TAR Napoli, sez. IV, sentenza 2023-03-08, n. 202301520

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. IV, sentenza 2023-03-08, n. 202301520
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 202301520
Data del deposito : 8 marzo 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 08/03/2023

N. 01520/2023 REG.PROV.COLL.

N. 02273/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2273 del 2022, proposto da
L.M.P. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato E C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Regione Campania, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato M I, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

e con l'intervento di

ad adiuvandum:
Comune di Sant'Agnello, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato F P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'annullamento

a) del Decreto Dirigenziale Regione Campania n.19 del 26.04.2022, notificato il 28.04.2022, con cui è stato annullato in autotutela il D.D. n.5 dell’11.2.2022;

b) per quanto occorra, degli atti in esso richiamati, ivi compresi: b/bis) la relazione istruttoria regionale, senza numero e data;
la nota prot.n.126851 dell’08.3.22;
la nota prot.n.197727 del 12.4.22 e la nota prot.n.198389 del 12.4.22;

c) di ogni altro atto ai precedenti presupposto, connesso e/o conseguente;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Campania;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 gennaio 2023 la dott.ssa Rita Luce e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

La L.M.P. s.r.l., con nota prot. regionale n.539049, del 02.11.2021, presentava alla Regione Campania istanza di “autorizzazione alla commercializzazione” di materiale lapideo (di seconda categoria), presente in blocchi stoccati da anni in una cava sita in Terzigno (NA), alla località Boccia al Mauro, cava di proprietà della Ranieri Orlando &
Ingg. Antonio s.n.c. in liquidazione).

Con Decreto Dirigenziale n.5 dell’11.02.2022, comunicato in pari data, la Regione concedeva l’autorizzazione nei limiti delle quantità indicate ed accumulate nei tre piazzali, per un volume complessivo di 128.8700 mc. e per un tempo di prelievo e rimozione di massimo tre anni (all.n.3). Con Decreto Dirigenziale n.19, del 26.04.2022, notificato in data 28.04.202, tuttavia, la Regione, rilevando che non risultava acquisito il nulla osta preventivo ex art.13 della legge n.394/1991, necessario al rilascio di concessioni ed autorizzazioni relative ad interventi, impianti ed opere all’interno del Parco (il Parco nazionale del Vesuvio, ove ricade Terzigno), annullava il D.D. n 5/22 (all.n.2).

La società ricorrente ha, quindi, impugnato, con il ricorso principale, il Decreto n. 19/2022 deducendo che l’autorizzazione ex art.13 L.394/1991 non era necessaria in quanto, nella specie, non si sarebbe proceduto a realizzare alcun intervento edilizio o di trasformazione del territorio. La Cava Ranieri era attiva, comunque, da prima della entrata in vigore della Legge Regionale (n.54 del 13.12.1985) e, dunque, anche da prima delle norme del Piano Parco e, pertanto, i materiali stoccati risalivano ad epoca antecedente al 2001. Rilevava, infine, la necessità di liberare l’area di cava da mezzi e beni, proprio al fine di poter valorizzare il territorio ad esso sottostante;
la Regione Campania avrebbe dovuto, al più, sospendere il provvedimento autorizzatorio ed aveva omesso di comunicare l’avvio del relativo procedimento. A sostegno del gravame, la ricorrente deduceva, ancora, che l’art.39 co.3 bis della N.T.A al Piano Ente Parco si riferiva alle cave di cui al precedente comma 3 (art.39, co.3bis: “ai fini del riempimento delle aree di cava esterne alle unità D4 di cui al precedente comma 3…. è ammesso l’impiego di inerti...”), ovvero alle cave “abusive” (co.3: “attività illegali di escavazione e di scarica”). A ben vedere, poi, proprio le norme del Piano Parco del 2010 prevedono la possibilità, addirittura, del “prelievo produttivo” (art.39 co. V) e nelle aree come quella in esame persino una radicale trasformazione (art.15). Da ultimo, il provvedimento impugnato doveva ritenersi illegittimo per difetto di motivazione, anche con riferimento alla mancata comparazione dell’interesse pubblico con quello privato, anche in considerazione del legittimo affidamento ingenerato nella società dal notevole arco di tempo decorso tra l’adozione dell’atto autorizzatorio ed il suo annullamento in autotutela.

Si costituiva in giudizio la Regione Campania eccependo l’infondatezza delle censure così proposte e chiedendo il rigetto del ricorso.

Interveniva in giudizio, ad adiuvandum, il Comune di Sant’Agnello insistendo per l’accoglimento del ricorso anche alla luce delle conclusioni raggiunte, in una fattispecie analoga, dal Consiglio di Stato con sentenza n. 7209 del 17.8.2022.

Con ordinanza del 17.06 2022, il Tribunale accoglieva l’istanza di sospensione cautelare del provvedimento impugnato.

Alla udienza pubblica del 24 gennaio 2023 la causa è stata trattenuta in decisione.

Il ricorso è fondato e merita accoglimento per le considerazioni che seguono.

Con decreto 5/2022, la Regione Campania ha accolto l’istanza presentata dalla ditta LMP per l’autorizzazione alla commercializzazione del materiale lapideo di natura lavica presente come blocchi semilavorati accumulati nella cava sita in Terzigno (NA), presentata con nota prot. n. 539049 del 2.11.2021.

La cava, oggetto di giudizio, è del tipo a fossa per estrazione di sabbie vulcaniche e pietrame lavico, ed è ubicata alla località Boccia al Mauro nel Comune di Terzigno;
la stessa è stata in attività, pressoché continua, dal 1938 fino all’anno 2006, estraendo i materiali dalla colata lavica denominata Caposicchi del 1834 che ha ricoperto le precedenti attività piroclastiche del Vesuvio su una superficie complessiva di circa 500.000 mq., di proprietà della stessa società Ranieri.

L’Ente Parco Nazionale del Vesuvio, con nota prot. n. 126851, dell’8.03.2022 (all. n. 3 alla memoria della Regione) diffidava, tuttavia, il Genio Civile dal dare esecutività all’autorizzazione ivi concessa.

Con successiva nota di diffida prot. n. 197727, del 12.04.2022 (all. n. 4 alla memoria della Regione) L’Ente Parco Nazionale del Vesuvio evidenziava, altresì, che “ai sensi della pianificazione vigente sul territorio del Parco Nazionale del Vesuvio non è consentito procedere all’estrazione, all’asportazione e/o alla commercializzazione di materiale lapideo proveniente dalla ex Cava Ranieri sita in Terzigno e ricadente all’interno dell’area protetta”;
pertanto, diffidava la società LMP dal prelevare il pietrame lavico, oggetto delle passate attività estrattive e lasciato in cumuli presso i piazzali della Cava Ranieri, e disponeva che “Il materiale già estratto e giacente della ex Cava Ranieri dovrà trovare destinazione coerente con quanto precisato dagli artt. 15 e 39 delle NTA del Piano Parco ossia:

-riempimento delle parti scavate ex art. 39 co.2

-riempimento delle aree di cava esterne alle Unità D4 di cui al precedente comma e di rimodellazione dei fronti e dei suoli delle Unita’ D4 “(art. 39 co.3 ter)”;

-restauro di beni archeologici storici e architettonici (art. 39 co. 3 quater);

-riqualificazione delle attività artigianali e della lavorazione della pietra lavica esistenti (art. 15 co. 14)”. Tali attività avrebbero dovuto, in ogni caso, essere precedute dalla presentazione ed approvazione, ai sensi dell’art. 5 co.1 lett. E e co. 2 lett. C delle Norme Tecniche di Attuazione del Piano del Parco di un PR.V.I.U. che, allo stato non risultava ancora presentato, con la conseguenza della inutilizzabilità, non commerciabilità ed inamovibilità del materiale lapideo estratto ed ancora giacente.

Anche il Comune di Terzigno, cui era demandata la stipula della convenzione, di cui all’art. 18 della L.R. 54/85, relativamente agli oneri da versare per la commercializzazione dei massi, con nota prot. regionale n. 198389 del 12.04.2022, diffidava la società LMP dall’inizio delle attività di movimentazione dei blocchi lavici, già estratti dalle passate attività estrattive della cava Ranieri.

La Regione, a sua volta, rilevando che l’art. 15 lett. b) del Piano del Parco del Vesuvio pubblicato sul BURC n. 9 del 2010, espressamente vieta, proprio per la Cava Ranieri, ogni tipo di movimentazione di qualsiasi materiale, al fine di preservare l’integrità del territorio e che, nella fattispecie in esame, non risultava acquisito il nulla osta preventivo, ex art. 13 della Legge n. 394/91, procedeva all’annullamento in autotutela del D.D. n. 5/2022.

Con il primo motivo di ricorso, pertanto, la ricorrente ha rilevato l’illegittimità del suindicato provvedimento, deducendo che l’art 13 citato non troverebbe applicazione al caso di specie, in quanto riferito allo svolgimento di attività di natura edilizia o di interventi idonei a modificare l’assetto del territorio oggetto di tutela.

Ad avviso del Collegio, tale censura merita accoglimento, in quanto l’art. 13 della legge quadro sulle aree protette n. 394791, nello stabilire che il rilascio di “concessioni o autorizzazioni relative ad interventi, impianti ed opere all'interno del parco è sottoposto al preventivo nulla osta dell'Ente parco”, che ne verifica la compatibilità con le esigenze di tutela dell'area naturale protetta, si riferisce evidentemente ad interventi, impianti ed opere di natura edilizia, idonei, in quanto tali, a determinare una “modifica del territorio”, tutelato dall’Ente Parco, con riferimento al quale, quindi, si impone una verifica di compatibilità. Nel caso che ci occupa, invece, non si trattava di autorizzare nessun intervento di siffatta natura, ma la diversa commercializzazione di materiale lapideo già estratto ed esistente sul sito.

La stessa Regione Campania, del resto, rilevava, nel D.D. n. 5/2022, la necessità di eliminare situazioni di pericolo, per la futura fruizione dei luoghi, come auspicata da tutti gli strumenti di pianificazione che disciplinano l’area, con il raggiungimento di una sistemazione ordinata delle aree di piazzale” e di “tutelare un materiale dal rilevante valore commerciale ed industriale, come classificato dall’art.2 del R.D. 29 luglio 1927, n. 1443, nel rispetto delle finalità dettate dall’art. 1, co. 2, delle Norme di Attuazione del Piano Regionale delle Attività Estrattive, viste anche le continue denunce di furto fatte dal titolare della ditta interessata”.

Occorre, inoltre, rilevare che il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 7209 del 17.08.2022, nell’esaminare proprio la quaestio iuris che qui ci occupa, ovvero quella concernente l’interpretazione e l’applicazione delle norme tecniche di attuazione del Piano del Parco Nazionale del Vesuvio (approvato dal Consiglio Regionale e pubblicato sul BURC del 27 gennaio 2010, n. 9), come richiamate dall’Ente Parco nelle note di diffida n. 126851, dell’8.03.2022 e n. 197727, del 12.04.2022, ha concluso nel senso che le norme citate non contengano alcun divieto di commercializzazione del materiale lapideo, ove derivante da precedenti estrazioni e, quindi, già esistente sul sito della cava.

Il Consiglio di Stato, infatti, nel richiamare quanto disposto agli artt. 39 e 15 delle N.T.A del Piano, ha concluso nel senso che “nessuna delle disposizioni richiamate contiene un divieto di movimentazione e di commercializzazione di materiali lapidei già estratti, mentre le disposizioni che si riferiscono all’attività di escavazione e ai PR.I.V.I.U., attengono, con tutta evidenza, per un verso, ad attività estrattiva o di escavazione da eseguirsi all’attualità, per altro verso agli interventi obbligatori o consentiti nelle diverse zone nelle quali è divisa l’area del Parco, ma non riguardano in alcun modo l’attività di mero sgombero di materiale esistente in loco.” ;
“Ancora, è da escludere che per provvedere all’attività di movimentazione e di commercializzazione sarebbe stata necessaria la presentazione di un apposito progetto di recupero (PR.I.V.I.U.);
si tratta effettivamente di disposizioni rivolte agli esercenti di attività di escavazione nel periodo antecedente la data di entrata in vigore del Piano Parco. Tuttavia esse impongono a tali soggetti l’obbligo di realizzare “opere di risanamento e riqualificazione paesaggistica ed ambientale dei luoghi sulla base di specifici PR.I.V.I.U. di cui all’art. 5 nel rispetto della normativa regionale e nazionale, secondo le modalità espresse dall’art. 15, comma 14 […]”;
soltanto per adempiere tale obbligo (concernente le “opere di risanamento e riqualificazione paesaggistica ed ambientale dei luoghi”) è richiesta la presentazione di appositi progetti di recupero, senza tuttavia che ciò possa significare che per effettuare una diversa attività (movimentazione di materia prima stoccata in loco) sia necessario presentare un PR.I.V.I.U. e senza che risulti che la violazione degli obblighi imposti ai precedenti esercenti attività di escavazione (in tesi, la ditta Ranieri Orlando s.n.c. in liquidazione) sia di impedimento a rimuovere il prodotto della precedente estrazione.

In merito poi alla asserita obbligata destinazione ad attività di riempimento del materiale già estratto dalla cava Ranieri, si osserva che il riempimento risulta essere stato escluso già dai competenti uffici della Regione Campania, in riferimento al piano di recupero del 1996, in considerazione dei reperti ivi esistenti e del tipo di cava a fossa”.

L’art. 39, comma 3 bis, infine, deve intendersi riferito “attività illegali di escavazione e di discarica” (previste dal terzo comma ed escluse nel caso di specie) e comunque tutta la disposizione attiene a “l’impiego di inerti […] provenienti da attività edilizia […]”, fattispecie diversa dalla presente”;
quanto all’ art. 39, comma 3 quater (“restauro di beni archeologici, storici e architettonici”), da ultimo, “il testo della norma è esplicitamente riferito alla “attività di escavazione attualmente consentita allo scopo di detto restauro, non all’impiego del prodotto di precedente estrazione”. L’art. 15, comma 14 (“riqualificazione delle attività artigianali e della lavorazione della pietra lavica esistenti”), a sua volta,“si riferisce agli interventi consentiti nell’Unità D4, tra i quali rientrano quelli finalizzati appunto alla “riqualificazione delle attività artigianali e della lavorazione della pietra lavica esistenti”;
la riqualificazione delle attività di tale ultimo tipo ospitate nell’area, in sé considerate, può costituire quindi uno degli obiettivi degli interventi da attuare nell’ambito dell’Unità D4. Tuttavia nel caso di specie, non si tratta di autorizzare alcun intervento di riqualificazione, né la circostanza che questi siano previsti osta alla commercializzazione del materiale già cavato, in mancanza di un divieto contenuto nella disciplina applicabile” (cfr Cons. Stato cit).

Orbene, le conclusioni cui è giunto il Consiglio di Stato non possono che confermare l’illegittimità del provvedimento impugnato che, per tali ragioni, ed assorbita ogni ulteriore censura, va annullato.

La novità e complessità della questione giustifica, tuttavia, l’integrale compensazione, tra le parti, delle spese di giudizio.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi