TAR Bari, sez. III, sentenza 2014-09-10, n. 201401102
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Testo completo
N. 01102/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00366/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 366 del 2013, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
R L, rappresentata e difesa dagli avv. E B, C R, con domicilio eletto presso L Bellini in Bari, via di Vagno n. 11;
contro
Comune di Giovinazzo, rappresentato e difeso dall'avv. V A P, con domicilio eletto presso V A P in Bari, via Pizzoli, n. 8;
per l’accertamento
ex art. 117 c.p.a dell'illegittimità del silenzio rifiuto serbato dal Comune di Giovinazzo in relazione all’istanza presentata dalla sig.ra Lomoro in data 12.06.2012 per il rilascio del permesso di costruire;
e con motivi aggiunti per l’annullamento:
del provvedimento prot. n. 8477 del 18.04.2013, con cui il Comune di Giovanazzo ha sospeso il procedimento per il rilascio del permesso di costruire richiesto dalla ricorrente relativo alla demolizione e ricostruzione di un immobile in Giovinazzo, contrada Chiuso San Luca;
ove occorre, della deliberazione del Consiglio Comunale n. 16 del 26.03.2013 (pubblicata mediante affissione all’albo pretorio dal 12.04.2013 al 27.04.2013) avente ad oggetto “Deliberazione n. 6 del 18.02.2009 di approvazione del Piano Particolareggiato della Zona di espansione di nuovo impianto C3- Quartiere Castello- Determinazione in autotutela”.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Giovinazzo;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 giugno 2014 la dott.ssa Cesira Casalanguida e uditi per le parti i difensori E B, C R e V A P;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
I. L’odierna ricorrente sig.ra R L è proprietaria di un immobile, sito in Giovinazzo, alla contrada Chiuso San Luca, contraddistinto in catasto terreni al fg. 8 ptc 415 e in catasto fabbricati al fg. 8, ptc 811 e 425 sub 2 e 3.
In data 12 giugno 2012, ha presentato al Settore Urbanistica ed Ambiente del Comune istanza volta al rilascio di un permesso di costruire avente ad oggetto la demolizione e la ricostruzione del suddetto immobile. L’intervento oggetto del progetto, secondo le previsioni del P.R.G.C., si colloca in località “Castello”, già contrada “Chiuso- San Luca”, compreso in zona omogenea “C3”, Zona di espansione di nuovo impianto.
Il Comune di Giovinazzo ha dato riscontro, dapprima, con preavviso di diniego in data 30.07.2012, successivamente con nota di revoca della precedente il 25.09.2012, con la quale ha anche richiesto documentazione integrativa, depositata dalla ricorrente il 29.01.2013.
Non essendo seguita l’adozione di alcun provvedimento espresso da parte dell’amministrazione, nonostante diffida espressa, con atto notificato il 12.3.2013 e depositato il 21.3.2013, la ricorrente ha agito, ai sensi dell’art. 117 cpa, per la declaratoria dell’illegittimità del silenzio – rifiuto serbato dal Comune.
II. In data 3.5.2013 si è costituito in giudizio il Comune di Giovinazzo, facendo rilevare, in relazione alla sostenuta inerzia, di aver rappresentato con tempestività i molteplici elementi ostativi al rilascio del permesso di costruire, tra i quali soprattutto la necessità di assoggettamento del Piano Particolareggiato alla valutazione ambientale strategica.
Successivamente alla proposizione del ricorso ex art. 117 c.p.a, il Comune, in data 18 aprile 2013, ha comunicato alla ricorrente la sospensione del procedimento volto all’istanza del permesso di costruire, in seguito all’adozione della delibera del Consiglio Comunale n. 16 del 26 marzo 2013, allegata alla nota.
Con la citata delibera è stata sospesa “ per sei mesi – e comunque per il tempo strettamente necessario al completamento del procedimento (…)- l’efficacia della deliberazione di Consiglio Comunale n. 6 del 18.02.2009 recante: <<Quartiere Castello – Piano particolareggiato della zona di espansione di nuovo impianto C3. Approvazione.>>e degli ulteriori atti conseguenti ed accessori;(…) ai sensi dell’art. 21 quater L. n. 241/1990 .”
La sospensione è stata motivata, nella medesima deliberazione consiliare, dall’esigenza di attivare la procedura per la convalida dello stesso Piano Particolareggiato relativo al Quartiere Castello, inficiato dalla mancata sottoposizione dello strumento urbanistico a procedura di VAS e dalla necessità di verifica di coerenza del medesimo con il Piano di Bacino medio tempore intervenuto.
III. Avverso tali atti, la sig.ra Lomoro ha presentato ricorso per motivi aggiunti- con atto notificato il 10.6.2013 e depositato il 20.6.2013 – deducendo: a) l’illegittimità del silenzio- rifiuto , b) l'illegittimità del provvedimento di sospensione per violazione dell'art. 9 NTA del "Piano Particolareggiato Quartiere Castello";violazione della del.ne di c.c. n. 16/2013.
violazione del principio di trasparenza dell'attività amministrativa. violazione dell'art. 2 L.N. 241/1990.
Premesso che il provvedimento di sospensione non sia idoneo a considerare evaso l'obbligo di legge di cui agli artt. 2 I.n. 241/1990 e 20 TU 380/01, la ricorrente - con riferimento alla delibera di sospensione del Piano Particolareggiato n. 16 del 26.03.2013 - ha osservato come tale circostanza non sarebbe ex se idonea ad inibire il rilascio del permesso di costruire, in quanto l’area interessata dall’intervento proposto sarebbe stata espressamente stralciata dal P.P., trattandosi di area già edificata.
La sospensione del procedimento motivato con l’adozione della delibera del 26 marzo 2013 costituirebbe, quindi, ulteriore atto meramente dilatorio ed elusivo del dovere di concludere il procedimento da parte dell’amministrazione.
La ricorrente, per l’ipotesi in cui si dovesse ritenere la sospensione del procedimento idonea a determinare il sopravvenuto difetto di interesse del ricorso principale, ha chiesto l’annullamento della provvedimento del 18.04.2013 e della delibera del Consiglio Comunale n. 16 del 26.03.2013. L’illegittimità deriverebbe dalla violazione degli artt. 7, 35 e 52 del D.Lgs. 152/2006, del divieto di aggravio del procedimento, dell’art. 1 comma 2 L. n. 241/1990.
Essa ha contestato, altresì, l’assoggettamento a VAS del P.P., in quanto esso sarebbe già stato assoggettato a VIA, nel rispetto della normativa vigente all’epoca della sua adozione. Le norme del TU di cui al D. Lgs. 152/2006 che hanno previsto l’istituto della VAS, sarebbero entrate in vigore solo nelle more dell’approvazione del PP e successivamente modificate per effetto del D. Lgs 4/2008.
Inoltre, ha escluso che le NTA del PAI prevedano la sospensione degli strumenti di pianificazione ogni volta che vi sia una nuova perimetrazione delle aree a pericolosità idraulica.
IV. Il Comune - con atto depositato il 5 luglio 2013 - ha chiesto la reiezione del ricorso per motivi aggiunti, in via preliminare eccependo l’improcedibilità del ricorso ex art. 117 c.p.a per sopravvenuta carenza di interesse e l’inammissibilità dei motivi aggiunti per difetto di notifica dell’atto nella sede legale del Comune.
In replica alle censure sollevate dalla ricorrente, il Comune ha prodotto, in data 19 luglio 2013, una relazione del Dirigente del Settore 3° - Gestione del Territorio del Comune di Giovinazzo del 18 luglio 2013, nella quale si contesta la sostenuta irrilevanza del PP rispetto alle aree stralciate, in quanto ritenute non riconducibili a quelle “compromesse”, le quali sono di fatto escluse dalla “pianificazione esecutiva”. Si richiamano, in particolare, gli artt. 56 e 59 delle NTE del vigente P.R.G.C., relativo alle zone di espansione C, entro cui si colloca anche l’area oggetto del progetto di intervento della ricorrente, che subordina l’attività edilizia all’approvazione di strumenti urbanistici esecutivi. Le argomentazioni a sostegno della difesa del Comune, volte in particolare a dimostrare la stretta connessione tra il Piano particolareggiato e le aree stralciate, si basano essenzialmente sulle seguenti considerazioni: a) la presenza di volumetria eccedente la misura insediabile nelle aree stralciate imporrebbe la determinazione di una misura di surrogazione monetaria, i cui costi dovrebbero essere ripartiti, proporzionalmente tra tutti i soggetti concorrenti alla pianificazione approvata. Tali costi e la loro percentualizzazione sarebbero da individuare nella relazione finanziaria dello stesso P.P., calcolati sulla base dei reali costi insediativi riferiti all’intero Piano. E’ per questo che l’edificazione delle aree stralciate resterebbe comunque subordinata alla previa approvazione dello strumento urbanistico esecutivo.
b) L’individuazione delle aree di rischio di pericolosità idraulica conseguente alla deliberazione n. 5 dell’08.02.2011 dell’Autorità di Bacino coinvolgerebbe anche l’attività edilizia nelle cd. aree stralciate.
Con riferimento alla contestazione della ricorrente della necessità di assoggettamento a VAS del Piano particolareggiato, il Comune, nel ribadire la legittimità del proprio operato, in quanto conforme alle previsioni di cui al D.Lgs 152/2006, come sostituito dal D. Lgs n. 4 del 2008, ha prodotto una nota della Regione Puglia prot. n. 774 del 22.01.2014. In essa, in considerazione dell’estensione dell’area interessata dal Piano Particolareggiato, superiore a 40 ettari, si comunica che non sono ravvisati i presupposti per l’applicazione delle disposizioni di cui al comma 3 dell’art. 6 del D.Lgs 152/2006 e dell’art. 3 comma 4 della L.R. 44/2012, non ritenendosi l’area interessata dal Piano riconducibile al “concetto di piccola area a livello locale”. Nella medesima nota la Regione aggiunge che la Determinazione dirigenziale n. 105/2005, con cui si è esclusa la valutazione di impatto ambientale ai sensi della L.R. 11/2001 e s.m.i., interpretata ai sensi della L.R. 16/2013, ha perso la sua efficacia per decorrenza del termine triennale entro cui debbono essere avviati i lavori e deve, pertanto, essere rinnovata.
V. La ricorrente ha replicato alle eccezioni del Comune, insistendo sulla permanenza dell’inerzia dell’amministrazione e contestando la nota della Regione. Sulla inesistenza della notifica dei motivi aggiunti, ha richiamato la previsione dell’art. 43 c.p.a. a sostegno della legittimità della notifica, avvenuta presso lo studio del legale in cui è stato eletto domicilio all’atto della costituzione in giudizio d parte del Comune. Nel merito, ha ribadito che la sospensione del Piano particolareggiato non può incidere sull’area del progettato intervento oggetto di istanza di permesso di costruire, in quanto collocata in tessuto già edificato e, pertanto, stralciata dal medesimo Piano. Si contesta, inoltre, la possibilità di sospensione sostanzialmente sine die dello stesso.
Dopo la cancellazione della causa dal ruolo delle camerali, previa richiesta di parte ricorrente, all’udienza pubblica del 18 giugno 2014, sentita la difesa delle parti che hanno ribadito le reciproche posizioni, la causa è stata trattenuta in decisione.
VI. Oggetto del ricorso (principale) ex art. 117 c.p.a. è il silenzio serbato dal Comune di Giovinazzo, in ordine all'istanza volta al rilascio del permesso di costruire, previa demolizione e ricostruzione su immobile di proprietà della ricorrente sito nella contrada “Chiuso San Luca”,.
L’odierna ricorrente, sig.ra R L, impugna, altresì, con motivi aggiunti, il provvedimento prot. n. 8477 del 18 aprile 2013, con cui il Comune di Giovinazzo ha sospeso il procedimento relativo al richiesto permesso di costruire, in seguito all’adozione della delibera del Consiglio comunale n. 16 del 26 marzo 2013, anch’essa gravata con i motivi aggiunti.
VII. Il ricorso principale avverso il silenzio è divenuto improcedibile, in quanto l’intimata Amministrazione ha dato riscontro all’istanza di parte ricorrente e quindi, essendo cessata l’inerzia, è venuto meno l’interesse alla decisione in ordine al suddetto silenzio.
La nota prot. n. 8477 del 18 aprile 2013 adottata in seguito alla delibera del Consiglio Comunale n. 16 del 26 marzo 2013, da cui è derivata la sospensione del procedimento relativo all’istanza presentata dalla ricorrente, emessa dopo la proposizione del ricorso principale, è idonea ad interrompere il silenzio della Amministrazione. Ne consegue che non può accogliersi la tesi della difesa della sig.ra Lomoro, volta a sostenere la permanenza dell’inerzia dell’amministrazione, in quanto, per effetto della determinazione espressa sull’istanza presentata, l’interessata ha ottenuto il risultato al quale mira il giudizio ex art 31 c.p.a., cioè il superamento della situazione di inerzia procedimentale (Cons. Stato, V, 7.5.2013, n. 2465).
Nella vicenda trattata, l'atto adottato assume valenza interlocutoria, in quanto ha comportato l’arresto allo stato dell’iter procedimentale sollecitato e costituisce oggetto di esame col rito ordinario.
Il Collegio ritiene, pertanto, di dichiarare improcedibile il ricorso introduttivo, avente ad oggetto il silenzio del Comune, e trattare i motivi aggiunti, proposti avverso i sopraggiunti provvedimenti di sospensione, con rito ordinario ai sensi dell’art. 117, comma 5, c.p.a..
VIII. A riguardo, occorre preliminarmente soffermarsi sulle eccezione di inammissibilità del ricorso per motivi aggiunti per difetto di notifica, opposta dal Comune.
La censura è infondata. L’atto notificato allo studio del legale presso cui l’amministrazione ha eletto domicilio si presenta in linea con le prescrizioni degli artt. 43 comma 2 c.p.a. e 170 c.p.c., ai sensi del quale “dopo la costituzione in giudizio, tutte le notificazioni e le comunicazioni si fanno al procuratore costituito”.
In proposito, il Collegio condivide il consolidato principio giurisprudenziale secondo il quale, dopo che sia stato instaurato il contraddittorio nei confronti dell’Amministrazione, e dopo che questa si sia costituita in giudizio a mezzo di difensore, correttamente i motivi aggiunti sono notificati presso il difensore stesso nel domicilio eletto.
Secondo tale orientamento, “ i motivi aggiunti si configurano come mezzo di ampliamento del giudizio in corso e, quindi, come atto del giudizio stesso, sicché è da ritenersi comunque legittima e rituale la loro notificazione effettuata presso il predetto domicilio eletto dalla parte intimata anziché in quello risultante dalla relata di notifica dell’atto introduttivo del giudizio (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, sent. n. 3717, del 6 luglio 2002);la formale conoscenza dell’atto da parte del difensore costituito consente, infatti – per il tramite della già avvenuta instaurazione del rapporto defensionale – di far conoscere, con tempestività, alla stessa Amministrazione l’atto contenente i motivi aggiunti e, quindi, di approntare idonei mezzi difensivi e, comunque, di impartire al difensore idonee direttive ” (cfr. Tar Sardegna, Sez. II, sent. n. 998 del 19.10.2011).
IX. Nell’esamimare i motivi aggiunti, il Collegio ritiene assorbente l’esame dell’iter istruttorio seguito dell’amministrazione.
X. Fondata risulta invero la censura secondo cui gli atti assunti dal Comune sarebbero viziati in quanto volti ad operare una sospensione “ sine die ”, non ammessa dall’ordinamento.
La possibilità della pubblica amministrazione di sospensione degli effetti di un atto amministrativo precedentemente adottato è oggi riconosciuta come un generale potere, desumibile dall’art. 7, comma 2, della L. n. 241/1990 e ora espressamente disciplinato dall’art. 21- quater della medesima legge. Tuttavia, imprescindibili sono i requisiti a cui l’esercizio del potere di sospensione risulta subordinato, tra i quali figurano in primis la natura cautelare e la durata temporanea. La necessità della prefissazione di un termine è, in particolare, da ritenersi strumentale all’esigenza di salvaguardia della certezza della posizione giuridica delle parti. In tal senso occorre scongiurare il rischio di una sospensione sine die , considerata illegittima dalla giurisprudenza prevalente, in quanto contrastante con la finalità attributiva di tale potere (cfr., in termini, Cons. Stato, Sez. V, sent. n. 904 del 4.3.2008;Cons. Stato, sez. VI, sent. n. 905 del 11.2.2011).
Il carattere necessariamente transitorio della sospensione serve, peraltro, a distinguere questo istituto da quelli che pure condividono con la sospensione l’inquadramento nell’ambito dell’autotutela decisioria, ma hanno effetti permanenti, quali la revoca, attualmente disciplinata dall’art. 21- quinquies , o l’annullamento d’ufficio, di cui all’art. 21- nonies della medesima L. n. 241/1990.
Da queste considerazioni generali deriva che illegittima è la sospensione, approvata con delibera del consiglio Comunale, n. 16 del 26 marzo 2013, ai sensi dell’art 21- quater della L. n.241/1990, del Piano particolareggiato della zona di espansione di nuovo impianto C3, entro cui si colloca anche l’area interessata dal progetto oggetto della richiesta di permesso di costruire.
Essa, più specificamente, consiste nella sospensione della delibera di approvazione del citato Piano “ per sei mesi e- comunque per il tempo strettamente necessario al completamento del procedimento ”, finalizzata alla convalida della delibera conclusiva di approvazione del Piano particolareggiato della zona di espansione di nuovo impianto C3.
Va rilevato che sotto il profilo letterale la clausola di durata (di mesi sei) è subordinata rispetto alla condizione di efficacia ( e comunque per il tempo..necessario al completamento del procedimento) sicché solo apparentemente vi è nella specie la predeterminazione dell’effettivo e certo termine finale. A conforto del dato letterale si pone il dato effettuale, posto che al decorso del termine semestrale non è affatto venuta meno l’efficacia della sospensione.
Orbene il provvedimento del Consiglio Comunale, nella misura in cui ha sospeso, senza prefissare un effettivo termine massimo, la validità del Piano particolareggiato, si pone in netta antitesi con il principio di cautela e con il fine di certezza sottesi al provvedimento di sospensione, quale configurato dall’astratto paradigma legislativo. Dalla violazione del riconosciuto principio di efficacia temporanea della sospensione, discende l’illegittimità, per contrasto con il principio di tipicità degli atti amministrativi, della sospensione sine die oggetto della delibera in questione, sicché la relativa censura volta al suo annullamento è da ritenersi fondata. Né può ritenersi idoneo a superare i vizi di legittimità il ricorso alla medesima espressione letterale contenuta nella norma che subordina l’istituto della sospensione alla previsione di un termine. L’utilizzo della formula “per il tempo strettamente necessario” da parte del legislatore, infatti, è da ritenersi indicativo della discrezionalità riservata all’amministrazione nella previsione della durata del termine, che tuttavia deve essere espresso in modo specifico, come espressamente richiesto dal medesimo art. 21- quater .
XI. Parimenti illegittima è la sospensione sine die della pratica edilizia della ricorrente, in quanto condizionata dagli effetti derivanti dall’adozione della suindicata delibera, come da comunicazione del Dirigente del Settore 3°, Gestione del Territorio, del Comune di Giovinazzo, prot. n. 8477 del 18.04.2013.
Trattasi più specificamente di sospensione infraprocedimentale, prevista dall’art. 7 comma 2 della L. n. 241/1990, essendo il procedimento relativo all’istanza del permesso di costruire non ancora concluso. Permane comunque, anche in questo caso, la necessità del rispetto dei requisiti a cui risulta assoggettato l’esercizio del potere di sospensione. La nota in esame è, pertanto, viziata sia da illegittimità derivata, in quanto condizionata dagli effetti derivanti dalla delibera consiliare viziata, sia da illegittimità propria in quanto la sospensione sine die costituisce arresto procedimentale inammissibile.
La sostanziale incertezza in ordine ai tempi di conclusione del procedimento volto alla convalida della delibera di approvazione del Piano Particolareggiato e la natura sine die delle sospensioni operate dal Comune sono ulteriormente dimostrate anche dagli eventi successivi e, soprattutto, dalla mancata dimostrazione (fino all’udienza pubblica in cui la causa è stata trattenuta in decisione e, dunque, ben oltre un anno dopo l’adozione della citata delibera) da parte dell’Amministrazione comunale dell’avvenuta conclusione dei relativi procedimenti.
XII. Dai vizi rilevati consegue la caducazione degli atti gravati, risultando, pertanto, assorbite le ulteriori censure sollevate da parte ricorrente.
Ne consegue che l’amministrazione dovrà rideterminarsi sulla domanda di permesso di costruire presentata dalla ricorrente, nel rispetto dei principi del giusto procedimento e della necessità di adozione di provvedimenti espressi, entro i termini di legge. La materia della pianificazione urbanistica, infatti, pur essendo caratterizzata da un insindacabile ambito di apprezzamento tecnico rimesso all’Amministrazione nel perseguimento del superiore interesse pubblico generale all’ordinato e sicuro utilizzo del territorio, a cui si conforma il diritto di proprietà ai sensi dell’art. 42 della Costituzione, è anch’essa soggetta ai principi dettati dalla L. n. 241/1990, oltre che alla normativa di settore.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.