 202302409
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Testo completo
Pubblicato il 23/10/2023
N. 02409/2023 REG.PROV.COLL.
N. 00173/2023 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 173 del 2023, integrato da motivi aggiunti, proposto da
M R, rappresentato e difeso dagli avvocati A P e G M C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero dell'Interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Milano, via Freguglia, 1;
per l'annullamento
del diniego di rinnovo porto pistola per difesa personale emesso dalla Prefettura di Milano in data 27.09.2022 cat. Prot. Interno n. 327043 classifica PA-1000ARMI/PDA.Proc - Area I O.S.P. - Polizia Amministrativa, e, degli atti ad essi presupposti e consequenziali, nonché
per l’accertamento
del diritto di parte ricorrente ad ottenere il rinnovo di porto di pistola per difesa personale, e per la conseguente condanna dell'Amministrazione intimata all'adozione del provvedimento di rinnovo di porto di pistola per difesa personale;
atti impugnati con il ricorso principale, nonché
della nota della Questura di Milano del 27 aprile 2022 e della nota della Questura di Milano del 14 settembre 2022;
atti impugnati con i motivi aggiunti presentati il 6.4.23.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti, ed i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 ottobre 2023 il dott. M G e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con istanza del 1.2.22 il ricorrente ha chiesto alla Questura di Milano il rinnovo della licenza di porto d’armi per difesa personale, che in data 7.2.22 lo ha invitato ad integrare la stessa, specificando le circostanze che lo esporrebbero ad un rischio, ed il conseguente bisogno di circolare armato, ed in data 22.2.22 gli ha notificato un preavviso di rigetto.
A seguito dalla produzione di ulteriore documentazione da parte del ricorrente, in data 14.9.22, la Questura ha evidenziato come la stessa non si riferisse ad attività di competenza di un’agenzia investigativa, e che era comunque stata formata successivamente alla presentazione dell’istanza di rinnovo, che è stata conclusivamente rigettata con il provvedimento impugnato.
La difesa erariale si è costituita in giudizio, insistendo per il rigetto del ricorso, in rito e nel merito.
All’udienza pubblica del 18.10.23 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
I) In via preliminare, il Collegio dà atto che il ricorrente ha motivato la propria istanza in quanto titolare di autorizzazione di polizia ex art. 134 TULPS, esercitando la professione di investigatore privato, e che tuttavia la Questura ha ritenuto che da ciò non emergessero concreti ed attuali elementi comprovanti il bisogno di circolare armato, in assenza di attuale ed analitica documentazione attestante gli incarichi di “estremo pericolo” asseritamente eseguiti.
II) Nel ricorso principale e nei motivi aggiunti, che possono essere trattati congiuntamente, il ricorrente sostiene che l’Amministrazione avrebbe ignorato le sue allegazioni documentali, in cui risulterebbe evidenziata la pericolosità delle circostanze correlate allo svolgimento della sua professione, idonee a pregiudicarne l’incolumità, oltreché il difetto di motivazione e la violazione dell’art. 10 bis L. n. 241/90.
II.1) In via preliminare, osserva il Collegio che, quando l’uso delle armi è richiesto per difesa personale, il suo “bisogno” non può essere provato sulla base della mera appartenenza ad una determinata categoria professionale o dello svolgimento di una determinata attività economica (C.S., Sez. III, 7.1.2020, n. 65).
II.2) Nella propria nota del 1.8.22, il ricorrente evidenzia che un suo cliente ha subito diversi furti ed altresì una rapina a mano armata, in cui i suoi famigliari sono stati presi come ostaggi, ciò che, a suo dire, giustificherebbe il rilascio del porto d’arma per difesa personale.
II.3) Come correttamente evidenziato nella nota della Questura in data 14.9.22, tanto i fatti evidenziati nella predetta nota del 1.8.22, che il contratto di servizio per “accompagnamento a distanza ravvicinata” allegato dal ricorrente e stipulato con le persone risultate vittima degli stessi, sono successivi alla presentazione dell’istanza rigettata con il provvedimento oggetto del presente giudizio, riferendosi, rispettivamente, ai mesi di giugno e luglio del 2022, ciò che, di per sé, li rende irrilevanti.
Inoltre, come anche rilevato dalla Questura, non è chiaro il nesso sussistente tra l’attività di investigazione svolta dal ricorrente, e la tutela della sicurezza di terze persone, che a suo dire, giustificherebbe il rilascio di un’arma per la sua “difesa personale”.
II.4) In particolare, in una fattispecie analoga a quella per cui è causa, T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. III, 2.10.09, n. 4754, ha confermato la decisione dell’Autorità che aveva ritenuto insufficiente l'allegazione dello svolgimento dell'attività di investigazione privata da parte del ricorrente, quale presupposto per il rinnovo del porto di pistola, evidenziando che questi avrebbe dovuto allegare in concreto le circostanze che lo espongono a particolari pericoli per la propria personale incolumità, ritenendo che “non possono essere dedotte le circostanze (concernenti la tipologia delle indagini effettuate) evidenziate dall'interessato nel corso dell'istruttoria procedimentale, giacché trattasi di elementi eccessivamente generici (che potranno semmai essere meglio specificati a seguito della riproposizione di una nuova istanza);né può assumere rilievo decisivo la denuncia presenta a seguito di minacce subite dallo stesso ricorrente”.
Infatti, anche a fronte di atti delittuosi subiti, che nel caso del ricorrente non hanno neppure avuto luogo, la giurisprudenza ha ritenuto legittimo il diniego al porto d’armi per difesa personale, in relazione alla necessità di impedire l’innesco di una spirale in cui l’aumento, o il paventato pericolo di aumento, di reati contro la persona e il patrimonio, possano alimentare una generalizzata diffusione delle armi e condurre, da un lato, ad un ulteriore incremento di fatti che costituiscono turbativa della sicurezza pubblica, e dall'altro, ad un vero e proprio sovvertimento del principio per cui la tutela della sicurezza pubblica e la difesa sociale sono riservati e affidati allo Stato (C.S., Sez. VI, 14.2.07, n. 621, che ha ritenuto legittimo un diniego nei confronti di un titolare di una rivendita di tabacchi che aveva subito plurimi atti delittuosi, T.A.R. Lombardia, Brescia, Sez. I, 20.11.2018 n. 1101).
In conclusione, il ricorso principale ed i motivi aggiunti vanno respinti, salva la possibilità di presentazione di future istanze, motivate con riferimento a documentati fatti sopravvenuti a quelli per cui è causa.
Quanto alle spese, sussistono giusti motivi per compensare le stesse tra le parti del giudizio.