TAR Bologna, sez. II, sentenza 2019-11-25, n. 201900902

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Bologna, sez. II, sentenza 2019-11-25, n. 201900902
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Bologna
Numero : 201900902
Data del deposito : 25 novembre 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 25/11/2019

N. 00902/2019 REG.PROV.COLL.

N. 00841/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 841 del 2013, proposto da
Federfarma Rimini-Associazione Sindacale Titolari di Farmacia della Provincia di Rimini ed Altri, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'avvocato A Z, domiciliato presso la Bologna Segreteria TAR in Bologna, via D'Azeglio, 54;

contro

Regione Emilia Romagna, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato M R R V, con domicilio eletto presso il suo studio in Bologna, via Marconi 34;

Ausl Rimini, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato M F, con domicilio eletto presso il suo studio in Bologna, via Ugo Bassi n.3;

e con l'intervento di

ad adiuvandum:
Federfarma – Federazione Nazionale Unitaria dei Titolari di Farmacia Italiani, rappresentata e difesa dagli avvocati M L, Maria Virgilio, Piermassimo Chirulli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio M L in Bologna, via Alfonso Rubbiani, n. 3;

per l'accertamento

- della violazione e mancata attuazione dell’accordo sottoscritto l’01/02/2007 fra la Regione Emilia Romagna e le Associazioni di categoria dei farmacisti territoriali sull'attività di distribuzione di cui all'art. 8 1. n. 405/2001, recepito con DGR Emilia Romagna n.166/2007 e successive proroghe del 29/06/2009 (DGR Emilia Romagna n.2305/2008);
del 31/07//2009 (DGR Emilia Romagna n. 1071/2009 e DGR Emilia Romagna n. 1365/2009);
del 23/07/2010 (DGR Emilia Romagna n. 1143/2010);
del 14/07/2011 (DGR Emilia Romagna n.918 /2012) e del 04/03/2013 (DGR Emilia Romagna 476/2013) oltre a eventuali proroghe ignote;
per l’accertamento dell'inadempimento con condanna al risarcimento danni.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Emilia Romagna e dell’Ausl Rimini;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 novembre 2019 la dott.ssa Jessica Bonetto e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Federfarma Rimini e le Farmacie indicate in epigrafe hanno agito in giudizio per l’accertamento della violazione da parte dell’Azienda Sanitaria Locale di Rimini, dell’Accordo sottoscritto in data 1° febbraio 2007 (recepito con Delibera di Giunta regionale 12 febbraio 2007 n. 166) e successive proroghe, con riferimento alla distribuzione diretta (DD) e per conto (DPC) dei farmaci, formulando conseguente domanda di condanna dell’Amministrazione al risarcimento dei danni.

Il predetto accordo regionale, ad avviso di parte ricorrente, sarebbe stato violato per superamento dei limiti numerici previsti per la modalità di distribuzione diretta del farmaco (primo motivo di ricorso);
inoltre, l’AUSL dell’Emilia Romagna, con riguardo al territorio della Provincia di Rimini, non avrebbe curato la riscossione del ticket e della quota a carico del cittadino (secondo motivo di ricorso);
infine, non sarebbe stato raggiunto il numero minimo di pezzi concordato da distribuirsi con il sistema della dispensazione per conto (terzo motivo di ricorso).

La Regione Emilia Romagna e l’AUSL di Rimini si sono costituite in giudizio contestando le avverse doglianze e chiedendo, pertanto, il rigetto del ricorso.

Nel corso del giudizio è stata pronunciata la sentenza parziale n. 1011 del 2016 volta a delimitare la domanda di cui al primo motivo di ricorso e, in particolare, a decidere sulla natura vincolante (secondo la tesi di parte ricorrente) ovvero programmatica (secondo la Regione e l’Ausl Rimini) della parte di accordo richiamata nel ricorso introduttivo: " La Regione Emilia Romagna garantisce sin d'ora di contenere i volumi della distribuzione diretta dei farmaci extra PHT da parte delle singole ASL nei limiti di pezzi e di valore complessivi accertati al 31/12/2008. In particolare la Regione impegna le singole ASL che in base ai dati del 2008 evidenziano uno scollamento particolarmente significativo nella distribuzione extra PHT a ridurre progressivamente i volumi secondo obiettivi specifici, affinché si attivino in tutti gli ambiti aziendali forme omogenee di distribuzione che si avvicinino alla attuale media regionale entro il 31/12/2010”.

In tale pronuncia il Tribunale ha ritenuto l’accordo “vincolante per quanto attiene al contenimento dei volumi della distribuzione diretta dei farmaci extra PHT da parte delle singole ASL nei limiti di pezzi e di valore complessivi accertati al 31 dicembre 2008”, mentre programmatica la seconda parte della clausola contenente l’espressione “forme omogenee di distribuzione che si avvicinino all’attuale media regionale entro il 31/12/2010”, non rappresentando essa “un criterio preciso di accertamento dell’entità del credito che ritengono di vantare nei confronti dell’ASL resistente” le ricorrenti.

La stessa sentenza parziale ha poi ordinato l’acquisizione di alcuni documenti ritenuti necessari ai fini della decisione sulle altre questioni da risolvere.

Con ordinanza n. 858 del 2017 è stata quindi disposta una verificazione tesa ad ottenere chiarimenti sui seguenti aspetti: “ a) pezzi ceduti in DD extra PHT oltre il limite di 557.215 (fissato al 31 dicembre 2008) negli anni 2009, 2010, 2011, 2012 e 2013 (senza alcun riferimento alla media omogenea regionale), con evidenziazione delle ragioni dell’eventuale incremento della distribuzione diretta (cfr. memoria di parte ricorrente del 29 aprile 2017);
b) documentati chiarimenti sulla circostanza, asserita dai ricorrenti, secondo cui ai soggetti dimessi non sarebbe stato erogato soltanto il primo ciclo terapeutico bensì anche i cicli successivi attraverso prenotazioni automatiche per il ritiro dei farmaci in distribuzione diretta e sulle ulteriori circostanze, compresa quella inerente alla asserita distribuzione di eparine a basso peso molecolare extra PHT
”.

Su richiesta della Regione, tale adempimento istruttorio è stato, infine, integrato (in particolare sul punto A del quesito) con successiva ordinanza n.145 del 2019, volta ad “ accertare se via stato lo sforamento dei volumi rispetto alla data del 31 dicembre 2008, non solo con riguardo al numero dei pezzi (accertamento già posto in essere), ma anche con riguardo ai “valori dei farmaci distribuiti dall’Azienda USL di Rimini”, atteso che l’accordo intercorso tra le parti faceva riferimento ad entrambi i parametri (usando l’espressione “limiti di pezzi e di valore complessivi”), tenuto conto di quanto stabilito nell’accordo concluso tra le parti, dove la Regione aveva assunto l’impegno al contenimento “nei limiti di pezzi e di valore complessivi”, sicché oltre al numero di pezzi distribuiti in eccesso, assume rilevanza anche il valore complessivo degli stessi, rispetto ai dati registrati al 31 dicembre 2008 (numero di pezzi pari a 557.213 e valore complessivo € 4.116.343,00) ”.

Dopo il deposito dei risultati della verificazione ed in occasione dell’udienza fissata per la discussione, tutte le parti costituite hanno depositato memorie difensive, insistendo nelle rispettive conclusioni.

All’esito del giudizio, ad avviso del Collegio, il ricorso va respinto.

Invero, quanto al primo motivo di ricorso, pur qualificandosi come vincolante l’accordo sottoscritto dalla Regione (come affermato da questo Tribunale nella sentenza parziale pronunciata nel corso del giudizio) e conseguentemente ritenendosi che con esso la Regione abbia assunto il preciso dovere (per la natura, appunto, vincolante dell’accordo) di attivare misure di contenimento della distribuzione diretta, non può tuttavia affermarsi che da tale impegno sia scaturito altresì automaticamente l’obbligo di risultato di raggiungere il limite di pezzi e valore dei farmaci rilevato al 31.12.2008, entro e non oltre una data certa, deponendo in tal senso, da un lato, la circostanza che la clausola in esame impegna espressamente la Regione ad attivare le Ausl solo nei limiti dello “scostamento significativo” rispetto al 2008, con ciò ammettendo quindi che uno scostamento esista e che possa anche perdurare nel medio periodo (disponendosene, infatti, la riduzione “progressiva”);
dall’altro, che la stessa disposizione pattizia non fissa i parametri per valutare quando sussista tale “scostamento significativo”, in tal modo rendendo volutamente elastico ed adeguabile alle concrete circostanze ed esigenze future del caso, l’impegno assunto.

Peraltro, nell’ipotesi di accertato scostamento significativo rispetto al limite al 31.12.2008, l’accordo non ha previsto alcuna conseguenza risarcitoria da parte dell’Ausl o della Regione in favore delle Farmacie, limitandosi infatti la clausola a stabilire l’obbligo per l’Amministrazione di adottare modalità che saranno definite in accordo con le indicazioni della Commissione Regionale del Farmaco, al fine di raggiungere in tutti gli ambiti aziendali forme omogenee di distribuzione, con ciò differenziandosi nettamente da altre parti dell’accordo (come ad esempio la disciplina della distribuzione per conto dei farmaci del PHT), nelle quali sono state al contrario previste specifiche conseguenze economiche per il mancato rispetto dei volumi pattuiti.

In altri termini, come peraltro affermato anche nella sentenza parziale n. 1011 del 2016, in caso di accertato scostamento “significativo” dei farmaci distribuiti in via diretta (per numero di pezzi e valore rispetto al dato accertato il 31.12.08), la conseguenza prevista nell’accordo deve ritenersi quella dell’attivazione della c.d. “clausola di contenimento”, intesa come già detto, nel senso di impegno dell’AUSL a ridurre progressivamente i volumi dei farmaci distribuiti in via diretta per riportarli, in termini ragionevoli (che necessariamente dipendono anche dalle concrete ed attuali esigenze di distribuzione dei farmaci, connesse alle diverse patologie da trattare, restando comunque prioritaria tra gli interessi in gioco, la tutela del bene primario della salute pubblica, rispetto all’interesse economico delle Farmacie a mantenere inalterati i propri guadagni), nei limiti accertati a fine 2008, senza previsione tuttavia di alcun automatico obbligo risarcitorio in favore delle Farmacie per l’importo pari ai volumi non diminuiti, anche perché se le parti avessero inteso configurare in tal modo l’accordo, data l’importanza di tale profilo, lo avrebbero scritto espressamente, come è avvenuto con riferimento ad altre ipotesi di superamento dei limiti pattuiti.

Peraltro, che detta “clausola di contenimento” non imponga un limite rigido da realizzarsi in maniera automatica e comunque entro una data certa, lo si evince come dicevamo dallo stesso tenore letterale delle espressioni usate, ammettendo espressamente l’accordo uno scostamento e prevedendo che tale scostamento possa durare nel tempo, salvo l’impegno dell’Amministrazione alla riduzione “progressiva” dei volumi, al fine di riportarli gradualmente (e non immediatamente) verso l’obiettivo “dei pezzi e del valore” al 31.12.08.

Parte ricorrente sostiene che tale interpretazione non sarebbe conforme a quanto statuito dalla sentenza parziale n. 1011 del 2016 sulla natura vincolante dell’accordo in questione, ma tale tesi non può essere condivisa in quanto, come già evidenziato, la natura vincolante dell’impegno va intesa come obbligo (e non mera possibilità) dell’Amministrazione di attivarsi per adottare misure volte al contenimento dei farmaci distribuiti in via diretta e, quindi, non è incompatibile con la lettura appena data della disposizione, atteso che in nessun passaggio dell’accordo il dato del “numero di pezzi e di valore” alla data del 31.12.2008 viene qualificato come inderogabile e da raggiungere in via immediata ed automatica, essendosi al contrario espressamente previste appunto, come già detto più volte, sia l’esistenza di uno scostamento, che la sua riduzione in via progressiva e non immediata.

Peraltro, tale interpretazione appare la più coerente anche con la ratio della disciplina in questione e dei relativi accordi raggiunti tra le parti, controvertendosi infatti di distribuzione dei farmaci e, quindi, di beni strettamente legati alla salute del cittadino che, in quanto valore assolutamente primario, deve essere tutelata in via sicuramente prevalente rispetto all’interesse economico delle Farmacie a mantenere inalterati i propri guadagni, con conseguente necessità di utilizzare formule elastiche circa i canali di distribuzione dei farmaci (in via diretta da parte dell’Ausl ovvero per il tramite delle Farmacie), così da poter adeguare la metodologia di fornitura dei medicinale alle specifiche esigenze di tutela dei malati (non prevedibili a monte in molti casi), in talune ipotesi meglio realizzabili proprio attraverso la somministrazione diretta dei farmaci da parte delle Farmacie Ospedaliere (ad esempio per i pazienti c.d. complessi o gravi e di carattere cronico che richiedono di specifica assistenza come da Delibera Regionale n. 896 del 2003, circostanza evidenziata nella prima verificazione depositata l’8.11.2018), canale talvolta utile anche per realizzare un risparmio della spesa pubblica (vedi le argomentazioni sul punto contenute nella prima verificazione depositata, con riferimento alla problematica dei pazienti dimessi in terapia con EBPM, per i cicli successivi al primo e fino al completamento del ciclo terapeutico consigliato).

Peraltro, tale conclusione è in linea con l’orientamento già espresso al riguardo da questo Tribunale con la sentenza n. 675 del 30 agosto 2019, nella quale, in un caso assimilabile a quello odierno, è stato così statuito: “ questo Collegio evidenzia che se anche si aderisse alla tesi di parte ricorrente secondo cui l’Accordo in esame, sarebbe invece idoneo a costituire un autovincolo delle parti sul punto (pur essendoci nell’atto molti passaggi dai quali sembrerebbe emergere, invece, la natura meramente programmatica), la domanda articolata in ricorso non potrebbe comunque essere accolta ”, in quanto “ le stesse parti dell’Accordo in questione, nell’ambito delle previsioni ivi inserite, hanno espressamente ammesso la possibilità del verificarsi di uno scostamento negli anni successivi nella distribuzione c.d. “per conto”, rispetto al valore accertata del 2008 (con conseguente non rigidità dell’eventuale autovincolo), prevedendone la rilevanza solo nei casi c.d. “significativi” e consentendo all’Ausl di mirare progressivamente e non immediatamente al raggiungimento dell’obiettivo sperato, senza indicazione del termine ultimo entro il quale raggiungere l’obiettivo sperato ”.

Fatte queste premesse, per decidere sulla domanda risarcitoria articolata da parte ricorrente occorre quindi verificare, non se vi sia stato il superamento dei limiti di pezzi e valore rispetto al 2008 negli anni successivi (avendo l’accordo ammesso lo scostamento e previsto la riduzione solo progressiva dei valori, per raggiungere nel tempo il dato del 31.12.2008), bensì se negli anni successivi al 2009 l’Amministrazione si sia attivata per cercare di ridurre la distribuzione diretta in modo da arrivare progressivamente al raggiungimento dei valori accertati al 31.12.2008 (n. 557.215 pezzi e valore degli stessi di € 4.116.343). E sul punto occorre prendere in considerazione entrambi i parametri indicati nell’accordo (numero di pezzi e valore dei farmaci), per verificare se almeno con riferimento ad uno di essi vi sia stata una riduzione.

Al riguardo, dalla verificazione disposta in corso di causa si evince che pur non essendoci stata una riduzione del numero dei pezzi dei farmaci distribuiti in via diretta, il valore complessivo degli stessi distribuiti dall’ASL di Rimini nel periodo oggetto del presente giudizio, si è ridotto in maniera rilevante a partire dal 2010 ed arrivando nel 2013 ad una diminuzione di circa il 18% rispetto ai valori fissati come obiettivo, con conseguente dimostrazione che la c.d. clausola di contenimento (e cioè l’impegno vincolante assunto con l’accordo ad attivare azioni volte alla riduzione) è stata rispettata: dall’integrazione di verificazione depositata in data 23.5.2019 si evince, infatti, che si è passati da un valore (tenendo peraltro conto del flusso AFO più favorevole a parte ricorrente e dalla stessa utilizzato nei propri scritti difensivi) dei pezzi ceduti in distribuzione diretta extra PHT, di € 4.546.776 nel 2009 ad un valore di € 3.382.896 nel 2013, con una costante e progressiva diminuzione dal 2009 al 2013 ed arrivando nel 2013 addirittura al di sotto di circa il 18%, pari ad € 733.447, della soglia al 31.12.2008 di € 4.116.343, fissata come obiettivo dalle parti.

Invero, tra i due parametri in considerazione (numero di pezzi e valore complessivo dei farmaci distribuiti in via diretta), ad avviso del Collegio, assume maggior rilevanza quest’ultimo dato nel caso in discussione, stante l’oggetto del giudizio basato sull’asserita riduzione dei propri introiti da parte delle Farmacie ricorrenti, rispetto al quale incide all’evidenza più il valore dei farmaci sottratti al libero mercato che il numero dei pezzi distribuiti (ad un calo del valore economico dei farmaci distribuiti direttamente dall’ASL consegue potenzialmente un aumento del valore economico dei farmaci distribuiti attraverso il canale della DPC, con conseguente aumento rispetto a questi ultimi anche della quota di guadagno di spettanza delle singole farmacia).

Infine, circostanza altrettanto dirimente nel rigetto della domanda risarcitoria connessa al primo motivo di ricorso, si rileva che nel caso in esame manca del tutto anche la prova del danno asseritamente subito dalle istanti e che competeva alle farmacie ricorrenti fornire puntualmente, non potendosi demandare tale quantificazione ad accertamenti istruttori (quali una CTU) che diverrebbero esplorativi sul punto, ovvero a calcoli equitativi che finirebbero per eludere il principio dell’onere della prova in ambito risarcitorio, a maggior ragione tenuto conto del tipo di danno ascritto all’Amministrazione.

Invero, né Federfarma come Ente autonomo distinto dalle singole farmacie, né le singole Farmacie che hanno agito in questa sede (ben 67 distinti esercizi) hanno fornito prova del pregiudizio singolarmente subito (ovviamente diverso per ciascuna farmacia in relazione alla dimensione della singola farmacia, all’ubicazione, al fatturato, alla tipologia di pazienti prevalentemente serviti, alla categoria di farmaci maggiormente venduti,…) secondo i criteri dell’art. 1223 c.c., sicché anche sotto tale profilo la domanda non può che essere respinta.

Quanto, invece, al secondo motivo di impugnazione contenuto in ricorso (mancata riscossione da parte dell’Ausl nella distribuzione diretta dei farmaci delle quote a carico del cittadine ex art. 7 Legge n. 405 del 2001, né le quote ticket ex art. 17 comma 6 Legge n. 111 del 2011), il Collegio non ravvisa alcun interesse concreto e specifico in capo ai ricorrenti rispetto a tale censura, anche in considerazione della domanda principale dagli stessi svolta (risarcimento danni subiti dalle ricorrenti) e della mancata articolazione di specifiche difese circa la specifica incidenza di tale profilo sulle pretese risarcitorie fatte valere in questo giudizio.

Infine, in ordine al terzo motivo di ricorso (concernente il mancato raggiungimento del limite minimo dei pezzi in distribuzione per conto e conseguente obbligo per l’Ausl di pagare la penale), il Collegio rileva l’infondatezza della tesi di parte ricorrente, avendo l’Amministrazione dimostrato che nel 2010 tale soglia è stata rispettata dall’Ausl di Rimini, mentre il mancato superamento del limite per gli anni 2011, 2012 e 2013 sarebbe dipeso dal fatto che Federfarma ha deciso di disdettare dal percorso erogativo in DPC le eparine b.p.m., farmaco di largo impiego che avrebbe consentito il raggiungimento della soglia, circostanza quest’ultima sulla quale parte ricorrente, sulla quale incombeva l’onere della prova vertendosi in materia di risarcimento dei danni, nulla ha dimostrato in contrario.

Conclusivamente, quindi, per tutte le ragioni esposte, stante l’insussistenza dei presupposti per l’accoglimento delle domande articolate dalle ricorrenti, il ricorso va respinto.

Le spese di lite possono essere interamente compensate, tenuto conto della novità e peculiarità della specifica questione dedotta in giudizio.

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