TAR Palermo, sez. II, sentenza breve 2022-03-31, n. 202201122

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Palermo, sez. II, sentenza breve 2022-03-31, n. 202201122
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Palermo
Numero : 202201122
Data del deposito : 31 marzo 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 31/03/2022

N. 01122/2022 REG.PROV.COLL.

N. 00289/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm. sul ricorso numero di registro generale 289 del 2022, proposto da Iliad Italia s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, congiuntamente e disgiuntamente, dagli avv.ti F P, V M, F C, con domicilio digitale come da PEC risultante dai registri di giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio dell’avv. L G sito in Palermo, via Arimondi, n. 2Q;

contro

- il Comune di Gela (CL), in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall'avv. R G, con domicilio digitale come da PEC risultante dai registri di giustizia;

nei confronti

- l’Agenzia regionale protezione ambiente della Sicilia (

ARPA

Sicilia), in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo, con domicilio digitale ads@mailcert.avvocaturastato.it e domicilio fisico in Palermo, via V. Villareale n. 6;

per l'annullamento

«- del provvedimento n. 60 del 15 dicembre 2021 avente ad oggetto “Società Iliad Italia s.p.a. –Pratica suap procunico-123-2021 – Istanza di autorizzazione all'installazione di una stazione radio base per la telefonia mobile a servizio del gestore Iliad nel Comune di Gela – Provvedimento unico di rigetto”;

- del parere del Settore urbanistica e territorio del Comune di Gela prot. n. 128023 del 30 novembre 2021;

-del regolamento edilizio comunale del Comune di Gela, approvato con deliberazione commissariale n.60 del 14 giugno 2010;

-del provvedimento del Comune di Gela del 12 ottobre 2021, prot. n. 108648, avente ad oggetto “Avvio procedimento di preavviso di rigetto della pratica n. 81243 del 19.07.2021 – P.U. 123/2021”,

-per l'accertamento e la declaratoria del silenzio assenso formatosi sull'istanza di autorizzazione presentata da Iliad Italia s.p.a. il 19 luglio 2021 relativa all'installazione di una stazione radio base per rete di telefonia mobile presso il Comune di Gela sul terreno sito in Via S. Cristoforo, e del diritto di Iliad Italia s.p.a. all'installazione ed utilizzo della stessa».


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Gela e dell’Agenzia regionale protezione ambiente della Sicilia (

ARPA

Sicilia);

Vista l’istanza cautelare di parte ricorrente;

Visti gli atti tutti della causa;

Visti gli artt. 55 e 60 c.p.a.;

Designato relatore il cons. G L G;

Uditi nell’udienza camerale del 23 marzo 2022, tenutasi in collegamento simultaneo da remoto, i difensori delle parti come specificato nel verbale;

Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 c.p.a.;


1.- Oggetto della domanda di annullamento è il provvedimento – in epigrafe indicato – con il quale il Comune di Gela ha rigettato l’istanza, datata 19 luglio 2021, di Iliad s.p.a. volta ad ottenere il titolo abilitativo per l’installazione di una stazione radio base per la telefonia mobile su lotto di terreno sito in Gela, via San Cristoforo angolo via San Valentino.

Le ragioni di siffatto rigetto sono state così esplicitate: «l’installazione della struttura porta antenne, costituita da palo poligonale metallico di sezione rastremata dal basso verso l’alto, di altezza pari a 254,00 m, su un’area che ricade all’interno della zona di espansione C3.5., non rispetta l’art. 68 del Rec che al comma 4 vieta l’installazione di tralicci a supporto della telefonia mobile, che così recita: “4.- Nelle aree all’interno del centro edificato e della perimetrazione delle zone di espansione e fino a una distanza non inferiore di 150 metri da essa sono vietate le installazioni di tralicci a supporto della telefonia mobile”».

2.- Congiuntamente alla domanda di annullamento parte ricorrente ha proposto azione volta all’accertamento dell’intervenuta formazione del silenzio-assenso sull’istanza soprarichiamata.

3.- Con i quattro motivi in cui si articola il ricorso, la ricorrente, premessa la descrizione dell’incedere fattuale della vicenda, ha così articolato le doglianze involgenti i vizi di violazione di legge ed eccesso di potere sotto plurimi profili:

a) il diniego del 21 dicembre 2021 sarebbe illegittimo per tardività:

a1) esso sarebbe intervenuto solo successivamente alla formazione del titolo autorizzativo per silenzio-assenso il quale si sarebbe formato, decorso il termine di 90 giorni ex art. 87 d. lgs. n. 259 del 2003, in data 19 ottobre 2021;

a2) il preavviso di rigetto, datato 20 ottobre 2021, sarebbe successivo a detto provvedimento tacito di accoglimento;

a3) il provvedimento espresso di rigetto sarebbe intervenuto 63 giorni dopo la formazione del silenzio (e 46 giorni dopo il termine eventualmente sospeso per risposta al preavviso di rigetto);

b) sarebbe stata omessa la valutazione delle osservazioni conseguenti al preavviso di rigetto;

c) il diniego costituirebbe espressione di un non ammesso e indebito divieto generalizzato all’installazione di stazioni radio base, con distanza minima di 150 metri dalle zone indicate (divieto contenuto all’art. 82, comma 4 del regolamento edilizio comunale il quale, in tesi di parte ricorrente, sarebbe erroneamente indicato dal Comune nell’art. 68, comma 4 del medesimo regolamento) oltre che in contrasto con i limiti di attribuzioni agli enti territoriali dettati dall’art. 8, comma 6, l. n. 36 del 2001, modificato dall’art. 38, comma 6, d.l. n. 76 del 2020;

d) la decisione sarebbe discriminatoria rispetto ad altre società concorrenti alle quali sarebbe stata consentita l’installazione delle stazioni radio base nelle vicinanze del sito proposto dalla ricorrente.

4.- Arpa Sicilia, costituitasi in giudizio, non ha spiegato difese.

5.- Il Comune di Gela, anch’esso costituitosi in giudizio, ha, invece articolato difese con apposita memoria ed ha chiesto il rigetto delle avversarie pretese;
ciò non senza dubitare della ammissibilità del ricorso in ragione dell’omessa tempestiva impugnazione delle correlate disposizioni regolamentari interne.

6.- All’udienza camerale del 23 marzo 2022, il ricorso, previo avviso ai procuratori delle parti presenti di una possibile definizione del giudizio con sentenza in forma semplificata, il ricorso è stato posto in decisione.

7.- Il Collegio rileva la sussistenza dei presupposti per la definizione del giudizio in forma semplificata, ossia il decorso di almeno venti giorni dall'ultima notificazione del ricorso (perfezionatasi il 17 febbraio 2022), la completezza del contraddittorio e dell'istruttoria e, da ultimo, l’avviso alle parti, come da verbale.

8.- Ciò detto, in primo luogo vanno fugati i dubbi di parte pubblica circa l’ammissibilità del ricorso: l’interesse all’impugnazione della disposizione regolamentare contenente il limite alla installazione delle stazioni radio base «nelle aree all’interno del centro edificato e della perimetrazione delle zone di espansione e fino a una distanza non inferiore di 150 metri da essa» non poteva che sorgere attraverso l’atto applicativo, sicché correttamente il regolamento è stato, in parte qua , impugnato congiuntamente al diniego.

Tra l’altro, nella specie, si tratta di una norma regolamentare, di carattere generale e astratto, destinata a disciplinare, su tutto il territorio comunale, la futura installazione degli impianti di telecomunicazione e con la quale sono stati posti limiti astratti all’installazione dei detti impianti;
dal che consegue che il termine per ricorrere avverso siffatta disciplina non può che decorrere dal momento in cui essa ha ricevuto applicazione concreta, ossia dal provvedimento di diniego di autorizzazione (in tal senso, T.a.r. per la Sicilia, sez. st. Catania, sez. I, n. 3566 del 2020). D’altronde, va anche detto che lo strumento regolamentare può costituire oggetto di disapplicazione da parte del giudice amministrativo, di talché la mancata proposizione di una rituale domanda di annullamento non avrebbe impedito lo scrutinio della conformità dello stesso alla fonte primaria di riferimento.

9.- Nel merito il ricorso, alla stregua di quanto si dirà, è fondato.

10.- L’art. 82 ultimo comma del regolamento edilizio (il cui contenuto testuale coincide con quello riportato nel provvedimento impugnato che però richiama l’art. 68, comma 4 del medesimo regolamento), nel prevedere che «Nelle aree all’interno del centro edificato e della perimetrazione delle zone di espansione e fino a una distanza non inferiore di 150 metri da essa sono vietate le installazioni di tralicci a supporto della telefonia mobile» reca, all’evidenza, un non consentito divieto generalizzato di installazione delle stazioni radio base.

È stato ancora recentemente ribadito che «Le infrastrutture soggette al d. l.gs. n. 259 del 2003 sono state qualificate dal legislatore quali opere di urbanizzazione primaria: ciò è previsto nell’attuale art. 43 d.lgs. n. 259 del 2003, il cui contenuto si trovava, prima della modifica apportata al Codice delle comunicazioni elettroniche da parte del d. lgs. n. 207 del 2021, nell’art. 86, disciplina entrata in vigore dopo l’emanazione del provvedimento impugnato.

Da tale qualificazione delle infrastrutture in questione la giurisprudenza ha tratto il principio, ormai consolidato, che esse debbono considerarsi compatibili con qualsiasi destinazione urbanistica, posto che le opere di urbanizzazione primaria “sono ovunque realizzabili, proprio in quanto essenziali per le fondamentali esigenze della collettività” (Cons. Stato, sez. IV, n. 4445 del 4 settembre 2013);
ha inoltre desunto il principio della necessaria capillarità della distribuzione di detti impianti, capillarità che, a sua volta, è connessa all’esigenza di assicurare la diffusione del servizio sull’intero territorio nazionale, come affermato nella sentenza della Corte costituzionale n. 331 del 7 novembre 2003.

Dunque, se è vero che le infrastrutture per telecomunicazioni sono qualificabili quali “nuove costruzioni”, e necessitano come tali di un titolo edilizio, la loro assimilazione alle opere di urbanizzazione primaria, cioè ad opere che si presumono juris et de jure preordinate ad assicurare un servizio pubblico essenziale per la collettività, implica che il predetto titolo edilizio non può essere negato in applicazione di norme dettate per disciplinare costruzioni non ascrivibili alla tipologia delle opere di urbanizzazione primaria.

Il controllo esercitabile dai comuni nel momento in cui viene loro richiesta l’autorizzazione alla collocazione di un nuovo impianto di telecomunicazione, soggetto agli artt. 43 e segg. del d. lgs. 259 del 2003 (nella versione attualmente vigente) attiene, per quanto riguarda il profilo strettamente edilizio, al rispetto di eventuali regolamenti adottati ai sensi dell’art. 8, u.c., della L. n. 36 del 2001 o delle eventuali norme, contenute nei regolamenti edilizi locali o negli strumenti urbanistici, che si riferiscano specificamente alle opere di urbanizzazione primarie.

Diversamente opinando, e cioè ritenendo che gli impianti di telecomunicazione siano soggetti all’applicazione delle norme che disciplinano, in generale, l’attività edilizia sul territorio, si rischierebbe, da una parte, di precludere, in talune zone del territorio, la realizzazione non solo di impianti di telecomunicazione ma anche di altre opere di urbanizzazione primaria (si pensi ad una cabina elettrica, un collettore fognario, etc. etc.);
d’altra parte si finirebbe per introdurre nel territorio comunale divieti generalizzati alla localizzazione delle infrastrutture di telecomunicazione, divieti la cui illegittimità è da tempo affermata dalla giurisprudenza, che ha chiarito che il legislatore statale, nell’inserire le infrastrutture per le reti di comunicazione fra le opere di urbanizzazione primaria, ha espresso un principio fondamentale della normativa urbanistica, a fronte del quale la potestà regolamentare attribuita ai Comuni dall’articolo 8, comma 6 della legge 22 febbraio 2001, n. 36, non può svolgersi nel senso di un divieto generalizzato di installazione in aree urbanistiche predefinite, al di là della loro ubicazione o connotazione o di concrete (e, come tali, differenziate) esigenze di armonioso governo del territorio (cfr. ex multis , tra le più recenti, Cons. Stato, Sez. VI n. 1050 del 14 febbraio 2022).

L’illegittimità di divieti generalizzati alla installazione di impianti di telecomunicazione è stata recentemente recepita anche a livello normativo, dall’art. 8 della L. n. 36/2001 (come modificato dall’articolo 38, comma 6, del D.L. n. 76 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 120 del 2020), il quale precisa ora che i comuni possono adottare regolamenti “per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici con riferimento a siti sensibili individuati in modo specifico, con esclusione della possibilità di introdurre limitazioni alla localizzazione in aree generalizzate del territorio di stazioni radio base per reti di comunicazione elettroniche di qualsiasi tipologia e in ogni caso di incidere, anche in via indiretta mediante provvedimenti contingibili urgenti, sui limiti di esposizione a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, sui valori di attenzione e sugli obiettivi di qualità, riservati allo Stato ai sensi dell’articolo 4» (Cons. Stato, sez. VI, n. 1504 del 2022).

11.- Ciò detto sul piano sostanziale, va anche rilevato come nel caso di specie il provvedimento di diniego risulta essere stato emesso oltre il termine previsto dalla legge sulla formazione del silenzio assenso, il che avrebbe dovuto dar luogo alla preventiva rimozione del provvedimento tacito di accoglimento, già formatosi. Va, infatti, rilevato che a fronte dell’istanza datata 19 luglio 2021, il diniego reca la data del 21 dicembre 2021, oltre il termine di 90 giorni previsto dalla disciplina di settore, al netto delle sospensioni conseguenti alle integrazioni documentali garanzia del contraddittorio endoprocedimentale.

D’altronde, va ricordato che:

a) «l’assenza del requisito di legittimità relativo al rispetto delle previsioni localizzative dettate dal regolamento comunale non risulta ostativo alla formazione del silenzio-assenso» (Cons. Stato, sez. VI, 30 luglio 2019, n. 5374);

- «la disposizione legislativa prevede che l’amministrazione possa richiedere integrazioni documentali per una sola volta e che il termine di novanta giorni per la formazione del silenzio assenso riprende a decorrere dal momento dell’intervenuta integrazione documentale» (Cons. Stato, sez. VI, 30 luglio 2019, n. 5374).

12.- Il ricorso, assorbita ogni ulteriore doglianza irrilevante ai fini della presente decisione, va, dunque, accolto, con conseguente annullamento del provvedimento impugnato.

13.- Le spese seguono la regola della soccombenza e sono liquidate come da dispositivo;
le stesse vanno compensate tra parte ricorrente e Arpa Sicilia in considerazione della specifica posizione procedimentale e processuale di quest’ultima Amministrazione.

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