TAR Catania, sez. I, sentenza 2018-03-27, n. 201800648
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Pubblicato il 27/03/2018
N. 00648/2018 REG.PROV.COLL.
N. 01386/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
sezione staccata di Catania (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1386 del 2016, proposto dal Comune di Piazza Armerina, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato F L P, con domicilio eletto presso il suo studio in Catania, corso Italia n. 213;
contro
Presidenza della Regione Sicilia, Assessorato Regionale della Famiglia e delle Politiche Sociali, in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Catania, domiciliata in Catania, via Vecchia Ognina, 149;
nei confronti
Ipab Istituto Assistenziale S. Giuseppe e S. G B d R, in persona del legale rappresentante p.t., Commissario Straordinario della Ipab Istituto Assistenziale S. Giuseppe e S. G B d R, non costituiti in giudizio;
per l’annullamento
- del decreto presidenziale n. 198/SERV. 4S.G. del 18 maggio 2016, con il quale la Presidenza della Regione Sicilia ha disposto l'estinzione dell'IPAB "Istituto Assistenziale S. Giuseppe e S. Giovanni di Rodi" di Piazza Armerina, ai sensi dell'art. 34 comma 2 della L.R. n. 22/86.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Presidenza della Regione Sicilia e dell’Assessorato Regionale della Famiglia e delle Politiche Sociali;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 gennaio 2018 il dott. Francesco Mulieri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso, notificato il 15 luglio 2016 e depositato il 20 luglio successivo, il Comune di Piazza Armerina ha impugnato il decreto n. 198/SERV. 4S.G. del 18 maggio 2016 con cui la Presidenza della Regione Siciliana ha disposto, ai sensi dell’art. 34, comma 2, della L.r. n. 22/1986, l’estinzione della IPAB “Istituto assistenziale S. Giuseppe e S. Giovanni di Rodi” di Piazza Armerina.
Il ricorso è affidato ai seguenti motivi:
I. “ Violazione e falsa applicazione dell'art. 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241 come recepito in Sicilia dalla legge regionale n. 10/91. Difetto di motivazione e di istruttorie. Vizio del procedimento” .
Il Comune ricorrente deduce che l’Amministrazione regionale non avrebbe rispettato i tempi determinati dall’ordinamento per la legalità del suo agire amministrativo, con conseguente illegittimità del provvedimento finale. Nel caso di specie la Presidenza della Regione avrebbe adottato il decreto impugnato in data 24 maggio 2016 e cioè dopo un anno dal parere reso dal Comune e dopo 13 mesi dall’avvio del procedimento avvenuto - a seguito della delibera del commissario straordinario dell’IPAB del 24 febbraio 2015 - in data 10 aprile 2015 con nota n. 8567.
II. “ Violazione e falsa applicazione dell'art. 34 della L.R. Sic. n. 22/1986. Violazione e falsa applicazione dell’art. 12 delle preleggi del codice civile. Eccesso di potere per difetto dei presupposti e travisamento dei fatti. Difetto di competenza relativa. Illogicità manifesta” .
Il Comune ricorrente deduce:
- la nullità del provvedimento impugnato per assoluta carenza di potere dell’amministrazione: il citato art. 34 - invocato dall’Amministrazione regionale quale presupposto per disporre l’estinzione dell’ente - in realtà non prevederebbe tale potere nei limiti e con le modalità esercitate con il provvedimento impugnato. In particolare, se è vero che detta disposizione stabilisce in via subordinata la possibilità di estinzione degli enti di beneficenza, è anche vero che tale possibilità non solo non sarebbe riferita alle ipotesi di grave situazione debitoria o di impossibile funzionamento ma soprattutto non sarebbe né generica né illimitata essendo riservata all’esito di un complesso procedimento con cui la legge regionale del 1986 aveva inteso riformare e razionalizzare il settore;
- che, contrariamente a quanto si assume nel decreto impugnato, in nessun caso il citato art. 34 imporrebbe ai Comuni di subentrare in ogni rapporto attivo e passivo, imponendo invece soltanto l’acquisizione dei beni e l’assorbimento del personale;
- che, con riferimento a tale ultimo profilo, se è vero che (come assume il provvedimento impugnato) la delibera n. 4 del 4 febbraio 2016 della Sezione delle Autonomie della Corte dei Conti ha consentito l’assorbimento del personale pure in deroga alle stringenti norme in materia di vincoli di bilancio e di assunzione del personale, è anche vero che con la medesima pronuncia il giudice contabile ha ammesso tale possibilità nei limiti in cui sia stato reclutato tramite pubblico concorso.
III. “ Violazione e falsa applicazione dell'art. 34 della L.r. n. 22/86 sotto altro profilo. Violazione e falsa applicazione dell’art. 62 della legge n. 6972/1890. Violazione falsa applicazione dell’art. 3 e s.s. L. n. 241/90 come recepita dalla L.r. n. 10/91. Vizio del procedimento. Difetto di istruttoria e di motivazione. Incompetenza relativa” .
Il Comune ricorrente deduce:
- che prima di procedere all’estinzione, l’Assessorato Regionale agli Enti Locali non avrebbe avviato alcun procedimento volto a verificare la possibilità di fusione dell’Istituzione in questione con altra IPAB, possibilità poi esclusa solo dal Commissario straordinario con delibera del 24 febbraio 2015;
- di essere stato sempre tenuto all’oscuro del procedimento avviato (a parte il parere reso ai sensi dell’articolo 62 della legge numero 69721890), di non essere mai stato coinvolto, con conseguente carenza di istruttoria e di motivazione del provvedimento impugnato.
La Presidenza della Regione Siciliana e l’Assessorato della Famiglia, delle Politiche Sociali e del Lavoro si sono costituiti per il tramite dell’Avvocatura dello Stato la quale ha chiesto che il ricorso sia rigettato perché infondato.
Con ordinanza n. 678 del 26 settembre 2016, la Sezione ha rigettato la domanda cautelare proposta dal Comune ricorrente.
Con ordinanza n. 79 del 6 febbraio 2017 il C.G.A., in riforma della predetta ordinanza, ha accordato la tutela cautelare ritenendo sussistente sia il profilo del fumus (sussistendo “ragionevoli dubbi sulla pertinenza, al caso di specie, della risalente normativa applicata dalla Regione, nonché sulla ritualità del procedimento comunque seguito in applicazione della medesima, prevedendosi l’estinzione come estrema ratio, ove non sia possibile la misura meno radicale della fusione con altra IPAB” ), sia il profilo del danno grave ed irreparabile per le finanze del Comune.
In vista dell’udienza di discussione nel merito del ricorso, le parti hanno depositato memorie.
Alla pubblica udienza dell’11 gennaio 2018 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
Viene in decisione il ricorso promosso dal Comune di Piazza Armerina avverso il decreto n. 198/SERV. 4S.G. del 18 maggio 2016 con cui la Presidenza della Regione Siciliana ha disposto l’estinzione della IPAB “Istituto assistenziale S. Giuseppe e S. Giovanni di Rodi” di Piazza Armerina ai sensi dell’art. 34, comma 2, della L.r. n. 22 del 1986. Ciò in quanto:
- “(…) il Commissario dell’Ente (…) ha dichiarato che le criticità economiche dell’Ente, dovute a situazioni debitore con fornitori e principalmente con dipendenti per il mancato versamento degli emolumenti dovuti agli stessi, hanno causato un notevole disavanzo e che con i propri mezzi l’IPAB non può più assicurare l’assistenza agli anziani ed adulti inabili assistiti (…)”;
- “(…) l’ente risulta inattivo e non sono perseguibili le finalità previste nello statuto ed inoltre che la condizione economica finanziaria sopradescritta non consente la fusione con altre IPAB del territorio (…)”;
- “(…) le condizioni poste dal Comune di Piazza Armerina non sono realizzabili ed in presenza di espressa previsione legislativa dell’art. 34 della L.r. n. 22/86 non possono costituire impedimento alla definizione del procedimento anche in relazione all’interpretazione dello stesso art. 34 fornita dalla Corte dei Conti, sezione autonomie con la citata deliberazione n. 4 del 19.1.2016 (…)”.
Il provvedimento di estinzione è stato adottato ai sensi dell’art. 34 L.r. n. 22/1986, il quale dispone, al comma 1, che: “L’Assessore regionale per gli enti locali avvia il procedimento amministrativo per la fusione delle istituzioni pubbliche, proprietarie delle strutture non utilizzabili o non riconvertibili, con altre IPAB che dispongono di strutture giudicate utilizzabili o riconvertibili in esito alle procedure di cui ai precedenti articoli o con IPAB che, mediante l' integrazione delle strutture, su proposta del comune territorialmente competente, possono attivare servizi socio - assistenziali e socio - sanitari conformi alle previsioni degli art. 31 e 32 della presente legge” ;al comma 2 soggiunge che: “ In subordine l' istituzione è estinta e i beni patrimoniali sono devoluti al comune, che assorbe anche il personale dipendente, facendone salvi i diritti acquisiti in rapporto al maturato economico” .
Osserva preliminarmente il Collegio che dalla disciplina posta dall’art. 34 della L.r. n. 22/1986 si evince chiaramente “ il carattere discrezionale del provvedimento finale, generato dal concerto e congiuntamente sottoscritto dall’Assessore competente, che la propone, e dal Presidente della Regione, che la sanziona ” (cfr. C.G.A., 26/09/2014 n. 549).
Ciò vale a rendere priva di rilevanza giuridica la censura con cui il Comune ricorrente ha dedotto, in relazione alla portata di detta disposizione, la nullità del provvedimento impugnato per assoluta carenza di potere dell’Amministrazione regionale intimata.
Invero, la disposizione contenuta nell’art. 34 della L.r. n. 22/1986 - contrariamente a quanto argomentato, nel tentativo di limitarne la portata, dalla difesa del Comune - esalta i poteri di indirizzo e governo del complessivo ordinamento sezionale delle IPAB regionali, soprattutto rispetto a situazioni di crisi del singolo Istituto. E ciò sia attraverso operazioni di fusione ed incorporazione con altre IPAB che possono garantire la continuità dell’opera prestata sul territorio dal sistema, sia attraverso previsioni riguardanti i beni ed il personale dell’Istituto estinto, che “hanno contenuto vincolante per le Amministrazioni interessate e quindi, come tali, sono destinate a prevalere anche a fronte dei vincoli di bilancio e della contraria volontà dell’ente comunale” (cfr. C.G.A. n. 549/2014 cit.).
Deve pertanto ritenersi che, proprio nell’esercizio dell’ampio potere discrezionale riconosciuto in subjecta materia all’Amministrazione regionale, la scelta di procedere all’estinzione si giustifica sulla scorta della complessa attività svolta in precedenza dal Commissario straordinario il quale, già nella relazione n. 255 del 24.2.2015, riferisce di una situazione debitoria “a dir poco disastrosa” e precisa di avere tentato la fusione con altre IPAB che non hanno aderito alla richiesta proprio per la grave situazione finanziaria dell’Ente.
Di tali risultanze la resistente Amministrazione regionale ha tenuto debitamente conto nell’adozione del provvedimento impugnato. La circostanza poi che il tentativo di fusione con altre IPAB non sia stato avviato e proseguito dal competente Assessore, ma dallo stesso organo amministrativo dell’IPAB (il commissario straordinario nominato in sostituzione del C.d.A. decaduto), risulta del tutto irrilevante.
Del pari infondata è la censura con cui si lamenta la violazione dell’art. 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241.
Infatti, contrariamente a quanto sostenuto dal Comune ricorrente (nel primo motivo di ricorso) il superamento del termine dato all’Amministrazione per provvedere non comporta (se non vi è una specifica previsione in questo senso) il venir meno del potere di provvedere, ma può comportare conseguenze su altri piani (diversi da quello relativo all’invalidità del provvedimento) quali ad esempio quello del danno da ritardo (art. art.