TAR Potenza, sez. I, sentenza 2011-04-20, n. 201100218

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Potenza, sez. I, sentenza 2011-04-20, n. 201100218
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Potenza
Numero : 201100218
Data del deposito : 20 aprile 2011
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00158/2010 REG.RIC.

N. 00218/2011 REG.PROV.COLL.

N. 00158/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 158 del 2010, proposto da:
D P, rappresentato e difeso dall'avv. G B, con domicilio eletto presso la Segreteria T.A.R. in Potenza, via Rosica, n.89;

contro

Acquedotto Lucano Spa in persona del legale rappresentante p.t., n.c.;
Acquedotto Lucano Progettazione Srl, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avv. D M e G S, con domicilio eletto presso il secondo in Potenza, c.so

XVIII

Agosto, n.2;

nei confronti di

Carlo A, rappresentato e difeso dall'avv. Pietro Basile, con domicilio eletto presso lo stesso in Potenza, p.zza M. Pagano, n.8;
Antonio D G, rappresentato e difeso dall'avv. Francesca Chietera, con domicilio eletto presso Salvatore Paolo Guarino Avv. in Potenza, via IV Novembre, n.38;

per l'annullamento

DELIBERA DEL C.D.A., DI APPROVAZIONE DELLA GRADUATORIA FINALE DI MERITO RELATIVA ALLA SELEZIONE PUBBLICA, PER TITOLI ED ESAMI, PER L'ASSUNZIONE, A TEMPO PIENO E INDETERMINATO DI UN LAUREATO IN GEOLOGIA;

-DI TUTTI GLI ATTI DELLA PROCEDURA E, IN PARTICOLARE, DEI VERBALI (DA N.1 A N.14) DELLA COMMISSIONE ESAMINATRICE.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Acquedotto Lucano Progettazione Srl, di Carlo A e di Antonio D G;

Vista l’ordinanza collegiale n.159/10 del 27/5/10 di reiezione dell’istanza incidentale di sospensione cautelare del provvedimento impugnato;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 febbraio 2011 il dott. Giancarlo Pennetti e uditi per le parti i difensori presenti, avvocati: G B, per la parte ricorrente;
Daniele Maramma e Luigi Petrone, quest'ultimo su dichiarata delega di G S, per la Società Acquedotto Lucano Progettazione, controinteressata;
Pietro Basile, per il controinteressato A Carlo;
Vito Sasso, su delega di Francesca Chietera per l'altra controparte;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Il ricorrente ha partecipato alla selezione pubblica, per titoli ed esami, per l’assunzione a tempo pieno e indeterminato di 1 laureato in geologia, indetta in esecuzione della delibera del consiglio di amministrazione dell’8/10/08 della società Acquedotto Lucano Progettazione a r.l. il cui bando è stato pubblicato il 28/10/08.

All’esito della procedura concorsuale il punteggio complessivo riportato dai candidati era quindi il seguente: a) A Carlo, punti 66,5;
b) D G Antonio, punti 66,5;
c) Palma Donato, punti 62,5.

Avverso tale esito, confermato dalla delibera di approvazione della graduatoria di merito dagli estremi ad oggi non conosciuti, si deduce quanto segue:

1.-violazione e falsa applicazione di legge (artt. 47, 48 e 76 del d.p.r. n.445/00)- violazione della lex specialis (artt. 3, comma 4, 4, comma 1, lett. b) e 5 comma 1)- eccesso di potere (sviamento- difetto di istruttoria- illogicità manifesta)- violazione dell’art. 97 Costituzione.

Considerato che, all’esito dell’esercizio del diritto di accesso agli atti concorsuali, l’amministrazione non ha rilasciato copia della domanda di partecipazione del candidato A, si ipotizza la mancata presentazione di detta domanda e l’omessa esclusione del candidato. Tale ultima conseguenza avrebbe comunque dovuto colpire l’A, in base all’art. 5 del bando, dato che il curriculum da questi presentato non sarebbe stato corredato “…di apposita dichiarazione resa ai sensi dell’art. 47 del d.p.r. 445/00, attestante la veridicità delle informazioni in esso contenute”, come richiesto dall’art. 4 co.1 del bando;

2.-eccesso di potere (sviamento- difetto di istruttoria- illogicità manifesta- contraddittorietà- disparità- incoerenza)- violazione del giusto procedimento- violazione di legge (art. 1 l.n. 241/90 in relazione al principio di trasparenza dell’azione amministrativa)- violazione per erronea applicazione della lex specialis (art. 7, commi 1 let. B e 4)- violazione dell’art. 97 Costituzione.

La commissione avrebbe individuato i criteri di valutazione dei titoli e dell’esperienza lavorativa in violazione dell’art. 7 commi 3 e 4 del bando oltre che dei principi. Infatti, nella prima seduta, la commissione avrebbe verificato i plichi dei candidati e delle domande di ammissione in essi contenute prima ancora di specificare i criteri di valutazione dei titoli e dell’esperienza lavorativa. Premesso poi che 7,5 punti dei 15 disponibili erano stati assegnati per il sottoelemento della durata dell’attività svolta (includendo in questa quella libero professionale in relazione all’anzianità di iscrizione all’albo), si lamenta che quest’ultima scelta sia stata fatta quando già la commissione era a conoscenza quanto meno della data di conseguimento della laurea in geologia dei singoli candidati, essendo questo un dato che doveva essere indicato nella domanda di partecipazione alla selezione che consentiva di stabilire sia pure in via di approssimazione quando i candidati avessero conseguito l’abilitazione all’esercizio della professione di geologo e fossero quindi iscritti all’albo professionale.

Inoltre si sostiene che il sottoelemento dell’anzianità di iscrizione all’albo dei geologi sarebbe manifestamente illogico e irragionevole dato che esso n on può essere serio indice della durata dell’esperienza lavorativa maturata dal candidato.

Infine, sempre con inversione procedimentale e violazione dei principi di imparzialità e buon andamento, la commissione avrebbe attribuito il punteggio ai titoli non già prima della correzione delle prove scritte, ma dopo, come si evincerebbe dal verbale n.11/17;

3.-Eccesso di potere (difetto di istruttoria- sviamento- disparità di trattamento- illogicità manifesta- travisamento dei presupposti).

L’esperienza lavorativa sarebbe stata illegittimamente valutata anche con riferimento al sottoelemento della natura dell’attività svolta. Infatti, nella seduta del 24/2/10, dopo aver individuato tre livelli cui dovevano essere riferite le attività svolte dai concorrenti come evincibili dai curricula, avrebbe operato una sintesi confusa e comunque non intellegibile delle diverse esperienze maturate con attribuzione di p.6 a D G, p.5 ad A e p.3 al ricorrente. Sarebbero state ritenute equivalenti le esperienze ricondotte ai primi due livelli senza specificare le ragioni di tale giudizio. In relazione poi alle esperienze professionali riconducibili al terzo livello la commissione avrebbe in modo apodittico affermato che i controinteressati sarebbero in possesso delle stesse mentre invece, ad un attento esame del curriculum del ricorrente sarebbe emerso che anche quest’ultimo possedeva esperienze professionali riconducibili al livello “de quo”. E ancora, la commissione non si sarebbe accorta che il D G avrebbe riportato, nel proprio curriculum, più volte lo stesso incarico professionale svolto;
tali incarichi sarebbero stati tenuti presenti ai fini del punteggio assegnato. Infine, la commissione avrebbe ritenuto di poter differenziare le valutazioni dei tre candidati riconoscendo al D G un punteggio maggiore rispetto agli altri candidati anche in considerazione della pubblicazione curata dallo stesso. In realtà, secondo l’istante, il D G sarebbe un mero collaboratore della curatrice cui va in modo esclusivo ricondotta la pubblicazione del rendiconto scientifico.

Si è costituito Acquedotto Lucano Progettazione s.r.l. che resiste e deduce l’inammissibilità e l’infondatezza del gravame. Si è costituito il candidato A che resiste. Si è costituito il candidato D G che resiste e deduce l’inammissibilità e l’infondatezza del gravame.

Con ordinanza collegiale n.159 del 27 maggio 2010 è stata respinta l’istanza incidentale di sospensione cautelare del provvedimento impugnato.

Alla pubblica udienza del 10 febbraio 2011 il ricorso è stato ritenuto per la decisione.

DIRITTO

Preliminarmente deve essere esaminata l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata da Acquedotto Lucano Progettazione s.r.l., la quale rileva di essere una persona giuridica privata (controllata al 100% da Acquedotto Lucano s.p.a.) che non gestisce alcun tipo di servizio pubblico locale e che opera sul mercato come un qualsiasi altro imprenditore. Osserva in particolare la società resistente che il g.a. non ha giurisdizione sulle controversie sorte in occasione di procedure di selezione poste in essere da società a totale partecipazione pubblica che gestiscono pubblici servizi dato che l’art. 18 della legge n. 133/08 ha imposto alle predette società di adottare criteri e modalità per il reclutamento del personale nel rispetto dei principi di cui al comma 3 dell’art. 35 del d. l.vo n.165/01 senza nulla affermare in ordine alla giurisdizione sulle controversi eventualmente scaturenti da dette procedure. Aggiunge che a maggior ragione il g.a. non può avere giurisdizione sulle controversie insorgenti in occasione di procedure selettive poste in essere da società a partecipazione pubblica totale che non gestiscono servizi pubblici locali (come appunto Acquedotto Lucano Progettazione s.r.l.);
qui il comma 2 del citato art. 18 avrebbe imposto un vincolo (ancor più tenue) di adozione di criteri e modalità per il reclutamento del personale nel rispetto dei principi, anche comunitari, di trasparenza, pubblicità e imparzialità senza però nulla affermare, neppure in questo caso, in ordine alla giurisdizione sulle controversie scaturenti dalle procedure di reclutamento. Secondo la Società resistente, in applicazione del criterio della causa petendi, nella fattispecie va esclusa la giurisdizione del g.a. dato che non vi sarebbe posizione di interesse legittimo del ricorrente in quanto, a fronte di questi, non vi è alcun potere pubblicistico esercitato da Acquedotto Lucano Progettazione s.r.l. In conseguenza, alla stregua di tale prospettazione, la giurisdizione, nella controversia “de qua”, spetterebbe al G.O.

L’eccezione è sollevata pure dal contro interessato D G, che, dopo avere richiamato gli articoli 63 (che devolve alla cognizione del g.a. le controversie in materia di procedure concorsuali per l’assunzione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni) e 2 del d. l.vo n.165/01 (che elenca le pubbliche amministrazioni) osserva che la società resistente non è una p.a. bensì una società per azioni la totalità delle cui quote è detenuta da Acquedotto Lucano s.p.a. Da ciò ne conseguirebbe che il rapporto di lavoro dei relativi dipendenti è di natura solo privatistica, disciplinato da uno specifico CCNL e la cognizione delle relative controversie spetterebbe al G.O. ex art. 409 c.p.c. Da ultimo preme rilevare che a sostegno dell’eccezione si invoca una decisione del Consiglio di Stato (sez. VI n.269/09) riferita ad una controversia inerente una procedura selettiva di personale posta in essere da Acquedotto Pugliese s.p.a. per la quale è stata dichiarata appunto carente la giurisdizione del G.A.

Le eccezioni, ad avviso del Collegio, sono infondate.

Occorre premettere che l’art. 18 (Reclutamento del personale delle società pubbliche) del D.L. 25-6-2008 n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria) convertito nella legge 6/8/08 n.133 recita:

<<1. A decorrere dal sessantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge, le società che gestiscono servizi pubblici locali a totale partecipazione pubblica adottano, con propri provvedimenti, criteri e modalità per il reclutamento del personale e per il conferimento degli incarichi nel rispetto dei principi di cui al comma 3 dell'articolo 35 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.

2. Le altre società a partecipazione pubblica totale o di controllo adottano, con propri provvedimenti, criteri e modalità per il reclutamento del personale e per il conferimento degli incarichi nel rispetto dei principi, anche di derivazione comunitaria, di trasparenza, pubblicità e imparzialità.>>.

Sia la prima categoria di società (quelle che gestiscono servizi pubblici locali a totale partecipazione pubblica) e sia la seconda (le altre a partecipazione pubblica totale o di controllo) vengono dunque obbligate a dotarsi, mediante “propri provvedimenti”, di criteri e modalità per il reclutamento del personale (oltre che di conferimento degli incarichi), nel primo caso conformi ai principi richiamati al citato comma 3 dell’art. 35 in materia di reclutamento del personale e nel secondo rispettosi dei principi, anche comunitari, di trasparenza, pubblicità e imparzialità.

Con riferimento alla prima ipotesi giova ricordare che il menzionato comma 3 recita:

<<Le procedure di reclutamento nelle pubbliche amministrazioni si conformano ai seguenti princìpi:

a) adeguata pubblicità della selezione e modalità di svolgimento che garantiscano l'imparzialità e assicurino economicità e celerità di espletamento, ricorrendo, ove è opportuno, all'ausilio di sistemi automatizzati, diretti anche a realizzare forme di preselezione;

b) adozione di meccanismi oggettivi e trasparenti, idonei a verificare il possesso dei requisiti attitudinali e professionali richiesti in relazione alla posizione da ricoprire;

c) rispetto delle pari opportunità tra lavoratrici e lavoratori;

d) decentramento delle procedure di reclutamento;

e) composizione delle commissioni esclusivamente con esperti di provata competenza nelle materie di concorso, scelti tra funzionari delle amministrazioni, docenti ed estranei alle medesime, che non siano componenti dell'organo di direzione politica dell'amministrazione, che non ricoprano cariche politiche e che non siano rappresentanti sindacali o designati dalle confederazioni ed organizzazioni sindacali o dalle associazioni professionali.>>.

Dunque, il senso della norma di cui all’art. 18, co.1, è quello d’una estensione “ex lege”, alle società che gestiscono servizi pubblici locali a totale partecipazione pubblica, dell’obbligo -sancito dal Legislatore Delegato del 2001 a carico delle pubbliche amministrazioni indicate nell’elenco di cui all’art. 1 comma 2 del decreto medesimo (nel quale dette società pubbliche non compaiono) - di conformarsi, nelle procedure di reclutamento, ai sopracitati principi di carattere pubblicistico oltre che, ovviamente, a quello del pubblico concorso (previsto all’art.35, co. 1, lett. a, e richiamato comunque nella lettera a) del terzo comma del Decreto);
principi tutti, questi, espressione dell’art. 97 della Costituzione e compresi fra quelli generali dell’attività amministrativa indicati nell’art.1 comma 1 della legge n. 241/90 quali appunto l’imparzialità, l’economicità e celerità del procedimento, la pubblicità e la trasparenza, nonché la stessa riaffermazione della separazione fra “politica” ed “amministrazione” nella composizione della commissione esaminatrice.

Con riferimento invece alla seconda ipotesi (co. 2), per le società a partecipazione pubblica totale o di controllo diverse da quelle anzidette, il Legislatore del 2008, pur senza operare una specifica “reductio” delle stesse al rispetto della normativa di cui all’art. 35 co. 3, ha però, sia pure in modo generico, imposto -sempre nell’ambito del reclutamento del personale- l’osservanza dei principi, anche di derivazione comunitaria, di trasparenza, imparzialità e pubblicità il cui fondamento costituzionale è stato già evidenziato e fermo restando, anche in questa ipotesi, il riferimento al citato art. 1 della legge n.241/90 che -fra l’altro-, al comma 1 ter, stabilisce che i soggetti privati preposti all’esercizio di attività amministrative assicurano il rispetto di principi e criteri di cui al comma 1.

In tal modo, l’articolo18 del d.l. n.112/08 ha recepito l’orientamento della Corte Costituzionale che, con sentenza n.29 del 2006, in sede di esame d’una norma di legge regionale che prevedeva che le società a capitale interamente pubblico, affidatarie del servizio pubblico locale, fossero obbligate al rispetto delle procedure di evidenza pubblica imposte agli enti locali per l'assunzione di personale dipendente, aveva stabilito che la disposizione in esame era volta a dare applicazione al principio di cui all'art. 97 della Costituzione rispetto ad una società che, per essere a capitale interamente pubblico, ancorché formalmente privata, può essere assimilata, in relazione al regime giuridico, ad enti pubblici.

Ora, al di là delle differenze riscontrabili fra le due disposizioni, quello che le stesse hanno in comune è, ad avviso del Collegio, la scelta del Legislatore di introdurre, a carico delle società a partecipazione pubblica totale, vincoli di trasparenza, imparzialità, pubblicità ed economicità che, di regola, l’art. 97 della Costituzione impone per le pp.aa. e gli enti pubblici strettamente intesi;
si tratta di vincoli espressi che, nel settore “de quo”, mancavano e che ora, attraverso tali disposizioni, obbligano il soggetto giuridico, in sede di reclutamento del personale e di conferimento degli incarichi, ad uniformarsi, attraverso propri provvedimenti, alle procedure di evidenza pubblica. La conseguenza di tale scelta è una diversa qualificazione di tali attività, da modularsi necessariamente sul tipico paradigma pubblicistico scaturente dal rapporto fra la norma, l’esercizio di poteri autoritativi e la posizione giuridica soggettiva del privato che ne deriva e che, quanto alla natura, va qualificata come interesse legittimo con conseguente radicarsi della giurisdizione amministrativa di legittimità secondo i criteri di riparto di cui agli artt. 103 e 113 della Costituzione e ripresi dalle leggi ordinarie (c.p.a.).

In quest’ordine di idee non vale pertanto richiamare a sostegno dell’eccezione, come fanno le parti resistenti, la sentenza n.269/09 della VI sezione del Consiglio di Stato che, in una controversia concernente l’impugnativa, da parte di un candidato, d’una procedura selettiva indetta dalla s.p.a. Acquedotto Pugliese (anch’essa a capitale interamente pubblico), ha concluso declinando la sussistenza della giurisdizione amministrativa. In quella pronuncia, afferente una controversia insorta prima dell’entrata in vigore dell’articolo 18 citato, veniva infatti rilevato che la normativa statale (art. 5 del d. lgs. n.141/99 di trasformazione dell’Ente Autonomo Acquedotto Pugliese in s.p.a.) aveva espressamente stabilito che il rapporto di lavoro del personale dipendente dalla società sarebbe stato disciplinato dalle norme di diritto privato e dalla contrattazione collettiva;
inoltre, mancava qualsiasi richiamo all’art. 36 d.lgs. 29/93 (oggi art. 35 T.U. sul pubblico impiego, che prevede appunto le forme di reclutamento del personale).

Neppure vale richiamare l’articolo 63 (controversie relative ai rapporti di lavoro) in relazione all’art. 1 (finalità e ambito di applicazione) comma 2 del d. l.vo n.165/01 che fornisce una elencazione di soggetti pubblici qualificabili pubbliche amministrazioni. Infatti, detto elenco mira esclusivamente ad agevolare l’individuazione delle amministrazioni pubbliche soggette al regime della privatizzazione del rapporto di lavoro onde evitare le difficoltà applicative che in passato aveva incontrato il precedente articolo 1 della legge n.93 del 1983, ma non preclude al Legislatore di vincolare soggetti solo formalmente privati, quali appunto le società pubbliche individuate nell’art. 18, ad un regime di attività nel reclutamento del personale che, in coerenza con la configurazione sostanzialmente pubblicistica dei compiti svolti da tali soggetti (oltre che con la totale riconducibilità della titolarità delle quote sociali, azionarie o meno, alla mano pubblica) le obblighi al rispetto dei principi dell’evidenza pubblica.

Inoltre, che l’inevitabile procedimentalizzazione (con applicazione dei relativi principi di cui all’art. 1 l.n. 241/90) che il reclutamento del personale da parte delle società pubbliche “de quibus”, come ancorato ai capisaldi dell’attività amministrativa pubblica indicati all’art. 18 commi 1 e 2 e alla loro derivazione dai principi costituzionali, viene a subire, non possa restare esente dalle menzionate conseguenze sul piano del riparto di giurisdizione, non è desumibile solo dalle considerazioni già esposte, ma anche dal rilievo che il codice del processo amministrativo (d. l.vo n.69/09), all’articolo 7 (giurisdizione amministrativa), devolve alla giurisdizione amministrativa le controversie in cui i provvedimenti, atti, comportamenti forieri di conflitto con interessi legittimi e diritti soggettivi sono riconducibili all’esercizio del potere amministrativo non solo con riferimento alle pubbliche amministrazioni “stricto sensu” intese, ma anche con riguardo a tutti quei “soggetti ad esse equiparati o comunque tenuti al rispetto dei principi del procedimento amministrativo” (comma 2), dovendosi appunto considerare, ai fini della tutela giurisdizionale amministrativa contemplata dal codice, per pubbliche amministrazioni, anche tutti questi altri soggetti.

Tale disposizione si lega, con tutta evidenza, all’articolo 1 della legge n.241/90 che, al comma 1, indica, quali principi generali dell’attività amministrativa, quelli richiamati nei commi 1 e 2 dell’articolo 18, che le società pubbliche in parola sono ora tenute ad applicare nel reclutamento del personale e nel conferimento degli incarichi con ulteriore conferma della giurisdizione del g.a. quanto alla cognizione delle relative controversie inerenti la fase concorsuale.

Ciò detto, va rilevato comunque che, nella fattispecie, ancorchè la procedura di reclutamento in contestazione non sia stata indetta direttamente da Acquedotto Lucano s.p.a., gestore del servizio idrico integrato, si verte pur sempre nell’ipotesi di cui al comma 1 dell’articolo 18 atteso chè Acquedotto Lucano Progettazione s.r.l., in quanto società incaricata specificamente del reclutamento e dell’inserimento del personale necessario per il funzionamento di Acquedotto Lucano s.p.a. (e dalla stessa partecipata in misura totale), può considerarsi una mera articolazione operativa di quest’ultima con la conseguenza che, in sostanza, chi recluta è proprio il gestore del S.I.I. Del resto, la difesa di Acquedotto Lucano Progettazione ha prodotto il regolamento concorsuale, preordinato proprio al reclutamento e all’inserimento di nuove risorse umane all’interno di Acquedotto Lucano s.p.a., il quale all’articolo 1 (oggetto) fa espresso riferimento all’art. 18 del d.l. n.112/08 <<che richiama l’art. 35 comma 3 del D.lgs. 165/2001 in materia di Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche>>. Quest’ultimo inciso conferma il vincolo da parte della società resistente nel senso di operare, nell’azione di reclutamento, secondo i canoni dell’evidenza pubblica e dell’attività amministrativa tipiche di tutte le altre pubbliche amministrazioni.

Infine, nel solco di quanto sopra esposto, occorre dare atto d’un recente precedente giurisprudenziale (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, II, 17/2/2010 n.956) in cui, sia pure con riferimento all’altra fattispecie (indicata nell’articolo 18 co. 1 e 2 citato) del conferimento degli incarichi, è stata riconosciuta la giurisdizione del G.A. in un’ipotesi di procedura sottosoglia di avviso pubblico per la selezione informale di alcuni professionisti indetta da una s.r.l. a totale partecipazione pubblica comunale sul presupposto, oltre che della natura di interesse legittimo della posizione giuridica soggettiva dell’aspirante al’incarico, anche dell’art. 18 del d.l. n.112/08 nella parte in cui appunto obbliga le società in questione al rispetto dei principi generali indicati nello stesso.

Ciò chiarito deve poi essere respinta l’eccezione d’inammissibilità del gravame formulata dal D G secondo cui il ricorrente non avrebbe dimostrato che, all’esito dell’annullamento degli atti impugnati, risulterebbe vincitore del concorso. Ed invero, in disparte la considerazione che alcune censure hanno carattere procedimentale e mirano alla caducazione di buona parte della procedura, c’è da dire -come fatto presente dal difensore del ricorrente in sede di discussione- che decurtando, come richiesto dal ricorrente, dal punteggio totale dei controinteressati D G ed A quello riconosciuto per l’anzianità di iscrizione all’albo, risulterebbe vincitore il ricorrente con p. 62,5 contro i punti 62,0 (66,5 – 4,5) di D G e punti 59,0 di A (66,5 – 7,5).

Infine, con riferimento alla memoria di costituzione del candidato A, vanno espunte le censure con cui questi (collocatosi a pari punti col D G al vertice della graduatoria) formula rilievi a carico delle valutazioni dei titoli effettuate dalla commissione al fine di risultare vincitore della selezione;
le stesse sono infatti inammissibili dato che esse, per la natura dell’interesse che le muove, oneravano il ricorrente alla proposizione d’un autonomo ricorso.

Nel merito, il ricorso appare fondato in relazione all’assorbente censura sub 2.2 del ricorso (pagg. 14- 15).

L’articolo 7 del bando di selezione pubblica per titolo ed esami per l’assunzione a tempo pieno e determinato di 1 laureato in geologia presso la sede di Potenza, , nel ripartire i 100 punti a disposizione della commissione, stabiliva che l’ esperienza lavorativa sarebbe stata valutabile fino ad un massimo di 15 punti. Nella seduta dell’8/7/09, poi, la commissione esaminatrice stabiliva di assegnare 7,5 punti dei 15 complessivi alla “durata dell’esperienza lavorativa” (0,5 punti per ogni anno o frazione di anno superiore a sei mesi di attività svolte). Si stabiliva pure che si sarebbe tenuto conto sia dell’attività svolta con rapporto di lavoro subordinato di qualunque tipo purchè connesso al titolo di studio richiesto dal bando e sia “dell’anzianità di iscrizione all’albo professionale dei geologi”. L’applicazione di detto criterio in sede di selezione, stando al verbale n. 11 del 10/2/10, determinava l’attribuzione di 4,5 punti in favore del D G e di 7,5 punti in favore dell’A. Ciò premesso, ritiene il Collegio che il criterio adottato dalla commissione sia manifestamente illogico atteso chè l’iscrizione all’albo è sicuramente un presupposto per lo svolgimento dell’attività libero professionale ma, di per sé sola, nulla dice sul concreto svolgimento, da parte del professionista iscritto, dell’attività lavorativa connessa al titolo posseduto dalla data dell’iscrizione in avanti. In altri termini non può ragionevolmente ritenersi che la durata dell’iscrizione all’albo professionale dei geologi sia serio indice della durata dell’esperienza lavorativa maturata. Di qui l’illegittimità del criterio e quindi delle attribuzioni di punteggio effettuate per questa voce nei confronti dei controinteressati e in definitiva l’illegittimità della graduatoria finale di merito e della delibera che della stessa ha disposto l’approvazione.

Il ricorso va quindi accolto con annullamento dell’atto impugnato nei termini sopraesposti.

Sussistono comunque giusti motivi per compensare le spese di giudizio fra tutte le parti.

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