TAR Napoli, sez. III, sentenza 2016-10-06, n. 201604622

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. III, sentenza 2016-10-06, n. 201604622
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 201604622
Data del deposito : 6 ottobre 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 06/10/2016

N. 04622/2016 REG.PROV.COLL.

N. 05508/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5508 del 2015, proposto da:
ASSOSERVIZI - società a supporto della pubblica amministrazione Srl, in persona del legale rappresentante p.t. ing. A O, rappresentata e difesa dagli avv.ti Ferdinando D'Amario e D C, con domicilio eletto presso l'avv. Enrico Angelone in Napoli, Via Cervantes, 65;

contro

Comune di Ottaviano, in persona del Sindaco legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avv. A C, con domicilio eletto presso lo stesso in Napoli, Centro Direzionale Isola E/2 sc. A;

per l'annullamento

della determina del Responsabile del Servizio Finanziario del 2/10/2015 n. 169, con la quale è stata dichiarata la decadenza della concessionaria Assoservizi Srl per gravi inadempienze contrattuali;
della relazione istruttoria in pari data, recepita quale parte integrante e sostanziale della determina;
delle diffide n. 0013557 e n. 0013558 del 7/8/2015;
dei verbali, delle determinazioni e/o delle risultanze del procedimento ex art. 10-bis della legge n. 241/90;
di ogni altro atto comunque connesso o coordinato, anteriore e conseguente, ai fini della declaratoria di legittimità dello svolgimento della attività in concessione;
nonché per il risarcimento del danno in forma specifica o per equivalente.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Ottaviano;

Viste le produzioni delle parti;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore per l'udienza pubblica del giorno 19 luglio 2016 il dott. G E e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

La Società ricorrente espone che:

- quale aggiudicataria della gara bandita dal Comune di Ottaviano per «la concessione del servizio di gestione, accertamento e riscossione ordinaria e coattiva dell'imposta comunale sulla pubblicità, della tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche, dei diritti sulle pubbliche affissioni, nonché per la riscossione coattiva dell'Imposta Comunale sugli Immobili», sottoscriveva in data 24/4/2013 il contratto rep. n. 6/2013 ed attivava la gestione dei servizi;

- decorsi due anni ed in prossimità della scadenza della concessione (31/12/2015), con diffide del 7/8/2015 il Comune contestava la mancata installazione dei 40 nuovi impianti (prevista dall’art. 9 del capitolato speciale di appalto, a spese della concessionaria ed entro tre mesi), nonché il mancato riversamento di somme relative al primo e secondo trimestre del 2015.

Significa al proposito che:

- la concessionaria aveva provveduto di sua iniziativa a posizionare 20 nuovi impianti, pur in assenza di alcuna comunicazione da parte del Comune (tenutovi in base allo stesso art. 9 del capitolato), restituendo al fornitore gli altri impianti pronti per l’installazione;

- il costo dei 40 impianti ammontava ad € 77.000,00 (oltre € 5.000,00 per fermo deposito), ed esso era addebitabile al Comune inadempiente;

- in attesa della composizione della insorgenda controversia con l’Ente concedente, la Assoservizi disponeva la sospensione provvisoria delle operazioni di riversamento di una pari somma, garantendo il servizio secondo contratto per le altre attività accertative;

- a seguito delle diffide del 7/8/2015, con nota pec del 4/9/2015 la ricorrente faceva istanza al Comune di partecipazione al procedimento e, in data 10/9/2015, veniva convenuto che la concessionaria avrebbe provveduto, nel termine di giorni 10, alla presentazione di una relazione sulle questioni in essere, per provvedere alla installazione dei residui impianti e al riversamento delle somme trattenute;

- in adempimento di quanto richiesto la Società provvedeva alla redazione di una dettagliata relazione sullo stato delle attività in concessione, evidenziando i risultati di gestione raggiunti, l’attività di recupero delle evasioni, la rinnovazione dell’ordinativo di 20 impianti aggiuntivi ai 20 già predisposti ed, infine, la disponibilità a provvedere al riversamento delle somme trattenute (dando notizia di una intervenuta difficoltà finanziaria indotta da inadempimenti di alcuni Comuni);

- con nota pec del 22/9/2015, la concessionaria richiedeva le prescritte autorizzazioni per l’installazione degli impianti, senza ottenere riscontro dal Comune ma ricevendo piuttosto, in data 5/10/2015, l’impugnata determinazione di decadenza dalla concessione.

Nei motivi di ricorso è dedotta l’incompetenza, la violazione e falsa applicazione degli artt. 13 e 15 del Regolamento approvato con D.M. 11 settembre 2000, n. 289, nonché degli artt. 14, 15, 21 e 24 del Capitolato ed, altresì, degli artt. 10, 10-bis, 11 e 12 della legge n. 241/90, oltre all’eccesso di potere per violazione del giusto procedimento, difetto dei presupposti, sviamento, travisamento dei fatti, difetto di istruttoria e assenza di motivazione sul pubblico interesse, denunciando infine l’attivazione di clausola contrattuale inefficace per violazione dell’art. 1341 c.c.

Nelle censure articolate si sostiene che:

- il citato D.M. stabilisce che il potere di decretare la decadenza del concessionario non può essere esercitato autonomamente dall’Ente locale, che deve avanzarne richiesta al Ministero dell’Economia e delle Finanze, affinché lo stesso avvii, dinanzi all’apposita Commissione, il procedimento volto alla declaratoria di decadenza;

- la decadenza per inadempienza deve essere preceduta dalla irrogazione delle penalità;

- la determina impugnata ha recepito acriticamente la relazione istruttoria (sulla base di fatti non veritieri ed interrompendo il procedimento consensuale avviato), senza dar conto delle ragioni addotte e della volontà della concessionaria di rispettare le obbligazioni assunte;

- la decadenza del concessionario costituisce una facoltà che necessita di adeguata motivazione sull’interesse pubblico, dovendosi tenere conto dello straordinario incremento di gettito realizzato, della prossimità della scadenza contrattuale e della disponibilità del concessionario, nonché dell’esposizione dell’Ente ai maggiori oneri e rischi derivanti dalla necessità di assicurare diversamente il raggiungimento dei risultati;

- la determinazione si fonda sulle clausole riportate agli artt. 14 e 15 del Capitolato, predisposto in piena autonomia dal Comune di Ottaviano ed imposto ai concorrenti come condizione di partecipazione alla procedura di affidamento del servizio, aventi le caratteristiche sancite dall’art. 1341 c.c. ed inefficaci in assenza di specifica approvazione per iscritto.

Il Comune si è costituito in giudizio per resistere al ricorso e ha depositato memoria difensiva e documentazione, formulando istanza di prelievo.

La ricorrente ha prodotto memoria in data 30/6/2016.

All’udienza pubblica del 19 luglio 2016 il ricorso è stato assegnato in decisione.

DIRITTO

1.- In via preliminare va disattesa la richiesta di rinvio dell’udienza, formulata dalla difesa della ricorrente all’udienza di discussione e motivata dalla necessità di valutare la possibilità di addivenire ad una transazione con l’Amministrazione (come da proposta via pec trasmessa dalla Società al Comune il giorno precedente e depositata all’udienza di discussione).

Al riguardo, va premesso in generale che il processo amministrativo è dominato dal principio dell’iniziativa e dell’impulso delle parti, le quali hanno il diritto e l’onere di chiedere la fissazione dell’udienza di trattazione e di sollecitarne la fissazione con istanza di prelievo ex art. 71 c.p.a..

Nondimeno lo stesso art. 71 prevede espressamente che l’istanza di fissazione di udienza non è revocabile e nessuna norma contempla un diritto delle parti al rinvio dell’udienza.

Al contrario, a meno che non sussistano comprovate ragioni strettamente relative all’esercizio del diritto di difesa, il differimento di un giudizio portato in udienza all’esame del Collegio e maturo per la decisione è in contrasto i principi di speditezza e di economia del processo amministrativo, desumibili dall’art. 2 c.p.a., per la cui realizzazione il giudice e le parti sono chiamati a cooperare.

Nella specie, l’udienza di trattazione del ricorso è stata prontamente fissata in accoglimento dell’indicata istanza di prelievo presentata in data 24/3/2016 dal Comune di Ottaviano, motivata dall’interesse dell’Ente alla definizione in tempi brevi del giudizio “al fine di tutelare anche il proprio diritto di credito nei confronti della società ricorrente” (nella stessa istanza si rappresenta che l’Ente già non aveva ritenuto di accettare una precedente proposta di transazione, in base alla quale la causa era stata cancellata dal ruolo, su richiesta della ricorrente, all’udienza in camera di consiglio del 3/12/2015, fissata per la trattazione dell’istanza cautelare).

Del resto, l’eventuale definizione transattiva avrebbe ad oggetto la determinazione delle somme che in ogni caso sono dovute, senza poter incidere sul provvedimento amministrativo di decadenza impugnato (i cui effetti non sono stati rimossi) né comportare la prosecuzione del rapporto comunque venuto a scadenza, per cui l’esito delle trattative non può influire sulla definizione del giudizio.

2.- Passando all’esame del ricorso, va disattesa l’eccezione del Comune di difetto di giurisdizione in favore dell’A.G.O. (in particolare, l’Ente ha rappresentato che l’art. 9 del contratto devolve al Tribunale di Nola le eventuali controversie derivanti dall’esecuzione del contratto).

La citata previsione contrattuale è da intendersi limitata alle sole controversie riguardanti gli aspetti patrimoniali del rapporto (nel cui ambito è rinvenibile una posizione di diritto soggettivo del contraente privato), alla stregua di quanto dispone l’art. 133, primo comma, lett. c), cod. proc. amm., che esclude dalla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, in materia di pubblici servizi relative a concessioni di pubblici servizi, le controversie “concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi”.

Di contro, allorché si controverta in tema di esercizio dei poteri pubblicistici (nella specie, attraverso la determinazione autoritativa di decadenza della concessione), la controversia è attratta nella giurisdizione esclusiva del G.A., come statuito nella stessa fattispecie nella giurisprudenza di questo Tribunale (cfr. la sentenza della Sez. I del 3/5/2012 n. 2021: “In base all'art. 133, lett. c), c.p.a., derivante dall'art. 33 del d. lgs. n. 80 del 1998 nel testo emendato dalla sentenza della Corte costituzionale n. 204 del 2004, sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie in materia di pubblici servizi relative a concessioni di pubblici servizi, escluse quelle concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi. Pertanto rientra nella giurisdizione amministrativa la cognizione sulle domande aventi ad oggetto la concessione di un servizio pubblico, quale nella specie è quello relativo all'accertamento ed alla riscossione delle entrate tributarie di un ente locale, che non riguardano indennità, canoni ed altri corrispettivi, in una materia che implica l'esercizio di poteri autoritativi dell'autorità concedente, ivi comprese le domande strettamente connesse che fanno da corollario alla domanda principale sulla pronuncia di decadenza dal rapporto concessorio e che devono pertanto ritenersi attratte dalla giurisdizione esclusiva (cfr. Cass., sez. un., 2/4/2007, n. 8094)”.

3.- Ciò posto, l’impugnata determinazione si fonda sulle violazioni ascritte e contestate al concessionario, relative agli obblighi sanciti a suo carico dalle seguenti disposizioni del Capitolato speciale:

- art. 9 (obbligo di provvedere "entro 3 mesi dalla stipula del contratto, a proprie spese, su indicazione dell'amministrazione Comunale, alla installazione di n. 40 nuovi impianti, e alla sostituzione di quelli ritenuti non idonei o fatiscenti, che di volta in volta, verranno specificati, a seconda dell'esigenza");

- art. 14 (obbligo di versare al Comune il provento totale degli incassi, dedotto l’aggio spettante, "ogni trimestre, entro e non oltre il giorno quindici dei mesi d'aprile, luglio, ottobre, gennaio", con facoltà per il Comune, in ipotesi di omissione anche di uno solo dei versamenti, "di dichiarare l'appaltatore immediatamente decaduto");

- art. 15 (obbligo di versare al Comune le somme riscosse coattivamente a titolo di I.C.I. e I.M.U., dedotti gli aggi spettanti e le eventuali spese delle azioni esecutive, "con cadenza decadale, entro il decimo giorno successivo alla scadenza di ciascuna decade", con previsione della stessa facoltà per il Comune, in ipotesi di omissione anche di uno solo dei versamenti, "di dichiarare l'appaltatore immediatamente decaduto").

A fronte di tali obblighi, il provvedimento dà conto che il concessionario:

“- non ha provveduto a tutt'oggi se non parzialmente alla installazione dei n° 40 nuovi impianti pubblicitari nei tre mesi dalla stipula del contratto;

- non ha provveduto al riversamento delle somme incassate nel primo e secondo trimestre 2015 a titolo di imposta sulla pubblicità, Tosap e diritti pubbliche affissioni per un valore pari a € 53.176,83 (cinquantatremilacentosettantasei,83), né ha provveduto al riversamento delle somme incassate nel primo e secondo trimestre 2015 dell'Ici riscossa a titolo coattivo, per un valore pari a € 22.491,02 (ventiduemilaquattrocentonovantuno,02)”.

Dette circostanze non sono in contestazione, come emerge dalla stessa esposizione della ricorrente ed atteso altresì che, ancora all’udienza di discussione, con la nota depositata agli atti del giudizio la Società ha manifestato di essere debitrice di somme dovute al Comune.

Le censure articolate si incentrano piuttosto sulla competenza del Comune ad adottare il provvedimento e sulla rilevanza dei fatti a fondare la comminatoria di decadenza.

3.1- In ordine alla dedotta incompetenza, si afferma che il D.M. 11 settembre 2000, n. 289 ("Regolamento relativo all'albo dei soggetti abilitati ad effettuare attività di liquidazione e di accertamento dei tributi e quelle di riscossione dei tributi e di altre entrate delle province e dei comuni, da emanarsi ai sensi dell'articolo 53, comma 1, del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446") prevede che la decadenza non può essere disposta dall’Ente locale ma va richiesta all’apposita Commissione presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze.

Il riferimento è all’art. 13, secondo comma, del D.M. (a tenore del quale la decadenza “può essere richiesta dall'ente locale interessato o, d'ufficio, dalla Direzione centrale per la fiscalità locale”), nonché all’art. 15, primo comma (“La cancellazione e la sospensione dall'albo e la decadenza dalle gestioni sono disposte con provvedimento della commissione, di cui all'articolo 53, comma 2, del decreto legislativo n. 446 del 1997, previa contestazione degli addebiti”).

La censura è priva di pregio.

Il sistema è stato in origine incentrato sulla possibilità di affidare ai concessionari del servizio nazionale la riscossione delle entrate di province e comuni (cfr. l’art. 3, sesto comma, del d.lgs. 13 aprile 1999, n. 112, emanato in attuazione delle legge di delega del 28 settembre 1998, n. 337: “La riscossione coattiva delle entrate di province e comuni che non abbiano esercitato la facoltà di cui agli articoli 52 e 59, comma 1, lettera n), del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, viene effettuata dai concessionari del servizio nazionale della riscossione”;
la norma è stata abrogata, a decorrere dal 1° gennaio 2011, dall’art. 1, comma 6-quinquies, del decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40, convertito con legge 22 maggio 2010, n. 73).

In tale quadro si giustificava la previsione invocata dalla ricorrente, che devolve alla Commissione presso il Ministero il potere di disporre la decadenza del concessionario.

Sennonché, agli Enti locali sono stati riconosciuti ampi poteri inerenti alle proprie entrate, di natura regolamentare (v. il citato art. 52 del d.lgs. n. 446/97) e rivolti all’affidamento diretto del servizio di riscossione (secondo i principi e criteri direttivi fissati nella suindicata legge-delega n. 337 del 1998;
cfr. l’art. 1, primo comma, lett. b): “possibilità, per gli enti diversi dallo Stato legittimati a riscuotere tramite i concessionari e per le società cui partecipino i medesimi enti, di affidare mediante procedure ad evidenza pubblica agli stessi ogni forma di riscossione delle proprie entrate, anche di natura non tributaria”).

A ciò consegue che, allorquando (come nella specie) il Comune abbia disposto con propri atti in ordine all’affidamento del servizio, non si giustifica la riserva alla Commissione statale del potere di comminare la decadenza del concessionario, spettandone viceversa l’esercizio all’Ente locale, in base alle regole fissate nel capitolato, come non ha mancato di rilevare da tempo la giurisprudenza (cfr., in analoga fattispecie, Cons. Stato, Sez. V, 12/5/2003 n. 2510: “Come già osservato, i primi giudici hanno, in sintesi, fondato il giudizio di illegittimità della delibera controversa sulla presupposta sua qualificazione come atto di decadenza e sul conseguente rilievo assorbente dell'incompetenza del Comune alla sua adozione in favore del Prefetto, ritenuto titolare del relativo potere ai sensi della normativa di riferimento sopra indicata. Tale valutazione risulta errata in quanto trascura di considerare che all'art.18 del capitolato d'oneri, che regola la concessione del servizio di riscossione in questione, il potere di sancire la decadenza del concessionario risulta espressamente attribuito al Comune, sicché, anche prescindendo dal nomen iuris dell'atto con il quale è stata autoritativamente disposta la cessazione degli effetti del rapporto concessorio, non può dubitarsi della sussistenza in capo all'Amministrazione concedente della potestà di stabilire unilateralmente la perdita della titolarità del servizio, in conseguenza dell'accertamento di gravi inadempienze da parte del suo gestore. (…) Diversamente, nel caso di concessione della riscossione di imposte pertinenti ad un ente diverso dallo Stato (come nel caso delle imposte comunali sulle pubbliche affissioni), la competenza in questione va assegnata, anche per via interpretativa, ad un organo dell'ente che risulta parte del rapporto concessorio, dovendosi ritenere esclusivamente riservata a quest'ultimo la potestà di accertare il rispetto degli obblighi del concessionario e di sanzionare la loro eventuale violazione. Correttamente, pertanto, nel capitolato d'oneri tali competenze sono state esplicitamente riconosciute in capo al Comune, sicché la delibera controversa deve ritenersi immune dal vizio d'incompetenza rilevato a sostegno della pronuncia impugnata”).

3.2- Le ulteriori censure sono anch’esse infondate.

Le norme del capitolato, richiamato dall’art. 5 del contratto, non prevedono la necessità di far precedere la comminatoria di decadenza dall’applicazione delle penalità (irrogabili, ai sensi dell’art. 21, per i casi di irregolarità o negligenza, sempre che le stesse “non diano motivo a più grave provvedimento”), essendo piuttosto rinvenibile espressamente il potere di sanzionare immediatamente con la decadenza l’inadempimento del concessionario, a fronte anche di un solo mancato versamento delle somme riscosse, in base agli artt. 14 e 15.

Non avendo la concessionaria riversato al Comune le somme, con le note del 7/8/2015 la stessa veniva diffidata ad adempiere ed avvisata che, in mancanza, il contratto sarebbe stato risolto di diritto (risulta quindi comunque assolto l’onere di dichiarare di avvalersi della clausola risolutiva espressa per cui, e benché si verta in tema di esercizio di poteri pubblicistici, è destituita in punto di fatto oltre che di diritto la deduzione sull’applicabilità dell’art. 1456 c.c., svolta in memoria dalla ricorrente).

Inoltre, nella specie il riversamento delle somme riscosse per conto del Comune non è stato effettuato neppure nel termine di 20 giorni, concordato nell’incontro del 10/9/2015 (cfr. l’esibito verbale della riunione), come evidenziato nel provvedimento.

Ciò costituisce una violazione di indubbia gravità e di assoluta pregnanza, trattandosi di proventi propri dell’Ente, i quali debbono essere semplicemente trasferiti ad esso e che costituiscono la provvista necessaria all’espletamento dei suoi compiti.

È poi perfino superfluo chiarire che è del tutto inammissibile qualsivoglia forma di autotutela del concessionario, che non poteva evidentemente trattenere per sé gli importi riscossi, adducendo a giustificazione posteriore l’inadempimento del Comune nel comunicare le modalità di installazione degli impianti.

Piuttosto, la rilevanza e significatività di tali omissioni legittima il provvedimento impugnato, cosicché si può anche prescindere dall’ulteriore inadempimento ascritto al concessionario in base all’art. 9, relativo per l’appunto all’installazione degli impianti, che ha un rilievo sicuramente minore.

In altri termini, a fronte di inadempimenti di tal fatta la previsione di decadenza si giustifica appieno, fondandosi sull’interesse pubblico insito nella corretta destinazione delle risorse pubbliche e nella preclusione per i soggetti che maneggiano il denaro della collettività di impiegarlo ad altri fini.

È altresì chiaro che il mancato versamento degli introiti costituisce circostanza automaticamente rilevabile e che non richiede alcun apprezzamento, cosicché la decadenza poggia validamente sull’accertamento istruttorio e non possono essere apprezzati i rilievi che fanno leva sul “procedimento consensuale avviato”, escludendosi in materia alcuna possibilità di controvertere in ordine a beni pubblici che non possono formare oggetto di atti di disposizione o transazione.

Va infine disattesa la denunciata attivazione di una clausola contrattuale inefficace (poiché riconducibile all’art. 1341 c.c.), in quanto:

a) l’invocata norma civilistica concerne i contratti per adesione, contenenti clausole predisposte da uno dei contraenti e valevoli per una molteplicità indistinta di contraenti (anche successivi e sconosciuti);

b) a tale ambito sfugge il contratto tra la P.A. e l’aggiudicatario della procedura ad evidenza pubblica, per il quale basta il richiamo nella sua interezza al capitolato che regola l’effettuazione della commessa pubblica (cfr. di recente, in tema di decadenza dell’appaltatore dal diritto di opporre riserve, Cass. civ., sez. I, 9/2/2016 n. 2537: “il richiamo della disciplina fissata in un distinto documento, che sia effettuato dalle parti contraenti sulla premessa della piena conoscenza di tale documento ed al fine dell'integrazione del rapporto negoziale nella parte in cui difetti di una diversa regolamentazione, assegna alle previsioni di quella disciplina, per il tramite di una "relatio perfecta", il valore di clausole concordate, e, quindi, le sottrae all'esigenza della specifica approvazione per iscritto di cui all'art. 1341 c.c.. Né rileva, in proposito, l'eventuale unilateralità della predisposizione del suddetto documento, la quale resta - difatti - superata dalla circostanza che entrambi i contraenti si siano accordati per farne proprio il contenuto (Cass. 9392/1992;
3479/1997;
19130/2006;
21142/2007;
26201/2010;
7197/2011)”);

c) nella specie, il capitolato speciale è stato espressamente richiamato e specificamente approvato (v. l’art. 5 del contratto rep. n. 6 del 24/4/2013: “Il servizio sarà effettuato in conformità al capitolato speciale di appalto, approvato con determinazione del dirigente Area finanziaria n. 136 del 20.9.2012, che viene sottoscritto in segno di piena accettazione dai contraenti e da me Segretario Rogante, che allegato al presente atto costituisce parte integrante e sostanziale del presente atto unitamente all'offerta economica presentata in sede di gara dalla ditta”).

Alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso va dunque respinto.

Va da sé che la legittimità dell’impugnata determinazione comporta l’infondatezza anche della domanda di risarcimento del danno, per la quale non sussiste alcuno dei presupposti.

Le spese processuali seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura indicata nel dispositivo.

Considerato, altresì, che la Società concessionaria della riscossione delle entrate del Comune riveste la qualità di agente contabile, per la relazione funzionale con l’Ente (cfr., su tale principio, da ultimo Cass., SS.UU., 19/5/2016 n. 10324), e tenuto conto quindi dei profili di danno erariale potenzialmente connessi alla vicenda in esame, va disposta la trasmissione della presente sentenza, a cura della Segreteria della Sezione, alla Procura Regionale della Corte dei Conti della Campania.

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