TAR Milano, sez. II, sentenza 2019-08-26, n. 201901920

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Milano, sez. II, sentenza 2019-08-26, n. 201901920
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Milano
Numero : 201901920
Data del deposito : 26 agosto 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 26/08/2019

N. 01920/2019 REG.PROV.COLL.

N. 01729/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1729 del 2015, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato A P, con domicilio eletto presso il suo studio in Milano, via Ponte Seveso, 41;

contro

Ministero dell'Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata in Milano, via Freguglia, 1;

per l'annullamento

del decreto n. EM. SUB. 12 RIGDEF / 74 / 2015 emesso dalla Prefettura di Milano in data 29/04/2015 e notificato il 12.05.2015, con cui la predetta autorità amministrativa decretava il respingimento dell'istanza di emersione da lavoro irregolare ai sensi dell'art. 5 del D. Lgs. 109/2014 (domanda MB4803617519) presentata dal sig. -OMISSIS-in favore del sig. -OMISSIS-, e il contestuale diniego del rilascio del permesso di soggiorno per attesa occupazione ai sensi del Decreto Legge n. 76/2013.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 maggio 2019 il dott. A D M e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Il ricorrente ha impugnato il diniego di emersione 2012 e di rilascio di un permesso di lavoro per attesa occupazione, motivato con riferimento alla violazione dell’art. 5 del D. Lgs. 109/2012 nella parte in cui prevede che l’emersione è riservata ai datori di lavoro che alla data della dichiarazione di emersione continuano ad occupare irregolarmente lavoratori extracomunitari. Secondo il provvedimento impugnato, infatti, la domanda di emersione è stata presentata in data 08/10/2012 e nel mese di febbraio 2015 è stata trasmessa la comunicazione di cessazione del rapporto di lavoro all’INPS avvenuta in data 30/09/2012, quindi prima della presentazione della domanda. A ciò il provvedimento aggiunge anche la mancanza di una posizione INPS del lavoratore e l’irregolarità del DURC dell’impresa dal mese di ottobre 2012 al 30.01.2015.

Contro il suddetto atto il ricorrente ha sollevato i seguenti motivi di ricorso.

I) Violazione di legge in relazione all'art. 9 comma 10 del decreto legge 76/2013ed alla circolare prot. 35 del 10 luglio 2013 del Ministero dell'Interno.

In primo luogo, è pacifico che l'unico motivo posto a fondamento dell'impugnato decreto, ossia la prematura cessazione del rapporto di lavoro, non corrisponde alla realtà dei fatti ma è frutto di un mero errore materiale di comunicazione dati, successivamente ovviato, con la sostituzione della data del 30.09.2012 con quella del 30.10.2012.

A ciò si aggiunge che anche l’irregolarità contributiva e la posizione assicurativa del lavoratore sono state tutte sanate.

Secondo il ricorrente l’avvenuto pagamento delle somme dovute a titolo retributivo e contributivo per almeno 6 mesi, il contributo forfettario di euro 1000 e l’attestazione della presenza sul suolo nazionale alla data del 31.12.2011 sarebbero comunque sufficienti per ottenere un permesso di soggiorno per attesa occupazione.

Si è costituito in giudizio il Ministero dell’Interno, a mezzo dell’Avvocatura dello Stato, opponendosi all’accoglimento del ricorso.

Con l’ordinanza cautelare n. 1165 del 18.09.2015 questa Sezione ha accolto la domanda cautelare “ considerato necessario che l’Amministrazione dell’Interno provveda ad un motivato riesame, alla luce della documentazione presentata dal ricorrente, che attesterebbe l’errore materiale nell’indicazione della data di cessazione del rapporto (30.9.2012, anziché 31.10.2012, cfr. il doc. 9 del ricorrente), oltre che l’avvenuto versamento contributivo, seppure con errore nell’indicazione della data di nascita (cfr. i docc. 12 e seguenti del ricorrente)”.

Con l’ordinanza cautelare n. 1626 del 09.12.2015 questa Sezione ha rinviato l’esame cautelare considerato che l’Amministrazione dell’Interno non ha dato esecuzione all’ordinanza di riesame di questa Sezione n. 1165/2015 e che appare pertanto necessario reiterare l’incombente contenuto nell’ordinanza stessa, con fissazione di nuova udienza cautelare .

L’amministrazione, con comunicazione pervenuta al Tribunale in data 12 gennaio 2016, ha provveduto al riesame con risultato negativo, motivato con riferimento al fatto di non avere agli atti alcuna documentazione attestante che il rapporto di lavoro fosse cessato in data 30/10/2012 invece che in data 30/09/2012;
con la circostanza che vi era regolarità contributiva dell’impresa solo per il periodo aprile/settembre 2012 e che il ricorrente non aveva presentato ulteriore documentazione.

In data 10 marzo del 2016 il ricorrente ha depositato una memoria dalla quale si desume che nella banca dati previdenziale il lavoratore era stato registrato con un codice fiscale errato. A seguito delle rettifiche effettuate è stato emesso un certificato INPS, depositato in giudizio, secondo il quale il ricorrente ha percepito una contribuzione previdenziale per 31 settimane ed un reddito pari a 10.278,00 euro. Sono stati depositati anche i modelli f24 relativi ai pagamenti INAIL.

All’udienza del 15 maggio 2019 la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.

DIRITTO

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