TAR Palermo, sez. I, sentenza 2023-01-03, n. 202300002

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Palermo, sez. I, sentenza 2023-01-03, n. 202300002
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Palermo
Numero : 202300002
Data del deposito : 3 gennaio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 03/01/2023

N. 00002/2023 REG.PROV.COLL.

N. 02055/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la IL

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2055 del 2013, proposto dal Comune di Valledolmo, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato Pietro Coppa, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e con domicilio fisico eletto presso lo studio dell’avv. Elisabetta Borgese in Palermo, via Autonomia ILna, n. 94;



contro

l’Assessorato dei Beni Culturali e dell’Identità ILna della Regione ILna, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;



per l’annullamento

del provvedimento del dirigente dell’U.O. VII per i Beni Architettonici ed Urbanistici Servizio Soprintendenza Beni Culturali ed Ambientali di Palermo del 10 giugno 2013 protocollo n. 3845/VII con il quale viene ordinato il ripristino originario dell’edificio denominato “Lo Stagnone”.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Assessorato dei Beni Culturali e dell'Identità ILna della Regione ILna;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4- bis , cod. proc. amm.;

Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell’arretrato del giorno 17 novembre 2022 il dott. Calogero Commandatore e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

Con ricorso, notificato in data 24 settembre 2013 e depositato il 22 ottobre successivo, parte ricorrente ha chiesto l’annullamento, vinte le spese, del provvedimento dirigenziale, prot. 3945/VII del 10 giugno 2013, con il quale la Soprintendenza di Palermo ha disposto la rimessione in pristino dell’edificio denominato “Lo Stagnone”, sito nel Comune di Valledolmo e di proprietà del medesimo Comune, odierno ricorrente.

Per il restauro del suddetto edificio, risalente al XVIII secolo, nel 2005 il Comune ha presentato alla Soprintendenza di Palermo un progetto che ha ricevuto il nulla osta, con prescrizioni, da parte della stessa Autorità (prot. 5140/TU del 17 ottobre 2005).

Tuttavia, a seguito di sopralluogo eseguito nel successivo dicembre del 2011 presso la struttura, riscontrando la presenza di lavori in corso non previsti dall’autorizzazione paesaggistica – consistenti nella realizzazione di due ampi vani da destinare a servizi igienici; nello scrostamento degli intonaci che ricoprivano i muri e i pilastri; nella realizzazione di un massetto cementizio che ricopriva la pavimentazione in pietra e nella realizzazione di un ascensore sulla facciata dell’immobile – è stata emessa, da parte della stessa Soprintendenza, ordinanza di sospensione dei lavori (n. 9701/VII del 21 dicembre 2011), ai sensi dell’art. 10, comma 1, del d.lgs. n. 42/2004, confermata con successiva nota dell’1 luglio 2012.

Con la nota 3945/VII del 10 giugno 2013, oggetto di odierna impugnazione, la Soprintendenza ha emesso ordinanza di rimessione di pristino dello stato dei luoghi.

Esposti i fatti, ha dedotto i seguenti motivi:

1) Violazione ed erronea applicazione degli artt. 7 e 8 della L. n. 241/1990, come recepiti dalla L.R. n. 10/1991, e dell’art. 160 del d.lgs. n. 42/2004;

2) Eccesso di potere per erroneo presupposto, difetto di istruttoria e sviamento della causa tipica del d.lgs. n. 42/2004 e dell’art. 21 del d.lgs. n. 42/2004 – b. Eccesso di potere per presupposto erroneo e per violazione ed erronea interpretazione degli artt. 2 e 5 del d.lgs. del 29 ottobre 1999, n. 490, degli artt. 3 e 4 del D.P.R. 7 settembre 2000, n. 283, dell’art. 27 del D.L. 30 settembre 2003, n. 269 e del comma 10 del d.lgs. n. 42/2004 (abrogato dal d.lgs. n. 156/2006) – c. Eccesso di potere per presupposto erroneo e violazione ed erronea applicazione degli artt. 2 e 5 del d.lgs. n. 42/2004 e degli artt. 12 e 10, comma 1, del d.lgs. 42/2004;

3) Eccesso di potere per difetto di istruttoria e violazione degli artt. 10 e 12 del d.lgs. n. 42/2004;

Per l’Assessorato Regionale dei Beni Culturali e Ambientali e dell’Identità ILna e per la Soprintendenza di Palermo si è costituita in giudizio l’Avvocatura distrettuale dello Stato, che ha successivamente depositato una memoria difensiva e vari documenti.

In data 27 ottobre 2022 parte ricorrente ha depositato una memoria di replica con la quale insiste nei motivi del ricorso.

Alla pubblica udienza del 17 novembre 2022 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Il ricorso è infondato e va rigettato.

Con il primo motivo di ricorso, il Comune ricorrente lamenta la violazione, da parte dell’Amministrazione, delle disposizioni contenute negli artt. 7 e 8 della legge n. 241/1990, nella parte in cui prescrivono l’obbligo per la Pubblica Amministrazione di comunicare l’avvio del procedimento amministrativo al destinatario del provvedimento che si intende adottare, al fine di consentire a quest’ultimo di potervi partecipare.

Deduce che, in materia urbanistica-edilizia siffatto obbligo sarebbe ulteriormente ribadito dall’art. 160 del d.lgs. n. 42/2004, il quale, nel disciplinare l’ordine di reintegrazione che può essere disposto dal Ministero nei confronti del responsabile dell’abuso che abbia cagionato un danno ad un bene culturale, prevede espressamente che “ qualora le opere da disporre ai sensi del comma 1 abbiano rilievo urbanistico-edilizio l’avvio del procedimento e il provvedimento finale sono comunicati anche alla città metropolitana o al comune interessati .”.

Il motivo è infondato.

Ed infatti, per costante giurisprudenza, l’esercizio del potere repressivo degli abusi edilizi costituisce attività amministrativa doverosa, cui segue la natura vincolata delle relative sanzioni ripristinatorie, che presuppongono un mero accertamento tecnico sulla consistenza delle opere realizzate e sul carattere abusivo delle stesse. Ne consegue che, nel procedimento ad iniziativa ufficiosa per l’adozione delle suddette sanzioni, non si ritiene necessario l’invio della comunicazione di avvio del procedimento (in tal senso, C.G.A.R.S., sez. I, sent.

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