TAR Roma, sez. 1T, sentenza 2022-07-01, n. 202208964

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 1T, sentenza 2022-07-01, n. 202208964
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202208964
Data del deposito : 1 luglio 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 01/07/2022

N. 08964/2022 REG.PROV.COLL.

N. 00718/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 718 del 2019, proposto da
-OMISSIS-, rappresentata e difesa dagli avvocati M G R, D P, G P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. M G R in Roma, via Trionfale 6551;

contro

Ministero dell'Interno, Ufficio Territoriale del Governo - Roma, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso la sede della quale sono domiciliati ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

e con l'intervento di

ad adiuvandum:
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Federica Mazzeo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'annullamento

- del -OMISSIS-e notificato con -OMISSIS-con cui l'amministrazione resistente, a seguito dell'integrazione della documentazione da lei stessa richiesta, ha -OMISSIS-;

- del provvedimento n. 111616/18 Area II ter del 21.03.2018 notificato tramite raccomandata A/R il 27.03.2018 emesso dalla Prefettura di Roma – Ufficio Territoriale del Governo – Area

II

Ter – Raccordo Enti Locali – Consultazioni Elettorali con cui l'amministrazione aveva dichiarato inammissibile l'istanza di -OMISSIS-;

- di tutti i provvedimenti ivi richiamati, nonché di ogni altro atto o provvedimento antecedente, conseguente, o, comunque, connesso a quelli impugnati, ancorché non conosciuto;

nonché per la condanna dell'Amministrazione resistente al risarcimento dei danni derivanti dall'illegittimità dei provvedimenti impugnati e dal ritardo con cui gli stessi sono stati emessi.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno e dell’Ufficio Territoriale del Governo - Roma;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 maggio 2022 il Cons. Daniele Dongiovanni e uditi l'Avv. Piazzoni, per la ricorrente, l'Avv. Mazzeo, per l’interveniente ad adiuvandum , e l’Avv. dello Stato Ilia Massarelli per il Ministero resistente;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con il ricorso in esame, la ricorrente ha impugnato, per l’annullamento, previa sospensione dell’esecuzione, il provvedimento del 19.10.2018 con cui l’amministrazione resistente ha -OMISSIS-(insieme al primo analogo provvedimento del 21 marzo 2018);
nel contempo, l’istante ha chiesto la condanna dell’amministrazione resistente al risarcimento dei danni derivanti dall’illegittimità degli atti impugnati e dal ritardo con cui gli stessi sono stati emessi, chiedendo il pagamento di un importo determinato in via equitativa di euro 5.000,00.

Prima di formulare i motivi di censura, la ricorrente ha ripercorso le fasi che hanno contraddistinto la vicenda, sintetizzate di seguito:

- la sig.ra-OMISSIS-;

- il Tribunale di Roma, nel dichiarare l’adozione della ricorrente ai sensi degli artt. 291 e ss. c.c., ha disposto in particolare quanto segue: “ Considerato che risultano adempiute le condizioni di legge e che non risultano circostanze ostative all’adozione, la quale appare convenire all’adottando;
visti gli art. 291, 294, 296, 297, 311, 312 e 313 c.c.;
Il Tribunale, -OMISSIS-a quanto richiesto
”;

- in data-OMISSIS-);

- quindi, in data 19 marzo 2018, la ricorrente ha depositato-OMISSIS-), assunto a seguito di adozione;

- a sostegno della predetta domanda, l’istante rappresentava che il diritto al nome costituisce uno dei diritti fondamentali della persona costituzionalmente garantiti in quanto identificativo di ogni individuo;
che il Consiglio di Stato ha evidenziato come la discrezionalità della P.A., in caso di richiesta di cambio del cognome, sia circoscritta alla “ individuazione di puntuali ragioni di pubblico interesse che giustifichino il sacrificio dell’interesse privato del soggetto ”;
che ella ha portato fino all’adozione (avvenuta -OMISSIS-), che la identifica sia in ambito sociale che lavorativo, avendo pertanto interesse e diritto a mantenerlo;
che -OMISSIS-era al corrente della volontà della ricorrente in ordine al mantenimento del proprio cognome e assecondava tale suo desiderio;

- in data 21 marzo 2018, l’amministrazione resistente ha adottato un primo provvedimento di -OMISSIS-) al quale è seguita una fase di integrazione istruttoria in seguito a contatti intervenuti con la Prefettura di Roma;

- in data 16.10.2018, il Ministero ha adottato il provvedimento di rigetto definitivo dell’istanza della ricorrente, dichiarandone l’inammissibilità.

Ciò premesso in punto di fatto, la ricorrente ha proposto i seguenti motivi:

1) violazione art. 10 bis l. 241/1990. Violazione principio di partecipazione all’azione amministrativa e di buon andamento della Pubblica Amministrazione (art. 1 l. 241/1990, art. 97 Cost. e 41 Carta di Nizza). Eccesso di potere per difetto di istruttoria. Travisamento dei fatti ed erronea valutazione dei presupposti.

L’amministrazione resistente, prima dell’emissione del provvedimento negativo del 19.10.2018, non ha inviato - a norma dell’art. 10 bis della legge n. 241 del 1990 - alcuna comunicazione alla ricorrente con l’indicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza di modifica del cognome presentata ai sensi del d.P.R. 396/2000;
tale violazione procedimentale ha comportato gravi ed ineliminabili carenze nell’istruttoria svolta dall’amministrazione, non avendo la ricorrente potuto presentare ulteriore documentazione e illustrare, per quanto già ampiamente fatto con l’istanza e con l’ulteriore documentazione depositata, l’interesse che giustificava la richiesta di modifica del cognome nonché l’assenza di interessi pubblici ostativi all’accoglimento;

2) violazione e falsa applicazione degli artt. 89 e ss. del d.p.r. 396/2000 come successivamente modificato dall’art. 2 del d.p.r. 54/2012. Violazione art. 3 l. 241/1990. Difetto di istruttoria e di motivazione. Eccesso di potere per illogicità e insufficienza della motivazione. Travisamento dei fatti ed erronea valutazione dei presupposti.

Con il primo provvedimento negativo del 21 marzo 2018, la Prefettura, con ragionamento riproposto nel secondo provvedimento del 19.10.2018, si è limitata a rappresentare che, essendo il nome un elemento fondante dell’identità di ogni individuo, ogni sua modifica o cambiamento riveste carattere eccezionale da ammettersi solo in presenza di situazioni oggettivamente rilevanti supportate da “adeguata e pregnante” documentazione nonché da “solide e significative” motivazioni, negando inoltre che il caso di specie rientrasse nelle fattispecie di cui al d.p.r. 396/2000, essendo legislativamente previsto che, nelle ipotesi di adozione di maggiorenne, al cognome di questo venga anteposto quello dell’adottante.

Tale iter argomentativo si rivela illogico in quanto non vi è cognome che non venga attribuito a norma di legge ex art. 6 c.c., il quale inoltre riconosce l’ammissibilità della sua modifica nei casi e con le formalità indicati dalla normativa vigente;
alla luce del significato attribuito all’ultimo comma dell’art. 6 c.c. dal giudice amministrativo, emerge che l’amministrazione non può esaminare le personali ragioni dell’istante che, non essendo tipizzate dal legislatore, possono essere svariate, dovendo invero limitarsi a verificare che il cognome richiesto non rientri tra quelli espressamente vietati dall’art. 89 d.p.r. 396/2000 e che non vi siano controindicazioni all’interesse pubblico;

3) mancato rispetto dei termini di conclusione del procedimento;
violazione art. 2 l. 241/1990. Violazione principio del buon andamento della Pubblica Amministrazione ex art. 97 Cost.

L’amministrazione resistente non ha rispettato i termini di conclusione del procedimento previsti dalla legge, emettendo il provvedimento definitivo con cui è stata dichiarata inammissibile l’istanza dopo più di sei mesi dalla richiesta d’integrazione della documentazione;
peraltro, le richieste plurime e scadenzate nel tempo (6 mesi e 15 gg. dalla richiesta di integrazione della documentazione), mai motivate e ritenute poi non pertinenti, hanno determinato una abnorme dilatazione dei tempi dell’istruttoria.

Si sono costituiti in giudizio il Ministero dell’Interno e l’Ufficio Territoriale del Governo di Roma, chiedendo il rigetto della domanda in quanto inammissibile e infondata;
in particolare, le predette amministrazioni hanno escluso che l’autorità competente possa autorizzare la modifica del cognome della ricorrente in quanto il cognome originario risulta integrato all’esito della procedura di adozione poi dichiarata con-OMISSIS-, pubblicata in data 23/06/2016 ed annotata dal Comune di Roma a margine dell’atto di nascita in data 9 febbraio 2018.

Al riguardo, le predette amministrazioni evidenziano la differenza sussistente nel nostro ordinamento giuridico tra l’adozione di maggiorenni, avente lo scopo di attribuire un successore a chi ne sia privo, e quella che riguarda i minori di età, volta ad assicurarne una crescita armonica in un ambiente familiare;
tale distinzione trova riscontro anche nella disciplina del cognome laddove, mentre ad un minore il cognome originario viene sostituito con quello dell’adottante, al maggiorenne – al quale viene chiesto, peraltro, l’assenso all’adozione stessa - il cognome dell’adottante viene anteposto a quello originariamente assegnatogli (art. 299 c.c.) il quale viene mantenuto in quanto parte della propria identità personale (art. 2 Cost.).

Con ordinanza n. 1061/2019, è stata respinta la domanda cautelare.

Successivamente, la ricorrente ha depositato memoria, insistendo nell’accoglimento dell’impugnativa;
in particolare, l’istante ha precisato che, pur appartenendo il diritto al nome (e al cognome) alla categoria dei diritti della personalità tutelati dalla Costituzione (artt. 2 e 22) e dall’art. 8 della Carta Europea dei Diritti dell’Uomo, assolvendo “ la funzione di strumento identificativo della persona, e che, in quanto tale, costituisce parte essenziale ed irrinunciabile della personalità ” (Corte Cost. n. 13/1994), tuttavia - come chiarito anche dalla circolare 14/2012 del Ministero dell’Interno del 21.05.2012 - il provvedimento autorizzativo di cambio del cognome è soggetto al potere amministrativo esercitato con discrezionalità nei limiti stabiliti dagli artt. 89 e ss. del d.p.r. 396/2000;
essendo quindi la ricorrente titolare di un interesse legittimo pretensivo nei confronti dell’amministrazione, l’esercizio di quel potere deve ritenersi soggetto al sindacato del giudice amministrativo.

Con atto depositato in data 14 aprile 2022, è intervenuta ad adiuvandum la sig.ra -OMISSIS-il suo consenso alla richiesta di eliminazione del suo cognome da quello della ricorrente.

In prossimità della trattazione del merito, le parti hanno depositato memoria, insistendo nelle loro rispettive conclusioni.

Alla pubblica udienza del 17 maggio 2022, il Collegio, ai sensi dell’art. 73, comma 3, c.p.a., ha sollevato dubbi sulla sussistenza nel caso di specie della giurisdizione del giudice amministrativo, concedendo alle parti un termine di 30 giorni per presentare deduzioni sul punto.

Con memorie depositate in data 30 maggio (il Ministero dell’Interno) e 16 giugno 2022 (ricorrente e interveniente, congiuntamente), le parti hanno tutte ribadito la sussistenza nel caso di specie della giurisdizione del giudice amministrativo.

La camera di consiglio per la decisione della controversia è stata quindi convocata per il 24 giugno 2022, nel rispetto di quanto previsto dal citato art. 73 del cpa.

DIRITTO

1. Il Collegio, all’esito delle deduzioni svolte dalle parti dopo la sollecitazione loro rivolta durante la pubblica udienza del 17 maggio 2022, è dell’avviso che, nella fattispecie in esame, vada ribadita la giurisdizione del giudice amministrativo.

Tale convinzione discende dalla constatazione che, nel caso di specie – e anche per quello che si dirà nel prosieguo -, risulta attivata la procedura prevista dall’art. 89 del d.P.R. n. 396/2000 che disciplina le modalità di modificazione del nome o del cognome rimesse alla valutazione discrezionale del Prefetto il quale è tenuto a verificare che non sussistano ragioni di pubblico interesse che ostino ad una tale richiesta, come ad esempio quelle indicate al comma 3 della norma citata secondo cui “ In nessun caso può essere richiesta l'attribuzione di cognomi di importanza storica o comunque tali da indurre in errore circa l'appartenenza del richiedente a famiglie illustri o particolarmente note nel luogo in cui si trova l'atto di nascita del richiedente o nel luogo di sua residenza ”.

Si tratta, quindi, dell’esercizio di un potere di natura discrezionale rimesso al Prefetto competente in relazione al quale corrisponde in capo agli istanti una posizione di interesse legittimo, tale da radicare la giurisdizione del giudice amministrativo.

2. Ciò posto dal punto di vista della giurisdizione, può ora passarsi ad esaminare il merito della vicenda che, fermo restando quanto riportato nella parte in fatto, può essere riassunta nel modo che segue:

- la ricorrente (-OMISSIS-;
l’adozione è stata dichiarata dal Tribunale di Roma, con sentenza n. -OMISSIS-;

- nell’istanza di adozione presentata a suo tempo, le parti (adottante e adottata) concordavano – tra l’altro - sul fatto di aggiungere al cognome originario dell’adottata quello dell’adottante, come peraltro previsto dall’art. 299, primo comma, del codice civile;

- tuttavia, in seguito all’annotazione nel febbraio 2018 di tale aggiunta nei registri dello stato civile, la ricorrente, ancora una volta in accordo con la zia adottante, ha chiesto in data 19 marzo 2018 alla Prefettura di Roma di poter “ritornare” al proprio cognome originario, eliminando cioè quello attribuito in seguito alla procedura di adozione (ovvero il riferimento alla-OMISSIS-”);

- sul punto, la Prefettura di Roma, con i provvedimenti impugnati, ha ritenuto l’istanza inammissibile, in ragione dell’esistenza della sentenza di adozione del 2016 e di quanto previsto dal citato art. 299, primo comma, del codice civile.

2.1 Il Collegio ritiene di non poter condividere l’impostazione seguita dall’amministrazione resistente nei provvedimenti impugnati.

A tal fine, si rivela opportuno ripercorrere, seppure sinteticamente, il cambio di prospettiva che la Corte Costituzionale (come confermato, di recente, con la sentenza n. 131/2022) ha abbracciato in ordine alla portata e alla valenza del cognome dell’individuo, anche in ragione dell’influenza della Corte EDU.

Da un iniziale approccio teso ad assumere il cognome come segno distintivo della famiglia e, quindi, come strumento per individuare l’appartenenza della persona a un determinato gruppo familiare (Corte Cost., ordinanze n. 176/1988 e n. 586/1988), si è passati ad un processo di valorizzazione del diritto all’identità personale, valore assoluto avente copertura costituzionale ex art. 2 Cost., in virtù del quale il cognome assurge ad espressione dell’identità del singolo (Corte Cost. n. 286/2016).

Invero, la originaria procedura di attribuzione del cognome era basata, come rilevato dalla stessa Corte Costituzionale nella sentenza n. 61/2006, su un sistema costituente retaggio di una concezione patriarcale della famiglia la quale affondava le proprie radici nel diritto di famiglia romanistico e di una tramontata potestà maritale, non più ritenuta coerente con i principi dell'ordinamento.

Tale sistema è stato abbandonato dalla Corte Costituzionale, anche a seguito della condanna dello Stato italiano da parte della Corte EDU (Cusan-Fazzo

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