TAR Napoli, sez. V, sentenza 2023-02-28, n. 202301303

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. V, sentenza 2023-02-28, n. 202301303
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 202301303
Data del deposito : 28 febbraio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 28/02/2023

N. 01303/2023 REG.PROV.COLL.

N. 00526/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 526 del 2020, proposto da
-OMISSIS-in persona del legale rappresentante pro tempore Sig.-OMISSIS-rappresentato e difeso dagli avvocati G M, F V, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Quarto, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato E F, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'accertamento

della illegittima ed illecita condotta dell’amministrazione resistente e per la conseguente condanna al risarcimento dei danni per aver adottato l’ordinanza emessa in data 8.10.19 e notificata in data 9.10.2019, prot. n. 37306 a carico della società ricorrente, inerente la chiusura dell’attività di raccolta scommesse e la revoca delle relative licenze (licenza ex art. 88 T.U.L.P.S. cat. 11.E/P.A.S./LIC. 260/2018 per l’esercizio di raccolta di gioco attraverso apparecchi videoterminali VLT ovvero Videolottery Terminal;
licenza ex art. 88 T.U.L.P.S. cat. 11.E/P.A.S./LIC. 258/2018 per l’esercizio di raccolta scommesse di cui all’art. 38 comma 2 del D.L. n. 223 del 4.7.2006;
licenza ex art. 88 T.U.L.P.S. cat. 11.E/P.A.S./LIC. 259/2018 per l’esercizio di raccolta scommesse di cui all’art.

1-bis, del D. L. n. 149 del 25.9.2008, convertito con modificazione dalla L. n. 184 del 19.11.2008 come modificato dall’art. 2 commi 49 e 50 della L. n. 203/2008), ordinanza successivamente revocata in autotutela dall’amministrazione resistente con provvedimento del 28.1.2020 prot. n. 3651.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Quarto;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza di smaltimento del giorno 9 febbraio 2023, svoltasi con modalità di cui all’art. art. 87 comma 4-bis del c.p.a., il dott. Gianluca Di Vita;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con il ricorso in epigrafe la società Athena s.r.l., esercente l’attività di raccolta scommesse e gioco anche attraverso apparecchi videoterminali, espone in fatto che:

- il 6.1.2018 apriva un punto Snai con insegna “-OMISSIS- nel Comune di Quarto di Napoli, al Corso Italia n. 225;

- in seguito ad un accertamento svolto dalla Questura di Napoli - Commissariato P.S. Pozzuoli, veniva contestata la violazione dell’art. 7, comma 8 (“…è vietato ai minori di anni diciotto l'ingresso nelle aree destinate al gioco con vincite in denaro interne alle sale bingo, nonché nelle aree ovvero nelle sale in cui sono installati i videoterminali…”) e dell’art. 7, comma 5 (assenza di avvisi sul rischio della dipendenza dalla pratica di giochi con vincite in denaro) del D.L. n. 158/2012 convertito dalla L. n. 189/2012;

- sulla base della comunicazione della notizia di reato e di illeciti amministrativi del Commissariato P.S. di Pozzuoli del 17.9.2019, della comunicazione del Comando di Polizia Locale del 21.2.2018, della nota della Legione Carabinieri Campania Tenenza Quarto Flegreo del 18.9.2019, con ordinanza notificata in data 9.10.2019 il Comune di Quarto disponeva ad horas la chiusura del centro scommesse e la revoca delle licenze ex art. 88 del R.D. n. 773/1931 per l’esercizio dell’attività di raccolta e di gioco attraverso apparecchi videoterminali ex art. 38, comma 2, del D.L. n. 223/2006 e art. 1 bis del D.L. n. 149/2008 rilasciate alla ricorrente, in ragione degli abusi riscontrati, nonché per motivi di sicurezza e di ordine pubblico;

- in relazione al predetto provvedimento di chiusura e revoca, la società presentava memorie e documenti con cui, in sintesi, rilevava che le predette irregolarità non avrebbero potuto condurre alla revoca delle licenze di P.S. che, peraltro, non poteva essere disposta dal Comune ma dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli;

- con i predetti scritti contestava, inoltre, l’ulteriore rilievo riferito alla violazione della distanza minima di 200 metri della sala rispetto ai c.d. “luoghi sensibili”, come disposto dal Comune di Quarto con delibera di Giunta Municipale n. 122 del 1.6.2012;
in sintesi, obiettava che la normativa di riferimento (art. 7, comma 10, del D.L. n. 158/2012 convertito dalla L. n. 189/2012;
art. 1, commi 197 e 201, della L. Reg. Campania n. 16/2014), in tema di pianificazione territoriale delle sale da gioco, riguarda le c.d. “slot machine” e non i centri raccolta di scommesse sportive ed ippiche evidenziando, peraltro, la mancata indicazione dell’istituto scolastico rispetto al quale sarebbe stata violata la distanza minima di 200 metri ed il conseguente difetto di motivazione;

- il Comune, all’esito di un parere pro veritate rassegnato da un legale, con provvedimento del 28.1.2020 ritirava in autotutela l’ordinanza.

Tanto premesso, con il gravame in trattazione – notificato in data 5.2.2020 e depositato il 12.2.2020 - la società -OMISSIS-avanza domanda di accertamento della illegittimità della predetta azione amministrativa e di conseguente condanna al risarcimento dei danni ex art. 2043 c.c. derivanti dalla chiusura dell’attività disposta con la predetta ordinanza dell’8.10.2019 che avrebbe arrecato ingenti danni commisurati alle spese di ristrutturazione dei locali, ai mancati guadagni pluriennali, alle spese sostenute per la locazione dei locali commerciali in cui veniva svolta l’attività, alla perdita del deposito cauzionale, alle retribuzioni pagate ai dipendenti per il periodo di inattività e ai danni di immagine da liquidarsi in via equitativa.

Si è costituito il Comune di Quarto che replica alle censure, assume la legittimità della ordinanza di chiusura e sostiene che l’atto di ritiro dovrebbe essere qualificato non come annullamento d’ufficio per motivi di illegittimità, bensì come revoca in autotutela alla luce delle deduzioni endoprocedimentali rese dalla società;
chiede, nel merito, il rigetto del gravame.

All’udienza del 9.2.2023 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

Il ricorso è infondato.

Come noto, il codice del processo amministrativo ha espressamente riconosciuto la possibilità di proporre in via autonoma domanda di risarcimento dei danni conseguenti all'attività provvedimentale (art. 30 c.p.a.) mediante accertamento incidenter tantum della illegittimità dell'atto amministrativo.

Ai fini della disamina della questione controversa, occorre premettere che la posizione giuridica, assunta come lesa dalla società ricorrente, ha natura e consistenza di interesse legittimo oppositivo (lesione alla libertà di iniziativa economica) e l'affermata responsabilità dell'amministrazione, secondo l'insegnamento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (n. 500/1999) è da ricondurre al paradigma dall'art. 2043 c.c., con la conseguente necessità che il danneggiato fornisca la prova di tutti i suoi elementi costitutivi, ovverosia l'illegittimità del provvedimento causativo del danno, la colpa della pubblica amministrazione e la spettanza del bene della vita ingiustamente negato (Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 1815/2019;
Sez. III, n. 2896/2014;
Sez. VI, n. 3887/2011).

In particolare, nel rispetto del principio generale sancito dal combinato disposto degli artt. 2697 c.c. (secondo cui chi agisce in giudizio deve fornire la prova dei fatti costitutivi della domanda) e artt. 63, comma 1, e 64, comma 1, c.p.a. (secondo cui l'onere della prova grava sulle parti che devono fornire i relativi elementi di fatto di cui hanno la piena disponibilità), il ricorrente che chiede il risarcimento del danno deve fornire la prova dei fatti - base costitutivi della domanda, con particolare riguardo, per l'appunto, alla illegittimità dell'azione amministrativa (che costituisce uno degli elementi del fatto illecito), all'elemento soggettivo, al rapporto di causalità tra condotta illecita ed evento pregiudizievole e, altresì, al danno ingiusto.

Con particolare riferimento all'elemento soggettivo, giova rilevare che la responsabilità dell'amministrazione non può farsi conseguire, in via diretta e automatica, all'annullamento giurisdizionale di un atto amministrativo ovvero, come dedotto nel caso in esame dalla ricorrente, dal ritiro in autotutela del provvedimento lesivo ad opera della medesima amministrazione, ma è necessario che la parte ricorrente assolva all’onere della prova.

Tale regola trova una eccezione in materia di appalti pubblici di lavori, servizi e forniture poiché, dopo la sentenza 30 settembre 2010, C 314/09 della Corte di Giustizia dell'Unione Europea, non assume più rilievo il carattere colpevole della condotta della Pubblica Amministrazione;
al riguardo, è consolidato l'indirizzo del giudice amministrativo il quale ha precisato che, per unanime indirizzo della giurisprudenza amministrativa, la responsabilità per danni conseguenti all'illegittima aggiudicazione di appalti pubblici non richiede la prova dell'elemento soggettivo della colpa, giacché la responsabilità, negli appalti pubblici, è improntata - secondo le previsioni contenute nelle direttive europee - a un modello di tipo oggettivo, disancorato dall'elemento soggettivo, coerente con l'esigenza di assicurare l'effettività del rimedio risarcitorio (Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 912/2021).

Ebbene, posto che il contenzioso in esame non rientra nella materia degli appalti pubblici - nel quale, come si è visto, va dequotato l’elemento soggettivo ai fini dell’accoglimento del rimedio risarcitorio - mette conto evidenziare che la ricorrente nulla ha allegato e/o provato in relazione alla colpevolezza dell'amministrazione.

A tale ultimo riguardo, va richiamata la giurisprudenza amministrativa, laddove, per l'appunto, afferma che ai fini dell'ammissibilità della domanda di risarcimento del danno a carico della pubblica amministrazione è necessario che sia configurabile la sussistenza dell'elemento soggettivo del dolo ovvero della colpa, dovendo quindi verificarsi se l'adozione e l'esecuzione dell'atto impugnato sia avvenuta in violazione delle regole di imparzialità, correttezza e buona fede alle quali l'esercizio della funzione deve costantemente ispirarsi;
segue da ciò che, in sede di accertamento della responsabilità della Pubblica Amministrazione per danno a privati conseguente ad un atto illegittimo da essa adottato, il giudice amministrativo può affermare la responsabilità quando la violazione risulti grave e commessa in un contesto di circostanze di fatto e in un quadro di riferimenti normativi e giuridici tali da palesare la negligenza e l'imperizia dell'organo nell'assunzione del provvedimento (Consiglio Stato, Sez. V, n. 3750/2009).

Non avendo fornito elementi di prova - alla cui allegazione e prova non può sopperire questo Tribunale – non può ritenersi integrato uno degli elementi costitutivi della invocata responsabilità risarcitoria, a prescindere da ogni valutazione riferita alla presunta illegittimità dell’azione amministrativa il cui scrutinio si palesa, pertanto, superfluo.

Sulla scorta delle considerazioni sin qui svolte il ricorso va, in definitiva, respinto, in quanto infondato.

Può disporsi la compensazione delle spese di giudizio ad una complessiva valutazione dei fatti di causa, della peculiare natura delle questioni esaminate e della condotta procedimentale dell’intimato ente che, come si è visto, ha ritirato in autotutela il provvedimento emesso in data 8.10.2019 di chiusura del centro e di revoca delle autorizzazioni rilasciate alla ricorrente.

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