TAR Roma, sez. I, sentenza 2010-03-10, n. 201003659

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. I, sentenza 2010-03-10, n. 201003659
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201003659
Data del deposito : 10 marzo 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 11101/2007 REG.RIC.

N. 03659/2010 REG.SEN.

N. 11101/2007 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 11101 del 2007, proposto da Allianz S.p.A. (già Riunione Adriatica di Sicurtà S.p.A.), in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall'avv. G S, presso il cui studio è elettivamente domiciliata, in Roma, via Panama n. 88

contro

l’ISVAP – Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni Private e di Interesse Collettivo, in persona del Presidente p.t., rappresentato e difeso dagli avv.ti N G, M S e P M, domiciliato presso la propria sede legale, in Roma, alla via del Quirinale n. 21;
- il Ministero per le Attività Produttive, nella persona del Ministro p.t., non costituitosi in giudizio;

per l'annullamento

previa sospensione dell'efficacia,

dell’ordinanza ingiunzione del 25 ottobre 2007, recante il n. 2163/07, emessa dal Presidente dell’ISVAP e notificata il 30 ottobre 2007.


Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Isvap - Ist. Vig. Assic.Ni Private e di Interesse Collettivo;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 febbraio 2010 il dott. R P e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Contesta parte ricorrente la legittimità dell’ordinanza ingiunzione indicata in epigrafe, con la quale ISVAP – a fronte dell’affermata violazione dei termini per la formulazione del diniego di offerta al danneggiato, di cui all’art. 3, comma 1, del decreto legge 857/1976 – ha irrogato la sanzione amministrativa pecuniaria nel massimo edittale, per un importo commisurato ad € 30.987,00.

Tale atto, in particolare, sarebbe illegittimo per eccesso di potere e violazione di legge in relazione all’art. 3 della legge 25 febbraio 1977 n. 39, come modificato dall’art. 5 della legge 5 marzo 2001 n. 57 e per inadeguatezza della motivazione.

Nel rilevare come la fattispecie originativa del provvedimento impugnato consista in un incidente stradale, a fronte del quale il danno periziato ammontava ad € 1.193,00, assume parte ricorrente che l’irrogata sanzione sia gravemente sproporzionata a fronte della particolare tenuità del pregiudizio risarcibile;
soggiungendo che – quanto alla commisurazione dell’entità di quest’ultima – il provvedimento oggetto di censura non rechi alcun fondamento motivazionale.

Conclude parte ricorrente insistendo per l'accoglimento del gravame, con conseguente annullamento degli atti oggetto di censura.

L'Istituto intimato, costituitosi in giudizio, ha eccepito l'infondatezza delle esposte doglianze, invocando la reiezione dell'impugnativa.

La domanda di sospensione dell'esecuzione dell'atto impugnato, dalla parte ricorrente proposta in via incidentale, è stata da questo Tribunale respinta con ordinanza n. 5947, pronunziata nella Camera di Consiglio del 19 dicembre 2007.

Il ricorso viene ritenuto per la decisione alla pubblica udienza del 24 febbraio 2010.

DIRITTO

Come esplicitato in narrativa, con unico profilo di censura parte ricorrente assume che l’irrogata sanzione pecuniaria sia sproporzionata rispetto al pregiudizio oggetto di risarcimento rispetto alla presupposta vicenda relativa ad incidentistica stradale: non contestandosi, per l’effetto, né il fondamento fattuale della contestata violazione, né la responsabilità della Compagnia assicurativa nel ritardo con il quale quest’ultima ha denegato il risarcimento richiesto dalla parte danneggiata.

1. Come sopra delimitato il thema decidendum sottoposto all’attenzione della Sezione, va osservato come i commi primo, secondo e terzo dell'articolo 3 del decreto-legge 23 dicembre 1976 n. 857 (convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1977 n. 39), siano stati sostituiti dalle previsioni dettate dall’art. 5 della legge 5 marzo 2001 n. 57;
i quali, per quanto qui di interesse, dispongono che:

- “per i sinistri con soli danni a cose la richiesta di risarcimento, presentata secondo le modalità indicate nell'articolo 22 della legge 24 dicembre 1969, n. 990, e successive modificazioni, deve essere corredata dalla denuncia secondo il modulo di cui all'articolo 5 del presente decreto-legge e recare l'indicazione del luogo, dei giorni e delle ore in cui le cose danneggiate sono disponibili per l'ispezione diretta ad accertare l'entità del danno. Entro sessanta giorni dalla ricezione di tale documentazione, l'assicuratore formula al danneggiato congrua offerta per il risarcimento ovvero comunica i motivi per i quali non ritiene di fare offerta. Il termine di sessanta giorni è ridotto a trenta quando il modulo di denuncia sia stato sottoscritto dai conducenti coinvolti nel sinistro”;

- “l'obbligo di proporre al danneggiato congrua offerta per il risarcimento del danno, ovvero di comunicare i motivi per cui non si ritiene di fare offerta, sussiste anche per i sinistri che abbiano causato lesioni personali o il decesso. La richiesta di risarcimento deve essere presentata dal danneggiato o dagli aventi diritto con le modalità indicate al primo comma. La richiesta deve contenere la descrizione delle circostanze nelle quali si è verificato il sinistro ed essere accompagnata, ai fini dell'accertamento e della valutazione del danno da parte dell'impresa, dai dati relativi all'età, all'attività del danneggiato, al suo reddito, all'entità delle lesioni subite, da attestazione medica comprovante l'avvenuta guarigione con o senza postumi permanenti o, in caso di decesso, dal certificato di morte. L'assicuratore è tenuto a provvedere all'adempimento del predetto obbligo entro novanta giorni dalla ricezione di tale documentazione”.

Va poi rilevato come anche il comma 8 dell’art. 3 del citato decreto legge abbia ricevuto, ad opera della pure richiamata legge 57/2001, i seguenti interventi modificativi:

- “l'inosservanza da parte dell'impresa assicuratrice dei termini prescritti dal presente articolo comporta:

a) in ordine alla omessa richiesta di integrazione della richiesta di risarcimento incompleta la sanzione pecuniaria da lire un milione a lire tre milioni;

b) in ordine alla omessa formulazione dell'offerta, all'omessa comunicazione dei motivi della mancata offerta o all'omessa corresponsione della somma offerta, che si protragga per oltre centoventi giorni dal termine utile finale:

1) la sanzione da lire dieci milioni a lire sessanta milioni, in relazione a danni a cose e lesioni guaribili entro quaranta giorni;

2) la sanzione da lire quindici milioni a lire duecentoquaranta milioni, in relazione a danni a persone guaribili oltre quaranta giorni o per il caso di morte.

La comunicazione dei motivi della mancata offerta effettuata entro centoventi giorni dalla scadenza del termine utile comporta la sanzione da lire tre milioni a lire nove milioni. La formulazione dell'offerta o la corresponsione della stessa effettuate entro centoventi giorni dalla scadenza del termine utile, comporta oltre al pagamento degli interessi, l'applicazione delle seguenti sanzioni:

a) dal 5 al 10 per cento della somma offerta o pagata con un ritardo non superiore ai quindici giorni, con un limite minimo di lire ottocentomila;

b) dal 10 al 20 per cento della somma offerta o pagata in ritardo, decorso ogni ulteriore periodo di ritardo di quindici giorni, con un limite minimo di lire due milioni e un limite massimo rispettivamente di lire cinquanta milioni per sinistri con danni a cose e lesioni a persone guaribili entro quaranta giorni e di lire duecento milioni per sinistri che abbiano causato il decesso ovvero lesioni permanenti o guarite oltre i quaranta giorni dal sinistro”.

Le surriportate disposizioni sono state, quindi, abrogate dal vigente Codice delle Assicurazioni (di cui al D.Lgs. 7 settembre 2005 n. 209), il cui art. 148 ha riformulato la procedura di risarcimento ed il cui art. 315 ha rideterminato le procedure liquidative, stabilendo che:

- “nei casi previsti dagli articoli 148, 149 e 150 o dalle disposizioni di attuazione la formulazione dell'offerta o la corresponsione della somma che siano effettuate fino a centoventi giorni dalla scadenza del termine utile ovvero la mancata comunicazione del diniego dell'offerta nel medesimo termine è punita:

a) in caso di ritardo fino a trenta giorni, con la sanzione da euro trecento ad euro novecento;

b) in caso di ritardo fino a sessanta giorni, con la sanzione da euro novecento ad euro duemilasettecento;

c) in caso di ritardo fino a novanta giorni, con la sanzione da euro duemilasettecento ad euro cinquemilaquattrocento;

d) in caso di ritardo fino a centoventi giorni, con la sanzione da euro cinquemilaquattrocento ad euro diecimilaottocento” (comma 1);

- “qualora, oltre i centoventi giorni dal termine utile, siano omesse la formulazione dell'offerta, la comunicazione dei motivi del diniego o il pagamento della somma, l'inosservanza degli obblighi previsti dagli articoli 148, 149 e 150 o delle disposizioni di attuazione è punita con la sanzione da euro diecimilaottocento ad euro trentamila in relazione a danni a cose e con la sanzione da euro ventimila ad euro sessantamila in relazione a danni a persone o per il caso morte” (comma 2).

2. Come sopra fissato il pertinente quadro normativo di riferimento, rivela particolare interesse, ai fini della delibazione delle dedotte censure, l’analisi del contenuto della gravata determinazione sanzionatoria.

In essa, in particolare, si dà preliminarmente atto della formulata contestazione nei confronti di Allianz, relativamente alla “violazione dei termini per la formulazione dell’offerta di risarcimento al danneggiato (ovvero, della comunicazione dei motivi di diniego), stabiliti dall’art. 3, comma 1, del d.l. 23 dicembre 1976 n. 857, come modificato dall’art. 5 della legge 5 marzo 2001 n. 57”;
e viene altresì dato conto delle eccezioni formulate dalla Compagnia assicuratrice, con riferimento al fatto che l’importo del danno periziato (pari ad € 1.193,00) “è contenuto nella quinta parte della sanzione minima di legge”, chiedendo di “tenerne conto nella graduazione della sanzione medesima, in ragione del principio di proporzionalità tra la sanzione irrogata e la violazione commessa.

Nello stesso provvedimento impugnato, peraltro, si esclude di poter accedere all’ipotesi sanzionatoria “minima” come sopra sollecitata da Allianz, in quanto “l’irrogazione della sanzione minima, per consolidato orientamento dell’ISVAP, può trovare giustificazione avuto riguardo a criteri di proporzionalità ed al modesto valore del danno da risarcire, soltanto in ipotesi di offerta accettata dal danneggiato stesso e non, come nel caso di specie, in relazione ad un diniego risarcitorio intervenuto peraltro circa un anno e mezzo (580 giorni) oltre la scadenza del termine utile”;
per l’effetto valutandosi – “tenuto conto degli elementi di cui all’art. 326, comma 5, ultima parte, del D.Lgs. 7 settembre 2005 n. 209” – la congruità di una sanzione commisurata al massimo edittale (€ 30.987,00) “attesa la gravità del comportamento omissivo dell’impresa protrattosi oltre 300 giorni dalla scadenza del termine utile”.

3. Alla stregua di quanto sopra posto in evidenza, il preteso difetto motivazionale che, secondo la prospettazione di parte inficerebbe la gravata determinazione nella parte relativa alla commisurazione della sanzione, si rivela incondivisibile.

I relativi presupposti, infatti, risultano correttamente – quanto esaustivamente – individuati nel provvedimento sanzionatorio gravato, atteso che in esso viene dato puntualmente conto:

- della durata dell’omissione sanzionata, protrattasi “oltre 300 giorni dalla scadenza del termine utile”;

- della valutazione degli elementi di cui all’art. 326, comma 5, ultima parte, del D.Lgs. 209/2005 (il quale, relativamente alla “proposta motivata di determinazione della sanzione amministrativa pecuniaria”, specifica che occorre tenere conto della “eventuale attenuazione o eliminazione delle conseguenze dannose ed all'adozione di misure idonee a prevenire la ripetizione della violazione”, ulteriormente stabilendo che trovano applicazione, nella materia, gli artt. 8, 8-bis e 11 della legge 24 novembre 1981 n. 689).

Se le coordinate che assistono il legittimo esercizio del potere sanzionatorio – quanto alla concreta commisurazione della misura irrogabile – contemplano l’obbligata considerazione da prestare alla concreta gravità del fatto concreto, globalmente desunta dai suoi elementi oggettivi e soggettivi (come appunto prescritto dall’art. 11 della legge 689/1981), deve allora escludersi che sia necessaria l’ostensione di un apparato motivazionale con il quale vengano – ulteriormente e specificatamente – dettagliati i relativi criteri.

Nel caso in esame, il provvedimento impugnato, nel considerare l’estensione temporale dell’omissione sanzionata (con riferimento al termine per esplicitare l’eventuale diniego in riscontro alla richiesta risarcitoria), ha ulteriormente dato atto dell’applicabilità della sanzione prevista dall’art. 3, comma 10, lett. b), punto 1., del decreto legge 857/1976;
pervenendo, conseguentemente, alla individuazione del relativo importo, pari al menzionato massimo edittale (€ 30.987,00) in ragione della riscontrata gravità della violazione, avuto riguardo al considerevole arco temporale (580 giorni;
ben superiore ai 300 giorni individuati alla norma) intercorso dalla presentazione della domanda di risarcimento.

Nell’escludere che, alla stregua delle coordinate interpretative dalla Sezione in argomento individuate (cfr. sentenza 2 marzo 2009 n. 2133) il sopra descritto apparato motivazionale si presti a fondati profili di censura, deve conseguentemente disattendersi la doglianza all’esame.

4. La riscontrata infondatezza degli argomenti di doglianza dedotti con il presente mezzo di tutela ne impone, conclusivamente, la reiezione.

Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

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