TAR Roma, sez. 4B, sentenza 2022-02-21, n. 202202047

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 4B, sentenza 2022-02-21, n. 202202047
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202202047
Data del deposito : 21 febbraio 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 21/02/2022

N. 02047/2022 REG.PROV.COLL.

N. 05487/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Quarta Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5487 del 2021, integrato da motivi aggiunti, proposto da
Fastweb S.p.A., Società con Socio Unico Soggetta Alla Direzione ed al Coordinamento di Swisscom Ag, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati M O, E C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

Vodafone Italia S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Fabio Merusi, Alessandro Boso Caretta, Fabio Cintioli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Alessandro Boso Caretta in Roma, via dei Due Macelli 66;
Telecom Italia Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Francesco Saverio Cantella, Marco D'Ostuni, Filippo Lattanzi, Marco Zotta, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Filippo Lattanzi in Roma, via G. P. Da Palestrina n. 47;
Wind Tre S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Beniamino Caravita Di Toritto, Sara Fiorucci, Roberto Santi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Beniamino Caravita Di Toritto in Roma, via di Porta Pinciana n. 6;
Bt Italia S.p.A., Tele Tu S.p.A., Tiscali Italia S.p.A., non costituiti in giudizio;

per l'annullamento

Per quanto riguarda il ricorso introduttivo:

nei limiti precisati nei successivi motivi di impugnazione e per quanto di ragione, della delibera dell'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni n. 18/21/CIR recante Riesame della iniquità del costo netto del servizio universale per gli anni 1999-2009, notificata a Fastweb in data 23 marzo 2021, successivamente pubblicata, nella parte in cui riconosce la sussistenza di un costo netto per l'erogazione del servizio universale e ne ripartisce l'onere fra gli operatori di comunicazione e di ogni atto alla predetta antecedente connesso conseguente o presupposto, ivi incluse, per quanto eventualmente occorrer possa le delibere AGCom 153/11/CIR;
139/12/CIR;
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103/19/CIR;
la delibera di consultazione pubblica n. 263/20/CIR ed i relativi allegati;

le risultanze dell'attività di revisione della società di consulenza per quanto di ragione;
la del. 1/08/CIR e s.m.i., che fissa i criteri per la ripartizione del costo netto del servizio universale, nella misura in cui possa essere interpretata in maniera da legittimare le previsioni della delibera impugnata

Per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati il 5.7.2021:

della nota del Ministero dello Sviluppo Economico, Direzione Generale per i Servizi di Comunicazione Elettronica di Radiodiffusione e Postali - Divisione 2^ -Servizi di comunicazione elettronica ad uso pubblico e privato - Sicurezza delle reti e tutela delle comunicazioni, Protocollo nr: 27613 - del 04 maggio 2021, recante invito al pagamento degli oneri derivanti dall'obbligo di contribuzione al servizio universale.


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 gennaio 2022 il dott. L D G e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

La prestazione del “servizio universale” (SU) nel settore della telefonia è attualmente assicurata dall’ex monopolista di rete, Telecom Italia - TIM spa;
si intende per “servizio universale” quello fornito a tutti i soggetti richiedenti e comprendente la prestazione di un insieme di servizi di base, a prezzi accessibili;
tale insieme che compone il servizio universale è definito dall’autorità nazionale di regolazione (Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni - AGCom) e comprende ad oggi solo servizi di rete fissa.

In base alla disciplina vigente, nel caso in cui la fornitura del servizio universale dia luogo ad un “costo netto” - ovverosia quando e se i costi sopportati dal fornitore sopravanzino i benefici - l’Autorità deve valutare se detto costo rappresenti o meno un “onere iniquo” a carico del fornitore designato (nella specie Telecom Italia) e ripartire l’onere tra gli operatori del settore (“qualora… l'Autorità riscontri che un'impresa designata è soggetta ad un onere ingiustificato, previa richiesta dell'impresa stessa, ripartisce il costo netto degli obblighi di servizio universale tra i fornitori di reti e servizi di comunicazione elettronica”, art. 63 D.lgs. 259/2003).

Il finanziamento del servizio universale è disciplinato dal richiamato art. 63 del D.lgs. 259/2003 - Codice delle Comunicazioni Elettroniche (nella versione vigente fino al 23.12.2021), disposizione che rappresenta attuazione della direttiva 2002/22/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 7 marzo 2002.

Con riferimento all’odierna controversia, con delibera 263/20/CIR pubblicata il 21.07.2020, l’AGCom ha avviato, a seguito di una serie di pronunce del giudice amministrativo di annullamento di precedenti delibere di regolazione della materia, una nuova consultazione pubblica per procedere al riesame della - presunta - iniquità del costo netto del servizio universale imposto all’esercente di telefonia fissa Telecom Italia (TIM) per gli anni 1999-2009.

L’Autorità ha adottato la delibera 18/21/CIR con cui viene concluso il procedimento di riesame dell’iniquità del costo netto del SU per gli anni 1999 – 2009 avviato da AGCOM con la del. 263/20/CIR, ravvisandone i presupposti per tutte le annualità, tranne che per il biennio 1999-2000.

Con la predetta delibera viene stabilito che:

(i) per gli anni 1999-2000, la fornitura del servizio universale non ha determinato un costo netto iniquo in capo a TIM e, dunque, non è applicabile il meccanismo di ripartizione;

(ii) per gli anni 2002, 2003, 2004, 2005, 2006, 2007 e 2009 la fornitura del servizio universale ha determinato un costo netto iniquo e, dunque, è applicabile il meccanismo di ripartizione;

(iii) il quantum del costo netto e le quote di contribuzione degli operatori esulano dalla rinnovazione e rimangono confermati così come approvati nelle precedenti delibere di analisi del costo netto del servizio universale per le annualità 1999-2009;

(iv) per tutte le annualità per le quali è stata riscontrata l’iniquità dell’onere, sussiste un obbligo contributivo a carico di tutti gli operatori ex lege onerati, inclusa Fastweb, odierna ricorrente.

Fastweb con il ricorso introduttivo, ha impugnato la citata delibera, nella parte in cui stabilisce, a suo carico quale operatore di telefonia, un onere di contribuzione al costo netto del servizio universale (CNSU).

Vengono svolte le seguenti censure:

I. Violazione e falsa applicazione dell’art. 62 e 63 del d.lvo 259/03, degli artt. 2, co. 5, 3 e 6, co. 1 dell’All. 11 del d.lvo 259/03, nonché degli artt. 7, co. 1 e 8 della del. 1/08/CIR. Violazione degli artt. 12, 13, 14 della direttiva 2002/22/CE. Difetto dei presupposti. Difetto di motivazione e di istruttoria. Illogicità ed irragionevolezza;

II. Violazione e falsa applicazione dell’art. 62 e 63 del d.lvo 259/03, degli artt. 2, co. 5, 3 e 6, co. 1 dell’All. 11 del d.lvo 259/03, nonché degli artt. 7, co. 1 e 8 della del. 1/08/CIR. Violazione degli artt. 12, 13, 14 della direttiva 2002/22/CE. Difetto dei presupposti. Difetto di motivazione e di istruttoria. Illogicità ed irragionevolezza.

III. Violazione e falsa applicazione dell’art. 62 e 63 del d.lvo 259/03, degli artt. 2, co. 5, 3 e 6, co. 1 dell’All. 11 del d.lvo 259/03, nonché degli artt. 7, co. 1 e 8 della del. 1/08/CIR. Violazione degli artt. 12, 13, 14 della direttiva 2002/22/CE. Violazione del principio di certezza delle situazioni giuridiche. Violazione e falsa applicazione dell’art. 2948 c.c. Difetto di motivazione e di istruttoria. Illogicità ed irragionevolezza.

Si è costituita l’Autorità garante nelle Comunicazioni (AGCom) per resistere all’accoglimento del ricorso.

Telecom, in qualità di controinteressata, si è costituita chiedendo il rigetto della domanda.

Con comparsa di stile si sono costituiti anche Wind tre spa e Vodafone spa, quali operatori di telefonia.

Con motivi aggiunti notificati il 30.6.2021 è stata impugnata - replicando le doglianze già svolte in sede principale - la suindicata nota del 4 maggio 2021 con cui il Ministero dello Sviluppo Economico – Direzione Generale per i Servizi di Comunicazione Elettronica ha richiesto agli operatori gli importi ritenuti dovuti dall’Autorità.

All’udienza pubblica dell’11 gennaio 2022 il ricorso, previa discussione delle parti, è stato trattenuto per la decisione.

Il ricorso merita accoglimento.

Con il secondo motivo, che si ritiene di esaminare prioritariamente in quanto fondato e assorbente, Fastweb spa contesta, deducendo un vizio di motivazione e di istruttoria, l’analisi cd. seconda facie con cui l’Autorità ha completato l’indagine sull’iniquità dell’onere con riguardo agli “impatti economici e finanziari sul soggetto incaricato” utilizzando come parametro l’indicatore CNSU/EBITDA;
in tale ambito la soglia di iniquità “soggettiva” dell’onere sarebbe superata, nella valutazione dell’Amministrazione, sulla base di un parametro (CNSU/EBITDA superiore all’0.17%) che sarebbe di origine arbitraria e irragionevole.

La censura è fondata.

Va esclusa in primo luogo l’eccezione di inammissibilità della censura, in quanto la doglianza in esame non impinge nella sfera del merito del potere discrezionale, riservata all’Amministrazione e dunque insindacabile;
secondo infatti un orientamento ormai consolidato, soprattutto con riferimento al potere regolatorio delle Autorità cd. indipendenti, pur non potendo il giudice sostituirsi all'Amministrazione, in ordine al merito della funzione amministrativa, il sindacato giurisdizionale non può fermarsi ad un mero esame estrinseco della valutazione discrezionale - secondo i noti parametri di logicità, congruità e completezza dell'istruttoria - ma deve estendersi all'esatta rappresentazione dei fatti e all'attendibilità delle operazioni tecniche, sotto il profilo della correttezza dei criteri applicati.

Tale principio impone che l'esercizio della discrezionalità tecnica sia verificabile nel giudizio di legittimità, sotto i profili della coerente applicazione delle regole tecniche, rilevanti per il settore, nonché della corrispondenza degli atti emessi ai dati concreti, in modo logico e non arbitrario;
sia l'apprezzamento dei fatti che i profili tecnici, sottostanti al provvedimento, sono quindi censurabili, quando risulti superato il margine oggettivo di opinabilità delle scelte ovvero risulti violato il principio di “ragionevolezza tecnica” (cfr. ex multis Cons. Stato 538/2022, 4598/2021, 2888/2015).

Nel merito va premesso che con la delibera impugnata l’Autorità ha svolto l’analisi di iniquità dell’onere per Telecom Italia tenuto conto dell’impatto finanziario del costo netto (CNSU) su un diffuso indicatore di reddività cd. EBITDA (Earnings Before Interest, Taxes, Depreciation and Amortization) rappresentativo dell'utile prima degli interessi, delle tasse e degli ammortamenti delle immobilizzazioni immateriali e materiali.

In tale prospettiva, secondo quanto indicato dall’Autorità, l’incidenza del costo netto sui parametri finanziari di TIM in termini di EBITDA mostra, nell’arco temporale di riferimento, un andamento del costo netto che rimane al di sopra dello 0,17% del valore di riferimento ad eccezione del solo anno 2008. Per tale anno, infatti, il suddetto rapporto è prossimo allo 0%.

Accertata tale situazione l’Autorità “considerati i relativi valori del rapporto costo-netto/MOL (EBITDA) riportati nella soprastante tabella” conclude che l’onere accertato è da ritenersi iniquo in virtù dell’impatto finanziario sul prestatore del servizio, impatto da ritenersi rilevante in quanto superiore alla citata soglia dell’0,17%.

Visto l’iter argomentativo svolto dall’Autorità va condivisa la censura proposta sotto il profilo dell’incoerenza e dell’arbitrarietà di tale valutazione alla luce del diritto europeo e nazionale, in quanto fondato su di un parametro-soglia privo di significatività, proposto su base postuma senza essere corredato da alcuna motivazione.

L’art. 13 (Finanziamento degli obblighi di servizio universale) della Direttiva 2002/22/CE prevede che “qualora, sulla base del calcolo del costo netto di cui all'articolo 12 le autorità nazionali di regolamentazione riscontrino che l'impresa stessa è soggetta ad un onere eccessivo” gli Stati membri possono stabilire forme di indennizzo e ripartizione.

L’art. 63 (ora 98-ter) D.lgs. 259/2003 nella formula vigente ratione temporis prevede(va) che “qualora, sulla base del calcolo del costo netto di cui all'articolo 62, l'Autorità riscontri che un'impresa designata è soggetta ad un onere ingiustificato, previa richiesta dell'impresa stessa, ripartisce il costo netto degli obblighi di servizio universale tra i fornitori di reti e servizi di comunicazione elettronica”.

In ragione delle predette disposizioni di diritto positivo occorre richiamare i principi formulati in merito all’iniquità del costo sotto il profilo soggettivo (cd. seconda facie ), ovvero con riferimento all’impatto sulla posizione del fornitore del servizio universale.

La Corte di Giustizia (C-222/08 Quarta Sezione del 6 ottobre 2010 - Commissione europea

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