TAR Roma, sez. II, sentenza 2022-12-07, n. 202216356
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Testo completo
Pubblicato il 07/12/2022
N. 16356/2022 REG.PROV.COLL.
N. 00560/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 560 del 2016, proposto da -OMISSIS- S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato E T, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Flaminia, 357;
contro
Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'accertamento
dell'esclusiva titolarità della ricorrente dei certificati CCT e BTP;
e per l’annullamento
della nota del Ministero dell’economia e delle finanze del 12 maggio 2010 di diniego dell’istanza di rimborso dei titoli.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Economia e delle Finanze;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 novembre 2022 il dott. Luca Iera e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il -OMISSIS- S.p.A. (divenuto oggi “-OMISSIS- S.p.A.”) in data 11 agosto 1992 denunciava presso la Procura della Repubblica di Roma la sottrazione di Titoli di Stato dai depositi dei clienti per un importo complessivo di Lire 1.800.000.00 (pari ad Euro 929.622,41).
La Procura della Repubblica disponeva in data 12 agosto 1992 il sequestro e la conseguente acquisizione al procedimento penale, in quanto corpo di reato, dei Titoli di Stato illecitamente sottratti ove rinvenuti dalla polizia giudiziaria.
Tra i Titoli di Stato oggetto di sequestro vi erano anche i Titoli di Stato al portatore CCT e BTP che il sig. -OMISSIS- aveva depositato nel conto di custodia titoli aperto presso il Banco di S. Spirito (poi confluito nella-OMISSIS- S.p.A. e quindi in -OMISSIS- S.p.A.) per un valore nominale di € 299.545,00 (Lit. 580.000.000).
Nel frattempo il sig.-OMISSIS-veniva condannato in via definitiva per il reato di ricettazione dei Titoli di Stato che erano stati sottratti al -OMISSIS- S.p.A. e che poi erano stati depositati presso il Banco di S. Spirito.
Il -OMISSIS- S.p.A. e la-OMISSIS- S.p.A. hanno rivendicato la titolarità dei Titoli di Stato, che il sig.-OMISSIS-aveva depositato a suo tempo presso il Banco di S. Spirito, affermando, la prima, di essere stata vittima della sottrazione e, la seconda, di essere terzo acquirente di quei titoli in quanto “acquistati da clientela” ben prima della denuncia del furto e del sequestro avvenuto nel 1992 (cfr. nota-OMISSIS- del 30 marzo 2000). Entrambe le banche inviavano atti di interruzione della prescrizione del diritto al rimborso dei titoli al Ministero dell’economia e delle finanze e inoltre presentavano istanze di dissequestro dei titoli.
All’esito delle istanze di dissequestro depositate dalle due Banche, il Tribunale penale di Roma, con sentenza n. 1132 del 16 aprile 2003, così statuiva: “Quanto poi all’accertamento in merito alla titolarità dei titoli di cui al decreto di sequestro della Procura della Repubblica di Roma in data 12/8/1992, stante la controversia in atto tra le parti sul diritto alla restituzione, ai sensi dell’art. 263, comma 3, cpp, gli istituti istanti vengono rimessi innanzi al Giudice Civile.”
Nel frattempo -OMISSIS- (già -OMISSIS-) e -OMISSIS- (già-OMISSIS-), attesa la loro imminente fusione, depositavano innanzi alla Corte di Appello di Roma, nell’ambito del giudizio proposto contro la sentenza n. 1132/2003, una nuova istanza congiunta di dissequestro dei titoli con a base un accordo transattivo di ripartizione dei stessi.
La Corte d’Appello con ordinanza del 12 maggio 2008 rigettava l’istanza di dissequestro in quanto riteneva che la questione in merito alla titolarità dei Titoli di Stato dovesse essere comunque risolta dinnanzi al giudice civile.
-OMISSIS-, a seguito della predetta fusione, depositava in data 12 marzo 2009 una nuova istanza di dissequestro dei titoli in ordine alla quale la Corte di Appello di Roma disponeva questa volta il dissequestro, ex art. 263 c.p.p., con provvedimento del 25 marzo 2009 sulla base della seguente motivazione: “Considerato che, come da documentazione prodotta dall’istante, i due istituti bancari hanno conosciuto vicende che li vedono oggi individuati nella nuova denominazione sociale -OMISSIS--OMISSIS- S.p.A., che è appunto il soggetto istante, ordina che i titoli indicati al punto 8) […] siano dissequestrati”.
Con nota del 15 aprile 2010, -OMISSIS- richiedeva allora al Ministero dell’Economia e delle Finanze il rimborso dei titoli e delle cedole non incassate relativi ai Titoli di Stato sequestrati nel 1992.
Il Ministero, con nota del 12 maggio 2010, eccepiva la prescrizione della pretesa, ai sensi degli art. 21 e 22, secondo comma, d.p.r. 30 dicembre 2003, n. 398 (Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di debito pubblico) affermando che il diritto al rimborso si era prescritto in data 25.1.2007.
La -OMISSIS- conveniva in giudizio il Ministero dell’Economia e delle Finanze, chiedendone la condanna al rimborso del controvalore dei predetti titoli (CCT e BTP), previo accertamento della propria esclusiva titolarità dei predetti certificati.
Il Tribunale, con sentenza n. 5704 del 12 marzo 2015, declinava la sua giurisdizione in favore del giudice amministrativo ai sensi dell’art. 133, comma 1, lettera v), c.p.a., secondo cui rientrano nella giurisdizione esclusiva “le controversie tra lo Stato e i suoi creditori riguardanti l'interpretazione dei contratti aventi per oggetto i titoli di Stato o le leggi relative ad essi o comunque sul debito pubblico”.
-OMISSIS- ha riproposto il giudizio innanzi all’odierno Tribunale e, con un unico motivo di ricorso, ha impugnata la nota del 12 maggio 2010 emessa dal MEF, sostenendo l’illegittimità del diniego al rimborso in quanto il “rimborso di specie pur ammesso come dovuto dal Ministero, viene negato da quest’ultimo, frapponendo una infondata ed immotivata prescrizione, per carenza di eventi interruttivi del suo decorso”.
La ricorrente contesta in particolare il fatto che il diritto al rimborso, fino al dissequestro dei titoli avvenuto in data 25 marzo 2009, non poteva essere fatto valere per l’impedimento giuridico rappresentato dalla controversia fra -OMISSIS- e-OMISSIS- sulla titolarità dei titoli medesimi, “quale caso di forza maggiore, idoneo a protrarre il dies a quo della prescrizione sino alla cessazione del sequestro”. Di conseguenza afferma che, a norma dell'art. 2935 c.c i termini prescrizionali sono risultati sospesi fino alla data di dissequestro e, da questa data, hanno ricominciato a decorrere. Chiede quindi al Tribunale di accertare, in via principale, l’esclusiva titolarità in capo ad -OMISSIS- dei certificati CCT e BTP e, nel merito, di accertare l’illegittimità del diniego opposto dal Ministero alla richiesta di rimborso in ragione della intervenuta prescrizione.
Il MEF si è costituito in giudizio soltanto formalmente.
All’udienza del 23 novembre 2022 la causa è passata in decisione.
Il ricorso va respinto.
-OMISSIS- agisce in giudizio per ottenere l’accertamento del diritto alla “esclusiva titolarità” dei Titoli di Stato CCT e BTP che sono stati oggetto di sequestro presso la Banco di S. Spirito nel 1992. Chiede di accertare la propria “titolarità” dei titoli e, una volta riconosciuta la titolarità, chiede l’annullamento del diniego opposto dal MEF all’istanza di rimborso dei titoli del 15 aprile 2010 e la conseguente condanna al rimborso del controvalore dei titoli pari ad € 299.545,00 di capitale nominale, oltre il rendimento dei suddetti e gli interessi dal dovuto al soddisfo e il maggior danno ex art. 1224, comma 2, c.c..
Sebbene la ricorrente agisca per l’accertamento della titolarità dei titoli non indica la causa petendi del diritto di titolarità dedotto in giudizio, ma si limita ad affermare che “la questione in ordine alla titolarità dei Titoli per cui [è] causa, non [è] più oggetto di controversia e contestazione”.
Il Collegio osserva che l’accertamento della “esclusiva titolarità” dei titoli al portatore da un lato è oggetto della domanda proposta in via principale e dall’altro lato tale accertamento è il presupposto per l’accoglimento della domanda di rimborso.
È dunque indispensabile accertare in via prioritaria la titolarità ossia la legittimazione a richiedere la prestazione incorporata nei titoli al portatore, in quanto l’eventuale accoglimento della domanda di rimborso presuppone la legittimazione a pretendere la prestazione in capo alla ricorrente. Il petitum di accertamento della titolarità dei titoli, nei termini qui precisati, è quindi propedeutico e strumentale al petitum di rimborso.
L’accertamento della titolarità dei titoli non si sottrae alla regola generale del principio dispositivo sul riparto dell’onere probatorio previsto in via generale dall’art. 2697 c.c. - e, per il processo amministrativo, dagli artt. 63, comma 1, e 64, comma 1, c.p.a. - che opera con pienezza in presenza di posizioni giuridiche di diritto soggettivo e non è temperato dal metodo acquisitivo proprio dell’azione di annullamento (art. 64, comma 3, c.p.a.).
È quindi onere della parte che afferma essere titolare della posizione giuridica soggettiva dedotta in giudizio fornire la prova, degli elementi costitutivi della domanda azionata in giudizio. Se tuttavia tra gli elementi costitutivi della domanda (di rimborso) rientra un fatto-diritto ossia la titolarità di un (altro) diritto (titolarità dei titoli), occorre dimostrare in primo luogo la sussistenza di tale diritto quale elemento costitutivo della domanda (di rimborso).
Nel caso di specie, i titoli di cui si chiede il rimborso risultano essere stati sottratti alla ricorrente che li custodiva in un conto deposito per conto terzi dapprima aperto presso il -OMISSIS- e in seguito presso la Banca di S. Spirito dove il conto risultava intestato al sig.-OMISSIS-il quale veniva poi condannato per il reato di ricettazione riguardante proprio quei titoli.
Dalle evidenze processuali non risultano elementi sulla base dei quali poter accertare che la ricorrente sia il soggetto legittimato a pretendere il rimborso dei titoli in quanto legittimo possessore dei tioli dal momento che la ricorrente deteneva i certificati fin dall’origine, ossia prima della sottrazione illecita, in qualità di custode per conto terzi e non di possessore (art. 68, comma 1, d.p.r. n. 398/2003 e art. 2003, comma 2, c.c.).
Poiché il legittimo possesso dei titoli è un fatto-diritto elemento costitutivo del diritto al rimborso, non avendo la ricorrente adempiuto all’onere probatorio relativo a quel fatto-diritto, la domanda proposta non è fondata.
Né del resto l’accertamento della titolarità dei titoli può basarsi sul principio di non contestazione da parte del MEF non avendo l’amministrazione preso posizione in merito alla dedotta titolarità dei titoli.
Secondo un orientamento che il Collegio ritiene di condividere “il semplice difetto di contestazione non impone un vincolo di meccanica conformazione, in quanto il giudice può sempre rilevare l'inesistenza della circostanza allegata da una parte anche se non contestata dall'altra, ove tale inesistenza emerga dagli atti di causa e dal materiale probatorio raccolto” (cfr. Corte di Cassazione, Sezioni Unite, 16 febbraio 2016, n. 2951).
In conclusione, il ricorso è infondato e pertanto va respinto.
Attesa la peculiarità della controversia e la natura delle questioni trattate si compensano le spese di giudizio.