TAR Ancona, sez. I, sentenza 2023-05-08, n. 202300286
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Pubblicato il 08/05/2023
N. 00286/2023 REG.PROV.COLL.
N. 00673/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 673 del 2022, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati R I e C N S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero dell'Interno e Questura di -OMISSIS-, in persona dei legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Ancona, corso Mazzini, 55;
nei confronti
-OMISSIS-, rappresentata e difesa dall'avvocato A K, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per l'annullamento
previa sospensione
del provvedimento nr. -OMISSIS- emesso dal Questore della Provincia di -OMISSIS-, relativo all'applicazione della misura di prevenzione dell'ammonimento ai sensi dell'art. 3 L. n. 119/2013, nonché annullamento e prima ancora caducazione automatica del verbale di ritiro cautelare di arma ai sensi dell'art. 39 comma 2 T.U.L.P.S., e di ogni atto presupposto, connesso e consequenziale, anche se allo stato non conosciuto, con condanna delle amministrazioni alla restituzione, anche medio tempore , delle licenze (porto di fucile ad uso sportivo e porto di fucile ad uso caccia) ritirate sulla base di provvedimento interinale non confermato ed in ogni caso illegittimo oltreché delle armi che in conseguenza potranno essere personalmente detenute.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno, della Questura di -OMISSIS- e di -OMISSIS-;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 aprile 2023 il dott. T C e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Il ricorrente impugna il provvedimento indicato in epigrafe, con cui il Questore della Provincia di -OMISSIS- ha disposto nei suoi riguardi la misura di prevenzione dell’ammonimento ai sensi dell’art. 3 del D.L. n. 93/2013, convertito in L. n. 119/2013, nonché il verbale di ritiro cautelativo delle armi detenute dal sig. -OMISSIS- e delle relative licenze di polizia, e qualsiasi altro atto presupposto, connesso e conseguente;il ricorrente chiede altresì che, in accoglimento del ricorso, sia ordinato all’amministrazione di procedere alla restituzione delle licenze e delle armi ritirate.
2. In punto di fatto nel ricorso si espone quanto segue.
In data 22 luglio 2022 la Questura di -OMISSIS- riceveva un esposto anonimo, in cui si riferiva di una presunta violenza domestica da parte del sig. -OMISSIS- nei confronti della moglie, sig.ra -OMISSIS-.
A seguito di tale esposto, il cui autore si identificava genericamente come inquilino della stessa palazzina in cui risiede il ricorrente, un vice ispettore in servizio presso la Questura convocava tutti i condomini per acquisire le informazioni necessarie e, nell’occasione, uno di loro (poi identificato nel sig. -OMISSIS-) ammetteva di aver presentato l’esposto.
Il denunciante, in particolare, in sede di audizione personale dichiarava di essere da anni in pessimi rapporti con il ricorrente e di averlo più volte denunciato sempre senza esito, fino alla descritta segnalazione anonima, colorata nell’occasione di altri elementi (che il ricorrente evidenzia essere contraddittori con il precedente esposto).
In data 26 luglio 2022 veniva notificata al sig. -OMISSIS- la “ Comunicazione di avvio del procedimento ex art. 7 e 8 L. 241/90 ” diretto all’irrogazione della misura dell’ammonimento del Questore ex art. 3 L. n. 119/2013. A tale comunicazione il ricorrente replicava presentando una memoria difensiva in cui negava gli addebiti mossi dal condomino.
Il giorno successivo il personale della Questura procedeva, motivandolo esclusivamente con l’avvio del procedimento finalizzato all’ammonimento, al ritiro cautelare di sette fucili di proprietà del ricorrente unitamente al porto d’armi ad uso sportivo n. -OMISSIS- (il ricorrente spiega infatti di praticare da circa 40 anni il tiro a segno a livello agonistico, di avere sempre rispettato le prescrizioni imposte dalla Questura in merito alla custodia delle armi e di non avere mai dato adito a rilievi di sorta).
Medio tempore , a seguito dell’apertura delle indagini preliminari per il reato di cui all’art. 582 c.p. aggravato ai sensi dell’art. 577, comma 1, n. 1, c.p. (proc. pen. n. -OMISSIS-), in data 1° agosto 2022 la sig.ra -OMISSIS- ed il sig. -OMISSIS--, figlio del ricorrente, venivano sentiti dalla Questura, su delega della Procura di -OMISSIS-, a sommarie informazioni, rilasciando le dichiarazioni di cui si dirà nella parte in diritto.
Viste le dichiarazioni rese dalla sig.ra -OMISSIS- e dal sig. -OMISSIS--, che confermavano l’infondatezza della notizia di reato, il P.M. richiedeva l’archiviazione già in fase di indagini e il G.I.P., ritenendo i motivi indicati dal P.M. “ …pienamente condivisibili alla luce delle risultanze del procedimento… ”, adottava il relativo decreto di archiviazione datato 23 agosto 2022.
Nonostante ciò, il Questore della Provincia di -OMISSIS- adottava il decreto di ammonimento, con il quale invitava il sig. -OMISSIS- “ …a tenere una condotta conforme alla legge e ad astenersi da ulteriori atti di violenza domestica sia fisica che psicologica nei confronti dei familiari conviventi e non… ”, nulla prevedendo circa le licenze e le armi ritirate.
3. L’operato della Questura è censurato dal sig. -OMISSIS- per i seguenti motivi:
a) violazione e falsa applicazione dell’art. 3 del D.L. n. 93/2013 e dell’art. 8 del D.L. n. 11/2009. Anonimato dell’esposto originario ed assenza di segnalazione della asserita persona offesa, inidoneità all’apertura del procedimento.
Con il primo motivo il ricorrente deduce l’illegittimità radicale del procedimento in quanto avviato sulla base di un esposto anonimo, nel mentre l’art. 3 del D.L. n. 93/2013 stabilisce per l’appunto che la Questura può procedere solo in presenza di esposti non anonimi. Deduce altresì che nella specie è mancata la richiesta della vittima, per cui l’ammonimento non poteva essere adottato;
b) violazione e falsa applicazione dell’art. 3 D.L. n. 93/2013. Difetto di istruttoria. Eccesso di potere per travisamento dei fatti. Erronea considerazione degli elementi a carico e mancata considerazione di elementi fondamentali a discarico. Falsa, errata, carente motivazione. Sviamento di potere. Errata inversione dell’onere della prova in materia sanzionatoria. Ingiustizia manifesta.
Quanto al verbale di ritiro cautelare delle licenze ed armi, sua illegittimità per le medesime ragioni e prima ancora caducazione per mancata conferma in sede di ammonimento;
Con il secondo motivo il ricorrente deduce quanto segue.
In premessa, va precisato che il potere esercitato nella specie dal Questore trova base legittimante nell’art. 3 del D.L. n. 93/2013 in combinato disposto con l’art. 8 del D.L. n. 11/2009, convertito in L. n. 38/2009. L’art. 3, nel prevedere i presupposti (piuttosto specifici) della misura, stabilisce che:
“ 1. Nei casi in cui alle forze dell’ordine sia segnalato, in forma non anonima, un fatto che debba ritenersi riconducibile ai reati di cui agli articoli 581, nonché 582, secondo comma, consumato o tentato, del codice penale, nell’ambito di violenza domestica, il questore, anche in assenza di querela, può procedere, assunte le informazioni necessarie da parte degli organi investigativi e sentite le persone informate dei fatti, all’ammonimento dell’autore del fatto. Ai fini del presente articolo si intendono per violenza domestica uno o più atti, gravi ovvero non episodici, di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all’interno della famiglia o del nucleo familiare o tra persone legate, attualmente o in passato, da un vincolo di matrimonio o da una relazione affettiva, indipendentemente dal fatto che l’autore di tali atti condivida o abbia condiviso la stessa residenza con la vittima ”.
L’art. 8 del D.L. n. 11/2009, richiamato dal comma 2 del predetto art. 3, stabilisce al comma 1 che “ Fino a quando non è proposta querela per il reato di cui all’articolo 612-bis del codice penale, introdotto dall’articolo 7, la persona offesa può esporre i fatti all’autorità di pubblica sicurezza avanzando richiesta al questore di ammonimento nei confronti dell’autore della condotta. La richiesta è trasmessa senza ritardo al questore ”, per poi aggiungere al comma 2 che “ Il questore, assunte se necessario informazioni dagli organi investigativi e sentite le persone informate dei fatti, ove ritenga fondata l’istanza, ammonisce oralmente il soggetto nei cui confronti è stato richiesto il provvedimento, invitandolo a tenere una condotta conforme alla legge e redigendo processo verbale. Copia del processo verbale è rilasciata al richiedente l’ammonimento e al soggetto ammonito. Il questore adotta i provvedimenti in materia di armi e munizioni ”.
Nel caso di specie, tuttavia, non sussistevano i presupposti per l’adozione dell’ammonimento, essendo la Questura incorsa in un duplice errore di istruttoria, che ha determinato anche un travisamento dei fatti rilevante come eccesso di potere, giacché da un lato ha mal considerato gli elementi posti a carico del ricorrente, e dall’altro lato non ha tenuto presente una serie di elementi a suo discarico, che, ove considerati, avrebbero dovuto indurre ad un non luogo a procedere o ad un’archiviazione dell’esposto.
Quanto agli elementi a carico del sig. -OMISSIS-, il provvedimento impugnato è stato adottato unicamente sulla base delle dichiarazioni dell’esponente anonimo, poi palesatosi nel vicino Sig. -OMISSIS-. Tali dichiarazioni contengono però falsità ed incongruenze palesi, quali ad esempio: i) non è vero che la moglie del ricorrente abbia mai mostrato al denunciante o a chiunque altro alcun livido causato dal marito (e non a caso la stessa in sede di indagini penali aveva dichiarato che mai il ricorrente ha alzato le mani nei suoi confronti);ii) non è vero che la stessa veniva portata via ripetutamente in ambulanza dall’abitazione;iii) e nemmeno è vero che il ricorrente abbia spinto un’altra inquilina (poi qualificata sempre dall’esponente solo nel verbale non anonimo) facendola cadere a terra procurandole la frattura di un dito, tant’è che l’inquilina, pur essendo stata sentita, non ha assolutamente confermato l’accaduto e che non esiste agli atti del procedimento alcuna certificazione comprovante quanto riferito, né risulta mai sporta denuncia per tale accadimento;iv) non è vero che il ricorrente ha ucciso il proprio cane usando uno dei fucili detenuti per uso sportivo, il che risulta dal certificato veterinario allegato al ricorso (con riguardo a questo episodio viene altresì evidenziata l’incongruenza fra quanto dichiarato nell’esposto anonimo - dove il fatto veniva dato per certo – e quanto dichiarato in sede di audizione orale – dove invece si riferisce che l’uccisione del cane è stata ipotizzata dagli abitanti del condominio per il fatto che l’animale non era stato più visto in giro).
L’esponente, dunque, ha riferito solo mere congetture, supposizioni, illazioni indimostrate, addirittura attribuendo ad altri il suo pensiero, il che è frutto del rancore e dell’acredine che il sig. -OMISSIS-da tempo cova nei confronti del ricorrente, rancore che lo ha portato a denunciare più volte, ma senza esito, il sig. -OMISSIS-.
Quanto agli unici elementi documentali acquisiti agli atti – ossia i referti medici di alcuni accessi della sig.ra -OMISSIS- al pronto soccorso – essi non provano alcunché, visto che tali accessi sono avvenuti in conseguenze di cadute accidentali della donna avvenute nel corso di circa dieci anni (e non già di pochi mesi, come vorrebbe far intendere l’esponente) a causa della tenuta precaria delle sue ginocchia e dell’età avanzata (83 anni). Del resto in nessuna occasione i medici del pronto soccorso hanno rilevato tracce di possibili percosse.
Quanto invece agli elementi a discarico del ricorrente ignorati dalla Questura essi consistono: nelle dichiarazioni liberatorie rese nel corso delle indagini penali dalla moglie e dal figlio quarantaduenne del ricorrente;nella dichiarazione del condomino -OMISSIS-, pure essa pienamente liberatoria nei confronti del ricorrente;l’archiviazione da parte del G.I.P. di -OMISSIS- del procedimento penale avviato a carico del sig. -OMISSIS-;il fatto che l’interessato è titolare di porto d’armi da circa 40 anni senza avere dato mai adito a rilievi di alcun genere;la notevole durata del matrimonio fra il sig. -OMISSIS- e la sig.ra -OMISSIS- (oltre 50 anni).
A questo il ricorrente aggiunge, in sede processuale, le dichiarazioni dell’altra figlia, sig.ra -OMISSIS--, e del marito di quest’ultima, sig. -OMISSIS- (carabiniere in servizio), anch’esse univoche nello smentire l’esistenza di qualsivoglia episodio di violenza domestica fra gli anziani coniugi -OMISSIS---OMISSIS-. Da tutte le suesposte dichiarazioni emerge solo che l’odierno ricorrente, sia a causa del carattere burbero, sia a causa delle attitudini maturate nel corso della sua attività lavorativa (è stato dirigente dell’ILVA di Taranto), sia a causa dell’età, è abituato ad usare un tono autoritario e ad alzare la voce, ma senza che questo modo di relazionarsi con la coniuge abbia mai trasceso in episodi di violenza.
Alla luce di tali circostanze, si deve dunque ritenere che la Questura abbia fatto cattivo governo del potere attribuitole dall’art. 3 del D.L. n. 119/2013, venendo meno in particolare all’onere probatorio che gravava a suo carico e non a carico dell’odierno ricorrente. Nel provvedimento inoltre vi sono alcune valutazioni sulla personalità del sig. -OMISSIS- (si parla, ad esempio, di “ … sua indole incline alla litigiosità … ”, rispetto alla quale “ …occorre intervenire in via preventiva per soffocare alla radice ogni piccolo focolaio di violenza… ”) che non trovano alcun riscontro oggettivo.
Peraltro il compito della Questura non è quello di valutare l’indole del soggetto con un giudizio di lombrosiana memoria, ma – come prescrive l’art. 3 del D.L. n. 93/2013, in combinato con l’art. 8 del D.L. n. 11/2009, l’esistenza di “ …un fatto che debba ritenersi riconducibile ai reati di cui agli articoli 581, nonché 582, secondo comma, consumato o tentato, del codice penale, nell’ambito di violenza domestica… ”.
Pertanto, e pur nella consapevolezza che molto spesso le Questure, anche in ragione dell’attuale contesto sociale spesso caratterizzato da eventi di violenza familiare, sono portate ad assumere un atteggiamento rigoroso astrattamente condivisibile, con riguardo al caso di specie il provvedimento impugnato è stato assunto sulla base di valutazioni aprioristiche e senza tenere in considerazione la vicenda specifica, i documenti acquisiti e le informazioni assunte, elementi che, letti contestualmente, comprovano l’ingiustizia e l’abnormità dell’ammonimento.
Da ultimo, va evidenziata l’illegittimità del verbale di ritiro delle armi e delle relative licenze, oltre che in via derivata da quella dell’ammonimento, anche per vizio proprio, visto che nel provvedimento di ammonimento nulla si dice in merito alla sorte delle armi e delle licenze ritirate in pendenza del procedimento.
In questo senso è stato violato l’art. 8, comma 2, del D.L. n. 11/2009, applicabile in quanto espressamente richiamato dall’art. 3, comma 2, del D.L. n. 93/2013, il quale prevede che, in sede di ammonimento, “ …il questore adotta i provvedimenti in materia di armi e munizioni ” (questi ultimi, però, dovrebbero essere motivati con uno specifico ed autonomo giudizio di pericolosità dell’interessato, nella specie del tutto assente).