TAR Trieste, sez. I, sentenza 2024-06-27, n. 202400226

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Trieste, sez. I, sentenza 2024-06-27, n. 202400226
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Trieste
Numero : 202400226
Data del deposito : 27 giugno 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 27/06/2024

N. 00226/2024 REG.PROV.COLL.

N. 00250/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 250 del 2023, proposto dal signor -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati G e G C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

il Ministero della Difesa, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Trieste, domiciliataria ex lege in Trieste, piazza Dalmazia, 3;

per l'annullamento

- della determinazione prot. n. M_D AB05933 REG2023 0274676 dell’8 maggio 2023, con la quale la Direzione generale per il personale militare del Ministero della Difesa ha disposto nei riguardi del ricorrente la sanzione della sospensione disciplinare dall’impiego per due mesi;

- di tutti gli atti presupposti, connessi e/o conseguenti al predetto provvedimento.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 giugno 2024 il dott. Daniele Busico e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;


1. Con ricorso notificato il 12 luglio 2023 e depositato il successivo giorno 7 agosto il ricorrente, Tenente dell’Esercito italiano, effettivo al -OMISSIS-, ha impugnato il provvedimento in epigrafe col quale il Ministero resistente gli ha irrogato la sanzione della sospensione disciplinare dall’impiego per due mesi.

La sanzione è stata inflitta per la seguente contestazione: “ Ufficiale dell’Esercito Italiano, comandato di servizio in qualità di Ufficiale di Picchetto presso la -OMISSIS-, con orario dalle 08:30 di domenica 17 alle ore 08:30 di lunedì 18 novembre 2019, non effettuava le ispezioni comandate negli orari prestabiliti alle ore 20:30, 21:45 e 23:00 del 17 novembre 2019 ed alle ore 05:30 e 07:00 del 18 novembre 2019, violando in tal modo la consegna ricevuta. Tale comportamento, sanzionato in via definitiva in sede penale, è censurabile anche sotto l’aspetto disciplinare perché lesivo del prestigio dell’Istituzione e contrario ai doveri attinenti al giuramento prestato, al grado rivestito, al senso di responsabilità ed al contegno che ogni militare deve tenere in qualsiasi circostanza di cui agli artt. 621 co. 5, 1346, 1352, 1357 e 1358 del D.lgs 66/2010 ”.

Il ricorrente ha dedotto censure di violazione di legge (art. 4 Prot. n. 7 della CEDU, art. 730 del d.P.R. n. 90/2010, art. 26, comma 1, del d.P.R. n. 545/1986, art. 1370, comma 1, del d.lgs. n. 66/2010) ed eccesso di potere per difetto di istruttoria e motivazione, nonché per manifesta sproporzione della misura della sanzione.

2. L’Amministrazione si è costituita in giudizio in resistenza al ricorso.

3. All’udienza pubblica del giorno 6 giugno 2024 la causa è passata in decisione.

4. Il ricorso è infondato.

5. Il primo motivo (da pag. 6 a pag. 13 del ricorso), col quale si deduce la violazione del principio del ne bis in idem , sul rilievo della duplice sottoposizione del ricorrente prima al procedimento penale e, poi, al procedimento disciplinare per i medesimi fatti, è infondato.

5.1. Il principio di divieto di bis in idem , scolpito nell'art. 4, Prot. n. 7, della CEDU, ha la funzione di impedire che alla medesima persona, in relazione a identica fattispecie, siano inflitte due sanzioni di natura ontologicamente penale.

Ferma la pacifica natura penale della pena di due mesi di reclusione militare irrogata dal Tribunale Militare di -OMISSIS- (confermata dalla Corte Militare di Appello con la sentenza n. -OMISSIS- e dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. -OMISSIS-) occorre qualificare la natura sostanziale della sanzione disciplinare -sospensione dall'impiego - alla stregua dei cc.dd. “ Engels criteria ” (Corte EDU, 8.6.1976, Engel c. Paesi Bassi).

5.2. Sul punto, ritiene il Collegio che la sanzione disciplinare, per qualificazione giuridica, natura e severità non può essere equiparata a quella penale, sicché le due sanzioni risultano applicabili congiuntamente.

In tal senso, alla luce del terzo dei “criteri Engel” (grado di severità della sanzione applicabile), si deve anzitutto osservare che, sul piano concreto, la “gravità” della sanzione disciplinare di sospensione dall'impiego risulta decisivamente condizionata, in senso negativo, dalla particolare brevità della durata di soli due mesi (in questo senso, anche T.A.R. Puglia, n. 33/2022) e dalle contenute conseguenze patrimoniali, invero nemmeno evidenziate in termini di afflittività dal ricorrente.

A ciò va aggiunto che si deve dar atto di quell’orientamento della giurisprudenza (Cons. di Stato, n. 1663/2021 e Cass. civ., n. 2927/2017) secondo il quale, posto che gli illeciti disciplinari rilevano solo all'interno dei rispettivi ordinamenti di settore, non si configura, già sul piano astratto, il presupposto dell'identità della fattispecie.

5.3. Dalle considerazioni che precedono, consegue l’infondatezza del primo motivo di censura, atteso che il richiamo al principio del ne bis in idem non risulta pertinente all'oggetto del presente giudizio.

6. Anche il secondo motivo di ricorso (pagg. da 13 a 23), col quale si contesta la carenza dell’istruttoria e della motivazione in relazione ai profili di doglianza fatti emergere dal ricorrente nella propria memoria difensiva, è infondato.

6.1. Con esso in effetti il ricorrente ha fatto valere argomenti di difesa già ampiamente esaminati e disattesi nel corso del procedimento penale che, in quanto infondati, non potevano condurre l’Amministrazione ad una rivalutazione del caso.

6.2. Occorre innanzi tutto dare atto che è rimasta anche in questa sede (come, d’altra parte nella sede penale) non contestata la ricostruzione della condotta materiale addebitata al ricorrente, il quale ha omesso di effettuare le ispezioni comandate in ben cinque occasioni negli orari prestabiliti durante la notte del 17 novembre 2019 (cfr. pag. 14 del ricorso “ -OMISSIS-mai ha negato, sin da principio, di aver, nella notte tra il 17 e il 18 novembre 2018, omesso di effettuare le ispezioni previste dall’ordine scritto a firma del Comandante alla sede Tenente Colonnello -OMISSIS- ”).

6.3. Ciò di cui si lamenta il ricorrente - anche in questa sede - è l’illegittimità della presupposta consegna, perché emessa da soggetto diverso dal Comandante di Reggimento e comunque privo di valida delega.

Al riguardo è sufficiente qui richiamare le argomentazioni utilizzate dalla Corte di Cassazione (sentenza n. -OMISSIS-) per respingere su questo punto l’impugnativa del ricorrente avverso la sentenza della Corte Militare di Appello.

Ai sensi dell'articolo 730 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 90 del 2010 "Testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare" (T.U.O.M.), «la consegna è costituita dalle prescrizioni generali o particolari, permanenti o temporanee, scritte o verbali impartite per l'adempimento di un particolare servizio».

Ebbene, la consegna indica le modalità di esecuzione di un determinato servizio;
inoltre, si distingue dagli ordini o dagli incarichi in quanto tassativa: caratteristica peculiare della consegna è la tassatività della condotta voluta (cioè disposta) dal superiore che l'ha emanata;
tassatività che toglie (quasi) totalmente ogni discrezionalità al militare che svolge il servizio regolato da consegna.

L'art. 729 del citato decreto regola, per parte sua, la «esecuzione di ordini»;
è stabilito che: «1. Il militare deve eseguire gli ordini ricevuti con prontezza, senso di responsabilità ed esattezza, nei limiti stabiliti dal codice e dal regolamento, nonché osservando scrupolosamente le specifiche consegne e le disposizioni di servizio. In particolare, egli deve: a) astenersi da ogni osservazione, tranne quelle eventualmente necessarie per la corretta esecuzione di quanto ordinato;
b) obbedire all'ordine ricevuto da un superiore dal quale non dipende direttamente, informandone quanto prima il superiore diretto;
c) far presente, se sussiste, l'esistenza di contrasto con l'ordine ricevuto da altro superiore;
obbedire al nuovo ordine e informare, appena possibile, il superiore dal quale aveva ricevuto il precedente ordine».

La disposizione si occupa, altresì, di regolare il comportamento del militare che riceve un ordine illegittimo;
è previsto che: «2. Il militare al quale è impartito un ordine che non ritiene conforme alle norme in vigore deve, con spirito di leale e fattiva partecipazione, farlo presente a chi lo ha impartito dichiarandone le ragioni, ed è tenuto a eseguirlo se l'ordine è confermato. Secondo quanto disposto dalle norme del codice, il militare al quale è impartito un ordine manifestamente rivolto contro le istituzioni dello Stato o la cui esecuzione costituisce comunque manifestamente reato, ha il dovere di non eseguire l'ordine e informare al più presto i superiori».

3.2. Ciò premesso, pur dovendosi mantenere distinti la consegna e l'ordine, non solo per le diverse conseguenze penali che derivano dal mancato adempimento della prima (artt. 118 e 120 cod. pen. mil . pace) e del secondo (art. 173 cod. pen. mil . pace), ma soprattutto per la differenza ontologica delle due disposizioni (l'esecuzione di un ordine è meno rigorosa rispetto all'esecuzione di una consegna: la consegna può esser difatti modificata solo dal superiore che l'ha emanata mentre, al contrario, l'ordine può esser modificato anche da un altro superiore;
in tale ultimo caso, l'unica incombenza per il militare è quella di «far presente, se sussiste, l'esistenza di contrasto con l'ordine ricevuto da altro superiore;
obbedire al nuovo ordine e informare, appena possibile, il superiore dal quale aveva ricevuto il precedente ordine»), è fuori dubbio che, al pari dell'ordine, anche la consegna può essere illegittima.

Non può, perciò, dubitarsi che il militare possa legittimamente rifiutarsi di eseguire una consegna quando ne ravvisi l'illegittimità, similmente a quanto è previsto per l'ordine.

Infatti, l'art. 1349 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 (Codice dell'ordinamento militare), sotto la rubrica «Ordini militari», stabilisce: «1. Gli ordini devono, conformemente alle norme in vigore, attenere alla disciplina, riguardare le modalità di svolgimento del servizio e non eccedere i compiti di istituto.

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