TAR Roma, sez. 1S, sentenza 2019-02-07, n. 201901623

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 1S, sentenza 2019-02-07, n. 201901623
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201901623
Data del deposito : 7 febbraio 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 07/02/2019

N. 01623/2019 REG.PROV.COLL.

N. 13249/2002 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Stralcio)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 13249 del 2002, proposto da:
C P S, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati M O, B C, G M, con domicilio eletto presso lo studio G M in Roma, via Ennio Quirino Visconti, 20;

contro

Ministero dell'Interno, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento

del decreto del 14.6.2002 del Capo della Polizia di cessazione dal servizio nell'amministrazione della Pubblica Sicurezza a decorrere dal 1° novembre 2002 perché dichiarato non idoneo;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 1 febbraio 2019 la dott.ssa Germana Panzironi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con il presente ricorso il Sig. C impugna, previa sospensione, i seguenti atti:

- la nota del Ministero dell’Interno del 31 Ottobre 2002, prot. n. 333-D0163901, con la quale è stato comunicato il provvedimento di cessazione dal servizio nell’Amministrazione della Pubblica Sicurezza;

- la nota del Ministero dell’Interno del 21 Ottobre 2002, prot. n. 333- D0163901, avente ad oggetto la riammissione in servizio con riserva del ricorrente;

- ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale.

Il ricorrente è stato agente della Polizia di Stato ed è stato sottoposto a procedimento penale definito con l’applicazione della pena su richiesta della parte ex art. 444 c.p.p. (con pena di anni uno e mesi otto di reclusione e £. 800.000 di multa, per i reati di truffa, simulazione di reato e falso, materiale ed ideologico, commessi in concorso con terzi ed in occasioni connesse alla sua attività nell’ambito della Polizia di Stato con comportamenti truffaldini in danni di assicurazioni, sulla base di false denunce di furti di autovetture o di incidenti stradali).

A seguito di tale provvedimento, il Ministero dell’Interno adottava un provvedimento di destituzione dalla sua funzione.

Tale atto veniva impugnato tempestivamente dal C dinanzi al TAR Emilia Romagna.

A seguito del rigetto del ricorso in primo grado, il Sig. C proponeva appello cautelare del provvedimento di destituzione. Il Consiglio di Stato accoglieva la domanda sospensiva con ordinanza n. 2917 del 9/7/2002.

Successivamente all’ordinanza di accoglimento, il Ministero dell’Interno emetteva, dapprima il Decreto del 14/10/2002 e, successivamente, la nota (oggi impugnata) del 21 Ottobre 2002 con la quale riammetteva in servizio l’agente C, invitandolo al contempo a sottoporsi ad accertamenti psicofisici ed attitudinali. A seguito di tale nuova valutazione, in data 31 ottobre 2002, veniva emessa una nuova la nota – prot. n. 333-D0163901 (anch’essa impugnata) con la quale si comunicava al C la cessazione dal servizio “per accertata inidoneità attitudinale ai servizi di Polizia, quindi per carenza di uno dei requisiti di cui all’art. 25, comma 2, Legge 121/1981”.

Tale provvedimento veniva tempestivamente impugnato sotto diversi profili di diritto.

Il ricorrente deduceva la violazione dell’art. 25, comma 2, Legge 121/1981, in quanto il testo di legge non consentirebbe all’Amministrazione di verificare i requisiti attitudinali in ogni momento, ma solamente prima dell’entrata in servizio del dipendente.

Nel secondo motivo di ricorso, il C deduceva l’eccesso di potere sotto il profilo della illogicità, ingiustizia e vessatorietà del provvedimento impugnato, che si desumerebbe dalla seconda visita effettuata sulla sua persona, in quanto la reviviscenza del precedente atto di nomina rende inutile un nuovo controllo psico-attitudinale.

Con l’ultimo motivo di ricorso veniva contestato il provvedimento di cessazione dal servizio sotto il profilo del difetto di motivazione, in quanto nella nota vi sarebbe un generico riferimento all’inidoneità attitudinale del ricorrente, senza una specifica enunciazione dei motivi di fatto e di diritto che hanno portato alla cessazione dal servizio.

Il ricorrente proponeva anche domanda di sospensione cautelare dell’atto impugnato insieme alla richiesta di risarcimento del danno patito.

In data 14 Febbraio 2002 si costituiva il Ministero dell’Interno.

Con decreto presidenziale n. 7884/2012 il ricorso veniva dichiarato perento.

Il ricorrente manifestava tuttavia interesse al ricorso e, con decreto n. 6251/2018 del 18 Ottobre 2018 il precedente decreto di perenzione veniva revocato.

All’odierna udienza la causa è passata in decisione.

Il ricorso è infondato e deve, pertanto, essere respinto.

L’art. 25 della legge 181/1983 prescrive: “1. La Polizia di Stato espleta i servizi di istituto con personale maschile e femminile con parità di attribuzioni, di funzioni, di trattamento economico e di progressione di carriera.

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